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Tirreno-Adriatico 2016: Stybar pennella un finale da artista - Tempismo perfetto e abilità di guida, Zdenek vola anche in testa alla classifica. Sagan secondo, bene Nibali

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Zdenek Stybar anticipa tutti a Pomarance, Vincenzo Nibali prova invano a chiudere su di lui © Bettiniphoto

Prove generali di grandi classiche alla Tirreno-Adriatico 2016, la gara i cui percorsi sono di una coerenza ammirevole: quasi ogni tappa della Corsa dei Due Mari è in effetti rubricabile alla voce "piccola classica", niente di meglio, quindi, per provare strategie, tattiche, colpi da finisseur. Ovvero colpi come quello che oggi a Pomarance, in un finale disegnato da uno che della materia se ne intende giusto un po' (Paolo Bettini), ha regalato la prima vittoria stagionale a Zdenek Stybar.

Il ceco, fresco reduce dalla sconfitta (diversamente non la si può definire) alla Strade Bianche per mano di Fabian Cancellara, ha trovato subito il modo di riscattarsi, mettendo a frutto una condizione che in ogni caso è eccellente e che - se mantenuta da qui a un mesetto - ce lo renderà tra i protagonisti assoluti della Settimana Santa (quella ciclistica, quella di Fiandre e Roubaix). L'azione vincente del ceco, promossa dal solito ottimo lavoro d'ensemble della cannibalesca Etixx-Quick Step (siamo già a 17 successi nel 2016, e con 10 corridori diversi), ha evidenziato qualche tentennamento nei team avversari (Tinkoff e BMC soprattutto), ma non ha fatto ombra a uno squillino di Vincenzo Nibali, che ha fatto vedere di esserci proponendosi con uno scatto ai 500 metri: magari voleva raggiungere la lepre Zdenek, magari voleva solo cercare di mettere un abbuono in cascina (e non è riuscito né nell'uno né nell'altro intento), ma in ogni caso ha dimostrato di volersela giocare, questa Tirreno-Adriatico, e soprattutto di avere quel minimo di brillantezza che potrà permettergli di farsi rivedere nei prossimi giorni, magari su qualche traguardo a lui più consono (pensiamo al Monte San Vicino di domenica).

 

Benedetti, il fuggitivo della missione impossibile
Tra i sei fuggitivi di giornata, partiti appena cominciata la tappa e arrivati ad avere fino a 6'45" di vantaggio (al km 61 dei 207 totali), ci piace soffermarci sul trentino Cesare Benedetti: francamente non riusciamo a capire cosa la Bora-Argon 18 voglia fare con lui. Confermato per il rotto della cuffia a fine 2015, e solo per il fatto che disputò un grande Lombardia (ma non solo: fu all'attacco in una moltitudine di gare autunnali), la musica per lui non pare cambiata quest'anno, visto che la formazione tedesca non l'avrebbe schierato al via della Tirreno. Solo il forfait dell'ultim'ora di un compagno gli ha permesso di partecipare alla Corsa dei Due Mari. In questo modo, gareggiando un po' quando capita, non è facile trovare una condizione accettabile, e si innesca il circolo vizioso che qualche mese fa stava per trasformare il ragazzo in un disoccupato.

Naturalmente Benedetti continua con scrupolo a fare quello che gli riesce meglio, ovvero andare in fuga. Alla prima occasione buona, nella Tirreno, eccolo lì; con lui oggi Giorgio Cecchinel (Androni), Simone Andreetta (Bardiani), Federico Zurlo (Lampre), lo spagnolo Lluís Mas Bonet (Caja Rural) e il campione nazionale bulgaro Nikolay Mihaylov (CCC). Il gruppo, tirato per tutto il giorno dalla BMC del leader Daniel Oss, ha messo i battistrada nel mirino a 20 km dalla conclusione; nel frattempo, Andreetta ha avuto il tempo di conquistare i due traguardi volanti di giornata, e Zurlo il Gpm di Pian di Forno; oltre a ciò, relativamente alle prime fasi della corsa vanno citati i ritiri di Bert De Backer (Giant) e soprattutto Jurgen Van den Broeck (Katusha), entrambi alle prese con malanni fisici.

 

Le fatiche di Cavendish e quelle di Pozzovivo
La frazione, dopo un lungo piattone fino a Monterotondo, presentava una serie di saliscendi tra i -60 e i -25, ma in questa fase non è accaduto alcunché di rilevante, a parte la disavventura di Mark Cavendish, staccatosi sull'aumento di ritmo BMC (by Taylor Phinney) da Pian di Forno in avanti. In linea di massima in queste situazioni un velocista tende ad attaccarsi a qualche ammiraglia (lo sappiamo che non si potrebbe, ma il mondo troppo spesso non va come vorremmo), e a riguadagnare la coda del gruppo. In questo caso però i giudici di gara si sono messi in marcatura a uomo sul "povero" Cav, il quale quindi non ha davvero potuto estrarre alcun coniglio dal cilindro, e allora, scortato da quel sant'uomo di Mark Renshaw, si è fatto gli ultimi 50 e passa chilometri di gara tutto solo (anzi, col compagno), arrivando a Pomarance ultimo a oltre 20' dal vincitore...

Intanto la fuga finiva, raggiunta a 9 km dal traguardo (ultimi a mollare, Andreetta e poi Mas e Benedetti), con la Sky giunta in forze a guidare il gruppo in luogo della BMC nei 15 km conclusivi. Una sanguinosa caduta di Alberto Losada (Katusha), che si è spaccato un sopracciglio, un'imprevista crisi di Domenico Pozzovivo (AG2R), staccatosi non appena la strada si è messa a salire verso Pomarance, ai -9, e la corsa è entrata più che mai nella sua fase decisiva.

 

Dalla battaglia in salita emerge Stybar
A poco meno di 6 km dalla fine, su un falsopiano successivo a una rampetta complicata (la salita procedeva a gradoni, muri asfissianti alternati a tratti facili), Giovanni Visconti (Movistar) è scattato per preparare eventualmente il terreno al suo capitano Valverde; subito Matteo Montaguti (AG2R) e Peter Kennaugh (Sky) hanno stoppato il palermitano; grandi manovre di Tinkoff (pro Sagan) e Dimension Data (Edvald Boasson Hagen era da tempo a presidiare le prime posizioni del gruppo), ed ecco che a poco meno di 4 km dalla fine ha provato una sortita Mirko Selvaggi; il rappresentante dell'Androni è rimasto al comando finché il suo corregionale Diego Ulissi (Lampre) non è a sua volta scattato sul punto più duro dell'ultimo muro, a 300 metri dal Gpm di Pomarance.

In marcatura sul livornese si è mosso subito Gianluca Brambilla (Etixx), alla cui ruota si sono manifestati Oscar Gatto (Tinkoff), ancora EBH, Michal Kwiatkowski (Sky), e - non senza brillantezza - Vincenzo Nibali (Astana) e Davide Formolo (Cannondale). Bagnate così le polveri di Ulissi, Brambilla ha rilanciato per un attimo l'andatura, prima che - a un passo dal Gpm - il suo compagno Zdenek Stybar uscisse come un missile dal gruppo (ormai assottigliatissimo).

Il ceco è transitato per primo in cima, ben sapendo che anche un minimo margine sarebbe potuto risultare sufficiente nei tortuosissimi 2800 metri finali: una curva dietro l'altra, una discesa e una strettoia, un balzello, una chicane e un ponticello, insomma per un crossista della sua risma il percorso che conduceva all'arrivo era ben più che un invito a nozze.

 

Zdenek maestro di guida, Nibali ci prova
In effetti il film del finale della tappa è andato proprio come Zdenek se l'era immaginato: è bastato che dietro ci fosse un infinitesimale rallentamento, che la lepre era bella che scappata. La maestria del boemo nel pennellare le traiettorie che lo separavano dal traguardo ha riempito gli occhi, e la vittoria è giunta per lui come naturale e meritata conseguenza della sua abilità di guida e della capacità di tenere comunque la velocità alta mentre il gruppo si organizzava - guidato da Tinkoff e Cannondale - per cercare di riprenderlo.

Vedendo che non si cavava il classico ragno dal buco, Nibali ha tentato l'azione di forza ai 500 metri, partendo secco con un allungo che ha ricordato la splendida stoccata di Sheffield al Tour di due anni fa; ma stavolta non c'è stata gloria per lo Squalo: benché la sua sia stata una dimostrazione di salute, non gli è servita per chiudere il gap su Stybar; al contrario, sullo slancio della volata per il secondo posto, il capitano dell'Astana è stato risucchiato dagli altri sul rettilineo finale, e ha chiuso al sesto posto.

Davanti gli sono finiti nell'ordine Peter Sagan (toh: è arrivato secondo!), Boasson Hagen, Simon Clarke (Cannondale) e Valverde; la top ten è stata completata da Greg Van Avermaet (BMC), Tiesj Benoot (Lotto Soudal), Kwiatkowski e Brambilla; i cronometristi hanno contato 1" tra il vincitore Stybar e il drappello degli immediati inseguitori.

Grazie ai 10" di abbuono, Zdenek vola al comando della generale con 9" su Van Avermaet, TJ Van Garderen, Damiano Caruso e Daniel Oss: in pratica tutti i BMC che erano davanti dopo la cronosquadre; Brambilla è sesto a 11", come il suo compagno Bob Jungels settimo; Sagan è ottavo a 14"; e i FDJ Thibaut Pinot e Sebastien Reichenbach chiudono la top ten a 18" da Stybar.

Domani la terza tappa, da Castelnuovo di Cecina a Montalto di Castro, misurerà 176 km: non mancherà qualche salitella, e il traguardo tirerà un po' all'insù; nonostante ciò, è prevedibile un epilogo con sprint a ranghi abbastanza compatti.

Marco Grassi

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