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Il Lombardia 2015: V per Vincenzo, V per vittoria - Nibali e l'occasione più ghiotta per vincere una classica monumento: percorso adatto, forma ottima

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Vincenzo Nibali all'arrivo della recente Tre Valli Varesine © Bettiniphoto

Un Giro di Lombardia così duro non si è forse mai visto. Gli ultimi 75 km della classicissima d'autunno sono praticamente senza fiato, una sequela di salite spezza-ritmo (alcune son proprio spezza-gambe): il Ghisallo, ascesa tipica della corsa, sarà solo la prima rampa, e neanche la più dura. Seguiranno la Colma di Sormano (ma si sale fino al Muro, uno strappo che ha fatto la storia del ciclogaragismo in anni in cui tale neologismo era oscuro), e poi, dopo un fondovalle mosso e non certo amico di chi deve organizzare treni inseguitori, la doppietta Civiglio (dal lato di Brunate, durissimo) e San Fermo della Battaglia, ultima asperità che svetta a 5 km dal bell'arrivo del lungolago comasco.

C'è di che farsi venire l'acquolina in bocca per un percorso (segnato anche da Colle Gallo e Colle Brianza nei primi 170 dei 245 km totali) che chiamerà all'azione i corridori più attrezzati per le salite. Sì, insomma: gli scalatori. In altri termini: gli uomini da grandi giri.

Sarà, questo Lombardia 2015, un'occasione d'oro per chi vorrà accoppiare nel palmarès una classica monumento a uno o più GT. E siccome, scorrendo la startlist, i vincitori di GT presenti sono solo tre, e due di questi (Alejandro Valverde e Damiano Cunego) hanno già vinto in passato delle monumento, l'identikit dell'uomo che domani ambisce a entrare nel ristretto club dei polivalenti ad alto livello ci porta dritti a Vincenzo Nibali.

 

Nibali, un'occasione più unica che rara
Lo Squalo dello Stretto è riuscito nell'impresa di conquistare la Tripla Corona, ovvero il titolo virtuale che spetta a chi vince Giro, Tour e Vuelta. Al siciliano manca tremendamente un successo in una grande classica: in passato ci è andato vicinissimo, addirittura alla Sanremo, non certo adatta alle sue caratteristiche (la chiuse al terzo posto nel 2012), poi pure alla Liegi (sempre nel 2012, e lì fu secondo dopo aver visto sfumare la vittoria solo nel finale); nel Lombardia si ricorda una bella azione sul Ghisallo nel 2011, con grande margine conquistato ma poi perduto nell'inesorabile, lunghissimo fondovalle che portava alle salitelle conclusive.

Di sicuro Vincenzo quest'anno ha l'occasione della vita: è in una condizione super, ad onta di quanto (non) fatto vedere domenica scorsa al Mondiale di Richmond; nel frattempo, mercoledì, ha vinto con disarmante facilità la Tre Valli Varesine, e prima di partire per gli Stati Uniti era stato protagonista delle altre semiclassiche italiane, conquistando la Coppa Bernocchi e finendo sul podio di Coppa Agostoni e Memorial Pantani.

A Richmond Nibali non ha certo trovato un percorso favorevole, al contrario di quanto avverrà domani; l'unico dubbio è che il jet lag (di cui non c'è stata traccia nella Tre Valli) possa allungare i suoi effetti più che nell'immediato del post-viaggio transoceanico, nei giorni successivi, e che quindi lo Squalo possa soffrirne in qualche modo domani. In compenso, accanto a sé Nibali avrà un'Astana scoppiettante, con gente del calibro di Mikel Landa e Diego Rosa (fresco vincitore della Milano-Torino) pronta a spendersi per aiutare il capitano nell'impresa che darebbe tutto un altro senso a un 2015 di alti (pochi ma buoni, a partire dal titolo tricolore e dalla fuga vincente di La Toussuire al Tour) e bassi (troppi, da una primavera balbettante a una Grande Boucle in cui il messinese non ha saputo lottare per confermare il successo del 2014).

 

Gli avversari, tra assenze e acciacchi
Oltre a quanto sopra espresso, bisogna dire che il campo dei rivali non presenta nessun ammazzasette: ognuno, per un motivo o per l'altro, ha qualche intoppo con cui fare i conti. Intanto non ci sarà Joaquim Rodríguez, due volte vincitore in passato ma alle prese con un guaio al ginocchio che l'ha costretto al forfait dell'ultima ora (per la Katusha sarà capitano il comunque competitivo Dani Moreno: non ci stupiremmo di vederlo fino alla fine in lizza per il successo).

Un altro vincitore recente del Lombardia (il più recente di tutti, essendosi imposto 12 mesi fa ma su un altro arrivo, più facile) alle prese con guai fisici è Dan Martin, che addirittura ha dovuto saltare il Mondiale per i postumi di una caduta alla Vuelta. D'altro canto l'avvicinamento a fari spenti alla Classica delle Foglie Morte lascia meno pressioni addosso all'irlandese della Cannondale, che ha comunque fatto una discreta Milano-Torino pochi giorni fa: «Mi sto approcciando al Lombardia in maniera tranquilla, mi sto godendo questa vigilia», dice l'irlandese a Cyclingnews, sottolineando due aspetti emozionali: «Questa è la corsa che mi piace di più, e ci terrò a far bene anche perché sarà la mia ultima classica con il Team Slipstream (quello che era sponsorizzato dalla Garmin prima della Cannondale, ndr)».

 

Valverde all'inseguimento di un'altra consacrazione
Anche Alejandro Valverde, da parte sua, potrà giocare quasi in scioltezza. La sua stagione è stata straordinaria e gli porta in dote anche la vittoria nella classifica World Tour: l'assenza di Rodríguez (ovvero il contendente più vicino nella challenge) in pratica concede al murciano la conquista della maglia bianca UCI, e d'altro canto gli toglierà tensione anche il fatto di non avere nemmeno troppo da chiedere ancora a un 2015 che gli ha già portato il primo podio in carriera al Tour oltre alla Freccia, alla Liegi e a un ennesimo titolo di campione spagnolo. Certo, mettere il suo nome anche nell'albo d'oro del Lombardia gli farebbe scalare un altro gradino nella (lunga) classifica dei grandissimi classicomani. Finora ha solo sfiorato il successo (due volte secondo nelle ultime due edizioni), ma un corridore delle sue caratteristiche, su un percorso come quello di domani, ha tutte le carte in regola per puntare al bersaglio grosso.

Altri uomini da GT da seguire con attenzione saranno Thibaut Pinot e Rafal Majka, visti molto bene nelle ultime gare disputate in Italia in settimana, mentre un occhio particolare lo meriterà pure Domenico Pozzovivo, meno lontano di quanto non si possa pensare dalla possibilità di vincere una grande classica (anche se per lui sarebbe comunque la prima in carniere).

 

Le possibili difficoltà dei liegisti, le speranze degli italiani
Gli uomini più propriamente da classiche vallonate, i "liegisti" insomma, potrebbero invece trovare qualche intoppo in un percorso così esigente. Dovranno ripescare un ultimo picco di forma, Philippe Gilbert e Michal Kwiatkowski, Rui Costa e Simon Gerrans, per arrivare al finale lucidi come nei giorni delle loro migliori vittorie.

Così come dovranno essere al massimo della forma gli "altri" italiani, quelli che comunque ci terranno a far bene nella corsa di casa. Pensiamo a Damiano Cunego, tre volte vincitore del Lombardia negli anni '00, o a Davide Rebellin, che ha l'obbligo di far fruttare con bei piazzamenti le non troppe occasioni che gli si presentano nelle corse di alto livello.

Diego Ulissi ha sempre il solito tabù da sfatare nelle gare più lunghe (un tabù ritornato di drammatica attualità nel Mondiale di Richmond); Giovanni Visconti e Alessandro De Marchi cercheranno fortuna magari dalla lunga-media distanza, dovendo condividere la presenza in squadra di pezzi grossi come i già citati Valverde e Gilbert; Diego Rosa, ancora inebriato per la prima vittoria da pro' ottenuta giovedì alla Milano-Torino, si spenderà per Nibali; Gianluca Brambilla si ritaglierà spazi nella Etixx di Kwiatkowski (e Stybar), stessa cosa potrà fare Fabio Felline nella Trek di Bauke Mollema; chissà cosa faranno invece Moreno Moser e Davide Villella, abbastanza brillanti ultimamente, nel caso Martin non dovesse dare le più ampie garanzie in casa Cannondale.

Le nostre Professional, poi: l'Androni punterà ancora su Franco Pellizotti, la Bardiani spera in Manuel Bongiorno e Stefano Pirazzi (Edoardo Zardini quest'anno è stato abbastanza trasparente), la Nippo sarà tutta per Cunego, la Southeast proverà a giocarsi le carte Francesco Gavazzi e (soprattutto) Mauro Finetto.

Marco Grassi

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