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Vuelta a España 2015: Iniziano le scuole, ma è già tempo di pagelle - Aru finisce in crescendo, Froome troppo discontinuo. Nibali, che leggerezza! | Cicloweb

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Vuelta a España 2015: Iniziano le scuole, ma è già tempo di pagelle - Aru finisce in crescendo, Froome troppo discontinuo. Nibali, che leggerezza!

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Fabio Aru, Purito Rodríguez e Rafal Majka scherzano sul podio di Madrid © Bettiniphoto

Fabio Aru - 10
Venticinque anni, un secondo e un terzo posto conquistati negli ultimi due Giri d'Italia. Alla vigilia, però, una scomoda coabitazione con altri due galli nel pollaio Astana. Ma se uno, più che gallo è stato pollo (citofonare Vincenzo Nibali), l'altro, il cedrone Mikel Landa, ha abbandonato molto presto le ambizioni di classifica. Il sardo è partito un po' in sordina, accusando qualche secondo di ritardo nelle giornate andaluse. Il vento cambia dalla giornata di La Alpujarra, quando Aru inizia a mettersi in mostra e recuperando pochi, ma significativi secondi sui rivali. Giornata così così a Benitachell, benissimo invece nella frazione andorrana: nella salita finale riesce a staccare, a forza di ripetuti scatti, tutti i rivali, andando ad indossare la maglia rossa. Innocua Fuente del Chivo, a Sotres Cabrales si assiste invece al veemente ritorno di Purito Rodríguez, che arriva fino ad un battito di ciglia. Il sorpasso arriva il dì seguente, a Ermita de Alba: si teme un contraccolpo a livello morale per il talento azzurro. La cronometro di Burgos certifica, ancora una volta, una delle molte qualità che vengono attrbuite all'ex crossista: la caparbietà che gli permette di disputare la miglior cronometro della sua vita (esclusa la scalata al Grappa), perdendo meno di due minuti da uno specialista purissimo come Dumoulin. Ad Ávila la tappa non si conclude nel modo meno adatto, all'azzurro: un guadagno, seppur minimo, conquistato dal rivale olandese ma soprattutto un nervosismo dettato dal fatto che rimane solo una tappa per ribaltare la situazione. E venne il tempo di Cercedilla, la seconda tappa in cui si trovano montagne in serie, a differenza delle monche frazioni precedenti. E qui Aru riesce, finalmente, a vincere la strenua resistenza del coetaneo olandese. La vittoria della generale ci regala un altro campione per le corse a tappe, oltre al più esperto compagno siciliano. Pronto per tentare l'obiettivamente difficile bersaglio grosso anche al Tour de France 2016. Ma sognare non costa nulla, quindi, perché no?

 

Joaquim Rodríguez - 7,5
Undici top ten nei grandi giri, quinto podio in carriera. Manca, sempre, quella tanta agognata vittoria finale. Ci aveva sperato, Purito, favorito da un percorso mai così adatto alle sue caratteristiche di insuperabile arrampicatore nelle rampe da garage che tanto piacciono agli organizzatori della Vuelta. Ma la solita cronometro distrugge i sogni di primato per il catalano, costretto a svestirsi dalle insegne del leader in quel di Burgos. Complice la crisi finale di Dumoulin, arriva un secondo posto che comunque lo soddisfa, dato che è una primizia nella sua lunga storia con la Vuelta (lunga dodici edizioni). Alla fine il trentaseienne si porta a casa la consueta tappa, stavolta abbinata alla maglia bianca della combinata. Poteva pure esserci quella verde della classifica a punti ma, ancora una volta, l'amicone (eufemismo) Valverde lo beffa nel finale. In casa Katusha da segnalare il consueto Daniel Moreno, che conclude al nono posto l'ultima corsa a tappe disputata al servizio del fidato capitano. Importanti gli altri due iberici del team, Alberto Losada e Ángel Vicioso, a cui si somma il russo Eduard Vorganov vitale, nella tappa di Cercedilla, nel distruggere i sogni di gloria per Dumoulin.

 

Rafal Majka - 7,5
Poco appariscente, il polacco riesce a mantenersi sempre ad un buon livello di competitività. Il terzo posto finale, conquistato nonostante una deludente cronometro a Burgos, rappresenta il secondo podio nella storia del ciclismo polacco, con Zenon Jaskula unico predecessore nell'ormai lontano Tour 1993. Questo è un punto di partenza per cercare di migliorarsi sin dall'anno prossimo, magari proprio dal Giro d'Italia che lo ha rivelato al mondo nel 2013. In vista di prendere il ruolo di capitano della Tinkoff-Saxo dal 2017, quando Alberto Contador sarà un fresco pensionato. Nel team russo prestazione di grandissima qualità per il fidato luogotenente di Majka, quel Pawel Poljanski che è stato uno dei gregari più preziosi della carovana.

 

Nairo Quintana - 5,5
Puntava a vincere la Vuelta, il colombiano, dopo la rovinosa caduta dell'anno scorso nella cronometro di Pamplona, che lo costrinse all'abbandono quando vestiva la maglia roja. Anche quest'anno Quintana non può esultare a Madrid, dovendo accontentarsi del quarto posto. A bocce ferme un risultato simile sarebbe stato considerato deludente, considerando che il boyacense era uscito in forma invidiabile dal Tour. Primo ad attaccare a Caminito del Rey, ma rimbalzato troppo presto, il capitano della Movistar era comunque in una buona posizione di classifica a metà Vuelta. Il riposo prima del minitappone andorrano è stato fatale a causa dell'influenza che l'ha pesantemente debilitato facendolo sprofondare in classifica. Dopo qualche giorno di fatica, il vincitore del Giro 2014 è tornato a graffiare con un'eccellente prova contro il tempo a Burgos. Altri segnali confortanti nell'ultimo weekend che, complici i problemi altrui, gli garantiscono la quarta piazza finale. Sicuramente il bilancio non è per nulla positivo; considerando quanto capitato in corso d'opera, delle parziali scusanti possono essere accettate.

 

Alejandro Valverde - 5,5
Dopo aver colto il tanto agognato podio al Tour, il murciano conquista un'altra tappa alla Vuelta ma in classifica deve accontentarsi del settimo posto, ben distante dai piani alti della generale. Non una Vuelta da ricordare per il trentacinquenne della Movistar, nonostante l'ennesimo scatto d'orgoglio che gli permette, grazie ai punti del traguardo volante madrileno, di portarsi a casa anche la maglia verde. Anche quest'anno Bala è comunque protagonista dell'ennesima stagione di livello eccelso, dall'inizio alla fine, condita dalla vittoria del World Tour per il secondo anno di fila. Nella squadra spagnola buon livello complessivo, con l'uomo ovunque José Joaquín Rojas e il nostro Giovanni Visconti una spanna sopra gli altri.

 

Johan Esteban Chaves - 8,5
Vuelta indimenticabile per il colombiano, eccellente quinto in classifica a cui si uniscono due stupende vittorie parziali. E con la ciliegina sulla torta di sei giorni in maglia roja. Solo nei sogni più belli Chavito poteva sperare ora, a due anni dal gravissimo infortunio che rischiava di fargli smettere di correre. Questo insperato risultato deve essere un punto di partenza per una scintillante crescita nei prossimi anni, in cui potrà togliersi tante soddisfazioni.

 

Tom Dumoulin - 8
Basti pensare che l'ultimo olandese ad aver vinto un grande giro fu nel 1980 Joop Zoetemelk, quando conquistà il Tour de France, un anno dopo aver portato a casa la Vuelta a España. L'ultimo podio per il paese dei tulipani risale al 1990, con Erik Breukink terzo al Tour. Questo fa capire di quale portata fosse l'impresa che Tom Dumoulin stava mettendo in pratica, per un paese di grandissima tradizione nel ciclismo ma abbastanza povero di successi nei giri di tre settimane. Fino alla diciannovesima tappa il sogno pareva realizzarsi, con un fenomenale passista come il limburghese capace di sopravanzare i migliori scalatori al mondo in una corsa, bollata da chi l'ha disegnata, come la più difficile della storia. Per sfortuna di Dumoulin vi erano due tappe diverse dalla monotonia classica dell'attuale Vuelta, ossia quelle di Andorra e quella di Cercedilla: nella prima Dumo ha perso, abbuono compreso, 1'43" da Aru, nella seconda 3'52". In queste due frazioni è quindi di 5'35" il distacco a favore del sardo: si capisce quindi che l'olandese soffra un certo tipo di tappe, quelle che sono la norma fra Giro e Tour. La sua Vuelta, conclusa al sesto posto, non rende merito a quanto abbia fatto sudando e faticando sulle strade di Spagna; una grossa delusione finale, a cui le due tappe vinte possono dare un parziale sollievo. L'occasione per dimenticare lo sconforto arriva presto: il mondiale a cronometro di Richmond arriva al momento giusto e un Dumoulin di questa levatura può giocarsela ad armi pari con l'altro fenomeno della specialità, quel Tony Martin a cui spesso è stato accostato.

 

Chris Froome - 5,5
Ci puntava seriamente a realizzare la doppietta, evento mai accaduto da quando la corsa iberica si è spostata in agosto. Ma anche per quest'anno il britannico è costretto a vedere altri sul gradino più alto del podio di Madrid. Se nel 2011 e nel 2014 era comunque alla destra di Cobo prima e di Contador poi, in questo 2015 è costretto malauguratamente ad assistere da casa all'incoronazione di Fabio Aru. La caduta che l'ha messo ko nella tappa di Andorra, causandogli una frattura al piede, ha posto fine alla stagione del capitano del Team Sky: nella metà di Vuelta che ha potuto disputare non si è vista la sua miglior edizione, con un paio di occasioni in particolare (La Alpujarra ma anche Caminito del Rey) in cui era apparso imballato. Bene invece a Cumbre del Sol, nonostante la sconfitta da parte di Dumoulin. Senza il capitano designato, e con un Sergio Henao finito presto fuori classifica e in ombra, la leadership è passata sulle spalle di Mikel Nieve. L'ottavo posto finale, senza infamia e senza lode, sarà comunque la prima top 10 in carriera di un corridore troppo discontinuo. La palma di miglior nerazzurro va indubbiamente a Nicolas Roche: per l'irlandese una vittoria di tappa, due terzi posti e una serie di frazioni corse all'attacco.

 

Louis Meintjes - 6,5
Ha fatto la storia, il piccolo Louis, arrivando tra i primi 10, primo africano a riuscirvi. E non è la prima volta che il sudafricano scrive un capitolo importante per il ciclismo del suo continente, basti pensare a quando prese l'argento iridato nella prova under 23 in linea a Firenze 2013. Da parte sua una buona Vuelta, senza acuti ma con una serie di prestazioni solide che gli permettono di stare davanti a corridori ben più esperti come Pozzovivo. Anche per lui, in una carrera che vede cinque under 23 tra i primi 10, è il primo mattoncino di una carriera che si preannuncia brillante. Già dall'anno prossimo, in maglia Lampre, avrà tempo e modo per migliorarsi.

 

Domenico Pozzovivo - 5
Si presentava con pochi giorni di corsa sulle gambe, il neosposo Pozzovivo. Più fresco dei rivali che si erano sorbiti chi il Giro e chi il Tour. L'avvicinamento al Tour de l'Ain aveva fatto vedere più di qualche segno positivo. Il risultato finale, invece, è molto deludente, addirittura fuori dai primi 10 che rappresentava l'obiettivo minimo della vigilia. Mai protagonista, nonostante le molte defezioni e i molti problemi altrui in corso d'opera. Il lucano non può essere contento di queste tre settimane, a differenza del compagno di squadra Alexis Gougeard, lui ben oltre la sufficienza e fantastico vincitore ad Ávila.

 

Mikel Landa (e gli altri Astana) - 8,5
Costretti a correre sin dall'inizio in sette, a causa dell'espulsione di Vincenzo Nibali e per il forzato ritiro di Paolo Tiralongo, gli uomini diretti nell'occasione da Stefano Zanini hanno dimostrato di formare la squadra più competitiva della corsa. Il confronto fra l'efficacia del loro apporto al capitano e quello degli uomini Giant-Alpecin è stato imbarazzante, ovviamente aiutato dalla debolezza insita nella formazione tedesca. Anche il paragone con le corazzate Movistar e Sky ha sorriso alla truppa kazaka, capace sempre di dare il giusto supporto a capitan Aru. Mikel Landa è stata la ciliegina sulla torta: altrove sarebbe capitano quasi ovunque (e lo sarà, fra pochi mesi, al Giro per la Sky), qui si è sacrificato come fatto nel finale dell'ultimo Giro per il leader sardo. La vittoria nella frazione andorrana lo ha anche ripagato dal punto di vista personale, cosa che male mai non fa. Assieme al connazionale Luis León Sánchez è stato l'uomo fondamentale per dare a capitan Aru la superiorità numerica nei finali di tappa. Prima, i fidatissimi Dario Cataldo e Diego Rosa hanno macinato km su km in testa al gruppo ad alto ritmo, rendendosi utili su tutti i terreni. Encomiabile come sempre il lavoro di Alessandro Vanotti, arrivato a Madrid in condizioni precarie: per il bergamasco la soddisfazione di avere accompagnato al successo di una corsa a tappe anche Aru, dopo averlo fatto con Di Luca, Basso e Nibali. Menzione speciale ad Andrey Zeits, letteralmente l'uomo ovunque dell'Astana: gregario spesso meno celebrato di altri ma pedina insostituibile.

 

Alessandro De Marchi - 7,5
Dopo l'anno che ha passato, solo uno dall'enorme forza di volontà può sciropparsi fughe su fughe, riuscendo pure a vincere. Questo è Alessandro De Marchi, corridore capace di tornare ai massimi livelli dopo quattro mesi ai box per una fastidiosa tendinite. Il friulano attacca, e non è una novità; centra le fughe buone, e non è una novità; vince, e alla Vuelta sta diventando una piacevole conferma. Uomo per tutte le stagioni, il Rosso di Buja, fondamentale anche in chiave nazionale.

 

José Gonçalves - 7,5
Solo pochi mesi fa il portoghese militava nella categoria Continental in maglia La Pomme Marseille, distinguendosi tra gli addetti ai lavori per i piazzamenti conquistati fra Francia, Portogallo e Cina. Un anno dopo il lusitano in maglia Caja Rural si è messo in splendida luce in un palcoscenico prestigioso come la Vuelta, mettendosi in mostra sia nelle fughe, sia nelle tappe mosse e sia in volata. Il successo sarebbe stato meritatissimo per il ventiseienne, per lui e per una formazione che ha ottimamente interpretato la corsa. La squadra navarra è stata comunque ricompensata dalla vittoria della classifica dei gpm con Omar Fraile, che con svariate fughe nella prima metà corsa ha messo in cassaforte la maglia a pois. Menzione speciale per l'esperto David Arroyo, che ha provato anche in questa occasione a ribaltare la classifica con le mega fughe da lontano; è salito fino al dodicesimo posto, può essere comunque soddisfatto.

 

Nelson Oliveira - 7,5
Stagione passata sottotraccia, quella del portoghese: considerato solo come buon cronoman, il ventiseienne si è ottimamente destreggiato nelle classiche del nord ed ha messo il sigillo con una Vuelta da applausi. La vittoria in solitaria a Tarazona, con un'azione tanto intelligente quanto bella, e una competitività nel corso delle tre settimane che gli hanno permesso di finire al ventunesimo posto nella generale, lui che non era mai arrivato tra i primi quaranta, smentiscono quanti lo davano come "sovrattassa" in dote Rui Costa. Medesimo discorso e medesimo voto valgono per Rubén Plaza: il trentacinquenne si permette di vincere sia al Tour che alla Vuelta, roba che solo Purito ci è riuscito. Per di più a dieci anni di distanza dal primo successo nella corsa di casa. La fuga solitaria di 114 km nella tappa di Cercedilla è un'impresa raramente vista negli ultimi anni. E la Lampre si prende il lusso di vincere in tutti i grandi giri del 2015, assieme alle ben più ricche Astana, BMC, Katusha e Sky: e, come Astana e BMC, termina l'anno a quota sette.

 

Fränk Schleck - 6
Torna alla vittoria che gli mancava da oltre quattro stagioni in cui era parso un lontano parente di quello capace di salire sul podio di Tour, Liegi e Lombardia. In classifica salta, andando fuori dai venti. Ma nel complesso può tornare a casa soddisfatto. Discorso abbastanza simile per un altro veterano come Haimar Zubeldia, fermatosi alla piazza d'onore nella tappa di Riaza.

 

Danny Van Poppel - 7
Arriva il primo successo in un grande giro per il giovanissimo olandese che, giova ricordarlo, pur essendo al terzo anno nel World Tour ha solamente ventidue anni. La vittoria a Lleida e il secondo posto di Madrid sono gli unici acuti, e che acuti, della sua presenza spagnola, per coronare l'annata del salto di qualità. In casa Trek festeggia un altro talentino, quel Jasper Stuyven capace di vincere a Murcia nonostante la frattura dello scafoide che l'ha costretto a non prendere il via il giorno successivo.

 

Peter Sagan - 7
Solo otto tappe per mettersi in mostra, per il formidabile slovacco, in cui conquista una vittoria, un secondo ed un terzo posto prima di venire tirato giù da una moto nella tappa di Murcia; per Peterone solo una botta, che però gli ha impedito di ripartire il giorno seguente. Ora il suo obiettivo si chiama mondiale, in un percorso che gli si addice. In casa Tinkoff altro incontro ravvicinato del terzo tipo con le moto in corsa per Sérgio Paulinho, costretto a ritirarsi ad Andorra.

 

Caleb Ewan - 7
Il giovincello australiano, nonostante questo sia il suo primo anno tra i grandi, si è già guadagnato in gruppo la nomea di corridore pericoloso: la maxicaduta della prima tappa in linea è stata da lui innescata, in una manovra non necessaria in quel momento di corsa. Gli avversari lo temono tuttavia anche per le qualità che ha messo in mostra in questo 2015, culminato con il gioiello della vittoria di Alcalá de Guadaíra, battendo corridori di talento e ben più esperti come Degenkolb e Sagan. Si ritira nella tappa di Castellón, ma la sua Vuelta e la sua stagione, con undici vittorie, sono di gran lunga da applausi. Ed è solo l'inizio.

 

John Degenkolb - 7
Fatica, tanto, per conquistare quel successo sfuggitogli al Tour. E che pare non voler arrivare neppure alla Vuelta, battuto di volta in volta da Sagan, Ewan, Sbaragli e Van Poppel. Ma il tedesco non demorde, e sprinta in maniera impeccabile a Madrid. Si sfianca nell'aiutare Dumoulin, risultando fondamentale ad Ávila quando rimane con il capitano sino alla salita finale nella città castigliana. A Richmond parte con i favori del pronostico: chiudere un anno con Sanremo, Roubaix e mondiale è impresa mai riuscita ad alcuno. Viel glück, John.

 

Kristian Sbaragli - 7
Arriva, meritatissima, la prima vittoria da professionista in corse World Tour per il venticinquenne empolese: dopo diversi piazzamenti conquistati in giro per l'Europa, l'ex Hopplà si toglie lo sfizio di alzare le braccia al cielo a Castellón, anticipando, lui che sprinter puro non è, un campione di prima levatura come Degenkolb. Esce dalla Vuelta con il morale alle stelle per il prossimo anno, in cui può cominciare a timbrare il cartellino con maggior continuità.

 

Vincenzo Nibali - 3
Una figuraccia in mondovisione come quella effettuata nella strada di Caminito del Rey raramente si è vista. L'esclusione dalla corsa, ancorché severa, è punzione giusta. Aizzato nella sconsiderata mossa dall'ineffabile Shefer, Vincenzo ha immediatamente chiuso la sua esperienza in Spagna, e con esso il profilo Twitter invaso da insulti provenienti da tutto il mondo. Ora il consiglio che si può dare al siciliano è di voltare pagina, visto che quest'anno l'obiettivo Lombardia è assai allettante; conoscendo il carattere e l'orgoglio del capitano dell'Astana darà il massimo nelle prossime occasioni, per far dimenticare agli altri questo brutto incidente di percorso. E per prepararsi al meglio in un 2016 ricchissimo di obiettivi, con Giro e Olimpiade già cerchiati sul calendario.

 

Varie ed eventuali
Un buon voto (7) se lo merita pure Bert-Jan Lindeman, passistone olandese della Lotto.Nl-Jumbo che va a vincersi una tappa con arrivo in salita. Menzioni positive per la coppia dell'Europcar Fabrice Jeandesboz e Romain Sicard, due onesti corridori che si sono dati da fare in una formazione in cui il capitano Pierre Rolland non ha dato il meglio, complice anche una salute ballerina nella prima parte. Merita una citazione anche Gianluca Brambilla, tredicesimo all'arrivo, risultato che gli permette di pareggiare il piazzamento ottenuto al Giro 2012. Non sufficiente la prova della Colombia, tantissima buona volonta ma mai veramente vicini alla vittoria, nonostante la seconda piazza di Rodolfo Torres nel gran giorno di Schleck. Oscar alla sfortuna con molti pretendenti (Nacer Bouhanni, Daniel Martin, Przemyslaw Niemiec, Matteo Pelucchi, David Tanner, Tejay van Garderen) ma con un indiscusso vincitore suo malgrado, quel Kris Boeckmans che ha rischiato il peggio nella terribile caduta nella tappa di Murcia: le condizioni di salute del belga erano apparse subito gravi e hanno costretto i sanitari a metterlo in coma farmacologico, da cui è stato svegliato giovedì. Per lui si prospetta un lungo e faticoso recupero, ma la carriera agonistica passa in secondo piano rispetto a quanto successo. Voto 0 all'organizzazione che, fra un percorso che dire rivedibile è usare un eufemismo e le moto al seguito ben impegnate a investire i corridori, dimostra di essere lontana anni luce da quelle di Tour e Giro. Voto 13, infine, ad Adam Hansen: il trentaquattrenne riesce nell'impresa di staccare lo spagnolo Bernardo Ruiz, forte ciclista spagnolo degli anni quaranta e cinquanta, nella speciale graduatoria di chi ha concluso il maggior numero di grandi giri consecutivi. Siamo certi che l'australiano trapiantato in Repubblica Ceca per scelta (non per amore, dato che la fidanzata Isabelle Beckers, anch'ella ciclista, è belga) non si fermerà a questa cifra.

Alberto Vigonesi

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