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Grand Prix de Québec 2015: Urán e una vendetta piccolina in Canadà - Rigoberto anticipa tutti i big da Mondiale e lancia segnali alla Etixx. Ulissi buon quinto | Cicloweb

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Grand Prix de Québec 2015: Urán e una vendetta piccolina in Canadà - Rigoberto anticipa tutti i big da Mondiale e lancia segnali alla Etixx. Ulissi buon quinto

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Il rabbioso spunto di Rigoberto Urán a Québec City © Gpcqm.ca

Alexandre Vinokourov scatta nel finale e solo un uomo riesce a prendere la sua ruota. I due arrivano sul rettilineo conclusivo, davanti a Buckingham Palace, e incredibilmente l'avversario del Grande Kazako si distrae: sul più bello, nello sprint a due che assegnerà l'oro olimpico, si volta dalla parte sbagliata, non si accorge che quello gli parte per andare a vincere, e quando infine lo vede è troppo tardi, e non gli rimane che l'argento dei Giochi 2012.

Quel tapino, come tutti sanno, risponde al nome di Rigoberto Urán, e fino a oggi il suo rapporto con le classiche (o semiclassiche) era legato principalmente a quell'episodio. Un episodio che molti - conoscendo certi trascorsi liegisti di Vino - interpretano con un po' di malizia, della serie: ti pago per distrarti. Il che può anche essere (siamo cinici e prosaici), così come può però essere il contrario, visto che non una volta sola il simpatico Rigo ha perso la testa in finali concitati. Al Mondiale di Firenze 2013 era nel quintetto buono e cadde come un salame in discesa a pochi chilometri dalla fine; da ovazione era stata la sua Coppa Sabatini 2011, allorquando partì all'attacco in solitaria ed esultò al traguardo, peccato però che mancasse ancora un giro alla vera fine della corsa (vinta poi da un giovanissimo Enrico Battaglin)...

Oggi però Urán è cresciuto, va per i 29 e certi errori di gioventù non li commette più; e ne ha dato lampante dimostrazione in quel di Québec City, andando a vincere con una stoccata perfetta per scelta di tempo ed efficacia il Grand Prix Cycliste de Québec, prima di due belle corse canadesi (la seconda, a Montréal, la vedremo domenica) che da sei anni impreziosiscono questo scorcio settembrino del calendario internazionale.

Il suo palmarès si arricchisce di una vittoria prestigiosa in una gara in linea (su questo fronte eravamo fermi al Giro del Piemonte 2012), e soprattutto lui trova un riscatto inatteso per tre motivi: il primo è che oggi si confrontava con grandissimi interpreti delle classiche, e non era certo lui il favorito, eppure li ha messi tutti nel sacco; il secondo motivo è che, dopo una buona primavera (con una serie di piazzamenti in brevi corse a tappe), il colombiano della Etixx ha sballato clamorosamente al Giro d'Italia, suo obiettivo stagionale (chiuso mestamente al 14esimo posto); poi è andato a rifarsi al Tour de France: peggio che andar di notte, mai in lizza per qualcosa di serio, anonimo 42esimo posto finale; grande merito, quindi, l'aver trovato la voglia e la tenacia di andare ancora avanti, di gareggiare fino all'autunno per inseguire qualche successo estemporaneo che non gli lasciasse addosso la sensazione di un 2015 completamente buttato (o forse che lo aiutasse a convincere Patrick Lefévère a rinnovargli il contratto con la Etixx): sia come sia, oggi in Canada ha centrato in pieno l'obiettivo.

 

Cesare Benedetti, una fuga per trovare un ingaggio
Ci piace molto, Cesare Benedetti: un corridore che ha vissuto fin qui un po' nell'ombra di una squadra come la NetApp (oggi Bora-Argon), spesso lontano dai grandi palcoscenici, ma sempre combattivo e gagliardo, quando chiamato a farsi vedere. Un fuggitivo di razza, le cui qualità però non bastano più, evidentemente, al management del team tedesco, che lo lascia a spasso dopo 5 stagioni. Il trentino è alla ricerca di un ingaggio, ed ecco allora che le sue forze si moltiplicano, l'abbiamo visto andare ripetutamente all'attacco al recente Tour of Alberta (sempre in Canada), e oggi la sua presenza nella fuga del mattino non era neanche quotata dai bookmaker.

Detto fatto, Benedetti si è inserito nell'attacco che ha preso il via nel primo dei 16 giri del circuito québecois (12.6 km ciascuno, totale di 201.6 km), insieme ai padroni di casa Ryan Roth e Anton De Vos (molto giovane, dicono sia una buona promessa), al francese Perrig Quéméneur e ai rappresentanti della Drapac, Wouter Wippert e Darren Lapthorne. Il sestetto è partito al km 9, ha avuto un vantaggio massimo di 9'10" al km 31 (nel terzo giro), poi ha perso smalto; Wippert è stato fatto fuori da un salto di catena nel quinto giro, il suo compagno Lapthorne si è staccato nell'11esima tornata, sulla Côte de la Montaigne (il primo dei tre strappetti del circuito).

Al 12esimo giro, sempre sulla Montaigne, Benedetti è scattato solo soletto, poi Roth gli è tornato appresso, ma ormai il lavoro del gruppo (dapprima la BMC e la Trek - con un Coledan super - poi pure la Lampre e la Etixx) aveva praticamente annullato la fuga, a cui rimanevano poche decine di secondi di margine.

 

La gara si infiamma, ma nessuno fa la differenza
Dovremmo a questo punto riportare in maniera un po' pedante tutti i vari tentativi di evasione dal gruppo andati in scena negli ultimi 5 giri della corsa; ci limitiamo a qualche nota per non appesantire il discorso. Al 13esimo giro è stato Manuele Boaro a tentare, in solitaria, di riportarsi su Roth e Benedetti, ma non ci è riuscito; al 14esimo giro, a 30 km dalla fine, Lars Ytting Bak e Vyacheslav Kuznetsov sono stati i primi a riportarsi sui due fuggitivi della prima ora, poi Rein Taaramäe, marcato da Brent Bookwalter (BMC sempre presentissima), si è riportato sui primi (dai quali si era intanto staccato Benedetti), e alla fine della tornata un forcing di Roman Kreuziger ha permesso ad altri 7 uomini di rientrare sul plotoncino di testa. Col ceco, gente del calibro di Fabio Felline, Julian Alaphilippe, Romain Bardet, Warren Barguil e Jurgen Roelandts, oltre a un altro uomo BMC (Silvan Dillier). Philippe Gilbert, con Simon Geschke e Mathias Fränk, ha mancato di poco l'aggancio con questi 12, ma poco male, visto che il gruppo ha annullato l'interessante azione nel corso del 15esimo giro, a 19 km dalla fine.

Dopo altri batti&ribatti (visti in azione tra gli altri Michal Kwiatkowski, Jan Bakelants, Andriy Grivko, il sempre bravo Manuel Quinziato), ai -14, in cima alla Côte de Glacis (seconda salitella del circuito; la terza era quella dell'arrivo), è partito secco Jakob Fuglsang, in compagnia di Wilco Kelderman. Una bella accoppiata di passisti, i quali in effetti per un po' ci hanno creduto, avendo preso ben 20" di margine su un gruppo che viveva fasi di anarchia in avvio di 16esimo e ultimo giro. Ma poi la BMC, ancora lei, ha lavorato in blocco per i due capitani (Greg Van Avermaet e Philippe Gilbert) e ha ripreso i due attaccanti a 5 km dalla conclusione.

 

Ultimi fuochi, poi la sparata di Rigoberto
Van Avermaet si sentiva a questo punto obbligato a tentare il tutto per tutto, e allora sulla Côte de Montaigne, ai -4, è scattato forte, raggiunto da Robert Gesink e in seconda battuta da Simon Yates; purtroppo per gli attaccanti, il circuito québecois, per quanto bello, tende un po' a sterilizzare gli attacchi, visto che le rampe sono seguite da larghi stradoni che favoriscono chi insegue. Come volevasi dimostrare, GVA, Gesink e Yates sono stati raggiunti ai -3; un contropiede fulminante di Dries Devenyns e Jan Bakelants è durato lo spazio di un altro chilometro, poi ai -2 ci ha provato ancora Alaphilippe, ma di nuovo Gesink ha fatto lo stopper, e ridendo e scherzando ci siamo ritrovati all'arco dell'ultimo chilometro.

A questo punto Urán, certo uno dei meno marcati della compagnia, ha piazzato lo scatto del fagiano, si è avvantaggiato di 10 metri e poi ha dato fondo a tutto quello che aveva. Van Avermaet, con l'aiuto di Dillier, ha provato a chiudere il gap ma ai 500 metri il colombiano aveva ancora quattro biciclette di margine. Lui teneva, gli altri (quelli che dietro uscivano dalle scie per tentare il ricongiungimento) rimbalzavano, vedi alla voce Bauke Mollema o Tom Jelte Slagter ai 300 metri.

E quando si è giunti nell'area volata, ovvero ai 200 metri, era ormai tardi anche per i fortissimi velocisti rimasti in gioco: l'hanno fatto, il loro sprint, uomini del livello di Michael Matthews e Alexander Kristoff, ma sono arrivati appena a prendere la ruota di Urán che intanto stava già esultando in maniera sboccata, felice per un successo inaspettato ma assai gratificante.

 

Si scrive Québec, si legge Richmond
A naso, il circuito iridato di Richmond, tra un paio di settimane, ricorderà parecchio quello di Québec City, quindi in filigrana oggi abbiamo potuto vedere come potrà svolgersi la prova mondiale: tanti attacchi, tanti ricompattamenti, e poi, se non verrà una magata in stile Rigoberto, sarà volata di un gruppo di poche decine di uomini, sfilacciato, ma esposto al colpo di grazia di questi velocissimi geni delle classiche: uno di loro, sia esso Matthews (secondo oggi) o Kristoff (terzo) o ancora John Degenkolb (che sta uscendo fortissimo dalla Vuelta) dovrebbe farcela a resistere fino alla fine e poi a battere tutti.

Giù dal podio oggi son rimasti i corridori più propriamente da classiche vallonate: quarto s'è piazzato Tom Jelte Slagter, al quinto posto troviamo un buon Diego Ulissi (che reclama qualche grado da capitano nella nazionale di Cassani), poi Mollema, Gilbert, Tony Gallopin, Barguil, Van Avermaet a completare la top ten. Fabio Felline, dopo essersi mosso al penultimo giro, ha chiuso al 23esimo posto; al 31esimo si è posizionato Davide Formolo (che però pare non rientrare nei piani del ct azzurro). Indicazioni in ogni caso utilissime in vista della gara di Richmond.

Domenica intanto si bissa in Canada, col GP di Montréal, gara gemella e altrettanto intrigante di quella di Québec City. Per tutti, l'immediata possibilità di prendersi una rivincita.

Marco Grassi

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