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Vuelta a España 2015: Landa, un colpo di testa che profuma di libertà - Mikel, insubordinazione e vittoria in solitaria ad Andorra

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L'arrivo di Mikel Landa al traguardo di Cortals d'Encamp © Bettiniphoto

Quante volte un uomo deve guardare verso l'alto prima di riuscire a vedere il cielo? La risposta, cari amici dylaniani, sta soffiando nel vento di Andorra e sta cullando le orecchie di Mikel Landa, in misura almeno proporzionale a quanto quelle orecchie sono state brutalizzate dagli strali che l'auricolare della radiolina gli riportava nei chilometri finali dell'11esima tappa della Vuelta a España.

Quegli strali erano a lui indirizzati da Beppe Martinelli, team manager dell'Astana, il quale avrebbe voluto che il basco rallentasse per aspettare il sopraggiungente Fabio Aru e per aiutarlo nel compito di guadagnare quanti più secondi possibile rispetto a tutti gli avversari di classifica.

Il ragionamento di Martinelli non faceva una grinza: se Aru avesse avuto la possibilità di ricevere qualche cambio, in quel finale di tappa, avrebbe certamente potuto portare a casa un bottino maggiore, fattore molto importante per una classifica che - nella corsa iberica - non di rado si decide per qualche decina di secondi in più o in meno. Parimenti, anche se tra poco Landa andrà a vestire un'altra casacca (per il 2016 è già stato ingaggiato dalla rivale Sky), a tutt'oggi è un dipendente dell'Astana, e avrebbe quindi l'obbligo contrattuale di ottemperare a quanto gli chiedono (o impongono) i suoi superiori.

Questo è però il punto di vista della burokràtiya kazaka; del fandom italiano di Aru; della fredda, spietata logica dello sport di vertice; della tradizione che vuole il gregario sempre soccombente rispetto al capitano; o il reietto comunque subordinato nei confronti del pupillo. Dall'altro lato della barricata c'è l'uomo, con le sue fragilità, debolezze, necessità di riscatto, ansie di rivalsa; quell'uomo che oggi era proprio lui, Mikel Landa.

 

Le lacrime ancora calde del Giro d'Italia
Nessuno può dimenticare le lacrime del 25enne basco nel giorno di Sestrière all'ultimo Giro d'Italia. Era la sua grande occasione di segnare un golpe clamoroso ai danni di un'icona del ciclismo come Alberto Contador. Ma sul più bello il suo volo venne troncato, dal gelido ordine dell'ammiraglia: "Fermati, aspetta Fabio, cedigli il tuo secondo posto in classifica". Il virgolettato sarà impreciso, ma il senso del diktat è esattamente questo, o perlomeno questo è quello che ha introiettato Mikel, il quale deglutì a fatica, ricacciò in fondo il rospo in gola, e mandò il celebre telegramma dai monti: "Obbedisco".

La frustrazione di quel momento proruppe poi in pianto una volta terminata la tappa, e l'intima insoffocabile consapevolezza del torto subìto fece di quel ragazzo il feroce bandito che oggi, a 2 km dal traguardo di Cortals d'Encamp, ha fatto una cosa in fondo semplice: se ne è fregato.

Se ne è fregato dell'etichetta e delle conseguenze del suo gesto, perché un grido di libertà a volte si può esprimere anche attraverso l'inconcepibile, insensato volo d'auto nel Grand Canyon, a fissare un fotogramma che resterà indimenticabile. Avrete il mio corpo, non la mia anima.

 

Un'insubordinazione in qualche modo giustificata
«Stavo godendo troppo per fermarmi ad aspettare Aru. E la libertà me la sono presa»: queste non sono frasi immaginate, ma parole proferite da Landa dopo l'arrivo andorrano di oggi. Ha ammesso candidamente quello che c'era da ammettere. I maggiorenti dell'Astana non lo manderanno in un campo di lavoro sovietico solo perché i tempi sono cambiati, da qualche decennio in qua, ma la lavata di capo se la buscherà tutta (mentre c'è addirittura chi invoca che venga rispedito a casa dalla Vuelta, dopo l'odierna grave insubordinazione).

Avrà poi tutto il tempo di aiutare Aru a vincere la corsa spagnola, ma oggi non gli è stato fisicamente possibile piegare ancora una volta la testa: voleva la vittoria, la voleva così, limpida, in solitaria, senza che gli venisse concessa dal capitano, e senza concedere ai colori della squadra l'arrivo in parata che sarebbe tanto piaciuto a Vinokourov.

Forse ci ha anche messo un po' di necessaria scafatezza, perché se si fosse magari fermato a 2 km dal traguardo, avesse atteso Aru e avesse tirato per lui, poteva pure succedergli di andare in difficoltà a sua volta, di perdere il passo, di staccarsi all'ultimo chilometro: e lì il buon Fabio che avrebbe fatto? Avrebbe aspettato il compagno per lasciargli la promessa (e meritata) vittoria di giornata, o avrebbe correttamente proceduto nel progetto di guadagnare il maggiore spazio possibile ai danni di Rodríguez, Dumoulin, Valverde, Quintana? Quanto sarebbe stato sommamente ingiusto un epilogo del genere?

 

Landa in fuga da lontano con altri 18
La vittoria oggi Landa se la meritava, e così, piena e solare com'è stata, per quanto esibito nell'11esima tappa della Vuelta. Dopo essere uscito di classifica a causa di cadute ed errori vari (e forse anche di una condizione non brillante come in maggio), il basco non aveva che un'ambizione: un successo parziale, a margine dell'ausilio che comunque doveva e dovrà garantire (dopo il colpo di testa di oggi) al suo capitano.

Mikel si era accodato alla fuga del mattino (definizione che rimane anche se alla Vuelta le tappe partono quasi sempre nel primo pomeriggio), aveva raggiunto dopo la Collada de Beixalis un drappello che già era al comando, comprendente Romain Sicard, Darwin Atapuma, Nelson Oliveira, Omar Fraile e Jérôme Coppel; con Landa si erano uniti anche molti altri corridori, tra i quali Matteo Montaguti e Rubén Plaza, fino ad arrivare a comporre un gruppo di 19 uomini.

Dietro tirava proprio l'Astana e la fuga non prendeva il largo, finché il team kazako non ha ceduto il passo alla Sky, la quale ha tenuto un'andatura ben più moderata, permettendo ai battistrada di raggiungere i 5'20" di vantaggio massimo, a 48 km dal traguardo, quando già si era sulla Collada de la Gallina.

In precedenza uno dei 19, Imanol Erviti, aveva tentato un'inspiegata azione personale, troppo lontano dalla fine per avere un senso compiuto (anche nell'ottica di fungere da punto d'appoggio per un eventuale attacco dei compagni Valverde e/o Quintana); sulla Gallina, invece, inevitabilmente il drappello - che si era ricomposto poco prima - era destinato a frantumarsi definitivamente. Prima Sicard e Coppel, in compagnia di Pawel Poljanski e Ian Boswell, hanno preso margine; poi su di loro son rientrati Atapuma, Fraile, Oliveira e Landa; quindi si sono staccati Coppel e Oliveira, e poi ancora in discesa quest'ultimo è rientrato ma ha perso contatto Atapuma.

 

La stoccata decisiva e la strenua difesa
Sull'Alto de la Comella (ai -24) proprio Landa (che già aveva tentato un allungo sulla discesa della Gallina) ha forzato il ritmo, facendo fuori Fraile; il margine sul gruppo era sceso a 2', ma il quintetto rimasto al comando ha difeso bene quel margine fino ai piedi della salita conclusiva.

E qui, ai -9, ancora Mikel ha azionato il turbo, facendo male a Boswell, Poljanski e Sicard, e ai -8 pure a Oliveira, ultimo a resistergli alla ruota. Lì, a 8 km dalla vetta, il basco è rimasto solo, e ha continuato a salire alla grande, visto che quei 2' di vantaggio se li è portati fin quasi alla fine, nonostante il gruppo stesse esplodendo sotto i colpi di Aru, e la lotta per la classifica stesse facendo aumentare di molto l'andatura dei blasonati inseguitori.

Landa ha resistito, alle sue spalle Aru ha ripreso uno dopo l'altro gli altri fuggitivi, ai -8 ha raggiunto Atapuma, ai -6 Poljanski e poi Sicard, ai -5 Oliveira, ai -3 infine Boswell (che con un buon finale di tappa ha poi salvato un bel terzo posto). Landa no, gli è rimasto irraggiungibile. Ed è andato a vincere proprio come voleva, come sperava sin dal primo momento in cui aveva visto l'altimetria di questa frazione. 1'22" all'arrivo tra Mikel e Fabio (che dopo la tappa ha comunque fatto i tweetcomplimenti - parsi sinceri - al compagno), poi a 1'40" il bravo Boswell, poi a 1'57" Dani Moreno e poco dietro Purito Rodríguez e via via tutti gli altri.

E in fondo anche Martinelli potrà chiudere un occhio, sapendo che da domani Landa si dedicherà anima e corpo all'obiettivo comune della vittoria della Vuelta con Aru: sa bene pure lui che prima d'oggi lo spagnolo era in credito col suo team. Ora che i conti sono pareggiati, si può voltare pagina e inseguire, tutti insieme, la sospirata roja.

Marco Grassi

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