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Tour de France 2015: Se non ti Movi è troppo tardi - Le occasioni mancate di Quintana e soci

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Nairo Quintana all'attacco su Col de la Croix de Fer © Bettiniphoto

Secondo e terzo posto in classifica, maglia bianca vinta quasi automaticamente, classifica a squadre in cassaforte sin dal Massiccio Centrale. Bilancio stellare, per cui molti farebbero carte false. Eppure l'altra faccia della medaglia recita nessuna frazione vinta e, soprattutto, la mancanza di tentativi seri di scalzare Christopher Froome dal secondo trono giallo. Anche perché il keniano bianco è stato superiore alla concorrenza di Quintana solamente in un'unica salita, a La Pierre-Saint-Martin. Che, tra le altre cose, era la prima salita dell'intera corsa.

Proviamo a rivivere le situazioni in cui lo scalatore colombiano ha perso la Grande Boucle; ossia quando, invece di attaccare o di supportare gli attacchi altrui, ha giocato da stopper, in difesa, non pensando minimamente a mettere in difficoltà Chris Froome. E anche le occasioni in cui il vincitore del Giro 2014 ha perso tempo rispetto al rivale, lasciando qua e là secondi di troppo.

 

Dove Nairo ha perso il Tour: Zelande e i malcapitati ventagli
Pronti, via, e da Utrecht la corsa parte con una cronometro pianeggiante tra le strade della quarta città dei Paesi Bassi. Subito mossa tattica, con Quintana a partire alle 15 in punto come sessantunesimo, mentre Froome inizia la sua cavalcata come centonovantacinquesimo alle 17.14. Scelta tattica dunque quella della Movistar, adottata dopo uno sguardo alle previsioni meteo: mossa giusta, con il vento che soffiava più prepotentemente nel finale. Gli undici secondi pagati dal colombiano sono più che accettabili.

Decisamente meno accettabile, anche se temuto alla vigilia, quanto avvenuto a Zelande: ventagli orchestrati dai califfi della specialità come gli uomini Etixx e BMC, mentre il mingherlino Quintana, supportato da compagni assai meno smaliziati in questo particolare rispetto ai rivali, rimane irrimediabilmente intruppato troppo presto. Qui è proprio la Movistar a mancare, con una mancanza di coesione attorno al capitano evidentissima guardando le immagini della tappa. Alla fine della giornataccia il distacco da Froome segna 1'39". Teniamola bene a mente questa cifra.

Altri undici secondi (che diventano diciassette con l'abbuono) sul muro di Huy, in un terreno certamente più adatto al capitano del Team Sky. Nulla di trascendentale, quindi. Bene invece sulle pietre (definirlo pavé pare troppo) di Cambrai, capace di tenere le ruote del gruppo di testa senza patemi di alcun tipo. Tranquillità ad Amiens mentre a Le Havre il sudamericano va a terra nella caduta provocata dalla maglia gialla Tony Martin: solo qualche ammaccatura, ma comunque un fastidio in più di cui si faceva volentieri a meno. Specie se si considera l'equilibrismo abbastanza casuale con cui Froome è rimasto sano e salvo.

Al Mûr-de-Bretagne si temeva un altro allungo della maglia gialla, alla stregua di quanto mostrato nella terza tappa. E invece i big non si scannano, preferendo conservare le energie per l'attesa cronometro a squadre del giorno seguente. Che vede il Team Sky battuto di un'inezia dalla BMC ma con una super difesa della Movistar, con i ragazzi di Unzué che perdono soli tre secondi dai preannunciati rivali britannici. La prima metà di Tour si chiude quindi con Quintana nono in classifica e lontano 1'59" da Froome. Un distacco che, alla vigilia, sarebbe stato ritenuto accettabile dalla dirigenza degli iberici. Chissà se ora, a corsa praticamente finita, conserverebbero la medesima opinione.

Arrivano i Pirenei, con l'inedito arrivo a La Pierre-Saint-Martin. Tappa considerata perfetta per il treno Sky: 140 km e passa di pianura, salita lunga e costante nel finale. Come da programma i neroazzurri dominano, vincendo con capitan Froome e piazzando Richie Porte alle sue spalle. Fra i quattro favoriti della vigilia, mentre Nibali va in crisi e Contador paga pesantemente, il boyacense prova a tenere la tremenda frullata del vincitore, dovendo alzare bandiera bianca causa troppa forza del rivale. Il conto di giornata segna 1'04", 1'14" comprensivo di abbuono; il conto della generale è ora di 3'09". Distacco ampio, ma non incolmabile.

 

Dove Nairo non ha osato: La Toussuire, quanti rimpianti
Da qui il Tour cambia faccia: se Quintana si è difeso, anche in maniera più che accettabile, nelle frazioni a lui meno consone, perché non puntare sul recupero nel prosieguo delle tappe? Già, perché, con il senno di poi, non si è osato? Il motivo abbastanza palese può essere individuato nella volontà di tenere in classifica anche Alejandro Valverde il più a lungo possibile, con il desiderio di regalare al capitano di mille battaglie la prima gioia sugli Champs-Élysées. E anche Nairo ha parecchio da rimproverarsi, in materia di coraggio. Anche perché, in buona sostanza, un secondo posto al Tour con annessa maglia bianca è già stato ottenuto nel 2013. Perché non rischiare di vincere, mettendo in preventivo anche il rischio di saltare?

La seconda metà di Tour inizia da Cauterets: il menu prevede il Tourmalet prima della salitella verso il traguardo finale. Qui, in verità, poco si poteva tentare, con un terreno poco agevole alle azioni da lontano. Qui iniziano i primi dolori per il Team Sky, con Porte che salta sulla leggendaria cime pirenaica e il solo, mirabolante Thomas riesce a stare al fianco del capitano. Terzo e ultimo appuntamento pirenaico a Plateau de Beille: tappa più interessante dal punto di vista altimetrico e, per come si era messa, con Gorka Izagirre in fuga, altrettanto stuzzicante. Ma niente, tappa che si spegne stancamente nonostante Quintana ci provi. Attacco non indimenticabile, se Porte riesce poco dopo a tornare alla ruota della maglia bianca. E qui Quintana non insiste, con Froome e tutto il gruppo che torna sotto. Occasione sprecata, non per guadagnare chissà che, ma per dare un segnale.

A Rodez arrivo per i cosiddetti puncheurs e nulla si può provare per movimentare la situazione. Diversamente dal giorno seguente, con l'arrivo di Mende: Quintana attacca, in maniera convinta, sul ripido muro; nei primi momenti Froome decide di non rispondere, ma di salire con la propria cadenza abituale che tende ad accelerare. Tre gli allunghi di Naironman, tre le risposte della maglia gialla. Il quale mostra comunque una pedalata ben diversa da quella che solamente quattro giorni prima aveva stupito il mondo intero, nonostante con uno sprint (assai sgraziato) di rabbia (per quel che era avvenuto durante la tappa) guadagni un secondo sul rivale. Così come i suoi paggetti, che vivono la prima giornata no dell'intera corsa.

Valence è per i velocisti, Gap per la fuga: ma nella località provenzale il Col de Manse si prestava ad attacchi, fossero essi stati portati in salita o in discesa. Una volta mette il muso fuori dal gruppo, un Movistar, ma è Valverde. Il quale si incarica poi di condurre la discesa (per essere più sicuro? certamente. Per contenere Nibali? anche) mentre il capitano resta immobile. Tappa non adattissima a sconvolgimenti, certo, ma resa inutile anche dal comportamento della squadra spagnola. Sarà per i giorni seguenti, si pensa.

E invece no. Il giorno di riposo non cambia il coraggio nei momenti clou della Movistar, che somiglia alla temperatura di Potenza nei bollettini meteo: non pervenuta. E sì che Quintana allunga già nella prima salita di giornata, il Col des Lèques, ma il forcing del Team Sky lo rende inoffensivo. Parte quindi la fuga, in cui sono presenti ben tre gregari del nostro (Jonathan Castroviejo, José Herrada e Gorka Izagirre). Sembra un'inversione di tendenza. Sembra, appunto. Sul Col de la Colle Saint Michel attacca Contador e chi si mette a tirare? La Movistar, per difendere il piazzamento di Valverde (ora virtualmente terzo, stante il ritiro di van Garderen pochi km prima). Lo stesso Valverde si riporta in prima persona sul connazionale, con un'azione non necessaria. A questo punto il gruppo si riforma e si muove, assieme ad altri quattro colleghi, anche Adriano Malori.

La situazione quindi recita: trentadue atleti in fuga divisi in due gruppetti, quattro dei quali con la maglia Movistar. La salita seguente è il Col d'Allos, lunga ma non impervia ascesa: eppure tutti gli uomini Sky perdono le ruote del proprio capitano che resta in gruppo con gli altri quattro big. Contador, Nibali e i due Movistar, Quintana e Valverde. Nella discesa il leader della Tinkoff-Saxo cade, riducendo a quattro unità il plotoncino. Il trio Castroviejo, Herrada e Izagirre è ancora davanti e viene fatto fermare quando si imboccano le prime rampe della salita finale verso Pra Loup. Il tabellino recita: Movistar cinque, Sky uno.

Ma niente. Niente di niente. I tre gregari vengono fatti tirare a turno in maniera regolare, al fine di distanziare Contador. Non si prova a lasciare Froome a tirare, non si prova a far attaccare Quintana, non si prova a far attaccare Valverde. E qui sono sempre più solari le intenzioni di difendere il podio di Valverde a tutti i costi, anche rinunciando ad attaccare Froome. L'allungo ai 700 metri dalla fine fa il solletico alla maglia gialla. E così la prima delle quattro giornate alpine scorre via senza cambiamenti, con Quintana distante 3'10" dal sogno in giallo.

Tappa di Saint Jean de Maurienne, quella del quartetto meno adatta ad azioni di forza. Ma è quella in cui si capisce chiaramente che Froome non è più l'imprendibile di La Pierre-Saint-Martin: nelle ultime centinaia di metri dell'affascinante salita dei Lacets du Montverniter il keniano perde qualche metro dopo l'accelerazione di Contador e Nibali. Nulla da fare per i due Movistar, che, una volta ripresi i due avventurieri, si rialzano. Così come non avevano risposto all'allungo del solito Contador sul Glandon: qui il colombiano lancia un'occhiata al proprio compagno di squadra. Il quale non replica. Replica che prontamente arriva quando a scattare è Nibali, con lo scopo di stoppare le velleità del siciliano. Dietro, il Team Sky sentitamente ringrazia.

Venerdì 24, frazione di La Toussuire. Giorno che verrà ricordato, parafrasando il celeberrimo verso del terzo canto dell'Inferno dantesco, come di «colui/che fece per viltade il gran rifiuto». Questa era l'occasione di isolare Froome, questa era l'occasione di mettere in campo la supremazia Movistar, questa era l'occasione di andare a ridurre considerevolmente il distacco. Ma niente. Ancora una volta si va di conserva, ancora una volta si aspetta il finale, precisamente gli ultimi 5800 metri dell'ultima salita. Scatto che sarà inutile per la vittoria di tappa, scatto che sarà inutile per la vittoria della generale.

Partendo dalla fine, sono trenta i secondi recuperati dal venticinquenne nei confronti del rivale, al termine di una salita affrontata ad alta velocità (Quintana stabilisce il record di scalata nei 18 km finali). Trenta secondi recuperati, due in più con l'abbuono, a fronte dei centocinquantotto ancora sul groppone. Se fossero mancate ancora due-tre tappe la valutazione avrebbe potuto essere ben più magnanima, ma per uno che puntava a vincere la classifica staccare per la prima volta il rivale diretto nella penultima giornata utile ha il sapore della beffa. Poco da fare, bisognava attaccare sul Glandon. Con Quintana, non certo con Valverde e il suo discutibile allungo in un tratto controvento. Dopo l'incidente meccanico di Froome, una volta rientrato il britannico, si poteva allungare, puntando a recuperare il gap con Nibali prima della vetta e percorrere gli ultimi 60 km di gara con un valente compagno d'avventura. Ma nulla da fare, scatto secco come lui sa fare nel finale e vantaggio minimo incamerato.

Oggi, paradossalmente, la Movistar si è mossa meglio, spezzando il gruppo sulla Croix de Fer e mandando prima in avanscoperta Valverde per poi lanciare Quintana verso il ricongiungimento con lo scudiero. La situazione è interessante, dietro Froome ha il solo Porte al proprio servizio. L'attacco di Nibali scombina le carte degli spagnoli, con Froome che si riporta prima sul detentore della corsa e poi proprio sui due Movistar, nelle prime pedalate in discesa. Il quartetto più in forma (Froome, Nibali, Quintana, Valverde) è riunito ma qui, invece di mantenere alta l'andatura per evitare l'altrui rientro, viene deciso di rallentare, garantendo così al Team Sky di risaldarsi attorno alla propria stella.

La corsa procede con calma fino all'imbocco dell'Alpe d'Huéz e qui diventa palese che Froome ha in mano la corsa, a meno di un fragoroso crollo totale. Che non avviene nonostante, come sempre accaduto nella sua carriera, il britannico affronti le ultime fatiche della Grande Boucle col fiatone. 1'36", abbuono compreso, il margine rosicchiato dallo splendido esemplare di scalatore escarabajo. 1'12" il distacco che ancora manca da colmare. Ma basta Glandon, Croix de Fer (e non solo perché in questi giorni sono state scalati fino alla nausea) e Alpe, domani spazio ai sanpietrini degli Champs-Élysées, dove il recupero appare, per usare un eufemismo, assai improbabile.

Seconda piazza d'onore per il Condor in altrettanti Tour disputati, seconda (e ultima) maglia bianca conquistata. Nel 2013 il distacco dalla vetta fu di 4'20" e lì, oltre al fatto di essere un novizio, si sono comunque sommate la conquista della maglia a pois e una vittoria di tappa. In questo 2015 il distacco diminuisce considerevolmente, certo: ma nel frattempo Quintana in bacheca ha un Giro d'Italia e, come logico che sia, ad ogni corsa a tappe che disputa deve puntare alla vittoria. E considerando che, ventagli a parte, Nairo sarebbe davanti a Froome, il rimpianto deve aumentare in casa Quintana e in casa Movistar. Osando di più forse si poteva veramente ribaltare il Tour e dare al popolo colombiano un successo storico. Non dubitiamo che prima o poi arriverà (anzi, più prima che poi), ma se i traguardi possono essere raggiunti, perché non provarci quest'anno?

Alberto Vigonesi

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