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Tour de France 2015: Da Movistar ad Astana quanti dubbi sulle tattiche - Attendismo ed errori, la Sky è perfetta e può sorridere

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Quintana, Valverde e Froome alla partenza della tappa: il murciano sembrava già rassegnato © Bettiniphoto

Prima tappa alpina in archivio, con cambiamenti in classifica dovuti a cadute (Alberto Contador), fisiologici cali (Geraint Thomas) o crolli veri e propri (Tejay van Garderen). Il comun denominatore che si può trovare nella frazione odierna riguarda le tattiche adottate dai team che puntano alla classifica generale: quasi tutti hanno commesso errori oggi, chi più, chi meno. Con buona pace del Team Sky, oggi eccellente nella sua inoperosità e raramente visto a questi livelli dal punto di vista della tattica in corsa.

 

Movistar e le tattiche sui generis
Chi vanta la maggior esperienza in ammiraglia è la Movistar; pur guidata formalmente da José Luis Arrieta e da Vicente García Acosta, la formazione spagnola ha in Eusebio Unzué la scafata mente delle sue azioni di gara. Per uno che ha vinto di tutto con Miguel Indurain (e non solo), quanto messo in pratica oggi lascia assai interdetti. E non è la prima occasione in cui, negli anni recenti, la condotta di gara del team iberico dà adito a commenti negativi nel dopotappa.

La volontà di smuovere le acque era palese sin da subito, quando nientemeno che Nairo Quintana aveva attaccato sulla prima asperità di giornata, il Col des Lèques. Il forcing del Team Sky ha però prontamente ripreso il colombiano e, col passare dei km, la Movistar è riuscita a rimanere vigile in testa alla corsa. Nell'azione di ventotto atleti che poi ha caratterizzato la frazione la squadra navarra ha saputo inserire ben tre rappresentanti, ossia Jonathan Castroviejo, José Herrada e Gorka Izagirre. Tre che in salita e sul passo sanno farsi valere.

Sul Col de la Colle Saint Michel il bislacco attacco di Contador mette sull'attenti gli spagnoli, che prima mettono Winner Anacona a tirare a profusione e poi fanno sganciare Alejandro Valverde, disinnescando la minaccia (per la verità assai debole). Qui però sorge il primo dubbio: perché non lasciar lavorare gli Sky che, in quel momento, oltre alla maglia gialla potevano contare solo su Geraint Thomas e Leopold König. Lo stesso numero dei portacolori Movistar: teoricamente è la squadra del leader della corsa che si occupa di scongiurare l'attacco di un rivale pericoloso, con le altre formazioni pronte ad approfittarne.

E invece no. Riportato Contador in gruppo, che ora procede con calma favorendo il rientro di molti, si muove un ulteriore uomo Movistar, ovvero sia Adriano Malori: il parmense si ricongiunge con Michael Rogers, riproponendo la marcatura a uomo nei confronti degli atleti della compagine russa. Vedendo come si è poi sviluppata la gara il drappello (in cui erano presenti anche Lars Bak, Jan Barta e Brice Feillu) è risultato completamente privo di ogni utilità. Di questo, per la verità, non bisogna colpevolizzare la strategia degli spagnoli.

A differenza di quanto accade nella fase finale della corsa. Sul Col d'Allos scollinano in cinque, due dei quali vestono la maglia Movistar. Di cui sono rispettivamente capitano e vice (o meglio, diciamo co-capitano). Persi Contador e i suoi gregari nel frattempo entrati a far parte del plotoncino, il quartetto affronta la seconda metà dell'infida discesa con Valverde in prima ruota e Quintana a chiudere il gruppo. Fin qui nulla di sbagliato. Ma la tattica scelta sull'ascesa finale verso Pra Loup non convince minimamente.

Con ben tre uomini davanti e a disposizione la maggioranza nei confronti del Team Sky, che presentava il solo Chris Froome, era schiacciante. Si potevano provare diverse varianti: fare attaccare prima Quintana e poi Valverde, lasciando a Froome il compito di riportarsi sotto, magari riprovando più volte. Si poteva lanciare Valverde all'attacco, giusto per capire se il campione spagnolo viene considerato dalla maglia gialla come un avversario su cui tamponare subito o se ritenuto inferiore (vedi alla voce Vincenzo Nibali).

La decisione di far lavorare in principio Valverde e poi, a rotazione, i tre gregari fatti fermare lascia alquanto spiazzati: per la gioia di Chris Froome, libero di sfruttare il lavoro senza doversi affannare in prima persona. Gli scattini nel finale, ivi compreso quello di Quintana a soli 700 metri dal traguardo, sintetizzano la mentalità sparagnina che oggi (e non solo oggi) è stata adottata dalla forte formazione iberica, decisamente la più competitiva sui terreni di montagna fra le ventidue compagini presenti.

Come mai quindi questo atteggiamento? Certo, quella odierna era la tappa meno adatta fra le quattro alpine per mettere in difficoltà Froome e il Team Sky. L'impressione che emerge sempre più è che la Movistar preferisca assicurarsi di occupare il secondo e il terzo posto della generale (la maglia bianca è già da tempo in cassaforte, a meno di imprevisti, la classifica a squadre praticamente opzionata), come dimostrato anche nelle reazioni contro gli attacchi di Contador e Nibali.

Sembra di rivivere quanto da molti imputato all'Astana nell'ultimo Giro d'Italia, quando i kazaki preferirono assicurarsi due piazze sul podio piuttosto che rischiare di saltare nel tentativo di vincere la corsa. Anche se la squadra allora di Aru e Landa ha poi chiuso con ben cinque successi parziali, a fronte della casella ancora ferma a zero per la Movistar versione Tour. Ci sono ancora tempo e modo di agire, specie per una formazione che si dimostra in palla in tutti e otto gli atleti ancora in corsa. Bisogna però osare, accettando anche l'ipotesi di saltare: tenteranno o rinunceranno? La speranza degli spettatori tende verso la prima ipotesi, l'esperienza purtroppo teme la seconda.

 

La giornata no della Tinkoff, tra caduta, incomprensioni e scelte bizzarre
Tante cose si possono dire sul suo riguardo, e nella gran parte dei casi non sono lusinghiere: ma è indubbio che Bjarne Riis sia stato (e, stando ai rumors, tornerà ad essere a breve) uno dei migliori strateghi dell'ultimo periodo. Al microfono di TV2, emittente pubblica danese per cui segue il Tour come opinionista, Riis si è chiesto il motivo per cui la Tinkoff-Saxo non abbia fatto fermare Rafal Majka a seguito della caduta di Alberto Contador nella discesa del Col d'Allos.

Già, Rafal Majka: nel dopotappa il corridore polacco ha dichiarato che non si è fermato ad attendere il capitano per il semplice motivo che nessuno glielo aveva detto dall'ammiraglia. Radicalmente opposta la posizione che Renee Meijer, moglie dell'attuale responsabile tecnico Steven De Jongh, ha riportato in un tweet: da quanto da lei dichiarato, Majka è stato ripetutamente avvisato via radiolina di fermarsi per aspettare Contador, al fine di tenere un ritmo costante nell'ascesa finale. In un tweet successivo rincara la dose, aggiungendo che Majka ha volutamente disatteso gli ordini di scuderia.

Oltre a questa situazione, che certamente verrà discussa a bocce ferme in serata, la Tinkoff-Saxo oggi ha lasciato altre perplessità: innanzitutto il prematuro attacco di Michael Rogers, con a ruota Alberto Contador, sul Col de la Colle Saint Michel a circa 75 km dal traguardo. In una frazione simile senza salite veramente dure e con, soprattutto, un lungo tratto in falsopiano seguente alla discesa del suddetto colle, creare un vantaggio era letteralmente impossibile (niente scenario alla Fuente Dé, per intenderci).

Sostanzialmente Contador può dirsi contento del fatto che la Movistar abbia menato le danze per riprenderlo, con Alejandro Valverde mossosi dal gruppo in prima persona: se l'avessero lasciato a bagnomaria, con un Rogers già staccatosi e con Majka e Sagan ben davanti, avrebbe verosimilmente accusato nel finale l'inutile fatica. La caduta in cui lo spagnolo è incappato assieme al fido Rogers, con Peter Sagan provvidenziale nel dargli la propria bici, lo ha costretto ad una solitaria rincorsa finale, con notevole spreco di energie.

La vittoria finale è ormai andata (e non da oggi), le quotazioni di podio, distante 2'31", sono in fase discendente. Contador è colui che, tra i big di alta classifica, possiede le qualità per provare a ribaltare il banco: la tappa per farlo è indubbiamente quella di La Toussuire, con l'impervia ascesa al Col du Chaussy già in partenza. Lì sì che si può provare qualcosa da lontano, sfruttando un Rogers in palla, un Kreuziger in crescita e un Majka solido, magari più ligio al gregariato del solito.

 

Gli altri: Astana inefficace, figuraccia Trek, Sky in tranquillità
Poco da rimproverare per l'Astana se non la constatazione che la passività che la formazione kazaka ha mostrato nei primi due terzi di gara poteva essere evitata: anziché lasciare al fuggitivo un vantaggio oceanico sarebbe stato magari opportuno mettere qualcuno (Grivko o Gruzdev, ad esempio) a dettare un ritmo maggiore, tenendo la corsa controllata in vista del prevedibile tentativo di Nibali su e giù per il Col d'Allos. Il fatto che prima Jakob Fulgsang e poi un bravissimo Michele Scarponi abbiano scremato il gruppo era altrettanto pronosticabile, nell'ottica di affaticare i rivali del siciliano nella generale. Buono anche l'utilizzo del fuggitivo Tanel Kangert, fatto fermare al momento giusto. Certo, anche in questo caso si è andati di conserva e ci si è limitati al compitino senza osare.

Tra chi esce maggiormente scontento dalla tappa di oggi è inevitabile pensare alla Trek Factory Racing: gli uomini di Luca Guercilena, incapaci di mettere propri rappresentanti in fuga, si sono segnalati per aver preso la testa della corsa nelle prime fasi del Col d'Allos. Il motivo? Difendere l'ottavo posto (sì, l'ottavo posto!) di Bauke Mollema nella classifica generale: prima Markel Irizar, poi Julian Arredondo e quindi Haimar Zubeldia hanno tirato il gruppo, facendo un ritmo di certo non irresistibile. Quando l'Astana si è portata in testa per tirare l'andatura è sensibilmente aumentata, portando Mollema a staccarsi irrimediabilmente, atteso da Bob Jungels (in netta ripresa dopo una prima parte di Tour in ombra). Al traguardo il distacco da Quintana e Froome è di 3'16" mentre il classifica generale l'olandese viene superato da Mathias Frank, distante ora 3' tondi. Ora l'obiettivo è la difesa della top 10 finale.

Tappa chiusa con un sorriso smagliante per il Team Sky: margine su Quintana immutato e squadra rimasta sostanzialmente poco operosa, sfruttando giustamente il lavoro altrui. Forse un piccolo campanello d'allarme può essere all'orizzonte: Geraint Thomas è, comprensibilmente, in fase discendente rispetto a colui che ha impressionato sui Pirenei. Idem Richie Porte, oggi in fuga e poi inutile a supporto di Froome una volta ripreso. Rispetto ad inizio Tour è in ripresa Wouter Poels, che può risultare decisivo nei prossimi giorni per tamponare le azioni che, si spera, la Movistar proverà a mettere in pratica per evitare un finale di Tour ad oggi chiuso ad ogni altra soluzione che sia un bis in giallo per il keniano bianco.

Alberto Vigonesi

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