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Tour de France 2015: E i francesi che si incazzano - Pinot sfortunato, Rolland disperso, Bouhanni già ritirato, Bardet invisibile

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Thibaut Pinot contrariato durante la tappa di Cambrai © Bettiniphoto

"Tra i francesi che s'incazzano/e i giornali che svolazzano/c'è un po' di vento, abbaia la campagna/e c'è una luna in fondo al blu". Cantava così Paolo Conte nel lontano 1979, nella celeberrima "Bartali" dedicata all'Intramontabile. Erano i giorni di Bernard Hinault, bretone forte e furbo in egual misura: proprio nell'anno domini 1979 il Tasso vinse il secondo dei suoi cinque Tour de France con oltre tredici minuti su Joop Zoetemelk e quasi ventisette sul povero Joaquim Agostinho. Sette tappe, compresa quella finale a Parigi, e la maglia a punti per il più grande transalpino delle due ruote più una ciascuna a René Bittinger, Christian Seznec e Pierre-Raymond Villemiane, con Jean-René Bernaudeau incoronato miglior giovane. L'epopea vincente di Hinault continua fino al 1985 quando riesce a difendersi dal compagno di squadra, un giovane statunitense di nome Greg Lemond, e da due fenomenali irlandesi che rispondono al nome di Stephen Roche e Sean Kelly.

Da quella edizione sono passati già trent'anni e da allora gli abitanti dell'Esagono attende ancora il suono della Marsigliese sui Campi Elisi. Nel frattempo si sono succeduti, fra gli altri, il Canto degli Italiani, la Marcha Real, The Star-Spangled Banner e persino God Save the Queen. Uno smacco per un popolo che ha insito nella propria tradizione un pizzico (e ci teniamo stretti) di grandeur e che non fa nulla per nascondere il disappunto in caso di risultato positivo. In cuor loro, anche se non lo ammetteranno, al di là delle Alpi speravano di poter interrompere il digiuno già quest'anno. Ma ben prima di arrivare sulle montagne la speranza è già svanita.

 

Pinot, la fortuna cieca ma la sfiga ci vede benissimo
La tanto in voga Legge di Murphy recita che "se qualcosa può andar male, andrà male": ecco, questo è un breve ma efficace riassunto di quanto accaduto attorno a Thibaut Pinot nei primi giorni di corsa. Partito con una cronometro ben sopra le attese, il capitano della FDJ si è perso nei ventagli nella frazione olandese, arrivando nel gruppo di Vincenzo Nibali. Nella tappa belga la sua formazione ha salutato William Bonnet, ritiratosi dopo la tremenda caduta che lui stesso ha provocato. Nella medesima giornata Pinot ha sorprendentemente perso le ruote del gruppo sulla Côte de Cherave, arrivando sul traguardo distante 1'33" da Rodríguez, ultimo fra gli uomini di classifica.

Il disastro si è però ingigantito nella frazione di Cambrai: già di per sé poco attorniato dai compagni, il franc-comtois ha patito un problema alla batteria del deragliatore (evento assai raro) ed è crollato psicologicamente prendendosela prima con il proprio meccanico e poi rifiutando la bici di Matthieu Ladagnous, preferendo aspettare l'ammiraglia a bordo strada. Il risultato sono i 3'23" accumulati che lo portano definitivamente fuori dalla lotta per le posizioni di alta classifica. Oggi altra conferma della poca buona sorte nei suoi confronti, con la caduta che lo ha visto coinvolto (per fortuna senza conseguenze fisiche). Il successivo tentativo di rientro in gruppo è stato ai limiti del tragicomico dato che, proprio quando mancavano poche decine di metri al ricongiungimento, il plotone ha aumentato il ritmo sotto l'impulso della BMC. Fortunatamente (almeno stavolta!) l'andatura è poi calata consentendo a lui e ai suoi compagni (oggi caduti prima Roy e poi Morabito, tanto per gradire) di ritornare in testa.

Quello che dovrebbe fare il forte scalatore transalpino è cercare di buttarsi alle spalle questa sequenza di giornate no, decidendo di puntare ai successi parziali e, perché no, alla maglia à pois. È però necessario fare un lavoro prima mentale, non piangendo sul latte versato. Anche perché di occasioni per puntare alla vittoria finale ne avrà a bizzeffe nel corso della carriera.

 

Bardet e Péraud, invisibili. Rolland già fuori classifica. Chapeau Barguil
Possono sorridere, ma a denti stretti, sia Romain Bardet che Jean-Christophe Péraud. I due co-capitani dell'AG2R La Mondiale hanno rispettivamente 3'06" e 2'19", ritardi certamente non malvagi. Ma per loro vale il discorso della cattiva impressione emersa sinora; o, meglio, dell'assoluta invisibilità in gara. Dietro nei ventagli, innocui ad Huy tanto che si è messo in proprio Alexis Vuillermoz, ottimo terzo sulle strade valloni. Ieri bravi sì a tenere il gruppo, ma con difficoltà maggiori rispetto ai fuscelli Quintana e Rodríguez. Oggi l'esperto Péraud ha anche assaggiato l'asfalto, ripartendo comunque senza problemi. Insomma, finora un Tour in attesa per i due e che, stando alle impressioni emerse, difficilmente li vedrà grandi protagonisti come dodici mesi fa.

Se mai aveva avuto l'obiettivo di puntare alla classifica generale (si parla di top 10), Pierre Rolland ha già abbondantemente cambiato obiettivi. Gli oltre dieci minuti che lo separano dalla vetta lo hanno forzatamente orientato ad un Tour diverso, da interpretare nella tradizionale maniera garibaldina su Pirenei ed Alpi cercando, al contempo, di restare fuori dai guai nelle prossime e insidiose frazioni. Lontano il corridore che al Giro 2014 dava spettacolo restando anche in classifica, in quella che è l'esperienza più riuscita della carriera del ventottenne. Spazio agli attacchi quindi, anche da lontano; e non è detto che non sia un male, per lui, per la squadra e per la Francia intera.

Un raggio di sole in quello che è finora un scenario a tinte fosche è rappresentato da Warren Barguil: il debuttante alla Grande Boucle ha stupito sia nella tappa olandese, riuscendo a rimanere assieme alle corazzate BMC, Sky e Tinkoff, e poi affrontando con la giusta grinta e spregiudicatezza la giornata di Cambrai. Vedere un figurino di soli 60 kg uscire in testa al penultimo settore ha sbalordito tutti ma dimostra la tigna tipica del bretone. Il non ancora ventitreenne del Team Giant-Alpecin staziona all'undicesimo posto della generale, a poco più di un minuto da Froome. Nel suo caso nessuno gli chiedeva ad inizio Tour di portare a casa risultati pesanti ma, dopo quanto sinora mostrato, certamente qualcosa è cambiato. In meglio.

 

Velocisti cercasi. E i vecchi devono battere un colpo. Intanto Gallopin...
Tre erano i velocisti su cui la Francia poggiava le speranze di cogliere un buon risultato o, per meglio dire, una vittoria contro campioni già affermati come Cavendish, Degenkolb, Greipel e Kristoff. Da oggi ne rimangono due: il già malconcio Nacer Bouhanni è finito a terra nelle prime fasi di gara assieme a tre compagni di squadra e ha dovuto suo malgrado abbandonare la Grande Boucle. Poco amore e tanto odio nella liason fra il velocista di Épinal e il Tour: ritirato nella sesta tappa del 2013 a causa di postumi di una gastroenterite e ritirato alla quinta tappa del 2015, quindi. Per fortuna niente di rotto ma un prematuro addio all'obiettivo principale della stagione per l'ex boxeur. Problemi che si riverberano in casa Cofidis, Solutions Crédits, che aveva predisposto la formazione attorno alla sua figura.

Se oggi Bouhanni è caduto una volta, Bryan Coquard raddoppia: due le scivolate dello sprinter del Team Europcar ma fortunatamente senza conseguenze. Con il risultato di dover inseguire e riuscendo in ogni caso a terminare al decimo posto. Una posizione davanti a lui per Arnaud Démare ma diverso andamento: lui, uno dei pochi FDJ senza disavventure, ha iniziato la volata in ottima posizione alla ruota di Kristoff ma non ha saputo pareggiare e superare le velocità dei rivali, rimbalzando indietro. Il velocista piccardo dà sempre l'impressione di non capitalizzare le occasioni e di essere ancora una spanna, se non di più, sotto ai diretti rivali.

Fra i vari Casar, Dumoulin, Moncoutié, Pineau e compagnia che nel primo decennio del secolo avevano portato avanti un ciclismo francese in fase di ricostruzione, al Tour edizione centodue sono presenti i soli Sylvain Chavanel, Pierrick Fédrigo e Thomas Voeckler. Certo, i loro terreni di caccia (leggi fughe nelle tappe intermedie) devono ancora arrivare ma paiono tutti e tre aver inesorabilmente imboccato la fase discendente della carriera. E il loro courage, qualità tanto amata dai suiveurs de la petite reine (così si chiamano gli appassionati delle due ruote in Francia) e da loro ben dimostrata in anni di onorata carriera, chissà chi lo raccoglierà.

Il primo nome è indubbiamente quello di Tony Gallopin: il francilien è però un corridore ben più completo dei connazionali e si mostra a suo agio su tutti i percorsi. Nel finale di oggi ha svestito per un attimo i panni di quarto della classifica generale e si è dedicato anima e corpo alla causa di André Greipel, tenendolo in buona posizione prima delle concitate fasi finali. E facendo un buon lavoro, da quanto dice l'ordine d'arrivo. E se fosse veramente il suo anno? Chissà se in cuor suo canticchia le seguenti parole che Yves Montand declamava nella sua La Bicyclette: "On se disait c'est pour demain/J'oserai, j'oserai demain".

Alberto Vigonesi

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