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Giro d'Italia 2015: Contador maestro, ma quanto gli costò! - Una vittoria molto dispendiosa in ottica Tour de France

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Alberto Contador esulta al Sestrière per l'ormai imminente vittoria del Giro d'Italia 2015 © Ansa/Dal Zennaro

Gli ultimi tre chilometri di Colle delle Finestre la dicono lunga su Alberto Contador, ma soprattutto su chi sosteneva che avrebbe potuto vincere il Giro d'Italia quasi in scioltezza, data la scarsità di avversari credibili sul suo cammino.

Nei mesi scorsi non erano pochi quelli che avevano letto con un tantino di faciloneria le carte della corsa rosa, bollandola come una gara dal percorso facile e che presentava non più di tre tappe davvero esigenti (la crono di Valdobbiadene e le frazioni di Mortirolo e Finestre).

Poi, si va a vedere come si sono sviluppate queste tre settimane, e si scopre che di respiro ce n'è stato davvero poco. Alcuni degli uomini più attesi sono stati spazzati via impietosamente da una lotta che è stata condotta davvero con il coltello tra i denti. Non c'è stata praticamente tappa senza che sia accaduto qualcosa di rilevante, senza che si sia giocato all'attacco da parte dell'Astana di Fabio Aru (e Mikel Landa), e senza che Alberto Contador abbia risposto colpo su colpo, dall'altezza della sua classe.

 

La sapienza gestionale di Contador
Quando nei primi giorni esprimevamo perplessità sul fatto che il Pistolero esagerasse con il tirare il collo alla sua squadra, avevamo già ben chiaro lo scenario cui abbiamo assistito in questa terza settimana, con il campione di Pinto isolato sulle montagne.

Un po' gestendo le proprie risorse, un po' facendo leva su qualche situazione in fase di assestamento in casa Astana (capitàno Aru; no, capitàno Landa; no, capitàno Aru), un po' confidando sui comuni interessi con alleati trovati per strada (su tutti uno strepitoso Steven Kruijswijk, che i soliti informati danno in maglia Tinkoff nel 2016), Contador ha controllato tutto il controllabile.

Certo, per non spendere una goccia d'energia in più di quanto necessario, Alberto ha dovuto rinunciare a una stoccata vincente, che pure sarebbe stato lecito aspettarsi da lui in una delle tante tappe favorevoli: praticamente in questa seconda metà di Giro non c'è stata una fuga arrivata in porto, eppure la maglia rosa è sempre stata preceduta da qualche avversario sui traguardi alpini.

 

L'ultima sofferenza, l'ultimo capolavoro
Va letto nella stessa ottica (il voler risparmiare tutto ciò che era possibile risparmiare) il lungo momento di defaillance patito oggi da Contador sul Colle delle Finestre.

Non ci ha messo molto, Alberto, a capire che il ritmo di Landa (quando il basco è scattato a 6 km dalla vetta) avrebbe forse potuto tenerlo, ma a costo di spendere tantissimo, troppo; e allora, con umiltà, lasciando da parte l'orgoglio (che pure deve aver sofferto parecchio per un simile manrovescio), Contador si è riseduto, è salito a un ritmo controllato, è arrivato in cima con un minuto e mezzo di distacco da Landa e un minuto da Aru, Hesjedal e Urán, e a quel punto non ha dovuto far altro che controllare quel distacco nei rimanenti chilometri, certo più facili dei precedenti.

Un Contador a cui si fosse spenta la luce (come qualcuno ha sperato, sul Finestre), si sarebbe ritrovato a pagare un distacco molto più ampio, al traguardo. Invece il fatto che il Pistolero abbia tenuto il margine a 2' rispetto al più vicino in classifica (Landa, che però è stato poi scavalcato da Aru) ci dice che la situazione non gli è mai sfuggita di mano. Un capolavoro di fosforo e tattica, insomma: solo l'ultimo di questo Giro.

 

Un progetto ambizioso e totalizzante
Se Alberto Contador non avesse tra poche settimane quel piccolo impegnuccio (a cui confessa di star già pensando), l'avremmo visto diversamente in questi ultimi giorni, probabilmente più arrembante. Oggi avrebbe dato tutto per non farsi staccare da Landa, e in ogni caso non avrebbe perso le ruote di Aru e gli altri.

Si ritrova con un Giro d'Italia vinto, il terzo in carriera, ma senza successi di giornata (esattamente come nel 2008), e guarda al Tour, come da programmi.

Ma anche se si è gestito e qualcosa ha provato a risparmiare laddove possibile, il rischio di una ciambella senza il buco è dietro l'angolo.

Già nel 2011 Alberto tentò l'accoppiata, ma in quel caso il percorso di avvicinamento alla doppia sfida fu abbastanza accidentato, tra l'attesa di una sentenza e la necessità di dover anticipare le decisioni dei vari organi giudicanti (da cui la scelta di partecipare al Giro).

Quella corsa rosa la vinse, ma poi al Tour non fu all'altezza degli avversari e chiuse solo al quinto posto.

 

Tinkov e Contador tracciano una via fondamentale
Stavolta Contador ha preparato in maniera certosina l'assalto a Giro e Tour, pungolato da un Oleg Tinkov che anche oggi non ha perso l'occasione per ricordare a tutti che i grandi campioni da GT dovrebbero confrontarsi non solo in una corsa all'anno.

Da appassionati neutrali, la speranza è che la via tracciata dallo spagnolo e dal suo ultimo mentore sia vincente, che quindi funga da esempio anche per gli altri grandigiristi che invece quest'anno ritroveremo solo al Tour (Nibali, Froome, Quintana): non nutriamo il minimo dubbio che quanto auspicato da Tinkov sia la via necessaria per un vero rilancio in grande stile del ciclismo in tutto il mondo.

D'altro canto, da appassionati italiani non possiamo ovviamente non notare il vantaggio che deriverà a Vincenzo Nibali da questa corsa rosa così costosa (in termini di energie) per Contador. Tra l'altro è notizia fresca di giornata che anche Fabio Aru potrebbe essere alla Grande Boucle, in qualità di luogotenente dello Squalo (e naturalmente per prendere confidenza con una corsa che l'anno prossimo potrebbe trovarsi a contendere direttamente per sé).

Sono insomma sentimenti contrastanti quelli con cui ci approcceremo al Tour, tra qualche settimana; ma a differenza di Contador, non dobbiamo essere mentalizzati sin da ora sulla Boucle: avremo ancora il tempo per celebrare il Giro e i suoi protagonisti secondo i loro meriti.

Marco Grassi

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