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Giro d'Italia 2015: Il riscatto di Bongiorno - Manuel 2°, Aru e Landa in difficoltà. Cunego ko

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Manuel Bongiorno in azione sul Monte Ologno © Bettiniphoto

La conformazione della Melide-Verbania, specialmente tenendo in considerazione che la giornata di ieri si è risolta come un veloce trasferimento verso Lugano in cui non c'era stato spazio per le fughe a lunga gittata, rappresentava una ghiotta opportunità per assistere alla cosiddetta "corsa nella corsa", con l'inedito e duro Monte Ologno che rappresentava l'ideale trampolino per selezionare il prevedibile drappello di fuggitivi di giornata ma in grado allo stesso tempo di stuzzicare la fantasia di chi voleva cogliere questa opportunità per dare spettacolo prima di giungere in riva al Lago Maggiore.

Non è un caso che a rappresentare perfettamente le due situazioni vi siano stati due atleti che della classe hanno fatto il loro cavallo di battaglia, con Philippe Gilbert a firmare una doppietta extralusso prendendo il largo in discesa dopo un'ottima gestione della scalata e con uno scatenato Alberto Contador che ha voluto restituire la pariglia all'Astana con un numero d'alta scuola che gli ha permesso di guadagnare ulteriore terreno sia su Mikel Landa che Fabio Aru. Naturalmente simili gesti tecnici hanno finito per mettere parzialmente in secondo piano ulteriori spunti di discussione odierni che sicuramente non mancano.

 

Un grande Bongiorno s'inchina solo a Gilbert
Uno dei più motivati alla partenza sulle strade varesine era sicuramente Manuel Bongiorno, deciso a tentare di conquistare quella vittoria di tappa che lo scorso anno gli sfuggì sullo Zoncolan per via di un osso duro come Michael Rogers ma soprattutto per colpa di una spinta inopportuna datagli da un appassionato in uno dei tratti più ostici dell'ascesa friulana. Anche quest'anno il toscano originario della Calabria (nato a Reggio Calabria da famiglia di Rocca Imperiale e trapiantato successivamente a Fucecchio nel fiorentino) ha focalizzato la propria attenzione sulla ricerca del successo parziale, in attesa magari di provare a testarsi in futuro sulle tre settimane e magari di poter partecipare con continuità a classiche come quelle delle Ardenne che sembrano essere disegnate su misura per uno come lui.

Ci aveva già provato nell'ottava frazione verso Campitello Matese, alzando bandiera bianca proprio sull'ascesa finale e dopo giorni trascorsi in gruppi e gruppetti ad aspettare l'occasione propizia, quest'oggi ha deciso di riprovarci, ritrovandosi in un tentativo in cui erano presenti corridori dalla grande esperienza e, in qualche caso, già vincitori di tappe nei grandi giri (oltre a Gilbert basti citare Weening, Siutsou, Nocentini, Chavanel, Belkov e Moinard). Eppure il Bongio non ha mostrato alcun timore reverenziale, dando più volte impulso all'azione e cercando di sfruttare soprattutto le più aspre pendenze del Monte Ologno per liberarsi della compagnia di qualche scomodo avversario. Un intento che sulle prime ha avuto effetti positivi, dato che Manuel ha trovato una buona collaborazione dallo spagnolo De La Cruz dell'Etixx, con i soli Siutsou e Moinard a tenere le ruote e gli altri più attardati, scollinati in cima con quasi 50" di ritardo. Proprio la grande generosità (e di conseguenza la minore esperienza contro avversari navigati) ha fondamentalmente finito per tradire Bongiorno, che non si è risparmiato neppure nella discesa (il terreno a lui meno congeniale), non trovando però la collaborazione necessaria per dare ulteriore impulso all'azione ed impedire il ritorno di alcuni inseguitori da dietro.

Ne è facilmente conseguito che la BMC, con Moinard guardingo e vigile a ruota, ha approfittato immediatamente della situazione per piazzare un colpo mortale nel momento in cui Gilbert ha agganciato il quartetto di testa, con la conseguenza prevedibile che gli equilibri si sono rotti ed il vallone ha potuto prendere un vantaggio incolmabile. Pur avendo ormai capito che la vittoria di tappa era ormai andata, Bongiorno ha trovato comunque l'energia per piazzare uno scatto a circa 3 chilometri dalla conclusione, andandosi a prendere un meritato secondo posto che ci dimostra come il ragazzo della Bardiani sia lungi da annoverare nella categoria delle promesse mai sbocciate e, grazie alla caparbietà che lo contraddistingue da sempre, potrà sicuramente ritentare l'assalto al successo di tappa anche nelle future edizioni, in cui potrà sfruttare l'esperienza acquisita anche da queste sconfitte.

 

Aru ancora in difficoltà ma tiene psicologicamente
La tappa di oggi, tra l'altro, ci ha riproposto una contrapposizione che tra i dilettanti era sfociata in una vera e propria rivalità, poiché a Manuel Bongiorno (maggiormente a suo agio nelle gare in linea) si contrapponeva la verve di Fabio Aru, che appariva già al tempo come il predestinato italiano per le grandi corse a tappe, con i due che non perdevano occasione di punzecchiarsi bonariamente a suon di scatti quando ce n'era la possibilità (il tutto che nacque dopo un'edizione del Toscana-Terre di Ciclismo vinta proprio da Aru a discapito di Bongiorno, in cui non mancarono le polemiche). Il salto al professionismo ha regalato senza dubbio più soddisfazioni al sardo per il momento, divenuto già atleta da podio per una corsa come il Giro d'Italia. Le ultime giornate però ci avevano mostrato un Aru che cominciava a pagare qualcosa in termini di energie e su questo ha influito sicuramente anche l'intoppo nella rifinitura della preparazione della corsa rosa.

Superata con non poca difficoltà la giornata campale del Mortirolo, in cui avrebbe potuto cedere di schianto ed invece con una caparbietà che l'ha letteralmente costretto a raschiare il fondo del barile delle energie nervose ancor più di quelle fisiche, Fabio si è trovato anche quest'oggi in una situazione praticamente delicata nel momento in cui Contador ha deciso di lanciarsi in una temeraria azione solitaria sul Monte Ologno, approfittando anche della situazione verificatasi alcuni minuti prima e che aveva mandato in subbuglio l'intero gruppo. La gamba di Aru non appariva brillante neppure in questa occasione e per alcuni momenti faceva specie vedere Kangert in testa al gruppetto con Aru già nelle ultime ruote e con Landa (di cui parleremo a breve) ancora più indietro ad inseguire. Il passo dell'estone sembrava addirittura troppo sostenuto per la maglia bianca che però, ancora una volta, è riuscito a trovare un pronto riscatto nervoso nel momento in cui aveva perso alcune decine di metri dal drappello con tutti i migliori, rifacendosi sotto e sfuttando soprattutto il lavoro di un grande Visconti per ridurre un gap che da Contador iniziava a farsi preoccupante.

Alla fine della contesa la missione può dirsi compiuta, visto che il distacco da Amador e dagli altri è rimasto immutato ma l'1'13" accusato dalla maglia rosa costituisce un'altra pesante botta al morale, già minato dalla grande azione del madrileno sul Mortirolo in reazione all'attacco orchestrato da Astana a Katusha subito dopo la discesa dell'Aprica. Con questo Contador, che ha finora dimostrato di poter gestire la corsa a proprio piacimento trovando anche validi alleati sul suo percorso, è davvero dura inventarsi qualcosa se non si hanno gambe eccezionali e pertanto la conservazione dei due gradini più bassi del podio appare l'obiettivo da perseguire a tutti i costi in questo momento.

 

Mikel Landa: sfortuna e un brusco risveglio
Più che Fabio Aru la vera vittima della furia odierna, sportivamente parlando, di Contador è stata senza dubbio Mikel Landa, trovatosi suo malgrado a vivere il rovescio della medaglia rispetto a martedì scorso in seguito ad una caduta che ha coinvolto diversi corridori. L'azione decisa della Tinkoff ha messo in seria difficoltà il basco, costretto ad un disperato inseguimento slalomeggiando anche tra le ammiraglie per non essere costretto ad attaccare il Monte Ologno con un distacco incolmabile. Una prova di forza che Contador ha voluto dare anche per rispondere all'atteggiamento avuto da Landa nei chilometri finali verso Aprica, in cui si era andato a prendere un successo di tappa pur mostrando una scarsa collaborazione al tentativo che era rimasto praticamente nelle mani di Kruijswijk oltre che del madrileno.

In questo modo oggi Landa si è trovato nella medesima situazione di Contador, costretto a recuperare tutto solo sul gruppo principale sulle rampe già al 10% di Monte Ologno e con una scelta ben precisa dell'Astana che ha pensato di salvaguardare più Aru con la presenza di Kangert che il basco, costretto a sfangarsela da solo. La condizione tutto sommato ancora buona mostrata da Landa ha consentito il successivo recupero ma anche per lui il distacco da Contador salito a 5'15" (con Aru a 6'05") costituisce un colpo morale non semplice da assorbire alla vigilia di una tappa durissima come quella che condurrà domani il gruppo a Cervinia. Di terreno per attaccare e provare ad inventare qualcosa ce ne sarà ma dopo quanto visto oggi il consolidamento del podio appare la mossa più sensata da fare.

 

Per Cunego un mesto congedo con frattura alla clavicola
Un altro nome che quest'oggi ci si poteva aspettare in un'azione a lunga gittata era quello di Damiano Cunego, dal momento che il veronese, ormai privo di qualunque preoccupazione in merito alla classifica generale, poteva finalmente provare a giocare le sue carte per inseguire una vittoria che manca ormai da oltre due anni e che al Giro d'Italia non è stata più raggiunta da quel fantastico 2004 che lo innalzò agli onori delle cronache.

Per il leader della Nippo-Fantini le cose sembravano mettersi bene, al netto della qualificata concorrenza presente nell'azione odierna, poiché era riuscito anch'egli ad essere della partita ma dopo aver superato il cinquantesimo chilometro di gara la sorte ha deciso nuovamente di voltargli le spalle: un contatto con il velocista della Lampre Roberto Ferrari (originato, a quanto pare, dalla manovra di una moto) ha fatto finire pesantemente a terra entrambi e se il bresciano, suo malgrado, è stato costretto a rinunciare anzitempo ai suoi propositi avventurieri, per Cunego la situazione è apparsa immediatamente più seria, con l'espressione dolorante e la preoccupante posizione del braccio destro. Un'immagine malinconica che non lascia dubbi: Giro concluso per lui e la diagnosi impietosa che all'ospedale di Gallarate oltre ad un trauma cranico gli notifica la frattura della clavicola destra.

Un ulteriore brutto colpo a livello psicologico per un Cunego che per circa due settimane aveva dimostrato di poter lottare anche per un possibile piazzamento nei primi dieci (l'ultimo al Giro fu il 6° posto del 2012), salvo poi cedere il passo all'approssimarsi delle frazioni alpine, in cui pure non era mancato qualche episodio sfortunato (caduta e salto di catena nella frazione con arrivo a Madonna di Campiglio). La possibilità di andare a caccia di un successo di tappa però non era ancora preclusa e l'aver chiuso in questo modo la corsa rosa che rappresentava il principale obiettivo stagionale per lui e per la Nippo-Fantini era probabilmente l'ultima cosa che avrebbe desiderato. Non resta ora che puntare alla seconda parte di stagione, con la speranza che la storia di Damiano Cunego al Giro d'Italia, iniziata in maniera strepitosa undici anni fa, non debba concludersi con la malinconica immagine di un corridore sdraiato a terra sull'asfalto sulle strade varesine, lì dove andò vicino a coronare il suo sogno mondiale tra i professionisti.

Vivian Ghianni

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