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Giro d'Italia 2015: Ulissi, l'Odissea è finita - Dopo un anno e tanti problemi torna l'urlo vincente di Diego

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L'urlo di Diego Ulissi che vince sul traguardo di Fiuggi © Bettiniphoto

Un anno fa di questi tempi Diego Ulissi era sopra una nuvola. Che poi si rivelò essere una nuvoletta di Fantozzi, o un puff di Ventolin, mettetela come volete, ma di fatto esattamente 365 giorni fa il ragazzo di Cecina viveva la fase migliore della carriera, tra la vittoria di Viggiano e quella di Montecopiolo, entrambe al Giro.

Avevamo trovato uno stoccatore degno di andare a giocarsi le più importanti classiche vallonate, pensammo tutti; poi neanche un mese dopo la fine della corsa rosa, la notizia di una sua positività al salbutamolo, rilevata proprio durante il Giro (ma era stato testato in giorni in cui soffriva di broncospasmi, ed era reduce da una brutta caduta).

Da lì, il classico calvario (anzi, è il caso di dirlo: la classica Odissea) fatto di sospensioni, ritardi da parte dell'UCI, dilazioni del momento del verdetto; un caso tra i più controversi e discutibili degli ultimi anni (pareva palese la buona fede del ragazzo), che si è infine concluso (in gennaio) con la sanzione: 9 mesi di squalifica, in gran parte già scontati.

 

Il ritorno dopo tanti travagli
Ulissi è tornato in gara al Giro dei Paesi Baschi, dopo che la sua Lampre era pure uscita dal Movimento per un Ciclismo Credibile per farlo gareggiare: divergenze di vedute tra il team e l'associazione, col MPCC pretendeva che venissero applicate al toscano - già tesserato - le stesse norme restrittive previste per i corridori neotesserati. Un pasticcio burocratico su cui non vale neanche la pena dilungarsi, ma che ha sottolineato il conflitto tra quanto persegue il MPCC e le stesse norme dell'UCI e le regole in materia di diritto del lavoro.

Il rientro di Diego non è stato certo facile. Per ritrovare la pedalata giusta ci ha impiegato praticamente un mese, senza riuscire nel frattempo a incidere nelle classiche delle Ardenne, quelle più adatte a lui. Al Romandia un piccolo segnale (un 15esimo posto nella seconda tappa), e poi oggi questa inattesa ri-esplosione.

Tanto più inattesa se consideriamo che è giunta al termine di una tappa di 264 chilometri: una delle cose da sempre imputate a Ulissi era proprio la sua scarsa tenuta in gare superiori ai 200 chilometri; quella di Fiuggi è una risposta che sa tanto di raggiungimento di una più compiuta maturità fisica. Bene così.

 

Vento contrario e fuga infinita
Niente sole sulla tappa più lunga del Giro, ma in compenso tanto vento contrario (che ha tenuto la media molto bassa: poco meno di 36 orari); ciò non ha impedito alla fuga di prendere il largo, animata da Marco Bandiera dell'Androni (già all'attacco ieri, ha l'obiettivo dei traguardi volanti), Nicola Boem della Bardiani, Pierpaolo De Negri della Nippo e il bulgaro Nikolay Mihaylov della CCC.

Il quartetto si è messo in moto al km 22, ha toccato il vantaggio massimo al 40 (10'30"), e poi è rimasto allo scoperto per altri 200 km, per essere ripreso tra i -21 (i tre italiani) e i -19 (Mihaylov, ultimo ad arrendersi).

Il grosso del lavoro l'hanno svolto BMC (per Philippe Gilbert) e Trek (per Fabio Felline), ma si è vista spesso davanti anche la Tinkoff, che aveva l'obbligo di tenere lontano dai pericoli Alberto Contador (partito dolorante, ma via via migliorato, almeno a giudicare da qualche pedalata "sui pedali" nel finale).

 

Un finale senza sussulti
Ci si aspettava l'immancabile scatto di Stefano Pirazzi, visto che si arrivava a casa sua, ma il laziale non ha compiaciuto l'attesa dei suoi tanti tifosi che lo attendevano sul percorso. Nessuno si è mosso, a dire il vero, né sullo strappetto di La Forma, né sulla rampetta che portava all'arrivo.

Volata di gruppo, allora, seppur non aperta alle brame dei velocisti puri, ma che chiamava all'azione quelli in grado di tenere quando la strada tira all'insù. Tra i favoriti, Michael Matthews aveva lamentato problemi di allergia nel corso della tappa, e infatti in casa Orica si è lavorato per Simon Gerrans.

Gilbert stava invece bene, ma gli è caduta la catena a poco meno di un chilometro e mezzo dal traguardo, e quando ha ripreso slancio era ormai tardi per giocarsi il successo (ha chiuso al 13esimo posto). La Movistar aveva in Juanjo Lobato un buon nome da spendere, ha lavorato per lui e il ragazzo non ha effettivamente demeritato. Ma la protagonista del rettilineo finale è stata indubbiamente la Lampre.

 

La volata tirata all'uomo sbagliato
Roberto Ferrari e Maxi Richeze hanno fatto per benino il proprio lavoro, trainando Sacha Modolo verso lo sprint; purtroppo per lui, però, il veneto si è di colpo sentito svuotato, e a meno di 200 metri dalla fine ha addirittura perso le ruote di Richeze; mal gliene incolse, a lui e pure a Fabio Felline che aveva battezzato la sua ruota e si è trovato in qualche modo ostacolato.

Per fortuna della Lampre, però, sull'altro lato della strada è sbucato imperioso, in mezzo a Sonny Colbrelli ed Enrico Battaglin, Diego Ulissi. Il toscano è uscito fortissimo, Lobato ha tentato il tutto per tutto per superarlo in dirittura, ma oggi non ce n'era davvero per nessuno: Ulissi ha vinto nettamente e si è abbandonato a uno splendido, liberatorio urlo appena superato il traguardo (e il suo compagno e amico Manuele Mori ha esultato scatenato quasi come lui, poco dopo).

Gridando come un invasato (ma felice, ovviamente!), Diego si è fermato molti metri dopo il traguardo, si è buttato per terra quasi a baciare l'asfalto di Fiuggi, prima di concedersi alle feste dei suoi coéquipier.

 

L'ordine d'arrivo e un buco che non fa danni
Alle spalle di Ulissi si sono piazzati nell'ordine Lobato, Gerrans, Manuel Belletti, Battaglin e Colbrelli, Felline; Grega Bole, Kévin Reza e Sergey Lagutin hanno completato la top ten, da cui resta fuori di poco Davide Appollonio.

Dopo Francesco Gavazzi (14esimo), la giuria ha rilevato un buco, assegnando 3" di distacco a quelli che venivano dopo; in tale secondo drappello c'erano tutti gli uomini di classifica, quindi nessuno dei big ha perso né guadagnato rispetto ai rivali.

La classifica rimane quindi sostanzialmente invariata, Contador guida con 2" su Fabio Aru, 20" su Richie Porte, 22" su Roman Kreuziger, 28" su Dario Cataldo, 37" su Esteban Chaves, 56" su Giovanni Visconti, 1'01" su Mikel Landa, 1'15" su Davide Formolo, 1'18" su Andrey Amador.

Domani ci sarà una certa rimescolata, visto che è in programma il secondo arrivo in salita del Giro 2015. Da Fiuggi ci si dirigerà a Campitello Matese, 186 km di cui gli ultimi 12 di scalata. Non una delle montagne su cui si deciderà la corsa rosa, anzi è anche possibile che i big arrivino in gruppetto; ad ogni modo, una frazione da seguire con la massima attenzione, tantopiù considerando le difficoltà fisiche del leader Contador.

Marco Grassi

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