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Parigi-Roubaix 2015: Degenkolb, l'urlo più forte - John controlla, attacca, piega allo sprint Stybar e Van Avermaet

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La vittoria di John Degenkolb nel velodromo di Roubaix davanti a Zdenek Stybar e Greg Van Avermaet © Bettiniphoto

Partire inserendo John Degenkolb in un ristretto club ciclistico da cui è escluso Eddy Merckx dice già molto dell'impresa odierna del tedesco. Solo due corridori prima d'ora, il belga Cyrille Van Hauwaert nel 1908 e l'irlandese Sean Kelly nel 1986, avevano vinto nello stesso anno Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix. Che non ci siano riusciti altri grandi specialisti delle classiche, anche vincitori dell'una e dell'altra in anni diversi, sottolinea quanto conti anche un pizzico di buona sorte per un'accoppiata del genere, ma sottolinea pure l'assoluto valore di quanto mostrato da Degenkolb in queste ultime settimane.

Che la Roubaix fosse una gara molto adatta a lui, l'aveva già fatto capire l'anno scorso, quando chiuse al secondo posto vincendo la volata dei battuti (Niki Terpstra era già arrivato in solitaria al Vélodrome). Quest'anno è bastato evitare che ci fosse il "solitario" della situazione, ed ecco che un identico sforzo (vincere lo sprint di un drappello) vale 100 volte di più, perché tra il secondo posto e il primo - come ben sappiamo - ci passa tutta la differenza del mondo.

 

Bel tempo uguale minore selezione
Bisognerebbe analizzare i motivi per cui la Parigi-Roubaix numero 113 non sia stata terreno d'elezione per uomini soli al comando. Il bel tempo e la scorrevolezza molto maggiore del fondo stradale rispetto a giornate piovose e fangose sono due elementi che hanno limitato quella selezione naturale che è un classico di questa corsa: basti vedere quanto è stato liscio il passaggio dalla Foresta di Arenberg per farsi un'idea.

In subordine, ciò ha permesso a molti gregari di restare in gioco fino agli ultimi settori di pavé, e questo fattore ha tagliato le gambe ad alcuni attacchi dalla media distanza (i quali in altre edizioni hanno poi partorito azioni personali vincenti): ci viene in mente in particolare la fase dei ventagli sul settore di Tilloy, a 70 km dalla fine, con una quindicina di corridori avvantaggiatisi e poi raggiunti in un ricongiungimento generale poco dopo; una serie di tentativi di seconde linee (dopo il pavé di Orchies si è mosso un interessante drappello comprendente Quinziato e Vandenbergh), immancabilmente frustrati dai team organizzati in gruppo; infine, l'azione più promettente della giornata, quella con Wiggins, Stybar, Vandenbergh e Debusschere, intorno ai 30 km dalla fine: ci ha pensato la Katusha di Kristoff ad annullare questo tentativo.

Ai dati testè elencati, aggiungiamo pure la mancanza di Boonen e Cancellara, non perché gli assenti debbano per forza avere ragione, ma perché parliamo di due grandissimi interpreti della Roubaix, capaci di ribaltare con le sole proprie forze tutti gli schemi che invece abbiamo visto realizzarsi oggi.

 

Giant perfetta al servizio di un capitano splendido
E parlando di schemi realizzati, non si può non porre il giusto accento su quanto compiuto da Degenkolb e la Giant nel finale di gara. Dopo un tentativo bello e impossibile di Jürgen Roelandts tra i -20 e i -14, avevamo assistito all'ennesimo ricongiungimento (circa 30 uomini stavolta). Mancava un solo settore di pavé (considerando pleonastici i 300 metri di simil-pavé a Roubaix), e in ogni caso le energie tra gli uomini rimasti a giocarsi la vittoria erano parecchio ridotte.

È stato questo il contesto in cui ha preso corpo - a 12 km dalla fine - il tentativo a due Lampaert-Van Avermaet. La coppia belga è stata seguita a distanza da Bert De Backer, ottimo gregario della Giant, la cui presenza a bagnomaria tra i battistrada e i resti del gruppo pareva non avere troppo senso.

Abbiamo capito che invece ce l'aveva eccome, il senso, nel momento in cui ai -11 Degenkolb si è fiondato dal gruppo, lanciandosi proprio su De Backer, che ha svolto così la funzione di punto d'appoggio per il suo capitano. Non è che BDB abbia fatto a questo punto tutta questa grande trenata (aveva già speso abbastanza), ma è stato utilissimo per permettere a John di rifiatare un attimo prima di ripartire (in vista del pavé di Hem) alla caccia di Van Avermaet e Lampaert.

 

Etixx mentalizzata sul secondo posto
A quel punto (all'uscita da Hem, a 6 km dalla fine) era chiaro che Degenkolb ne aveva di più, oltre al non trascurabile plus dettato dall'essere di gran lunga il più veloce dei due avversari che aveva lì raggiunto. Intanto alle spalle dei battistrada si era formato un nuovo quartetto composto da Stybar, Keukeleire, Boom e Elmiger, e in questo drappello quello che scalpitava era il ceco, altro uomo Etixx oltre a Lampaert che era davanti.

Quest'ultimo aveva quindi la scusa per non collaborare con Degenkolb, e in effetti si è sfilato lasciando il grosso del lavoro al tedesco; Van Avermaet qualche cambio l'ha dato, soprattutto dai -4 in avanti, allorché Stybar - avendo staccato Boom e gli altri - si stava avvicinando tutto solo. Il capitano della BMC ha così reso più difficile il rientro di Zdenek, ma non l'ha potuto scongiurare (ai -3); e poco dopo, a completare il quadro, sono rientrati pure Boom, Elmiger e Keukeleire (ma loro sono arrivati davvero troppo tardi per ipotizzare di anticipare lo sprint).

Si fosse in 3, in 4 o in 7, nessuno ha provato a fare il solletico a Degenkolb in un finale in cui tutti parevano mentalizzati più sul secondo posto che sulla ricerca della vittoria. Van Avermaet avrebbe dovuto semmai tentare uno scatto, anziché andare a tirare per respingere Stybar; quest'ultimo ha speso tantissimo per riavvicinare tutto solo il drappello di testa, e una volta rientrato non ha avuto le gambe per un nuovo break: il massimo che ha saputo fare è stato tirare la volata a Degenkolb (come se John ne avesse bisogno!), partendo in testa nell'ultimo giro all'interno del velodromo, facendosi superare in tromba dall'avversario e chiudendo secondo per un nulla su Van Avermaet.

Non si può proprio dire che gli avversari di Degenkolb abbiano fatto tutto quanto in loro potere - dal punto di vista tattico - per vincere; sono stati giustamente battuti.

 

Degenkolb, che risposta a Kristoff!
La vittoria di Degenkolb funge anche da clamorosa risposta alle ultime imprese di Alexander Kristoff. I due stanno monopolizzando le grandi classiche quest'anno, e il norvegese - nell'ideale sfida col tedesco - si era portato in vantaggio nei giorni scorsi: una Sanremo per ciascuno, un Fiandre e una Scheldeprijs per Kristoff contro una Parigi-Tours e una Gand per Degenkolb. A livello di peso specifico, il palmarès di Alexander si era fatto più rilevante di quello di John.

La Roubaix rimette il pallino in mano al tedesco, che a 26 anni si fregia della sua seconda Classica Monumento (a proposito: l'unico tedesco ad aver vinto prima d'oggi la classica del pavé era stato Josef Fischer nel 1896. Si trattava della prima edizione!). Di sicuro la sfida è più che mai sentita, magari non tanto dai due corridori (che sono abbastanza paciosi, o almeno danno quest'impressione), quanto a livello di tifosi. Si parla, e molto, di questa diarchia che ha preso di forza il proscenio lasciato vuoto da Boonen e Cancellara. Se ne parlerà ancora di più se gli straordinari risultati di queste settimane avranno un seguito.

Quel che un seguito non ce l'avrà è la stagione delle classiche fiamminghe: per il 2015 chiudiamo con muri e pavé, arrivederci (lacrimuccia) al 2016, e testimone che passa alle corse ardennesi, non prima della gitarella olandese per l'Amstel Gold Race di domenica prossima.

Marco Grassi

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