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Lo speciale: Fabiana Luperini, una bambina prodigio - Prima parte: dagli esordi alla doppietta Giro-Tour del '95

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«Se all'età della Longo sarò ancora in bici, tiratemi sotto con la macchina». Chi parla è la protagonista di questa storia - e dell'ultimo ventennio di ciclismo femminile. La storia di una donna sola al comando. Per raccontarla tutta servirebbe almeno un'altra vita. Fabiana Luperini non è un corridore ordinario, non si tratta di una qualsiasi. Ha iniziato a gareggiare a 7 anni, s'è ritirata - o almeno, così dice - a 40. Ha dominato in lungo e in largo come poche altre, vincendo tutto o quasi. Senza promettere una brevitas che mai potremmo mantenere, ripercorriamo la sua carriera, lunga come una salita alpina, intensa come le emozioni che ha regalato. Un'avventura sui pedali fatta di momenti ora dolcissimi, ora profondamente amari, di certo mai banali. È la storia di una donna silenziosa ma non timida, una vincente che si nasconde dietro a quella smorfia, quel broncio da sfinge. Lo esibisce anche quando è al settimo cielo. Su qualche cima, quasi a toccar proprio la volta celeste, ci è arrivata tante di quelle volte... E spesso per prima.

 

«Da piccola ero un maschiaccio». Scopre la bici
Con quell'espressione da furbetta © Archivio fotografico Fabiana LuperiniCascine di Buti, sulle alture di Pontedera. Di qua c'è la valle in cui scorre silenzioso e pacifico l'Arno, di là le pendici del Monte Serra. Nel 1974 Giovanni Luperini, commerciante di carni all'ingrosso, è circondato dalle sue donne: le piccole Sabrina e Serena, di cinque e due anni, giocano. Franca, la moglie, è per la terza volta in dolce attesa: un'altra femmina. 14 gennaio, è l'ora. Viene alla luce la terzogenita: Giovanni e Franca scelgono il nome. Sulla targhetta del reparto maternità di Pontedera c'è scritto Luperini Fabiana. Leggenda no, non si legge ancora in controluce. La famiglia Luperini, per uno strano scherzo del destino, abita in cima ad un poggio: per Fabiana tornare a casa equivale a risalire la collina, sempre. Il paese è poco trafficato, un'automobile ogni tanto, per il resto sono urla giocose di bambini. Fabiana è un maschiaccio. Le piace andare a scuola ma non appena rincasa segue un rituale ben preciso: prima i compiti, poi vola via come una libellula, verso la strada e gli amici. Restare a guardare la tv l'annoia, le bambole non sono il massimo. Calcio, nascondino, piccole gare in bicicletta: queste attività sì che la rendono felice. Torna sempre a casa sudata. Quando ha il pallone tra i piedi dribbla tutti: la chiamano Maradonina. Presto però la bici, non il pallone, diventa fondamentale nella sua vita. Papà Giovanni è stato un buon ciclista. Tra gli amatori, non certo al fianco di Coppi e Bartali, ma sa il fatto suo. E soprattutto, ha un passato da scalatore. Fabiana sale in sella a sette anni. Mamma Franca non è troppo contenta di veder la sua piccola sfrecciare su e giù per la stradina di casa. Anche perché per un po' arriva fino alla fine della proprietà privata, dove non corre rischi. Presto però si stufa e va oltre: una curva presa male, contromano, e l'impatto contro il fanale di un'auto è inevitabile. Sono 36 punti ad una gamba, 3 sullo zigomo. Lascia per un po' la bici, giusto il tempo di guarire, ma presto torna a far preoccupare mamma Franca. La quale non sa ancora che la figlia, a soli 7 anni, ha già trovato il suo destino.

 

Le prime gare: «Battevo i ragazzi, non mi sopportavano»
In maglia Vettori con papà Giovanni © Archivio fotografico Fabiana LuperiniScuola e bici, bici e scuola. Vanno di pari passo. Le elementari a Cascine di Buti, le medie a Buti, quindi le superiori. Sempre più lontana da casa, se così si può dire. A Pontedera frequenterà il Liceo Scientifico. I voti sono sempre ottimi: «Ero una secchiona, però non di quelle insopportabili. Durante i compiti in classe lasciavo copiare». Chi non la sopporta sono invece i maschietti, ma quelli che batte nelle corse in bicicletta. Gareggia infatti con la casacca del G.S. Vettori. La squadra è composta da amatori, tra cui proprio papà Giovanni. È l'unica bimba del club, ma che bimba! Nelle corse alla domenica precede per distacco, e regolarmente, le pochissime ragazzine presenti. Ma molto spesso dà la paga anche ai maschietti e non la possono vedere no: anche perché se la strada sale, lei li semina. Ha battuto, tra gli altri, Paolo Bettini, già da piccolo Grillo saltellante. Prima corsa della vita: Vangile. Non lontanissimo da casa. È anche la prima vittoria: su tutti, ragazzi compresi. Corre gomito a gomito con i fratelli Guidi, Fabrizio e Leonardo (anche loro sono di Cascine di Buti), con Balducci, Pieri, già paffutello, Bartoli, Bettini e molti altri. Che sia una vincente è presto lampante. Tra i Giovanissimi due titoli italiani, tra gli Esordienti uno. Nel frattempo è passata al G.S. Donati Porte, nel 1982. In questa squadra resterà fino al 1986, ottenendo oltre 200 vittorie. Domenica dopo domenica, quello scricciolo ha trovato una delle sue corse preferite: è chiaro come il sole che appena c'è una salitella, o proprio una salita, lei se ne vola via. E la Merate-Ghisallo le piace eccome, è un trampolino. Un'ascesa mitica nel finale, la affronta da Esordiente, con la casacca del G.S. Alfredo Salani, con cui corre dal 1987. La gara, riservata alle Juniores, è aperta anche alle migliori Esordienti. Fabiana non solo partecipa ma è la migliore, regolando le più grandi di lei. Sul Ghisallo si ripeterà in seguito, da junior, con la casacca della Merate Cantine Pirovano. In 25 gare è prima e le porte della Nazionale si schiudono magicamente. Nel 1991 il Mondiale di Colorado Springs attende la giovane toscana. Potrebbe vincerlo, si muove bene, ma parte in leggero ritardo. Colpa sua o del CT Norberto Radaelli? Non è importante. Fatto sta che in Colorado si deve accontentare di un bronzo (segno del destino?). Identico metallo, ma stavolta nel Campionato italiano di Montebelluna, anno di grazia 1992. Non lo vincerà mai, il tricolore tra le Juniores. Se ne fa una ragione, anche perché adesso è giunto il momento di spiccare il definitivo salto di categoria. Dal 1993 correrà insieme alle Élite.

 

1993: Passa tra le Élite, prime soddisfazioni
A Buti con Maria Canins: quasi un passaggio di consegne © Archivio fotografico Fabiana LuperiniFinora s'è scherzato, adesso basta. Fabiana ha 19 anni, corre con l'A.C. Merate e porta a casa sette corse. La velocità non è la sua dote principale, mentre la capacità di arrampicare, oppure di andare in fuga, le coltiva come pianticelle preziose. Esulta a Vertemate, il 15 maggio, regolando Imelda Chiappa in una volata a due. A Sospirolo, nel Giro del Piave, se ne va per 15 km e vince in solitaria. Si ripete anche a casa sua, a Cascine di Buti, il 19 giugno, ed otto giorni dopo a Massa. Non crede che coloro le quali passano tra le Élite debbano ambientarsi, non lo crederà mai: o vai forte o non vai, tertium non datur. Ha le sue convinzioni, le sue certezze, i suoi dogmi, sebbene stia ancora imparando molto. Di sicuro lei fa parte della schiera di quelle che vanno. All'età di 19 anni pensa sì al ciclismo, ma vuol finire la scuola. Questione di priorità. C'è la maturità scientifica proprio prima del Giro d'Italia, corsa che la cascinese ha già nel mirino. Chiede al collegio docenti di sostenere l'orale per prima, in modo da potersi dedicare in tutto e per tutto alla corsa rosa. Va bene, via libera, signorina Luperini. Una volta sostenuto l'esame, però, accusa lo stress dovuto allo studio e non riesce a sopportare altro stress, quello che comporta la preparazione di un Giro d'Italia. Rinuncia alla corsa rosa, va a vedere l'esame delle sue compagne: i professori l'accusano di aver fatto la furba, solo per passar davanti a tutte. La saluteranno con 56/60. «Se non mi avessero vista, magari avrei ottenuto due punti in più, non certo il massimo dei voti. Però ho fatto tutto in buona fede». Insomma, al Giro non partecipa, ma c'è il Tour de France che non le sfugge. Il 27 luglio si parte da Parigi: una bimba al cospetto di mostri sacri. Stavolta non c'è stress che tenga.

 

Quarta al Tour di Van Moorsel: «Per una mela...»
Studia Leontien Van Moorsel al Tour '93 © Archivio fotografico Fabiana LuperiniIl prologo non è roba per lei. Lo vince Jeannie Longo, che l'anno prima ha battagliato con Leontien Van Moorsel, olandese, per tutta la corsa. All'ultima tappa, quella dell'Alpe d'Huez, la francese ha attaccato la maglia gialla che però non si staccava, restando a ruota, impassibile. È finita in surplace, la Van Moorsel non ha ceduto. «Connasse...», la apostroferà la Longo. Nel '93 la prima maglia gialla è dell'atleta di Grenoble. La bimba italiana, maglia azzurra e casco tricolore, invece ha puntato altre tappe: osserva con attenzione le frazioni pirenaiche ed alpine, precisamente. Il 2 agosto si corre la Jurançon-Luz Ardiden. Fabiana è giovane, non troppo conosciuta, molto determinata. La Van Moorsel si prende la tappa, vestendosi di quel giallo che porterà fino alla fine. Alle sue spalle, il vuoto o quasi. Quel quasi è rappresentato da una giovanissima al primo anno da Élite: Fabiana. È lei la prima dopo la Van Moorsel, staccata di 1'08": neppure troppo, ma non è una vittoria. La prestazione di Luz Ardiden vale la seconda piazza anche nella generale, posizione che difende con le unghie e con i denti. Nulla da fare, quando la strada sale è tra le più forti, insieme alla Van Moorsel. Nell'undicesima tappa - arrivo a Vaujany (lo ritroveremo) - la fuga va in porto. Esulta la britannica Marie Purvis, ultima a resistere al ritorno di Van Moorsel e Luperini. Manca solo l'apoteosi: un tappone alpino degno di questo nome, si arriva sull'Alpe d'Huez. Fabiana è determinata a conservare la seconda posizione in classifica generale ma qualcosa va storto: dopo il Col de la Croix de Fer, mangia una mela. Le è indigesta. Sulle mitiche rampe dell'Alpe, perde le ruote delle migliori. D'un tratto la classifica non le sorride più. È un buio che arriva improvvisamente, come un'eclissi, e la scaccia giù dal podio. Si ritrova alle spalle della vincitrice Leontien Van Moorsel, della francese Marion Clignet e della belga Heidi Van de Vijver. Il distacco di 12'03" da una Van Moorsel che aveva dimostrato di poter avvicinare (non certo tenere) durante tutti i quindici giorni di gara fa male e non rispecchia i reali valori in campo. Per Fabiana non è un bel risultato: pazienza se ha appena 19 anni e se è al primo Tour. La mentalità vincente la lascia con l'amaro in bocca, laddove tante farebbero festa. Potrebbe essere altrimenti? Tornerà per far meglio, tornerà per il bersaglio grosso.

Il finale di stagione la vede portare a casa il Giro del Friuli dopo una fuga di 20 km, la solita Merate-Ghisallo ed il GP di Okinawa, in Giappone, dopo un'altra azione solitaria durata la bellezza di 46 km. La seconda classificata taglia il traguardo 2'36". In tutta quest'annata un tecnico alle prime esperienze nel femminile, Marino Amadori, ha notato quella ragazzina, le sue movenze in salita, i suoi punti di forza ed anche quelli di debolezza. Nel complesso è rimasto profondamente colpito. «Costruiamo uno squadrone, passo dopo passo, per arrivare a conquistare qualcosa d'importante. Un Giro, un Tour... Sanson ha dato la sua disponibilità». La signorina Luperini, con tutta la diffidenza che la caratterizza, ci sta. Ringrazia e saluta la Merate, approda in Sanson con Amadori.

 

1994: Va alla Sanson di Marino Amadori
Vittoriosa ad Orlová, in Cecoslovacchia © Archivio fotografico Fabiana LuperiniBisogna migliorare. Subito. Fabiana ha solamente vent'anni ed una sconfinata fame di vittoria. Si allena come al solito, con i pro' della zona. Sono uscite davvero esigenti. Giro e Tour i suoi obiettivi. All'alba della stagione porta a casa il suo primo Trofeo Binda con due corse in Cecoslovacchia, ad Orlová ed Ostrawa. Fame di vittoria sì, però Fabiana sta utilizzando metodi un pochino estremi. L'anno prima ha visto Leontien Van Moorsel al Tour: l'olandese, magrissima, quasi anoressica, in salita volava e la staccava. Se è riuscita a vincere con quel fisico, perché non imitarla? Fabiana inizia a non mangiare molto, a perdere peso. Il suo fisico non sopporta questo né i massacranti allenamenti a cui viene sottoposto. Bisogna riprendere la retta via, pena saltare il Giro ancora una volta. Così fa e viene respinta anche dal Tour: superallenamento. La corsa rosa andrà alla compianta Michela Fanini, la gara a tappe francese alla russa Valentina Polkhanova, con tre vittorie di tappa di Michela Fanini. Fabiana conclude al 14° posto. Non ci siamo. Fa niente se il finale di stagione è abbastanza gratificante, con le vittorie di Monturano, Villorba e Desio. Una ragazza nata per scalare vette storiche, un talento delle grandi corse a tappe, non può fare a meno del suo pane. Ormai il '94 è andato ma dalla stagione successiva si vedrà la vera Fabiana Luperini. Amadori, che ha lavorato con quella ragazzina, cercando di farle capire com'era meglio agire per arrivare a determinati traguardi, ne è praticamente convinto. Nel 1995 ascolteremo tutta un'altra musica.

 

1995: Arriva la stagione della svolta
Dopo due anni con qualche bella soddisfazione e diverse delusioni, bisogna lasciare il segno. Serve il sigillo grosso, ma quello importante. La Sanson ha in rosa una serie di atlete molto competitive. Su tutte Roberta Bonanomi, che sarà la donna ombra della Luperini, una sorta di sorella maggiore. Fabiana è mostruosa: si allena sempre con i più grandi. L'arrivo del caldo (e delle gare in salita) corrisponde con quello della forma migliore. Ha già mostrato di che pasta è fatta, il podio del Tour '93 le è scappato solo per inesperienza. Al Giro invece, per un motivo o per l'altro, non ha ancora corso. È l'ora di esordire. Obiettivi: Giro, Tour e quel Mondiale di Duitama che sembra tanto, ma tanto duro. E tremendamente adatto a lei. Coglie la prima vittoria nella Freccia Lady, sulle colline pavesi. «Le ho sfiancate, salitella dopo salitella». Più si va avanti, più Fabiana è fresca, mentre le avversarie iniziano a raschiare il famoso fondo del barile, alla ricerca di un po' d'energia. Il primo mattone per costruire qualcosa di davvero importante è il Giro del Trentino, gara che precede il Giro d'Italia. Fabiana si aggiudica due frazioni, imponendosi a Rovere della Luna ed a Faedo Pineta. Si lascia alle spalle la svizzera Luzia Zberg, una delle favorite per la corsa rosa che prende il via da Grosseto il 22 giugno.

 

Giro: «La Zberg era forte». Ma a Pianezze inizia l'era Luperini
Pianezze: vince la prima tappa al Giro d'Italia 1995 ed inizia un'era © Archivio fotografico Fabiana LuperiniMesse da parte le prime tappe, la Sanson di Marino Amadori è concentrata sull'arrivo di Pianezze. Sarà salita e chi meglio di Fabiana, dorsale numero 80, può interpretare quell'arrivo? Al mattino tutta la squadra è serena. La piccola toscana indossa la maglia verde di miglior scalatrice ed è semplicemente consapevole. Luzia Zberg però non va dimenticata: «La favorita era lei. Era un'atleta forte, lo sapevo». La Sanson protegge la capitana fino all'imbocco del Monte Cesen, quindi lascia che sia quella ragazzina a completare l'opera. E l'opera viene portata a termine, eccome. All'arrivo ne mancano 8, di chilometri, ed il copione è fin troppo scontato. Restano in due: Luperini e Zberg. La prima, alta un metro e 54 per 42 kg, danza sui pedali, in quel momento divenuti pennelli atti a dipingere il primo di moltissimi capolavori. La Zberg però è dura a morire e prova a tener testa alle accelerazioni di Fabiana. Ai -7 è troppo anche per la povera Luzia. Fabiana va via da sola, danza sui pedali, svolazza verso Pianezze, mentre l'elvetica prova a limitare i danni. Per la Luperini è un trionfo. Arriva al traguardo tutta sola, con 1'38" sulla Zberg. Non un distacco enorme, ma è una mazzata. Si prende anche la maglia rosa, la prima di una lunga serie. Però il Giro mica termina a Pianezze. Il giorno dopo si va da Fiera di Primiero a San Martino di Castrozza: tutto può ancora cambiare sul punto più alto toccato dalla corsa rosa. La Zberg potrebbe ribaltare la situazione. D'altra parte Fabiana ha imparato sin da subito, dal Tour '93, che un qualsivoglia errore (nell'alimentazione, ad esempio) può costare caro. E invece non paga un bel niente. Vanno in fuga Roberta Bonanomi (giusto per far stare tranquilla la fresca maglia rosa) e Sigrid Corneo. Non appena la strada s'impenna, Fabiana entra in azione, proprio come aveva fatto poche ore prima. La sola Zberg prova a resistere, ma chi la tiene quella là. Altra vittoria e maglia rosa in cassaforte. Primo Giro d'Italia conquistato con una facilità estrema. Ma a lei la corsa rosa interessa relativamente. A lei piace di più il Tour: è un palcoscenico internazionale, si scalano vette mitiche, si affrontano tutte le migliori al mondo. Logico quindi che quella ragazzina non si lasci andare a festeggiamenti (non lo farà quasi mai nell'arco della sua carriera) ma continui ad allenarsi, preparando il Tour de France. Il ciclismo è vissuto come una vera e propria missione. Non è poi così lontano, quest'agosto. Né questo Tour.

 

«Al Giro vincevo facile, ho sempre preferito il Tour»
Con Marino Amadori al Tour de France © Archivio fotografico Fabiana LuperiniSe c'è una cosa che Fabiana ama fare è allenarsi. Se c'è un'altra cosa a cui non saprebbe dire di no è sempre allenarsi, ma sulle strade di casa. Ecco quindi i test sul Monte Serra (17'50" da Buti la sua miglior prestazione di sempre), le lunghe uscite a ritmo elevato, derivante dall'allenarsi con i Bartoli ed i Bettini, i Guidi ed i Pieri. Più che logico che questa 21enne dal talento smisurato stacchi delle mammasantissima quando la strada si inerpica su Alpi o Pirenei. Il Tour del '95 prende il via con il prologo di Luxeuil-les-Bains, il 29 luglio. La prima maglia gialla è di Jeannie Longo che, nonostante l'età (spegnerà 37 candeline l'ottobre successivo), è ancora da mettere fra le favorite per la classifica finale della corsa francese. Fabiana non dà peso all'ampio distacco subito nella crono, punta agli arrivi in salita: Margeriaz, Voujany e La Mongie. Quarto giorno di gara, terza tappa, 1° agosto, da Crest Voland a Margeriaz. In mezzo altre asperità: il Col de la Forclaz ed il Col du Frene, di seconda e prima categoria. La maglia gialla è in casa USA, sulle spalle di Jeannie Golay, ma le azzurre (si corre ancora con le nazionali) sanno perfettamente che a sera sarà un'altra la padrona di quella casacca così simbolica e densa di significati. Fabiana lo dice subito a Roberta Bonanomi ed Alessandra Cappellotto: «Attaccherò». Le avversarie sono Longo, Zberg, Polkanhova, le gemelle Polikeviciute, Koliaseva. Già nel '93 protagonista sulle strade del Tour, la cascinese sa come muoversi. Le lezioni subite le hanno dato quella maturità che, pur a 21 anni, si palesa nelle tappe decisive di una grande corsa. Se parliamo di Tour, poi, non capisce più niente. La Luperini usa il Col de la Forclaz come termometro della condizione delle rivali. La maglia gialla, Jeannie Golay, si tinge subito di bianco, come la bandiera che issa in segno di resa. Fabiana osserva le altre, piazza qualche accelerata qui e là, prepara il terreno per l'attacco vero. Che non avviene sul Forclaz, ma sul Frene. Stupisce come quella che solamente un anno prima era una ragazzina spaesata, oggi possa far così male. Scollina con 45" sulle sue principali rivali, Longo e Zberg in testa. Distacco più simbolico che utile, perché la discesa non le è certo amica, mentre da dietro Longo, Zberg, Polkanhova, Rasa Polikeviciute, Bubnenkova, Marsal, Jackson e Zabirova si riportano sull'azzurra. Poco male, davanti c'è ancora la salita di Margeriaz. Subito Fabiana impugna il piccone e spacca. Sgretola gambe e morale delle avversarie. Poi comincia la danza sui pedali, quella che la porta a svolazzare leggiadra verso un arrivo tanto ostico. È una Luperini che non perdona e si veste di giallo. Lascia a 1'04" Luzia Zberg, l'elvetica già battuta al Giro, a 1'31" Jeannie Longo. Comanda e dà continuità a quanto fatto vedere poche settimane prima sulle strade italiane. E quando la vedi iniziare a vincere, e poi continuare, e ancora, l'impressione è che non si stancherà mai. E che non smetterà più.

 

La Mongie e Vaujany: «Ho dato più di sette minuti alla Longo»
Lanciata verso la vittoria a La Mongie © Archivio fotografico Fabiana LuperiniLa prima. Quella che il 2 agosto Fabiana indossa al villaggio di partenza di Albertville è la prima maglia gialla. Calza a pennello, pare quasi naturale, così come naturale era stato, poche ore prima, forzare sulle rampe di Margeriaz. La petit poupée italienne deve però superare ancora le asperità della Albertville-Vaujany, affrontando avversarie agguerrite e decise a scalzare quella giovane irriverente dai piani alti. L'altimetria non rende semplici le cose. O meglio: le renderà semplici, sì, ma ad una sola. In breve: 115 km, due salite storiche ed Hors Catégore da superare, il Col de la Madeleine ed il Col du Glandon. Gran finale, verso Vaujany, appunto, tutto all'insù. Tanto per gradire. È una tappa difficilissima da interpretare, ancor più da superare. «L'ho attaccata subito, la Longo». E quando dice subito, Fabiana intende sin dalle rampe della Madeleine: parte sparata come una palla di cannone, forza il ritmo, mette a dura prova la resistenza delle altre. Prima tra tutte l'idolo di casa, che a metà salita è costretta a mollare la sua ruota. La maglia gialla ha fatto ancora il vuoto e non importa quanti chilometri la separano dal traguardo. Prende e va (per comprendere meglio: Vaujany dista 101 km). La Madeleine è tosta e se percorsa in estate può fare davvero male. Fabiana scollina con un minuto sulla Longo ed il vantaggio resta immutato fino all'attacco della seconda salita di giornata, il Glandon.

Proprio lì scava un distacco ancora maggiore, ma verso la cima va in leggera crisi. Di fame? Di sete? Uno sforzo eccessivo? Niente di tutto questo. Il cambio - mica la gamba - non risponde più come dovrebbe ed è costretta a percorrere buona parte dell'ascesa con il 19. Lo fa senza problemi ed è imbarazzante anche la superiorità a certi guai meccanici; accusa un piccolo rallentamento, quello sì, rispetto a chi insegue. Nonostante questo, scollina con più di nove minuti su Rasa Polikeviciute ed Alexandra Koliaseva, mentre Jeannie Longo è ormai alla deriva: dieci minuti abbondanti sul groppone. Chi vede la Luperini salire per il Glandon col 19 la crede però in crisi, e ciò viene riferito alla Longo. Con una maglia gialla che sembrerebbe accusare i chilometri di fuga, la più che esperta transalpina si butta giù dal Glandon a rotta di collo (forse anche con qualche aiuto). Riprende Vince il primo Tour de France © Archivio fotografico Fabiana LuperiniPolikeviciute e Koliaseva, ai piedi dell'erta che conduce a Vaujany ha dimezzato il distacco da Fabiana: cinque minuti. Solamente... Però sulle rampe che portano al traguardo, le stesse che dodici mesi prima avevano respinto quella bimba in maglia azzurra, Fabiana riprende a menare. Non ce n'è per nessuna, i distacchi sono crudeli, impietosi. Una tappa massacrante, una ragazzina che con il pedale scrive meravigliose pagine di storia del ciclismo femminile. Al traguardo la maglia gialla aspetta 7'13" prima di veder sbucare Jeannie Longo, mentre la Koliaseva conclude la prova a 8'39". Jackson, Zberg, Van der Vijver e Polkhanova, maglia gialla nel '94, sono classificate tra i 9' ed i 13' di distacco. Gli abissi. Per non mandare a casa più di metà del gruppo, finito fuori tempo massimo, serve una deroga della Giuria. «È stata quella, la prima a Vaujany, la mia vittoria più bella. Dare più di sette minuti ad una certa Jeannie Longo è stato fantastico», ricorda Fabiana.

A Vaujany vincerà altre cinque volte durante il Tour, le daranno la cittadinanza onoraria. Il successo del 1995, però, resterà qualcosa di grandioso e forse ineguagliabile. Lì Fabiana ha chiuso a chiave, sigillato, messo in cassaforte la corsa a tappe francese. Coglierà un altro successo parziale, stavolta sui Pirenei, a La Mongie, poco sotto al Toumalet; distacchi che stavolta si potrebbero definire umani (Svetlana Boubnenkova, seconda, chiuse a 43", ma Jeannie Longo, settima, pagò altri 2'42" alla maglia gialla). Primo Tour de France, prima doppietta in tasca, nonostante la Longo, aggiudicandosi la crono di Tarbes, provi a riavvicinarsi. La campionessa transalpina chiuderà il Tour in seconda posizione, a 8'07" da quella 21enne immensa nella classe. Fabiana sboccia a 21 anni, insieme a Marco Pantani, corridore con cui ha in comune la classe fuori dal comune e la progressione irresistibile in salita: presto la ribattezzano Pantanina (il Pirata, in seguito, suggerirà di chiamare lui Luperino). Con un'atleta del genere entrata nelle case degli italiani dopo simili imprese, vuoi non sognare il primo Mondiale al femminile? Anche perché, sul percorso colombiano, sognare è più che lecito: diciamo obbligatorio.

 

«Il Mondiale di Duitama, una delle sconfitte più cocenti»
Con la divisa della Nazionale a Duitama © Archivio fotografico Fabiana LuperiniLa vittoria più bella, a Vaujany, arriva nello stesso anno della sconfitta forse più cocente: Duitama. Quello colombiano è un Mondiale per scalatrici pure e chi è colei che sulle salite ha fatto numeri impressionanti, staccando chiunque, in quasi tutte le gare? Che domande! Fabiana è la punta azzurra, la favorita per l'iride. Favorita sì, ma ci va piano. Sa bene che forse la condizione non è la stessa del Tour, che qualche russa non ha corso in Francia per preparare la gara iridata. Che la Longo, così come la Zberg e la banda lituana, possono avere una forma leggermente superiore rispetto a quella della Boucle. L'ultima competizione a cui Fabiana ha preso parte è stata a Schio: vittoria per distacco su Monica Bandini dopo quasi 70 km di fuga. Era il 3 settembre. La gamba c'è, c'era. Il problema è che il Mondiale si corre più di un mese dopo, il 7 ottobre, e dall'altro capo del Mondo. La Nazionale guidata da Dario Broccardo è composta anche da Roberta Bonanomi, Alessandra e Valeria Cappellotto, Imelda Chiappa e Sigrid Corneo. Arrivano in Colombia una quarantina di giorni prima della prova iridata. Si allenano su una sola strada praticabile, il circuito. A Fabiana il Serra, gli amici di ogni sgambata e le sue zone mancano da morire. Il circuito prevede una salita di 5 km con punte che sfiorano il 12%; quindi un falsopiano, ancora salita, fino a toccare quota 2950 metri. La discesa e 4 km di pianura portano al traguardo, Fabiana pensa che scollinare con 30" di vantaggio potrebbe essere sufficiente per agguantare quella maglia. Un titolo da record, visto che farebbe seguito alle vittorie al Giro d'Italia ed al Tour de France. Ovviamente non arriverà nessuna maglia iridata a casa Luperini. Fabiana quel 7 ottobre non va proprio. Accelera ma le altre, che sulle montagne di Giro e Tour rimanevano incollate all'asfalto, oggi sono sì inchiodate, ma alla sua ruota. Anzi, il loro ritmo è perfino superiore. Com'è possibile? Il sogno svanisce, si ritira dopo tre giri; sta male, non riesce a fare la sua corsa - lei, abituata alle lunghe distanze - sente gli spettatori che pronunciano il suo nome, mentre passa nelle retrovie. Anche questo la infastidisce. Bici ai box, continuare non ha senso. Quante lacrime vengono giù da quei due occhioni. Un crollo psicologico, poi fisico. Marco Pantani prova a consolarla, nel furgone azzurro, ma niente. Una sconfitta che si porterà dietro per tutta la carriera, perché per quanto abbia dominato, per quanto sia stata forte: «Certo, avessi vinto un Mondiale...». Anche se far bene a Duitama, ad inizio ottobre, dopo essere stata sulla cresta dell'onda sin dai primi appuntamenti stagionali ed aver incentrato l'annata su Giro e Tour, non era così semplice. Sarà per la prossima occasione, o almeno questo si pensa.

 

1 - continua

 

Puntate successive
2 - Il periodo giallo e quello rosa
3 - Le difficoltà ed il quinto Giro

Francesco Sulas

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