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Tour Down Under 2015: L'assalto di Porte, Dennis si difende - Bello spettacolo a Willunga, solo 2" ora per Rohan

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L'arrivo solitario di Richie Porte a Willunga Hill © TourDownUnder.com.auCerto che per essere ancora al 24 di gennaio, non si sa che cosa si potrebbe chiedere di più a una corsa ciclistica su strada. Il pubblico delle grandi occasioni l'abbiamo avuto; un finale scoppiettante con arrivo su una salitella che ha chiamato alla lotta faccia a faccia i protagonisti della classifica generale, e l'abbiamo avuto; addirittura abbiamo avuto i ventagli che hanno animato la parte subito precedente il gran finale, e sempre con gli uomini di classifica a battagliare; una bella fuga con uno dei protagonisti di questa settimana australiana, e anche questo l'abbiamo avuto...

Insomma, fatti due conti, tra il dare del sonno sacrificato al fuso orario antipodale, e l'avere dello spettacolo di cui ha beneficiato, il saldo in bilancio è nettamente attivo per l'appassionato europeo che ha puntato la sveglia - tra lo sgomento dei congiunti... - un paio d'ore prima dell'alba.

Usciamo poi da questa tappa regina del Tour Down Under con una situazione di classifica tutt'altro che decisa: con soli 2" a separare il leader, il resistente Rohan Dennis, dall'inseguitore, il vincente (oggi) Richie Porte, c'è la teorica possibilità che domani, nella frazione finale (il velocissimo circuito di Adelaide), ci si scorni su qualche sprint intermedio per tre preziosissimi secondi d'abbuono: se l'attitudine sarà quella vista oggi nella McLaren Vale-Willunga Hill, rischiamo di vedere ancora qualche colpo di scena.

 

La fuga e i pois di Bobridge
Sin dalla prima tappa del TDU 2015 Jack Bobridge ha fatto finalmente vedere quella che sarebbe dovuta essere la sua carriera da predestinato: subito a segno, spesso all'attacco, vogliosamente attaccato alla maglia a pois di migliore scalatore. Un corridore spettacolare e concreto, insomma. Speriamo che ciò non sia dovuto solo alla condizione eccellente che il 25enne del Team Budget Forklifts (ma qui in gara con la selezione nazionale della UniSA) ha maturato in vista del suo tentativo di battere il Record dell'Ora (lo ricordiamo: è in programma il 31 gennaio), ma anche al fatto di aver salito un gradino di maturità atletica e di aver magari superato qualche problema di salute che fin qui l'ha martoriato.

Anche oggi Bobridge ha cercato e trovato la via della fuga. A sostenerlo nel suo attacco odierno, il connazionale Jordan Kerby e il neozelandese Greg Henderson. Il terzetto, partito al km 2, ha avuto fino a 5'30" di vantaggio (al km 24, margine di proporzioni inusuali per una fuga del Tour Down Under), poi ha proceduto un po' sull'inerzia di un tale vantaggio, e soprattutto sulla grande volontà di Bobridge di transitare in testa al primo Gpm, coincidente col primo dei due passaggi a Willunga Hill.

Il ragazzo ci si è messo con tutto l'impegno, ha perso per strada (ai -45) Kerby, quindi ai piedi della salita (ai -26) anche Henderson si è fatto da parte (non prima d'aver dato un simpatico lancio all'americana al collega), ma lungo i 3.5 km di Willunga Hill Bobridge ha gestito ottimamente il minuto e mezzo che gli rimaneva, e ha completato il suo progetto di mettere al sicuro la maglia a pois di migliore scalatore della corsa. Fatto ciò (tra l'entusiasmo del folto pubblico presente), si è finalmente rilassato, e di lì a poco, ai -20, il gruppo - o quel che ne rimaneva - l'ha ripreso.

 

Quei matti dell'Astana e il loro ventaglio
"Il gruppo o quel che ne rimaneva" è un modo come un altro per segnalare che già sulla prima ascesa a Willunga Hill qualcosa era successo. In particolare, l'Astana di Luis León Sánchez aveva preso in mano la situazione, tirando in maniera convinta per diversi chilometri, e riducendo così il plotone a una cinquantina di unità. Una volta giunti al Gpm, i celesti di Kazakistan non si sono certo fermati, ma hanno continuato a tenere il gruppo in fila indiana, proseguendo con questo andazzo fino agli ultimi chilometri.

A poco meno di 8 dalla conclusione, si è verificato quello che era difficile immaginare a quel punto della corsa: il combinato disposto (come amano dire certi uomini politici...) del forte vento e del lavoro Astana ha prodotto un ventaglio. Pochissimi quelli che hanno avuto la bravura e la ventura di trovarcisi a bordo: oltre al terzetto Astana comprendente anche Sánchez, c'erano Rohan Dennis e Cadel Evans (accompagnati da un gregario) e Arnold Jeannesson e Jérémy Roy della FDJ. Tutti gli altri, a partire da Tom Dumoulin, Impey e Porte, erano rimasti dietro.

Sono seguiti minuti intensissimi, con gli Astana che non accennavano a diminuire il ritmo là davanti (Sánchez, 13esimo della generale a 25" dal primo, si stava giocando in quel modo la possibilità di far saltare il banco), il terzetto BMC che era ben felice di dare loro una mano, con il leader della classifica Dennis impegnato in prima persona, e gli inseguitori - Orica, Sky e Cannondale in testa - nell'affannosa ricerca di un ricongiungimento che a tratti sembrava addirittura impossibile.

È però bastata una svolta della strada, col vento che ha così diminuito il suo effetto, e il gruppo ha fatto valere la sua superiorità numerica: a 4.5 dal traguardo si era di nuovo tutti insieme (i 50 o poco meno che avevano scollinato a Willunga), un chilometro più avanti si approcciava la salita conclusiva.

 

Porte, la bella vittoria non basta
Su Willunga le cose sono andate così: per 400 metri ha tirato Simon Clarke (Orica), quindi è toccato a Geraint Thomas alzare il ritmo per un chilometro abbondante, dopodiché, sfibrato il luogotenente Sky, è tornata al comando la Orica, con Cameron Meyer: importante per il suo capitano Daryl Impey che si tenesse un'andatura costante pur se elevata, perché al primo cambio di ritmo il sudafricano rischiava di saltare.

Tenere però tutti in riga fino al traguardo (o alla sua prossimità) era impresa abbastanza complicata, tantopiù che i più "scalatori" della compagnia scalpitavano nell'attesa di darsi vera battaglia. Ad accendere la miccia è stato Porte ai 1200 metri. Il tasmaniano aveva l'urgenza di liberarsi dalla stretta marcatura BMC, non a caso il primo a rispondere, come un terzino d'altri tempi, è stato Evans; alla seconda rasoiata di Richie, però (ai 1100 metri), il buon Cadel si è dovuto sfilare, lasciando che fosse direttamente il suo compagno Dennis a provare a mettere la mordacchia all'avversario. In effetti, solo la maglia ocra e Tom Dumoulin erano a quel punto in grado di tenere Porte.

Quando sembrava che anche Domenico Pozzovivo (con Rubén Fernández) stesse per rientrare sul terzetto al comando, agli 800 metri il terzo affondo del capitano Sky ha ricacciato indietro gli immediati inseguitori e ha fatto staccare pure Dumoulin. Dennis ancora resisteva, ma alla quarta accelerazione di Porte anche il leader della generale ha dovuto cedere: mancava mezzo chilometro alla fine, e Richie doveva mettere tra sé e l'avversario quanti più secondi possibile per scavalcarlo anche in classifica.

Ce l'ha quasi fatta, il tasmaniano: quando, transitando sotto lo striscione d'arrivo senza mai smettere di pedalare, si è voltato e ha visto l'ultimo tratto di strada ancora sgombro di avversari, deve aver pensato "ci siamo", ed è andato di pugnetto d'esultanza convinto, perché evidentemente il margine su Dennis c'era. Ma il giovane rivale, dando fondo a tutto quello che aveva, non solo ha salvato il secondo posto (e con esso il prezioso abbuono di 6", a fronte di quello da 10" conquistato da Porte), ma ha pure contenuto il ritardo entro i 9".

9" di distacco più 4" di differenza di abbuoni, totale 13" in favore di Porte; in classifica Dennis ne aveva 15 di margine, ergo ha mantenuto la maglia ocra per appena 2", e il sospiro di sollievo che ha fatto quando gli hanno fatto due conticini si è sentito fino a valle. Al terzo posto di giornata si è piazzato il sempre più convincente Fernández, a 16" come Evans e Dumoulin giuntigli in scia; a 19" è transitato Pozzovivo, a 24" ecco Machado, e a 26" la sorpresa più grossa della giornata per noi, ovvero Moreno Moser: già il trentino aveva ben lavorato per Nathan Haas a Stirling, ma oggi vederlo addirittura in top ten ci fa strabuzzare gli occhi, dopo un 2014 in cui il ragazzo si è comportato più che altro da ex corridore. La speranza è che MoMo dia ora seguito a questo bell'inizio di stagione.

 

Tutti a sprintare ad Adelaide!
Come detto, in classifica solo 2" separano la maglia ocra Dennis da Porte; al terzo posto Evans paga 20", quindi troviamo Dumoulin a 22", Fernández a 24", Pozzovivo miglior italiano a 31" (è sesto), e ancora Impey a 38", Machado a 46", Gorka Izagirre a 52", Pantano a 53".

Il distacco minimale tra il primo e il secondo ci fa pensare che domani, volendo, la Sky potrebbe architettare qualcosa per permettere a Richie di fare lo scherzone a Rohan. Nel circuito conclusivo ad Adelaide, 4.5 chilometri da ripetere 20 volte, ci saranno due sprint con abbuoni, dopo 36 e 54 dei 90 chilometri totali. Tenere la corsa cucita, organizzare un treno buono, magari fare qualche buco per favorire l'azione del proprio uomo... più facile a dirsi che a farsi, ma non si può mai dire; certo, lasciar correre senza neanche provare a prendere quei 3" (o almeno 2" per un secondo posto) che rimetterebbero tutto in gioco, sarebbe un po' uno scialo da parte della Sky.

Sia come sia, se anche non vedremo il coltello tra i denti dei big della classifica, aspetteremo al varco magari qualche uomo che in questo Tour Down Under ha fatto il turista (si fa per dire: sappiamo bene che tutti hanno sudato e faticato). Ad esempio Marcel Kittel, che domenica scorsa vinceva la People's Choice Classic (altro criterium - però non ufficiale - ad Adelaide); o, perché no, quel Giacomo Nizzolo che continua eroicamente a difendere l'ultimo posto in classifica: domani per i velocisti - quantomeno per arrivare a sprintare - conterà più il mestiere che la condizione. E quanto avvenuto in queste 5 tappe non conterà più: conterà solo quel rettilineo finale.

Marco Grassi

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