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Tour Down Under 2015: Von Hoff dribbla caduta e avversari - Bonifazio e Alafaci nei 10, Dennis ancora leader

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La vittoria di Steele Von Hoff a Mount Barker © TourDownUnder.com.auOgni medaglia ha un suo rovescio, e noialtri umani siamo pur sempre quelli del mors tua vita mea. Nulla da dire quindi se la metà dei velocisti restano coinvolti in una caduta in vista del traguardo: semplicemente, accadrà che faranno festa quelli dell'altra metà.

E tra questi, in particolare, a Mount Barker, quarta tappa del Tour Down Under, ha esultato Steele Von Hoff. Molti neanche sanno chi sia, e dire che viene da due anni nel World Tour, in maglia Garmin. Ma evidentemente non si è saputo esprimere al meglio in questo biennio, per un motivo o per l'altro; per cui, con un doppio carpiato all'indietro, è mestamente tornato al limbo del pianeta Continental, nella britannica NFTO.

La sorte gli ha però voluto regalare un'altra chance, e si ritrova allora a difendere i colori della selezione UniSA, ovvero quell'ensemble di corridori sudaustraliani che si fa vedere in ogni Tour Down Under. Di solito sono giusto protagonisti di qualche fuga senza speranza; in questa edizione della corsa hanno invece già vinto una tappa con Jack Bobridge il primo giorno, e oggi bissano con una bella volata di Von Hoff, appunto. E lui, Steele, con quel nome che suona come acciaio, a 26 anni può dire (e infatti lo dice) di non essere ancora così vecchio da non meritarsi un'altra possibilità nella massima serie del ciclismo. Lo rivedremo.

 

La fuga degli inseguitori, la cattiveria della Orica
In genere la tassonomia del ciclismo suddivide il gruppo in fuggitivi e inseguitori; per una bizzarra combinazione, oggi abbiamo invece avuto sì una fuga, ma gli inseguitori erano sia davanti che dietro... Ci sia concessa la boutade, ma vedere nell'attacco di giornata (il primo di due, come vedremo) la coesistenza di Jack Bobridge, Michael Hepburn e Peter Kennaugh, ovvero di tre dei dominatori dell'Inseguimento a squadre (e per quel che riguarda i due australiani, pure di quello individuale) dei primi anni '10, ha fatto sorgere spontanea questa riflessione.

I tre si erano messi in moto al km 23, dopo un avvio con tanti attacchi e contrattacchi, e col francese Cédric Pineau a completare con loro il quartetto. La presenza di Bobridge, troppo vicino alla vetta della classifica, garantiva che quella fuga (il cui vantaggio massimo è stato di 2'25" al km 37) non potesse avere fortuna; l'ex leader della classifica si è allora limitato a transitare in testa al traguardo Gpm di Sellicks Hill, posto dopo 44 km di gara: riconquistata così la maglia di migliore scalatore della corsa, Jack si è rialzato (non senza mugugnare), lasciando che gli altri tre si giocassero con più chance le proprie carte.

In effetti la BMC, che fin lì stava lavorando per tenere a tiro il quartetto, si è fatta da parte, e il vantaggio degli attaccanti superstiti è risalito da 1'30" a 1'50"; ma costoro sono caduti dalla padella nella brace nel momento in cui a tirare il gruppo s'è messa la Orica, la quale aveva in animo di annullare quanto prima quella fuga, in tempo per permettere a Daryl Impey di sprintare al traguardo volante di Ashbourne, km 89, a 55 dalla fine.

 

La seconda fuga del giorno, il gruppo frazionato
Puntualmente, la Orica ha centrato il suo obiettivo: ripresi Kennaugh, Hepburn e Pineau a 68 km dal traguardo, il team australiano ha completato l'opera con lo sprint di Impey, che ha conquistato 3" di abbuono che non l'hanno spostato dal decimo posto della generale, ma che gli hanno permesso di abbassare da 22" a 19" il distacco dal leader Dennis.

A quel punto, con tanta strada ancora da fare fino a Mount Barker, era naturale che partisse una seconda fuga. Detto fatto, ai -50 sono evasi Ruslan Tleubayev e Maxim Belkov (lui già in azione nella prima tappa), raggiunti poco dopo da Pieter Serry. Il nuovo terzetto ha messo insieme 2'20" di margine prima che i team dei velocisti più attesi della giornata si attivassero per ricucire: prima la Lampre (al lavoro per Niccolò Bonifazio), poi con ancor più determinazione la Movistar di Juan José Lobato, hanno limato sensibilmente il distacco.

A 23 km dalla fine, subito dopo il secondo sprint intermedio (vinto da Belkov), Tleubayev si è staccato su una delle salitelle che punteggiavano il pre-finale di tappa. Non è stato l'unico a digerire male i vari strappetti di questa fase: il gruppo, sempre menato duro dai Movistar, si è infatti frazionato in più tronconi, e Marcel Kittel (tanto per fare il nome di un possibile favorito per la volata) è rimasto attardato. Ripresi Belkov e Serry a 9 km dalla fine, non rimaneva che attendere lo sprint, per il quale i vari treni dei velocisti erano già in via di attivazione.

 

La maxicaduta, la vittoria di Von Hoff
Chi però un velocista vincente non ce l'aveva, era autorizzato a tentare qualche carta alternativa. È il caso dell'Astana, che agli 8 km, sull'ultima salitella del percorso, ha attuato un bel tentativo di anticipo: con una trenata delle sue, Lars Boom ha lanciato Luis León Sánchez. Nel ruolo di stopper si è mosso allora Gorka Izagirre, rappresentante di una Movistar costantemente sul pezzo. La coppia spagnola è rimasta al vento per 3 km prima di essere ripresa, ma ha avuto la funzione di sparigliare le carte in gruppo: qualcuno si è staccato su quella salitella, qualche treno si è inceppato, tutte le dinamiche fin lì in essere sono state destrutturate.

Non è quindi troppo casuale che da tutto ciò sia venuta una volata piuttosto convulsa e confusa, nella quale in pochi si sono fatti trovare nella posizione in cui dovevano essere, e che è stata segnata da un'immancabile grossa caduta a poco più di 200 metri dal traguardo. L'innesco è stato dato da un tocco subìto dal francese Lorrenzo (non è un refuso, il suo nome è proprio con due r) Manzin, il quale era pure messo bene al momento dell'impatto. Non si è capito se tale tocco sia venuto da Heinrich Haussler (che scartava davanti al corridore FDJ) o da Kenny Dehaes, che era subito dietro.

Sta di fatto che Manzin è caduto, e con lui molti di quelli alle sue spalle (tra gli altri proprio Lobato, vincitore a Stirling), i quali cadendo hanno bloccato il passaggio, lasciando che a giocarsi la vittoria fossero la decina di uomini che erano davanti. Tra questi era riuscito pure a infilarsi quasi miracolosamente Bonifazio, che era proprio accanto a Manzin quando quello è caduto, ma il velocista della Lampre ha dovuto zigzagare parecchio è ciò è andato a detrimento del suo piazzamento (sesto alla fine).

Wouter Wippert, olandese della Drapac, ha fatto volata di testa ma non ha resistito fino alla fine, vedendosi superato da Steele Von Hoff, autore di 100 metri finali davvero irresistibili, tanto che neppure Impey (secondo) ha saputo opporre nulla allo scatenato australiano che si incuneava tra un avversario e l'altro fino ad andare a vincere. Wippert ha comunque salvato un prestigioso terzo posto davanti a Haussler, Samuel Dumoulin e il citato Bonifazio. L'Italia piazza in top ten anche Eugenio Alafaci, nono (e facente le veci, in casa Trek, di un Giacomo Nizzolo giunto al TDU ancora molto scarico: non a caso è proprio l'ultimo della generale).

 

Domani si decide tutto a Willunga
Tra un abbuono e l'altro, Impey è risalito in classifica fino al quarto posto, a 13" dal leader Rohan Dennis, il quale conserva 7" sul compagno Cadel Evans e 9" su Tom Dumoulin. Alle spalle di Impey è Richie Porte a guidare la schiera dei 6 corridori che pagano alla maglia ocra 15", e tale schiera è chiusa, al decimo posto, da Domenico Pozzovivo.

Se la giocherà pure il lucano, quindi, la vittoria finale in questo Tour Down Under 2015: e se la giocherà domani, nella decisiva quinta tappa che da McLaren Vale porterà il gruppo a Willunga Hill, attraverso 151 km (è la frazione più lunga del TDU) e fino alla salita che da 4 anni in qua caratterizza fortemente la settimana sudaustraliana. Lo scorso anno si impose proprio Porte (e nelle edizioni precedenti esultarono liegisti del calibro di Gerrans e Valverde), il quale ha comprensibilmente messo il circoletto rosso su questo arrivo.

Non sarà però facile per il tasmaniano piegare la resistenza di una BMC nelle cui fila, oltre al leader Dennis, troviamo quell'Evans che vorrebbe tanto regalare ai suoi tifosi un ultimo colpo ad effetto: visto quanto il vecchio Cadel ha saputo fare all'arrivo di Paracombe (dove si è piazzato al secondo posto), non saremmo per nulla sorpresi di vederlo davvero esultare domani a Willunga.

Marco Grassi

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