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Tour Down Under 2015: Lobato, telefonata dall'Australia - Strepitoso Juanjo a Stirling. Bonifazio ottavo

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Juan José Lobato, vincitore a Stirling su Daryl Impey e Gorka Izagirre © MovistarTeam.comDa tempo si dice che la Spagna è in crisi di vocazioni ciclistiche, che non ha un ricambio generazionale che garantisca un futuro all'altezza del passato prossimo (ma anche del presente, visto che gente come Contador, Valverde, Rodríguez è ancora in piena attività), e che per gli appassionati iberici si profilano all'orizzonte anni bui.

La questione è senza dubbio su questi termini, più o meno: non sarà facile trovare presto gli eredi di simili corridori da grandi giri o da grandi classiche Liegi-style. Però in compenso forse la Spagna ha già a portata di mano il prosecutore dell'opera di un altro memorabile rappresentante del suo recente passato ciclistico, quell'Óscar Freire capace di vincere in carriera robetta come tre Mondiali e tre Sanremo (per tacere di innumerevoli altri successi di valore).

Il nuovo Freire lo intuiamo nel 26enne andaluso che ha conquistato la seconda tappa del Tour Down Under, su un traguardo - quello di Stirling - che raramente ci ha offerto in passato vincitori banali: e si tratta di Juan José Lobato, per gli amici "Juanjo", per tutti "quello che telefona dopo ogni vittoria". Un successo, il suo, di classe e potenza, tempismo e cattiveria. Un successo alla Freire, insomma.

 

Si parte con un De Gendt scatenato
Uno che ha vinto (come ha vinto, poi!) sullo Stelvio non può ridursi a fare il comprimario a vita, a meno di non voler passare come un cialtrone qualsiasi. Thomas De Gendt ha praticamente buttato due anni di carriera, passati (il 2013 e il 2014) senza sugo né risultati; ora con la nuova (bellissima) maglia della Lotto lancia subito un segnale al terzo giorno di gara stagionale. Cose buone dal mondo.

Nella seconda tappa del Tour Down Under voleva a tutti i costi mettersi in luce, lui come Cameron Meyer del resto (un altro che avrebbe del tempo perduto da recuperare); non a caso entrambi si sono ritrovati in fuga dopo una quindicina di chilometri dalla partenza di Unley. Per un attimo nella compagnia degli attaccanti di inizio tappa si era pure infilato Cadel Evans, prossimo al ritiro, ma poi il campione nordaustraliano si è fatto da parte, lasciandosi rilevare dal giovane compagno di BMC Campbell Flakemore.

Il terzetto è parso subito ben assortito, e fra i tre proprio De Gendt è stato il più convinto, talmente voglioso di far bene da passare in testa sia al Gpm di Basket Range che ai due sprint intermedi previsti sul percorso. Il vantaggio massimo dei fuggitivi ha toccato i 3'36" a 80 km dalla fine, poi il lavoro della UniSA (la selezione guidata del leader della classifica Bobridge), della Sky e della IAM (interessata a mettere Heinrich Haussler nelle migliori condizioni per colpire) ha ridotto il gap.

 

Annullata la fuga, lotta tra team verso Stirling
Scottato dalla beffa della prima giornata, il gruppo stavolta non ha lasciato niente di intentato, e ha messo nel mirino gli attaccanti con congruo anticipo rispetto alla fine della tappa. Nonostante fosse sembrato il più in palla, De Gendt è stato il primo ad alzare bandiera bianca, lasciandosi sfilare ai -25. Non che l'impegno di Flakemore e soprattutto Meyer (l'uomo Orica è quello che nel complesso ha tirato di più) sia servito ad un risultato molto migliore, visto che il gruppo (la IAM di Haussler sempre a tirare) ha raggiunto pure loro a 24 km dalla fine.

Dopo il secondo passaggio dalla rampetta dell'arrivo, è partito un inevitabile contropiede (mancavano ancora circa 20 km alla fine, troppo per tenere serrate le porte del gruppo), orchestrato ancora dalla BMC con Danilo Wyss, supportato nella sua azione dal giovane Trekker Calvin Watson. Una decina di secondi o poco più per i due, poi a 10 km dalla fine anche quest'azione è stata annullata e si è entrati nelle fasi decisive della frazione.

Il leader Jack Bobridge ha tenuto tutto sommato bene, rimanendo finché ha potuto nelle prime posizioni, perdendo un po' di terreno sui tratti in cui la salitella si faceva appena più ardua, ma approfittando delle lunghe spianate del finale per non perdere contatto. Intanto la Sky tirava per Richie Porte, la Cannondale (con notevole impegno) per Nathan Haas, si notavano maglie Astana (per Luisle Sánchez) e Etixx (per Gianni Meersman), e anche la Lampre teneva qualche uomo lì davanti, per provare a sprintare con Niccolò Bonifazio, già bravissimo a Campbelltown.

 

Lobato, una sparata clamorosa
All'ultimo chilometro la Orica ha ripreso possesso della testa del péloton, visto che aveva Daryl Impey in rampa di lancio; per nulla intimorita, la Cannondale ha accettato la sfida a viso aperto, e anzi ha optato per un gioco d'anticipo, sparando Haas ai 300 metri (o poco più). È stato il segnale di apertura delle ostilità. Impey ha immediatamente reagito all'azione dell'Argyle Armada, ed è uscito prepotentemente dalla ruota di Haas portandosi dietro Meersman, Gorka Izagirre in terza ruota e Cadel Evans subito dietro.

Assente ingiustificato Haussler (quanto lavoro sprecato, IAM! Heinrich ha chiuso appena in 23esima posizione), si notava invece un buon Tom Dumoulin che solo soletto teneva più o meno le ruote dei più forti, pur senza dare l'impressione di poter vincere. Quando sembrava che Impey potesse abbastanza agevolmente chiudere la partita (anche perché Meersman si stava piantando e nessuno degli altri sembrava avere la potenza necessaria per superare il sudafricano), si è sentito un sibilo, e si è vista una scheggia provenire dalle retrovie del primo drappelletto.

Si trattava di Juanjo Lobato, che, opportunamente lanciato da Rubén Fernández, superava a velocità tripla Dumoulin sull'esterno, e in un fiat si beveva pure il compagno Izagirre (subito esultante quando si è reso conto che stava andando a vincere un coéquipier) e infine Impey, quasi incredulo di fronte a un simile schiaffone. In quei 100 metri brucianti Lobato ha avuto anche cura di mettere abbastanza margine sugli altri da avere il tempo di mimare l'ormai classica telefonata, la sua esultanza in onore dello sponsor (Movistar è una compagnia telefonica, come tutti sanno).

 

La rampa di Paracombe, inedito arrivo di domani
Alle spalle di Lobato si sono piazzati nell'ordine Impey, Izagirre, Dumoulin, Evans, Sánchez, e poi ancora Porte al settimo posto, Bonifazio all'ottavo (buono il risultato del giovanotto su un terreno abbastanza complicato), Haas al nono e Samuel Dumoulin al decimo. Da segnalare anche il 14esimo posto di Domenico Pozzovivo.

Bobridge, 20esimo di tappa (e con un bacetto inviato alla giuria che non ha ravvisato buchi in secondi tra i vari corpuscoli della prima parte del gruppo), conserva la maglia ocra con 3" su Lobato, 4" su Westra, 7" su Impey, 9" su Izagirre e 13" su Bonifazio, primo di oltre 40 corridori con lo stesso distacco dal leader (tra i quali ci sono ovviamente tutti i favoriti, da Evans a Porte, da Sánchez a Thomas, da Geschke a Machado).

Domani Bobridge avrà però il suo bel daffare per difendere il simbolo del primato, visto che l'inedito arrivo di Paracombe (villaggio di 300 anime non lontano da Adelaide) è posto su una rampa per nulla banale: un nuovo punto nodale per un Tour Down Under che cresce tecnicamente di anno in anno cercando nuove sedi di tappa, nuove salitelle che diano pepe al tutto, nuovi spunti che allontanino la corsa sudaustraliana dal ricordo delle prime edizioni, quelle in cui non era inusuale assistere a un filotto di volate una uguale all'altra.

Marco Grassi

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