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L'intervista: Il futuro della Neri Sottoli, sperando nel Giro... - Citracca: «Petacchi e Agnoli? Possibile. Scinto? È il migliore»

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Angelo Citracca abbraccia Simone Ponzi, vincitore del GP Costa degli Etruschi © BettiniphotoChi è Angelo Citracca? Un romano, ma soprattutto romanista, con l'accento che scivola dolcemente verso la Toscana. Per forza: nasce a Roma il 6 febbraio 1969, emigra in Toscana, appunto, per diventare professionista. Prima corridore, poi Team Manager, dal 2000: parte dagli Allievi, affiancato dalla Finauto, poi sale pian piano agli Juniores ed agli Under 23. Nel 2003 incrocia Luca Scinto e nasce un legame indissolubile. Quasi una coppia di fatto. Scinto e Citracca entrano tra i professionisti con la ISD, nel 2009, ed oggi sono alla vigilia della settima stagione, con la Neri Sottoli. Lavora come un forsennato, Angelo Citracca, è un tipo pratico e si sente dalla voce risoluta. Resta nell'ombra, è quasi sconosciuto ai più, mentre di Scinto abbiamo ben presto imparato a conoscere il faccione. Angelo invece ama il suo lavoro, ma gli piace altrettanto rimanere dietro le quinte: sta mettendo a punto importanti dettagli per la squadra del 2015, accordi che potrebbero cambiare volto al team. Il lavoro è quindi tanto, «sarebbe meglio averne poco e già tutto a posto», dice ridacchiando. Inizia così una chiacchierata rivivendo il 2014, pensando a ciò che potrà dare l'anno venturo. E tutto ciò dopo la vittoria della Coppa Italia (è stata ufficializzata lunedì), che darebbe il via libera al team per prendere parte al Giro d'Italia. Condizionale d'obbligo, quando alle spalle si hanno tre casi di doping, «ma non nascondiamo la testa sotto la sabbia, come fanno gli struzzi, per ciò che riguarda il nostro passato», dice francamente Citracca.

Facciamo subito un bilancio sul 2014 della Neri Sottoli.
«Sicuramente il bilancio alla fine non è sufficiente. Non è stata una grandissima annata perché non abbiamo vinto nulla d'importante, a parte questa Coppa Italia. Abbiamo fatto quindici vittorie, ci è mancato lo spunto importante. Poteva arrivare a Plouay, con Andrea Fedi, che invece è stato secondo. Ripensandoci è stata un'annata magari non sufficiente ma discreta, dài».

Di certo ci si aspettava molto di più al Giro d'Italia.
«Vero, siamo mancati anche al Giro. Abbiamo perso le fughe che sono andate in porto. Andavamo in avanscoperta nei giorni sbagliati, mancando le fughe con cui magari si poteva far risultato. Più che altro le nostre erano azioni pubblicitarie, con una classifica ancora chiusa. Tanti chilometri davanti ma alla fine è mancata la stoccata giusta. Poi Rabottini, che doveva essere l'uomo di classifica, era sempre in alto, nella generale, in una situazione importante, e così non è riuscito a cercare il colpo nelle tappe in cui veniva lasciato spazio. Quel quarto posto a Montecassino ha un po' compromesso il suo Giro. Però l'importante al Giro è esserci. Poi le vittorie, se ci sono, è meglio, chiaramente».

Da lunedì la Coppa Italia è ufficialmente vostra. Strada spianata verso il Giro 2015?
«Ma sai, non è scontato l'invito, anche per le cose che sono successe negli anni scorsi. Era importante vincere la Coppa Italia, l'obiettivo della stagione che ritenevamo doveroso raggiungere. Poi se dia diritto o meno di prendere parte al Giro non spetta a me dirlo, ma ad RCS».

Si parlava degli incidenti del team, che sono sì passati, ma pur sempre dietro l'angolo.
«Di certo non si può fare gli ipocriti sul nostro passato, anche se prima non eravamo la stessa squadra di adesso. Comunque era un team legato alla mia persona. Anche quest'anno abbiamo avuto un problema di doping, con Rabottini; ora bisognerà vedere dove si andrà a finire, con Matteo. Ci sono le controanalisi ed abbiamo ancora fiducia nell'atleta che, nonostante tutto, continua a dire che è pulito. Però sappiamo che se RCS deciderà che la Coppa Italia non darà diritto alla partecipazione al Giro, non potremo fare tanto casino. Sicuramente c'è il vantaggio di averla vinta, però questo non ci mette al riparo da alcune scelte che potrebbero ricadere sulla parte etica diciamo della squadra, ecco».

Sarà complicato anche fare un programma di gare.
«No no. Noi programmiamo un calendario abbastanza fitto, siamo una delle Professional che corre più di tutte, con doppia attività. Abbiamo fatto tante richieste e prima del Giro ci sono molte gare: Azerbaigian, California più tutto il resto. Il calendario sarà lo stesso fittissimo, a prescindere dal Giro».

Restando al passato, non c'è il timore che ogni vostra vittoria futura possa generare sospetti?
«Quello no, assolutamente. L'unica paura è continuare a fare delle squadre e trovare dei cretini che sbagliano, per cui ci rimettono tutti. Purtroppo ogni anno puoi trovare uno o due stupidi che sbagliano e le colpe però vengono ricondotte alla squadra, la cosa che dà più fastidio è quella. Ci vorrebbe una sorta di garanzia, perché la squadra dev'essere tutelata anche dall'alto. Io la vedo sotto questo punto di vista. Nel 2015 non si può più pensare che se una squadra ha problemi, allora organizza tutto: un Team Manager che gestisce una squadra, che fa garanzie bancarie per pagare gli stipendi, non condivide né organizza il doping di un suo atleta. Bisognerebbe creare una sorta di schermatura per la squadra in futuro, non è giusto che sia lei a dover pagare per i corridori che sbagliano. Già paga perché quando hai un caso di doping rischi di perdere inviti e sponsor. E questa schermatura non c'è una perché nessuno dall'alto vuole metterla: ci vorrebbero dei paletti ai corridori, controlli più severi, un passaporto biologico più severo, non so... La squadra non può seguire l'atleta in ogni momento, ventiquattr'ore su ventiquattro. Figurati, in questo momento non so nemmeno dove sia mia moglie! È stupido credere che un Team Manager o un Direttore Sportivo possa sapere cosa combina un atleta di vent'anni».

Però è anche vero che avete avuto diversi casi? Sfortuna nelle scelte o cos'altro?
«Abbiamo anche avuto due, barra tre, corridori positivi, perché Rabottini, finché non ci saranno le controanalisi, è sempre innocente. Il primo, ovvero Di Luca, tutti sanno che era un corridore che non volevamo ma è stato lo sponsor ad imporcelo. Chiunque nell'ambiente era a conoscenza di quello che aveva fatto in passato, noi non lo volevamo perché ci si poteva immaginare... O meglio, avevamo paura che potesse sbagliare di nuovo. Ripeto: lo sponsor ce l'ha imposto con le maniere forti, Valentino Sciotti ha ammesso pubblicamente che l'ha voluto lui. Il secondo, Santambrogio, ci è stato dato dalla BMC, pagato da loro. Quindi se alla BMC sapevano che era un soggetto a rischio, visto che l'hanno mandato via, dovevano mettersi una mano sulla coscienza e dirci tutto. Abbiamo preso in buona fede un corridore che arrivava dal World Tour e purtroppo ha ingannato anche noi. L'abbiamo pagato al minimo, vedendoci l'affare; era un last minute di quelli vantaggiosissimi ma Sciandri non ci ha detto che non c'erano solo problemi caratteriali. E l'abbiamo preso in quel posto un'altra volta...».

E poi c'è l'ultimo, Rabottini.
«Sinceramente nessuno se l'aspettava. Tutti lo credevano pulito, viene da una buona famiglia, siamo rimasti scottati. Stavamo trattando il suo rinnovo quando abbiamo saputo della positività; eravamo supercontenti e fiduciosi. Ma non solo noi, anche l'ambiente percepiva questa cosa: aveva avuto offerte importanti da squadre World Tour. Fino a prova contraria è innocente e penso che tra quindici giorni saremo qui a parlare di un'altra storia. Sono molto fiducioso. Con il perito abbiamo notato cose non chiare e secondo me c'è molto da andare a vedere, però più di questo ora non posso dire. Se ha sbagliato ne risponderà lui e noi purtroppo prenderemo dell'altra merda in faccia, come si dice in gergo, no? Altrimenti parleremo di un altro corridore e di un'altra squadra, non come il caso Di Luca. Caso che - detto proprio fuori dai denti - visto che c'è una start-up nuova della Vini Fantini, andrebbe affibbiato a loro, non a noi. Mica perché voglio male a qualcuno eh! Era una creatura dello sponsor: l'ha voluto lui, pagato lui, imposto con la forza, o così o Pomì... Quando ci sono situazioni del genere, se le deve portare dietro una determinata squadra, non me le devo trascinare io».

Però mica vi avrà puntato la pistola alla tempia, Sciotti.
«Io non ho avuto le palle di dire: "Ok, non ti prendo Di Luca e mi ritiri la sponsorizzazione", perché i termini erano quelli alla fine. È l'unica cosa che mi posso imputare. Purtroppo, essendo responsabile finanziario della squadra, devo pagare tutti gli stipendi fino a fine anno e non posso rischiare di lasciare allo scoperto cinquanta persone. Se ci sono casi di doping e lo sponsor smette di pagare, io devo garantire lo stipendio fino a fine anno sia al personale che ai corridori».

Parliamo della campagna acquisti: finora tanti bei giovani.
«Stiamo facendo un mercato seguendo le nostre disponibilità economiche. È arrivato Luca Wackermann, un '92: se fosse ancora dilettante sarebbe all'ultimo anno da Under 23, invece ha già due stagioni d'esperienza nel World Tour ed ha fatto pure lo stagista in Lampre. Abbiamo cercato ragazzi giovani che magari vengono da un anno sotto tono. Reclutiamo quelli che reputiamo puliti e che hanno esperienza».

Tornerà con voi Elia Favilli.
«Ha passato due anni disgraziati nel World Tour. Era già stato con noi e pensiamo che possa tornare ad alti livelli. Idem per Francesco Gavazzi: in una Professional può dare davvero tanto».

Molti neopro' in entrata, o provenienti da Continental, come Busato.
«Busato è un corridore d'esperienza, sa fare bene il suo lavoro, non è più giovanissimo ed è ancora tutto da valutare. Poi c'è Eugert Zhupa: l'abbiamo preso perché secondo me ha veramente un grandissimo motore. E Jakub Mareczko invece è un talento, penso che faremo una grande squadra intorno a lui. È la nostra scommessa, anche se sappiamo bene che è un ottimo corridore, quindi scommessa sì, ma fino ad un certo punto. Può far bene da noi e magari ripetere quello che ha combinato Guardini nei primi due anni. Potrebbe puntare a vincere in Malesia, Turchia, in quelle gare non di primissima fascia, non certo al Giro. Ecco, se gli faremo fare o meno il Giro è tutto da valutare perché è giovanissimo, però è uno che se vincesse dieci gare 1.1 o 2.1 non ci sarebbe da meravigliarsi: ha le qualità per vincere dieci gara di seconda fascia e potenzialità enormi: l'ha dimostrato tra i dilettanti quando da solo, senza squadra, vinceva le volate con due biciclette sulla Zalf. Quindi non è che l'ho scoperto io, però ci crediamo tanto. Ma tanto tanto, eh».

Vi separerete invece da Mattia Pozzo e Daniele Colli.
«Daniele ha avuto un brutto infortunio e quand'ha ricevuto l'altra offerta, quella della Vini Fantini, ci siamo sentiti, poi di comune accordo ha firmato presto. Con i tempi che corrono, ricevere un contratto presto, con la sfortuna che ha avuto lui, non è poco. Se guardi la situazione in giro, con gente come Belletti, Agnoli e via dicendo, a spasso. Pozzo non s'era integrato, ha avuto anche lui l'offerta dalla Fantini».

È giovane: cosa non ha funzionato con Mattia?
«Aveva iniziato bene. Gli piace molto essere leader, fare la sua corsa e parecchie volte con noi ha trovato poco spazio, ma non è successo nulla di particolare. In più c'è stato anche qualche problema fisico».

Chicchi ad oggi non è confermato.
«Stiamo parlando con lui per rinnovargli il contratto, ma bisogna trovare la quadra a livello economico. Se chiudiamo con alcuni sponsor lo rinnoveremo, la volontà di farlo c'è. Poi ovviamente, se prendi dei nuovi non puoi rinnovare tutti e si devono fare delle scelte. Per dire: abbiamo ingaggiato Mareczko, c'è Andriato, Chicchi, non possiamo comprare dieci velocisti».

A proposito di velocisti, si parla molto di Petacchi.
«Con Petacchi ci sono stati dei contatti ed entrambe le parti vorrebbero trovare un accordo. Vale il discorso di Chicchi: aspettiamo alcune risposte da altri sponsor, vogliamo chiudere alcuni discorsi positivamente. Se lo faremo, Petacchi sarà con noi, ma ad oggi c'è molta distanza tra la nostra offerta e la sua richiesta».

Fareste un bel salto di qualità con lui.
«Darebbe esperienza al gruppo, anche per l'immagine: insomma, Petacchi è sempre Petacchi. E sarebbe importante pure per il progetto Mareczko: ha l'esperienza per lanciare bene il ragazzo, insegnargli alcuni segreti del mestiere. Poi tra World Tour e Professional c'è un bel salto, Petacchi in certe corse sarebbe ancora in grado di vincere».

E per quanto riguarda Agnoli, altro accostato a voi?
«Con Valerio ci siamo sentiti più di una volta. Oggi abbiamo le certezze per andare avanti con quelli che abbiamo preso. Ci vuole un po' più di budget, stesso discorso di Petacchi. Agnoli potrebbe vincere con noi: è un luogotenente, uno di quelli che hanno sempre tirato, ma se lo metti in una squadra piccola può benissimo vincere delle corse dure».

State trattando con sponsor sudamericani, giusto?
«Su Panama e Venezuela abbiamo diverse situazioni aperte e se si chiudessero in positivo cambierebbe il volto della squadra. Non si fanno nomi, sono trattative ancora da chiudere, quindi vediamo. Comunque sì, ci sono dei contatti in corso con degli sponsor importanti in Sudamerica».

Sarete coinvolti nella Giusfredi, il team femminile di Edita Pucinskaite e Rossella Ratto?
«È stata fatta tanta confusione: abbiamo uno sponsor in comune, MacOlive. Era sempre stato sponsor di Rossella Ratto quando correva in Toscana e quindi col fatto che abbiamo questo sponsor in comune vengono associate le due squadre. Noi in realtà c'entriamo pochissimo, anzi, niente. Il supporto tecnico stiamo cercando di darlo ma a livello finanziario non credo. Ho già il Team Ballerini, il nostro vivaio juniores - e quelli sì che è nostro - lo facciamo in memoria di Franco. Ma nella squadra femminile abbiamo solo qualche sponsor».

È di queste ore il tuo deferimento, oltre a quello di Monsalve e della squadra, per la vicenda dei passaporti. Che è successo?
«Inizialmente fu fatta la denuncia da Gianni Savio su questa faccenda. È successo che Monsalve poteva entrare regolarmente in Irlanda, col timbro ufficiale irlandese. Non c'è stato nessun clandestino al Giro. Per quanto riguarda il discorso dei permessi di soggiorno, non ha infranto alcuna regola: un venezuelano può entrare in Italia per tre mesi regolarmente, senza bisogno di visto né permesso di soggiorno, poi deve tornare al suo Paese. Monsalve ha rispettato queste norme. L'unico problema dove nasce? Nei contratti autonomi e subordinati. Anche qui ci sono sfaccettature non chiare e l'unica questione che ci potrebbe essere è a livello contrattuale. Ma non c'è nessun tipo di permesso di soggiorno non rispettato. Siamo stati deferiti senza nessuna pena, starà solamente alla Disciplinare decidere. Secondo me non ci sono gli estremi per una punizione, una multa o non so che cosa. Tra l'altro la FCI è l'unica federazione che non richiede il tesseramento ad un atleta straniero, perciò non potrebbe neppure deferire e squalificare Monsalve: non è tesserato, non puoi deferirlo! Quindi su di lui non esiste nessun tipo di problema. Per la società e per il sottoscritto ci potrebbe essere la responsabilità, una multa o quel che deciderà la Disciplinare, se venisse accertato che è stato fatto un contratto di lavoro sbagliato. Noi siamo convinti, con i nostri fiscalisti, di aver fatto le cose in piena regola. Ma, per favore, non parliamo di clandestini al Giro, sennò sembriamo dei delinquenti che fanno entrare i corridori con i barconi, non li assicuriamo, non gli facciamo il contratto... Monsalve è stato in Italia dal Trentino a fine Giro, e poi altri trenta giorni a settembre. Metterla così è gettare fango nei confronti dell'operato della squadra e del ragazzo, che non è un fuorilegge. Questo mi dà veramente fastidio».

Veniamo al 2014: i migliori dei vostri sono sicuramente stati Finetto e Ponzi.
«Finetto ha fatto un'annata strepitosa, andando forte da febbraio ad ottobre. Ma proprio forte forte forte! Ha confermato tutto quello che di buono ci si aspettava da lui, avendo anche una grande continuità di rendimento. Anche Ponzi è andato forte, però è stato sfortunato: ha vinto subito tre gare in venti giorni, poi ha avuto un problema al ginocchio, è caduto male diverse volte... Senza problemi fisici avrebbe conquistato sei o sette gare tranquillamente. Ha le potenzialità per vincere tantissimo. È un po' discontinuo e la sfortuna gli ha impedito di essere all'altezza nel finale di stagione, nonostante abbia fatto bene al Trittico Lombardo e a diverse altre corse. Però è veramente un corridore vincente, sono convinto che il prossimo anno possa fare molto bene. Siamo proprio contenti per Finetto e Ponzi. Ma c'è anche Fedi».

Per lui tante fughe ma non solo.
«Eh, Andrea nelle gare importanti si vede: al Giro era sempre in fuga, al Lombardia di nuovo, tutto il giorno in fuga, a Plouay ha fatto secondo, pur con la sfortuna di prendere un buco ed arrivare al gancio nella volata, altrimenti poteva rischiare di vincere. All'Agostoni davanti. È un ragazzo giovanissimo, un grande corridore che ha dei margini di miglioramento incredibili».

Mai in luce, invece, Taborre.
«Anche lui fu voluto dalla Farnese Vini. È un corridore serio, però ha deluso tantissimo, non si sono capite bene le motivazioni. Ha fatto due anni veramente sotto tono: educato, corretto, ma ci si aspettavano risultati come quelli ottenuti all'Acqua e Sapone. Non sono arrivati e ad oggi non è confermato per questo motivo, ha deluso ogni aspettativa».

Che pensi di Failli?
«Ha bisogno di un buon corridore a cui fare da spalla, non è un vincente. Anche lui è reduce da un'annata al di sotto delle aspettative. Ma molto al di sotto. Uno si aspetta molti piazzamenti davanti, invece è sempre mancato, e l'ha riconosciuto anche lui. Ha pure avuto problemi fisici. Poi ha fatto un finale di stagione interessante, ma nulla di che».

Giovani come Samuele Conti ed Andrea Dal Col sono due discreti giovani.
«Dal Col è partito bene, poi tanti infortuni, malattie, cadute, virus. Conti, anche lui, dopo qualche problema, ha fatto benino. Sa mettersi a disposizione della squadra, va bene in salita ed è davvero altruista. Può fare un grosso lavoro per i compagni. È proprio un uomo squadra, Samuele».

Si ritira, insieme a De Patre, un altro giovane, Gianni Bellini.
«Ci si era scommesso: è un toscano, veloce. Però ha avuto tantissimi problemi fisici ed è stato molto obiettivo e sincero: ha ritenuto lui stesso che quei problemi fossero troppi per proseguire nello sport, così ha deciso di andare a lavorare. È stato molto trasparente, secondo me».

E Chicchi, al di là del rinnovo in discussione?
«È sempre andato pianissimo tranne in Venezuela, dov'è andato forte anche in tappe difficili, con il caldo. Però nelle altre gare ci s'aspettava molto da lui: Giro d'Italia, tante corse in Belgio. È andato piano, non sa nemmeno lui il motivo, infatti vuol correre un altro anno con noi perché dice che questo è stato un anno storto. Ecco, escluso il Venezuela, è andato piano, ma da lui ci si aspetta che faccia bene e vinca delle tappe al Giro, a La Panne, in gare importanti, insomma. Non solo al Venezuela, con tutto il rispetto».

Può fare ancora bene, secondo te?
«Potrebbe. È talmente veloce che può vincere parecchie volate, però spesso non riesce ad avere lo spunto. Le qualità le avrebbe, spesso non riesce a tirarle fuori, questo è il problema».

Andriato invece lo ama proprio, il Sudamerica.
«Lui è un corridore che avevamo alla Petroli Firenze. Lo abbiamo fatto passare e riponevamo molta fiducia in lui, visto che si difende in salita ed è veloce. Invece quest'anno ha fatto bene solamente tra Brasile e Venezuela. Qui ha cominciato a pedalare bene al Memorial Pantani, poi al Beghelli ha vinto di forza la volata, ma davanti ce n'erano tre. Una vittoria buttata via. È discontinuo: ti fa dei numeri tipo quello del Beghelli, poi sparisce. Deve trovare una costanza di rendimento, ma dipende solamente dalla testa. Secondo me, al di là di questo, ha delle qualità grandissime. Potrà far bene e quando crescerà di testa coglierà dei risultati anche in Europa».

Altro giovane, Giorgio Cecchinel.
«Una grande sorpresa. L'abbiamo preso per fare un piacere a degli amici di Lamporecchio e s'è dimostrato un grosso corridore. Peccato gli infortuni e le malattie al Giro, però se gli dici di andare in fuga ci va. La sa prendere, la corsa; è un corridore eccezionale. Ce ne vorrebbero mille di Cecchinel».

Chi t'ha sorpreso più di tutti e chi un po' deluso.
«M'ha sorpreso Finetto perché è andato forte tutto l'anno, mentre la delusione è Chicchi: da lui ci si aspettava davvero di più, ecco».

Carretero: chiaramente portarlo al Giro è stata una mossa mediatica. Ma c'è davvero di più nel panamense?
«È un ragazzino molto giovane e tutto da scoprire. Chiaramente l'abbiamo portato perché mediaticamente era importante: sai, il primo panamense al Giro... Ma quando sta bene non è il corridore visto al Giro d'Italia, che dopo neanche due settimane va a casa. Può finirla tranquillamente una grande gara a tappe. Al Giro non doveva neanche partire, l'ha riconosciuto anche lui. Ha avuto problemi fisici ma ormai ci eravamo esposti a livello mediatico, con la stampa in Sudamerica. Era da un mese e mezzo che non correva, non bisognava neanche portarlo. Ha fatto una fatica bestia, gli ho detto di tener duro il più possibile e fare almeno una settimana, per evitare la brutta figura, ma obiettivamente bisognava fare una scelta e non partire. Abbiamo provato a vedere se correndo gli fosse passata la bronchite che aveva ma niente. Nonostante tutto, siamo contenti: in Sudamerica, durante quella settimana, ha avuto un gran riscontro».

Ve l'ha chiesto RCS o lo sponsor, di portarlo?
«Ma guarda, né RCS né lo sponsor: è stata una nostra decisione. In un gruppo di nove spesso ce ne sono uno o due che porti più per il riscontro mediatico. Sempre meglio di chi sta tutto il giorno nella pancia del gruppo e nemmeno si vede. Per me è stata una grande scelta e la rifarei: ha le qualità per finire il Giro, andare in fuga, ma non certo per fare dei piazzamenti o vincere le tappe, questo è chiaro. Sta lavorando per questo, è giovanissimo e non è così scarso. Sicuramente, se starà bene e saremo invitati al Giro, lo rivedrete».

Veniamo ai due venezuelani, Tomas Gil Martínez e Yonathan Monsalve.
«Gil Martínez è un amico di Yonathan: non è più giovanissimo, c'è da aspettarsi poco. Però è un ragazzo bravissimo. Da Monsalve invece ci si attendeva tanto, molto di più. Da dilettante andava fortissimo in salita, questo volevamo da lui. Ha fatto il Trentino, qualche fuga al Giro, ma non il rendimento che volevamo. Però è un corridore importante per noi e per il progetto che abbiamo in mente per il futuro. Alla fine è ancora giovane».

Passiamo all'ammiraglia: Luca Scinto è spesso in vista, tu invece lavori nell'ombra. Non patisci un po' il carisma del Pitone?
«No, non mi dà fastidio: secondo me il lavoro va fatto con tanta passione. Ho grandi responsabilità finanziarie, mi devo concentrare solo su quelle e portare avanti la squadra, affinché non abbia problemi economici. Il mio lavoro è parlare con gli sponsor perché tutto vada bene, a fine anno non ci devono essere problemi. Sono felice se la squadra c'è, se ci sono gli sponsor e tutto va a gonfie vele. Non faccio questo lavoro per la notorietà o per altro: uno lavora perché vuole che tutto vada bene e magari un domani fare il World Tour, ecco. Costruire bene le squadre non significa essere sempre in vetrina o far parlare di sé. Sono fatto così ed a me piace viverla così la mia squadra. E la sento mia anche senza essere in vetrina».

Avrà pure un pregio ed un difetto, Luca.
«È un grande motivatore con gli atleti, tira fuori il massimo dai corridori. È un uomo da ammiraglia al cento per cento: come lui, di uomini da ammiraglia, non ce ne sono in tutto il mondo del ciclismo. In questo è bravissimo. Poi parla un po' troppo ed a livello organizzativo lascia a desiderare, ma va preso per quello che è: è un motivatore ed è un grande direttore sportivo. Non è come tanti altri che sono bravissimi ad organizzare trasferte, se vuoi questo non devi prendere Scinto. Lui è un uomo da ammiraglia».

Da ammiraglia punto, direbbe lui. Invece hai parlato di World Tour: un pensierino ce lo fate?
«No perché servono soldi e se non hai le possibilità economiche e finanziarie non puoi entrarci. Se a breve non riusciremo a chiudere delle situazioni interessanti sarà dura farne parte. Stiamo cercando di chiudere questi accordi per comprare certi corridori, e quindi avere determinati punti, per entrare non dico nel World Tour, ma almeno nelle prime ventiquattro squadre, secondo la riforma. Il Word Tour B lo chiamano, no? L'obiettivo è lavorare per quello, due o tre innesti importanti ed essere tra le prime ventiquattro al mondo. Bisogna essere realisti ed obiettivi in questo lavoro, è un discorso di bilanci».

Tecnicamente qual è la maggior differenza tra una Professional ed una World Tour?
«Là hanno corridori talmente di qualità che c'è una spanna di differenza. Nei GT si vede meno perché se mandano via le fughe ed hai un po' di fortuna ci entri e magari vinci anche la tappa. Però nelle gare di un giorno si nota: una Professional fa fatica a vincere una classica. Al Lombardia c'erano Finetto ed altri delle Professional che nelle gare .1 spadroneggiavano mentre lì erano dietro. C'è una grandissima differenza tra World Tour e Professional, c'è poco da fare. Nelle monumento e nelle classifiche finali dei GT vedi davvero la differenza. Noi delle Professional facciamo fatica, anche se magari a volte trovi la IAM di turno che ti becca lo Chavanel. Ora sembra che diventi World Tour, la IAM, però se hai una serie di corridori buoni, appena esplodono te li portano via. È complicato, a volte ti demoralizza il confronto, ma c'è comunque l'opportunità di farti vedere nelle gare di primo livello. C'è lo sponsor e magari un giorno potrai anche te andare a fare il World Tour».

Il miglior momento del ciclismo nel 2014.
«Da italiano dico il Tour, m'è piaciuto tantissimo. Subito in maglia, poi Froome è caduto, li ha bastonati bene sul pavé, quindi Contador s'è fatto male... Divertenti anche tutti i se ed i ma: l'avrebbe vinto lo stesso se c'erano... Per me è stato molto importante per il ciclismo italiano, e poi davvero molto bello».

Cosa auspichi di poterci raccontare a fine 2015, riguardo a voi?
«Spero di poter dire che abbiamo fatto un bel Giro d'Italia, quindi significherà che ci hanno invitati, e di aver vinto il Campionato Italiano. Ecco, Giro e Campionato Italiano andrebbero già più che bene».

Per concludere, come si vive il campionato di calcio in una squadra con te romanista sfegatato e Scinto, juventino?
«La Roma la si vive in un modo tutto particolare. Se sono a casa il mercoledì o la domenica prendo e vado all'Olimpico a veder la partita. La vivo a modo mio. Lo juventino se va una volta in un anno allo stadio è già tanto, ma non perché non se lo possa permettere eh! Chi tifa Juve lo fa perché vince, insomma... Noi romanisti abbiamo le nostre bandiere, i nostri inni, le nostre cose, il resto lascia il tempo che trova. Una volta ce l'ho portato, Luca, all'Olimpico a veder la Roma ed è rimasto un po' a bocca aperta. È qualcosa di differente, la Roma».

C'è qualche scommessa in ballo tra di voi, a seconda di dove finirà lo scudetto?
«Ma niente, abbiamo la chat di WhatsApp, sono tre o quattro ore di sfottò, foto, controfoto, al mercoledì o alla domenica. Qualche massaggiatore è romanista, qualcuno della Juve, altri sono dell'Inter, come Ponzi. Niente di particolare, solo tre o quattro ore di sfottò. Una guerra via chat, praticamente».

Francesco Sulas

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