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Ritirati 2014: Hushovd, Voigt e tutti gli altri pensionati - Bici al chiodo anche per Andy Schleck. Come per Baliani, Locatelli... | Cicloweb

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Ritirati 2014: Hushovd, Voigt e tutti gli altri pensionati - Bici al chiodo anche per Andy Schleck. Come per Baliani, Locatelli...

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Un giovane tifoso saluta Thor Hushovd © BMC/Isaura Van LanckerAppendere la propria bici al chiodo non è mai facile, sia che a farlo sia un campione di prima levatura o un onesto gregario. Ma negli ultimi tempi, complice la minor disponibilità economica di buona parte delle formazioni le quali, al contempo, tendono a diminuire la quantità di atleti sotto contratto, si assiste a ritiri sempre più precoci: università o il mondo del lavoro accolgono ex corridori ancora giovani che provano a costruirsi una vita giù dalla sella.

Il nome più altisonante è quello di Thor Hushovd. Il norvegese lascia dopo quindici anni di carriera ad altissimo livello, con la perla del mondiale di Geelong 2010. Il vichingo fa parte del club di quanti si siano portati a casa tappe in tutti e tre i grandi giri: dieci al Tour - con la maglia verde nel 2005 e nel 2009 -, tre alla Vuelta - altra maglia verde, nel 2006 - e una, ex post, al Giro. In totale sono settantaquattro le vittorie da professionista, fra le quali compaiono anche una Gand-Wevelgem, una Omloop Het Nieuwsblad e svariate tappe nelle corse di una settimana. Nel 2014 è mancato il successo, sfiorato in Francia, Norvegia e Stati Uniti; a batterlo sono stati rispettivamente Degenkolb, Kristoff e Sagan, ovvero sia tre fra i principali profili di corridori a lui simili. L'unico rammarico di una carriera superba è stata la mancata vittoria di una monumento: due i podi nell'amata Roubaix e due nella Sanremo, per uno che ha preso il via a ben trentasei grandi classiche. Il futuro lui se lo è già costruito: una bella famiglia, un cospicuo conto in banca, una laurea in economia e commercio da far fruttare e una formazione Continental, il team Sparebanken Sør, in cui far crescere dei piccoli Hushovd. Ci mancherai, caro Thorone.

Vederlo lì, seduto da solo e pensoso sui jersey di plastica degli Champs-Élysées, metteva tristezza: perché Jens Voigt era, nel mondo del ciclismo, una delle poche sicurezze. Sapevi di trovarlo in fuga con la consueta grinta, che fosse Tour o la più sperduta corsa extraeuropea, pronto a spremersi anche per i più furbi compagni di fuga, magari urlando dentro di sé il classico «Shut up, legs», frase che ben sintetizza la carriera dell'ex DDR. Una sessantina le sue vittorie, dalla tappa del Giro della Bassa Sassonia 1997 in maglia ZVVZ alla frazione del Tour of California 2013 con la divisa Radioshack, due delle quali al Tour e una al Giro. Ma è proprio nella Grande Boucle che il papà di sei figli ha sfoggiato il meglio: sono diciassette le esibizioni al di là del Reno, nel paese che ciclisticamente lo ha cresciuto e che gli ha dato buona parte dei suoi successi. L'ultimo regalo che si è fatto - e che ci ha fatto - per il suo quarantatreesimo compleanno è il record dell'ora: poco importa che il 51.115 km registrati a in un tardo pomeriggio settembrino a Grenchen siano già stati battuti. Lui è il primo ad aver superato la soglia dei 50 km/h, e questo basta.

Uno che si ritira a ventinove anni, pur vantando nel palmarès un Tour de France e una Liegi-Bastogne-Liegi, attirerebbe subito l'interesse per scoprire quale sia la causa di un abbandono così anticipato. Se invece si considera solamente il nome del soggetto, un sospiro di rassegnazione è più che inevitabile. Il ritiro di Andy Schleck avviene formalmente alla fine di questa stagione, per i postumi di una caduta nella tappa londinese del Tour de France che gli ha provocato la rottura dei legamenti della gamba destra; a dirla tutta, il corridore capace di rivaleggiare sulle salite alpine e pirenaiche con Contador ha lasciato le scene dalla fine del Tour 2011 quando salì sul podio con l'amato fratellone Fränk. Resta il rammarico per una carriera assolutamente parziale e Tour-centrica e undici successi totali sono troppo pochi per uno dal suo talento. Si spera che i tanti problemi, personali e non, che lo hanno condizionato nelle ultime annate di carriera, possano essere un brutto ricordo per un uomo che da poco è diventato padre di famiglia e che deve decidere cosa voler fare da grande. È comunque un gran peccato che sia finita così.

Il titolo della sua autobiografia è "Racing through the dark" e lui è un altro di quanti hanno correvano già nello scorso millennio. David Millar, a trentasette primavere suonate, ha deciso di dire basta ad una carriera iniziata nel lontano 1997 in maglia Cofidis, esperienza che segna, nel bene e nel male, la sua prima parte di vita in bicicletta. Il cronoman nato a Malta, vincitore di cinque tappe al Tour, quattro alla Vuelta e una al Giro, dopo il rientro con la Saunier Duval si è distinto come buon gregario e come fugaiolo di un certo livello; l'ultima vittoria, nel 2012 nel luglio francese, è arrivata al termine di una lunga azione in avanscoperta e dodici anni dopo la prima, un lasso di tempo che lo colloca, al pari di Raymond Poulidor, al quarto posto di questa speciale graduatoria. L'ultima corsa, il campionato del mondo in linea di Ponferrada, ha rappresentato l'esibizione finale per un corridore scomodo e certamente non banale che, prima dell'attuale boom, ha portato avanti quasi da solo la bandiera del ciclismo d'Oltremanica.

E nei vari paesi, che succede? Partendo dall'Italia, sono numerosi i nostri rappresentanti che hanno detto addio - e, purtroppo, di certo l'elenco non è definitivo. L'unico a salutare per evidenti motivi anagrafici è Fortunato Baliani: lo scalatore umbro ha lasciato tre settimane prima di compiere quarant'anni al Giro di Corea, latitudini frequentemente visitate negli ultimi anni di carriera. Per lui otto Giri d'Italia e la soddisfazione di vedere il proprio nome scritto in maniera indelebile in vetta al Pordoi. Come Baliani anche il trentaduenne Enrico Rossi ha disputato l'ultima stagione in carriera con la Christina Watches: per il romagnolo undici vittorie da professionista e ora un futuro ancora nel mondo delle due ruote come venditore. Abbandona l'attività anche il venticinquenne Stefano Locatelli, assai promettente nelle categorie giovanili ma incapace, anche per tanti problemi fisici, a raccogliere risultati in tre anni di Bardiani. Il ventiseienne Roberto De Patre, non rinnovato dalla Neri Sottoli, ha preferito mettere fine alla carriera sportiva per privilegiare un più sicuro lavoro nell'azienda di famiglia. Nella squadra toscana si segnala la toccata e fuga del ventiduenne Gianni Bellini, quattro corse e poi stop. Abbandonano anche il ventiquattrenne Piero Baffi (Leopard), il ventiseienne Giorgio Brambilla (Veranclassic), il ventottenne Paolo Cravanzola (Novo Nordisk) e il ventiduenne Lorenzo Di Remigio (MG Kvis).

In Belgio nessun nome di spicco lascia la compagnia ma sono comunque numerosi i ciclisti che salutano. Il trentacinquenne Frederik Willems, solido gregario visto anche in Italia in maglia Mapei prima e Liquigas poi, scende dalla bici e sale in ammiraglia con la Lotto Soudal. Si ritira il trentaseienne Nico Sijmens, una carriera fra Topsport, Landbouwkrediet e Cofidis con l'ultima esperienza in Wanty, che conclude con sedici successi all'attivo. Altro trentaseienne è Frédéric Amorison, cinque vittorie e tanta esperienza da trasmettere ai giovani in ammiraglia alla Wallonie-Bruxelles, squadra con cui ha disputato l'ultima stagione. Dalla formazione vallone lasciano l'attività anche il ventisettenne Quentin Bertholet e il ventitreenne Florent Mottet. In casa Verandas Willems sono due a salutare, i venticinquenni Walt De Winter e Willem Wauters, quest'ultimo visto anche al Giro in maglia Vacansoleil. In primavera aveva abbandonato il ventiseienne Sven Vandousselaere, capace solo dodici mesi prima di concludere sul gradino più basso del podio la prestigiosa Omloop Het Nieuwsblad. Il ventunenne Paco Ghistelinck preferisce terminare l'esperienza, durata un anno, con la Etixx per dedicarsi agli studi. Lascia infine il ventinovenne Fabio Polazzi, ultima esperienza alla Josan-To Win.

In Olanda il nome più nobile fra i ritirati è quello di Karsten Kroon. Il trentottenne, più volte in passato vicino a smettere, si ritira con ben quarantaquattro classiche monumento alle spalle - ma alcuna conclusa sul podio. Una tappa al Tour de France 2002 è la perla di una carriera condotta ad alto livello, con Rabobank e Saxo/Tinkoff come esperienza più proficue, con l'ultima vittoria che risale al Gp di Francoforte 2008. Lascia l'attività su strada Thomas Dekker, fulgida promessa del ciclismo neerlandese brillata lo spazio di un paio di anni, sufficienti comunque a portarsi a casa la Tirreno 2006 e il Romandia 2007. Dopo la positività all'antidoping nel 2009 la sua carriera si è avviata verso un mesto tramonto in Garmin, con una sola vittoria di tappa al Tour de la Sarthe 2012. Il trentenne che vive a Lucca saluterà il mondo del pedale provando anch'egli il record dell'ora, verosimilmente nella prossima primavera. A trentun anni dice basta Martijn Maaskant della Unitedhealthcare: uomo da classiche del pavé, ha vissuto due giornate di gloria fra la Roubaix 2008 e il Fiandre 2009, entrambe le volte concludendo quarto, per poi ritornare nella media. Altro coscritto della classe 1983 è Floris Goesinnen che, dopo quattro anni agli antipodi con la Drapac, si ritira per dedicarsi allo studio e alla famiglia.

Tra i cugini d'Oltralpe sono ad oggi pochi gli abbandoni: il trentaquattrenne Christophe Le Mével si ritira dopo tredici stagioni con tre vittorie all'arrivo. La prima di esse, tuttavia, è stata fondamentale per la sua vita: al Giro d'Italia 2005 riesce a vincere, dopo una lunga fuga, la tappa di Varazze e in quell'occasione conosce una ragazza italiana di nome Laura. Il risultato? I due ora sono marito e moglie e dall'estate scorsa sono genitori di due gemelli. Tornando all'aspetto agonistico, Le Mével può vantare un decimo posto al Tour 2009, sua unica top ten nei grandi giri. Negli ultimi quattro anni tra Garmin e Cofidis le sue prestazioni non sono state esaltanti, pur avendo chiuso la carriera con il ventiduesimo posto finale alla recente Vuelta. Il quarantenne Sébastien Hinault è uno dei tanti volti comuni del gruppo dall'alto delle sue diciassette partecipazioni ai grandi giri (undici Tour, quattro edizioni della Vuelta con una vittoria di tappa nel 2008 e due volta al Giro) e delle trentasei classiche monumento corse. Il bretone, solo omonimo del leggendario Bernard, iniziò la carriera nel lontano 1997 con la Gan ed è rimasto nel sodalizio diretto da Roger Legeay sino al 2008, anno di chiusura. Poi quattro anni in AG2R e l'ultimo biennio in IAM lo portano a tredici vittorie complessive. L'anno prossimo lo vedremo ancora in corsa come direttore sportivo della Bretagne-Séché Environnement. Smette anche Laurent Mangel, trentatreenne passista-veloce della Fdj.fr che ha pensato bene di concludere la propria carriera con una fuga - ripresa solo agli ultimi 500 metri, per altro - al Tour of Beijing.

Per quanto riguarda la Spagna, il più noto fra gli abbandoni riguarda Koldo Fernández: il trentatreenne basco ha chiuso alla Vuelta una carriera legata a doppio filo al numero undici - tale è infatti il numero di anni da professionista, nonché pari alla cifra di grandi giri disputati e di classiche monumento a cui ha preso parte. Le vittorie? Ovviamente sono undici la prima delle quali, alla Tirreno 2007, è stata la più prestigiosa; tutti i successi sono stati conquistati durante gli anni in Euskaltel, con il triennio in Garmin assai deludente. Un altro ex della squadra basca è il trentaquattrenne Juan José Oroz, prezioso gregario per sei anni della formazione naranja; proprio in questo 2014 è arrivato l'unico successo in carriera, in Corea del Sud con la maglia della Burgos-BH. Per lui ora un ruolo da direttore sportivo nella formazione Under 23 della propria terra, l'Equipo Lizarte. Smette anche il ventiseienne Unai Iparragirre, ex Euskadi e fino in giugno in Paraguay alla Start-Trigon.

Gli anni passano per tutti ed è inevitabile il ritiro di uno dei senatori del gruppo, il tedesco Danilo Hondo. Il quarantenne, altro nome cresciuto nella fucina sportiva che fu la Germania orientale, può vantare diciotto anni da professionista conditi da cinquantotto vittorie fra cui due frazioni al Giro d'Italia 2001. Non solo velocista, però - dove può vantare anche una piazza d'onore alla Sanremo 2005 -, ma anche apripista per Zabel prima, Petacchi poi e infine Nizzolo nonché uomo squadra e gregario a tutto tondo. Per il futuro vorrebbe continuare a lavorare nel ciclismo come manager, ruolo che a breve potrebbe invece essere ricoperto da Thomas Lövkvist. Lo svedese è uno dei casi più eclatanti di promesse non mantenute: passato con le stimmate del predestinato, il passista chiude la carriera a soli trent'anni, spremuto da allenamenti troppo duri e poco vantaggiosi. Nel biennio finale in IAM lo si ricorda solo per la vittoria della generale al Giro del Mediterraneo, ultima di otto vittorie totali in cui spicca la Strade Bianche 2009.

Un altro vecchietto che si ritira è Nicki Sørensen. Il trentanovenne ha passato gli ultimi quattordici anni di carriera sotto la direzione di Bjarne Riis con cui ha conquistato nove corse, tappe alla Vuelta 2005 e Tour 2009 incluse. Il danese è stato un vero e proprio uomo squadra per i diversi compagni di squadra con cui ha gareggiato. Sono quattro i titoli danesi in linea per una preziosa persona che la dirigenza del team ha deciso di legare ancora una volta a sé: nel 2015 sarà infatti direttore sportivo della Tinkoff-Saxo, con il preciso compito di curare la crescita dei giovani della squadra, trasmettendo loro almeno un po' della tanta esperienza accumulata. In Danimarca si ritirano anche tre esponenti della Cult Energy, vale a dire il trentunenne Lasse Bøchmann, il ventisettenne Andre Steensen - che diventa ds del team - e il ventitreenne Rasmus Sterobo. Legato alla formazione danese che dal prossimo anno sarà di categoria Continental anche l'australiano Luke Roberts: il trentasettenne, che ha chiuso la sua lunga carriera in maggio indossando la divisa del team Stölting, sarà anch'esso in ammiraglia della Cult Energy, tornando in un paese in cui ha disputato le migliori stagioni su strada in carriera con la CSC. In pista, invece, non va dimenticato il suo oro olimpico ad Atene nel quartetto dell'inseguimento a squadre.

Il trentaseienne norvegese Gabriel Rasch si è ritirato dopo l'ultima Roubaix, diventando dal giorno seguente direttore sportivo della Sky: il suo è un raro caso di debutto tardivo tra i professionisti, essendo passato nell'élite mondiale solamente all'età di trent'anni. In Norvegia, oltre ai più noti Hushovd e Rasch, si registra un deciso cambio generazionale: per alcuni giovani talenti che debuttano salutano il trentaduenne Stian Remme (Fixit.no) e il ventitreenne Jo Kogstad Ringheim (Joker-Merida). In Germania abbandona il ventiquattrenne Jan Niklas Droste del team Heizomat mentre in Slovenia salutano Blaž Jarc e Tomasz Nose. Al ventiseienne Jarc, reduce da tre anni con la NetApp-Endura e vincitore l'anno scorso del Gp Stad Zottegem, la voglia di correre stava venendo meno e ha approffitato della scadenza del contratto per lasciare completamente alle spalle il mondo delle due ruote: ha deciso di diventare agricoltore, trasformando quella che era una passione in un mestiere a tempo pieno. Il trentaduenne Nose, pur essendo registrato nella rosa della squadra anche per il 2014 con l'Adria Mobil, non aveva più attaccato un numero sulla schiena dalla cronometro mondiale a squadre di Firenze. Curiosa infine la situazione di Mikhail Ignatiev: il ventinovenne fugaiolo russo della Katusha ha deciso di ritirarsi momentaneamente dalla strada per dedicarsi anima e corpo alla pista, in vista dell'Olimpiade brasiliana. Per sapere se il suo sarà un addio definitivo all'asfalto toccherà attendere un paio di anni.

Anche fuori dal Vecchio Continente sono molti che mettono fine alla propria carriera. In maggio c'è stato il secondo e definitivo ritiro per il ventottenne sudafricano John Lee Augustyn (MTN Qhubeka), messo ko da una lunghissima serie di infortuni. In giugno è toccato al trentacinquenne Dmitriy Muravyev (Astana) salutare la compagnia per entrare immediatamente nei quadri della federazione kazaka. In Giappone si ritira il trentaseienne Takashi Miyazawa (Vini Fantini), già visto all'opera nel World Tour con la Saxo-Tinkoff e in fuga alla Sanremo 2011; assieme a lui smettono il trentaduenne Kazuhiro Mori (Aisan), il trentatreenne Taiji Nishitani (Aisan) e il trentaduenne Miyataka Shimizu (Bridgestone Anchor). In Australia ritiro per il ventiquattrenne Thomas Palmer (Drapac) e per il ventinovenne William Walker (Synergy Baku), con un passato nella Rabobank. Australiano è anche Benjamin Day che, alla soglia di trentasei anni, decide di fermarsi: di lui si ricorda un colpo da finisseur al Tour Down Under edizione 2004. Oltre a Day, la UnitedHealthcare perde un altro classe '77, lo statunitense Jeff Louder, per un quadriennio alla BMC. Due ritiri anche in casa Optum-Kelly Benefit, con il trentanovenne Alex Candelario e il trentaduenne Michael Friedman. Conclude la propria avventura anche il trentatreenne velocista argentino Juan José Haedo: l'ex sprinter della Saxo Bank chiude con un palmares di tutto rispetto, avendo vinto nel 2011 una tappa alla Vuelta - primo esponente del suo paese a riuscirci- e una alla Tirreno, mentre l'anno prima si era imposto in due frazioni fra Volta a Calalunya e Critérium du Dauphiné.

Alberto Vigonesi

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