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Il Lombardia 2014: Valverde, il podio è una sconfitta - Le pagelle: Rodríguez non ne ha, Contador corre male e va ko

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Alejandro Valverde, il vincitore Daniel Martin e Rui Costa sul podio del Lombardia 2014 © Bettiniphoto

Daniel Martin - 10
Su un percorso come quello del Lombardia 2014 non c'era tanto da almanaccare: tenersi uno scatto buono e spararlo al momento giusto. Perfetto in questa lineare interpretazione della corsa, l'irlandese non si è svenato per agganciarsi al gruppetto buono (infatti è stato l'ultimo ad accodarsi, in cima a Bergamo Alta), e ha tenuto da parte le energie da profondere nell'affondo dei 500 metri. In pratica una volata, partendo dal fondo del gruppetto, mentre altri si guardavano un po' troppo. La stoccata giusta per prendere il margine necessario per vincere, e così affiancare alla Liegi 2013 la seconda monumento di un palmarès che sta prendendo proporzioni interessantissime.

Alejandro Valverde - 6.5
Possiamo spezzare tutte le lance che vogliamo in suo favore, scrivere che è comunque un altro importante podio di una carriera di invidiabile longevità, e che vincerà il ranking World Tour 2014, ma ci sarà sempre una corrente di pensiero che vorrà considerare il secondo posto odierno come l'ennesima sconfitta per l'uomo che un tempo sempre più lontano fu chiamato embatido. Casualmente, poi, Martin è partito proprio mentre in testa al gruppetto c'era lui...

Rui Costa - 7
Sostanzialmente lo possiamo considerare un corridore che il meglio lo deve ancora dare (anche se sembra strano dirlo di uno che ha già conquistato un Mondiale). Per tale ragione, un bel podio al Lombardia è un risultato che non va disprezzato, tantopiù che è stato ottenuto precedendo nel minisprint finale diversi corridori non certo fermi in volata, e dopo aver ben controllato gli avversari sull'ultima salita del percorso.

Tim Wellens - 7.5
È stato l'iniziatore dell'azione risultata poi decisiva, e il suo scatto sulle prime rampe dello strappo di Bergamo Alta conferma una volta di più la sua tendenza ad essere protagonista ogni volta che gliene si presenti l'occasione. A 23 anni è una delle promesse più intriganti del ciclismo mondiale, per ora si ferma ai piedi del monumentale podio lombardo, ma lasciamogli fare quel po' di necessaria esperienza. A ben rivederci.

Samuel Sánchez - 6
Famoso per essere un discesista da urlo, ha effettivamente tentato di allungare proprio nella breve picchiata che portava all'arrivo, ma non ha trovato lo spazio per emergere. Si dirà anche che ha lavorato per il compagno Gilbert, nel finale, ma ugualmente Martin è riuscito a scappare senza tanti complimenti. Il quinto posto finale (meglio comunque del suo presunto capitano) è una buona sintesi della sua giornata senza infamia e senza lode.

Michael Albasini - 6
Di solito in gruppetti come quello che a Bergamo è andato a giocarsi la vittoria, sa essere efficace in maniera sconfortante per gli avversari. Stavolta - complice forse la lunghezza della gara - non ha saputo fare alcuna differenza, accontentandosi di stare comunque nell'esclusivo club dei migliori di giornata.

Philippe Gilbert - 5.5
Bravo a rispondere al connazionale Wellens, ma quando ha chiuso su di lui la salitella di Bergamo era praticamente finita e non c'era quasi più spazio per tentare altre sortite in contropiede. Nonostante ciò, ha provato un estremo forcing, ben rintuzzato da Rui Costa; poi però non ha conservato nemmeno un briciolo di brillantezza per lo sprint, e ha chiuso abbastanza lontano dal podio. E uno come lui, vincitore di due Lombardia, che se ne fa di un settimo posto?

Joaquim Rodríguez - 5.5
Che sia in un periodo di scarsa vena, l'hanno capito ormai pure le pietre. Nonostante ciò fa lavorare la squadra (tra gli altri, Giampaolo Caruso - 6.5 per lui - sacrifica qualche ambizione personale per la causa), assumendosi la responsabilità di chi è bicampione uscente del Lombardia. Non perde il treno buono, ma poi non ne ha per fare la differenza, e l'esito della volata ristretta (ci sia o meno il colpo d'anticipo di qualcuno) è scritto in partenza, e si legge "sconfitta netta".

Fabio Aru - 6.5
Qualcuno potrà pensare che per bieco nazionalismo diamo al suo nono posto una sufficienza piena, quando con altri che l'hanno preceduto siamo stati più severi. In verità quello che premiamo è la sua voglia di dar fuoco alle polveri, in risposta allo scatto di Wellens sullo strappo di Bergamo Alta, su un percorso che tutto è meno che favorevole a uno scalatore da GT quale lui è. In ogni caso al traguardo è il migliore degli italiani, e davanti a sé ha molto tempo per calibrarsi meglio nelle classiche più dure (sperando di trovare prima o poi in futuro tracciati più adeguati alle sue caratteristiche).

Rinaldo Nocentini - 6
In casa AG2R i capitani erano altri (Romain Bardet, 4.5, non s'è mai visto; Jean-Christophe Péraud, 5.5, ha provato giusto uno scattino ai 15 km), ma alla fine è lui a portare a casa una top ten che testimonia quantomeno della sua capacità di essere presente negli ordini d'arrivo che contano.

Alberto Contador - 4
Al di là del fatto che sia caduto (con molti altri) all'ultima curva, picchiando il ginocchio già infortunato al Tour, bisogna dire che in corsa non ha fatto nulla di degno del suo blasone. Sprecando pure l'impegno dei suoi compagni (Sergio Paulinho - 6.5 - è stato a lungo in fuga). Chiudere (quando la chiuderà) una carriera come la sua senza neanche un podio in una classica monumento: se così gli piacerà, peggio per lui.

Pieter Weening - 7.5
Uno dei più convinti attaccanti di giornata, ha provato a piegare quel che il percorso offriva alla causa del team, preparando il terreno per Albasini o magari coltivando anche qualche speranziella in proprio. Non gli è andata troppo bene (raggiunto a 4.5 km dalla fine), ma il coraggio che ci ha messo era senz'altro degno di miglior fortuna.

Ben Hermans - 6.5
Bravo a partire con Weening (e altri, tra cui un moscio Bauke Mollema - 5 per la sua inconcludenza) sulla salita di Bracca, a poco meno di 50 km dalla fine. E bravo a tenere il ritmo dello scatenato olandese, rimontando chi era in avanscoperta in quel momento e rimanendo davanti fin quasi alla fine. Un voto in meno per aver contribuito in misura molto minore di Weening alla riuscita della fuga: se avesse dato più cambi, chissà come poteva andare a finire.

Leopold König - 5.5
Quando l'azione a due Weening-Hermans sembrava prossima a sfumare, ai -20, è uscito prepotentemente dal gruppo e ha raggiunto le due lepri, ridando un buon impulso al tentativo. Peccato che nel giro di una decina scarsa di chilometri abbia finito del tutto la benzina (la spia della riserva s'è accesa in forma di crampi), uscendo improvvisamente di scena. Rivedibile.

Edoardo Zardini - 5.5
Uscito sul Berbenno (a 30 dalla fine) per andare appresso ad Alexandr Kolobnev (6 per il russo, che agiva pro JRO), è rimasto lì tra Weening-Hermans e il gruppo per pochi chilometri, poi s'è spento. Ci aspettavamo francamente qualcosina in più.

Michal Kwiatkowski - 5
Dopo l'esaltazione del titolo mondiale, i crampi che lo riportano subito a terra. Il voto è inevitabilmente negativo, ma mitigato dalla volontà del polacco di portare comunque a termine il Lombardia.

Andrea Fedi - 7
Già al Giro d'Italia avevamo apprezzato il suo essere un "forzato" delle fughe. Partito a inizio gara con altri 10, quando il drappello ha iniziato a perdere pezzi sul Ganda è stato bravissimo a resistere, poi a stringere i denti e a rimanere ancora coi più forti dell'azione (ovvero l'iniziatore Jérémy Roy, Sergio Paulinho, Jan Polanc, Miguel Ángel Rubiano: 6.5 cumulativo), e a risultare ancora il più reattivo - col portoghese della Tinkoff - sul Bracca, e ancora a tenere da parte qualcosa per essere l'ultimo dei fuggitivi del mattino ad arrendersi, sul Berbenno. Gran tempra, in casa Neri gli fa da contraltare l'anonima prestazione del pur atteso Mauro Finetto (5 scarso per lui).

Amets Txurruka - 5.5
Stranamente non è andato in fuga da lontanissimo, ma avremmo scommesso qualsiasi cosa che prima o poi l'avremmo ritrovato all'attacco: puntualmente, si è infatti mosso sul Ganda, a 70 km dal traguardo (una gittata comunque di tutto rispetto). Purtroppo, però, non ha avuto la forza di resistere fino alle battute decisive, e ha perso contatto dai migliori - dopo 40 km di azione - sul Berbenno.

Marco Grassi

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