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Il Lombardia 2014: La grande rivincita di Daniel Martin - L'irlandese d'anticipo su Valverde dopo una stagione no. Bene Aru

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Daniel Martin vince il 108° Giro di Lombardia © Bettiniphoto

La data chiave di questa stagione per Daniel Martin è senza dubbio quella del 9 maggio, un venerdì irlandese. A Belfast, dopo una buona primavera, l'irlandese della Garmin-Sharp puntava a ben figurare davanti alla sua gente, in un Giro che di certo non avrebbe vinto, ma magari l'avremmo visto là davanti. Dura pochi chilometri, la sua corsa rosa: una caduta di quasi tutta la squadra, la clavicola fratturata, il recupero difficile che gli fa saltare anche il Tour. Torna alla Vuelta, per davvero, dove ottiene sei piazzamenti nei primi dieci ed il 7° posto finale. Può essere soddisfatto? Non troppo, anche perché il Mondiale di Ponferrada non gli riserva piacevoli sorprese: solo 84°, nell'anonimato.

Uno come lui, però, non può portare a termine una stagione senza colpacci: nel 2013 la Liegi se l'è conquistata, sudata, quest'anno era all'inseguimento di Caruso e Pozzovivo ma è scivolato fatalmente all'ultima curva, quella che immette sul rettilineo di Ans. Al Lombardia non c'è sfortuna, non pioggia né strada scivolosa, nessuna curva insidiosa: Daniel martin si riguarda indietro, vede una stagione senza vittorie, non certo memorabile. Poi, dal fondo del gruppetto di testa, guarda davanti a sé: non son pochi coloro che allo sprint lo potrebbero battere. Da Michael Albasini a Philippe Gilbert, dall'ex iridato Rui Costa ad Alejandro Valverde. E allora tocca anticipare.

Proprio Valverde è in testa al gruppetto dei nove, Daniel Martin scatta ai 600 metri e non si volta. Mai. Valverde invece sì, che si volta, ma per cercare il caldarrostaio di turno, visto il periodo, che gli levi le castagne dal fuoco. Non ne trova uno neanche a pagarlo (che non si provi a riformulare la frase mettendo in mezzo Vinokourov o Kolobnev, potrebbe risultare equivoca) e intanto Martin va, va e va. E arriva sul traguardo di Piazza Matteotti, a Bergamo, dove può esultare.

Finalmente, dopo aver atteso così tanto (l'ultima volta dell'irlandese fu nella nona tappa del Tour de France 2013, a Bagnères-de-Bigorre: sono trascorsi 455 giorni). Daniel Martin, al Lombardia, c'era andato tanto vicino non troppi anni fa, nel 2011: allora annusò la Classica delle foglie morte, battuto a Lecco dal solo Oliver Zaugg, autentico outsider sullo strappo di Villa Vergano. Oggi Martin ha tenuto fino all'ultimo, è restato con i migliori, quelli che sulla Boccola, verso Bergamo Alta, hanno preso il largo.

Quando è arrivato il momento giusto, l'irlandese ha piazzato il suo scatto, deciso e senza appello: alla Liegi accompagna un bel Lombardia. Va detto che la vittoria di oggi Martin se la conquista in larga parte anche per merito di Valverde. Il murciano della Movistar ha dimostrato per l'ennesima volta di correre per un piazzamento, tant'è che è felice del primo posto nel World Tour, dove ha sorpassato Contador, oggi in luce solo nella caduta finale.

Ecco, quando Valverde s'è messo in testa al gruppo dei nove che questo Lombardia se lo sarebbero giocati, Martin ha capito: o vado via, o vince Alejandro, se non Albasini. È andato, la fine è delle migliori. Certo, Valverde, ad una settimana dal sesto podio mondiale, può ben recriminare per un altro podio in una Monumento, ma a forza di cercare, voltarsi, far inseguire gli altri per poi dare la stoccata finale, i risultati che si possono ottenere cosa potranno mai essere? Che i rivali ti vedranno come succhiaruote, abboccheranno alcune volte ai tuoi trappoloni piccoli piccoli, fatti di tanta furbizia, ma infine non si faranno più gabbare. E infatti, ultimamente, Alejandro, quando è in testa, a tanto così dalla vittoria, e gli parte un uomo, si volta spesso, non trovando nessuno a portarlo sul traguardo. È matematico.

Prima del Ghisallo va via la fuga: il gruppo lascia fare
Nuovo Lombardia che poi così nuovo non è, visto che a Bergamo si è già arrivati (e ci mancherebbe). Cambia il tracciato rispetto alle ultime dieci edizioni, visto che l'ultima volta che si è arrivati qui era il 2003 (vinse Michele Bartoli). Da Como a Bergamo, 256 km con il Ghisallo subito dopo 58 km e negli ultimi 100 km le salite di Colle dei Pasta, Colle del Gallo, Passo di Ganda, lo strappo di Bracca, il Berbenno e nel finale la Boccola, che porta a Bergamo Alta. Tanto su e giù, in teoria, ma tra la fine del Berbenno - ultima salita vera di giornata - ed il traguardo, ci sono più di 26 km. Troppi. Partono in 199 da Como con in gruppo una nuova maglia iridata, quella del polacco Michal Kwiatkowski. Scatti e controscatti senza successo nelle primissime battute, poi dopo 20 km il portacolori della FDJ.fr Jérémy Roy se ne va. Viene presto raggiunto da Tiziano Dall'Antonia (Androni Giocattoli-Venezuela), Francesco Gavazzi (Astana), Jan Polanc (Lampre-Merida), Andrea Fedi (Neri Sottoli-Alé), Sergio Paulinho (Tinkoff-Saxo), Paul Voss (NetApp-Endura).

Al km 36 si uniscono alla esta della corsa Matthias Brändle (IAM Cycling), Angelo Pagani (Bardiani-CSF) e Miguel Ángel Rubiano Chávez (Colombia). Il gruppo è già a 7'30" di distacco, pagherà 11' a Bellagio, proprio quando inizia il Ghisallo. La salita scorre via in modo innocuo e si va verso il bergamasco. Inizia la sequanza di su e giù che, almeno sulla carta, dovrebbe rendere il plotone più snello. Il Colle del Gallo non si sente nemmeno, ma dopo, sul Ganda, le energie spese sinora si sentono tutte. Davanti si stacca subito Voss, dal gruppo perdono contatto, tra gli altri, Simon Geschke ed Ivan Basso. Prova ad uscire, sempre dal plotone, Philip Deignan (Sky), marcatissimo da Gianluca Brambilla (Omega Pharma-Quick Step), che corre per il fresco iridato Kwiatkowski.

L'attacco vincente, almeno per il momento, è quello del basco della Caja Rural-Seguros RGA. Mentre in testa restano Andrea Fedi, Jan Polanc, Miguel Ángel Rubiano, Sergio Paulinho e Jérémy Roy, Txurruka risale. Passa prima Voss, poi Brändle. Quando siamo in cima al Ganda allungano Paulinho e Polanc, con Fedi che stoicamente si unisce ai due, andando a formare un terzetto. Siamo ai -62 e nella discesa del Ganda rientra anche Rubiano, seguito poco dopo dal promotore dell'azione, Jérémy Roy, che si porta in testa con gli altri quattro ai -57. A 2'05" troviamo Romain Guillemois (Europcar), Amets Txurruka (Caja Rural-Seguros RGA) e Matthias Brändle (IAM Cycling), a 2'40" il gruppo.

Nella discesa del Bracca parte Paulinho. Fedi tenace, dietro arrivano
Non c'è un attimo di tregua, in corsa, e lo strappo di Bracca non fa la differenza in salita, ma nella tecnicissima discesa se ne va Paulinho. Dal gruppo sono fuoriusciti Bauke Mollema (Belkin), Pieter Weening (Orica), Ben Hermans (BMC) e Mikaël Cherel (AG2R La Mondiale). Si portano velocemente su Txurruka, ultimo rimasto ad inseguire Paulinho, ora con Andrea Fedi al comando. Gruppo sempre a 2'40", parecchio rilassato. Il relax dura ben poco, il Berbenno deve ancora arrivare ma ai -32 in testa ci sono Fedi, Paulinho e Polanc, con 31" su Mollema, Weening, Hermans, Cherel e Txurruka. A 1'55" il gruppo.

Hermans, König e Weening al comando sul Berbenno
Inizia il Berbenno, davanti Paulinho alza bandiera bianca, Andrea Fedi va via. Dal gruppo esce Alexandr Kolobnev con Edoardo Zardini, che pian piano si riporta sul russo. Fedi resta in testa per poco e le carte in corsa si rimescolano: Weening ed Hermans allungano, portandosi al comando, mentre dal gruppo escono Diego Rosa, Vasili Kiryienka, Riccardo Zoidl e Tim Wellens, presto ripresi dal gruppo. Mancano 20 km, si unisce al duo di testa Leopold König, ceco della NetApp-Endura che dal 2015 vestirà la casacca della Sky. Dal gruppo escono Alessandro De Marchi ed ancora Riccardo Zoidl, ma sia l'infaticabile friulano della Cannondale (ultima Monumento per la squadra di Amadio) che il giovane austriaco della Trek sono riassorbiti.

König cede, Hermans e Weening no. Bergamo è lontana
Terminata anche la discesa del Berbenno resta poco per fare la differenza, ed in gruppo sono ancora in tanti ad inseguire quei tre. Alle porte di Bergamo König cede, così sono Hermans e Weening a riprendersi il comando della corsa. Dietro Purito Rodríguez mette il vincitore della Milano-Torino, Giampaolo Caruso, a tirare il collo al gruppo. Il vantaggio non scende in maniera sensibile ma a poco a poco le certezze dei battistrada vengono scalfite. Anche perché in gruppo ora tira l'Omega Pharma-Quick Step e l'iridato Michal Kwiatkowski vuol battezzare subito quella nuova maglia arcobaleno.

L'iridato Kwiatkowski sogna, la sveglia si chiama crampi
Il battesimo del Campione del Mondo arriva, eccome, ma sotto forma di maledizione: i crampi colpiscono il polacco alle porte di Bergamo. Cade (in precedenza Pinot e Dumoulin erano finiti a terra), si rialza, va al traguardo di rapportino: per lui la gara finisce. Ai 4600 metri Hermans e Weening, che un poco iniziavano a crederci, vengono riassorbiti. Inizia la Boccola, pendenze che toccano il 12% e ciottolato a rendere il tutto più difficile. Tim Wellens scatta e subito fa il vuoto, passando per primo sotto a Porta Garibaldi.

Boccola: va via Wellens, poi Aru fa la differenza tra i grandi
Il belga potrebbe arrivare, non fosse che dal gruppo esce Fabio Aru. Il sardo dell'Astana fa vedere ad Alberto Contador che in una Monumento, anche se con pochi metri di salita nel finale, la differenza si può fare eccome. Aru la fa, ma Rui Costa lo marca strettissimo. Arriva anche Philippe Gilbert, che in amen si riporta sui due. Wellens è ripreso, nella discesa verso Piazza Matteotti, dov'è posto il traguardo, si forma un plotoncino: Fabio Aru (Astana), Joaquim Rodríguez (Katusha), Michael Albasini (Orica), Tim Wellens (Lotto Belisol), Rui Alberto Faria da Costa (Lampre-Merida), Daniel Martin (Garmin-Sharp), Alejandro Valverde (Movistar), Philippe Gilbert e Samuel Sánchez (BMC).

BMC in superiorità nel finale. E gli spagnoli si studiano...
Il finale vede la BMC giocare la carta Samuel Sánchez, che nella discesa allunga deciso. Gilbert sta a ruota, guarda se il compagno di squadra riesce a fare il vuoto. La ruota di Samuel Sánchez non viene mai mollata da Rui Costa, con il resto del gruppo molto allungato, ma lì, pronto per una volata ristretta. Valverde, Gilbert ed il sempre troppo sottovalutato Albasini sarebbero i favoriti, in quel caso. Daniel Martin ha gambe e cervello, sa che allo sprint non avrebbe possibilità di primeggiare, perciò anticipa. Ai 600 metri è lanciato verso il traguardo, mentre ancora Valverde cerca uno che insegua al posto suo. Che importa del Lombardia, quando hai praticamente in tasca il World Tour...

Daniel Martin, però, questo successo lo vuole fortemente e se lo va a prendere: un pugno al cielo, una liberazione! Alle sue spalle, staccati di un solo secondo, Valverde e Rui Costa, con Wellens 4°. A seguire Samuel Sánchez, Albasini, Gilbert, Purito Rodríguez, Aru ed a 14" Nocentini, decimo. All'ultima curva cadono Rosa, Pellizotti e pure Contador, che picchia il ginocchio. El Pistolero, tra tutti i big, era colui che sulla Boccola era rimasto indietro (o meglio, non era davanti, con Aru e compagnia). Gli spagnoli, da Samuel Sánchez a Valverde, passando per Purito Rodríguez, ancora una volta si fanno la guerra, e la vittoria va ad un bel corridore, che dopo la Liegi si pappa il Lombardia.

Per quanto riguarda gli italiani, nonostante i buoni segnali da Fabio Aru, specialmente in chiave futura, siamo fermi al 2008 nelle Monumento, quando Damiano Cunego, proprio al Lombardia, ci diede l'ultima gioia in una corsa in linea di quelle che contano. Confidiamo ormai nel futuro (anche perché se lo facessimo nel passato...), sperando che il 2015 possa essere più fortunato per il tricolore nelle Monumento, e che qualcuno in grado di vincerle esploda definitivamente. Nel frattempo, un tricolore che sventola a Bergamo c'è, sembra quello dell'Italia. E invece no, è irlandese. Irlandese e strameritato.

Francesco Sulas

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