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Note positive: Impressioni di settembre - Da Cassani in giù, un bel momento per il ciclismo italiano

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Il ct Davide Cassani sull'ammiraglia azzurra © BettiniphotoUn pizzicotto, please. Abbiamo bisogno di un pizzicotto. Pensavamo di essere nel 2014, e invece in questi ultimi giorni tutto intorno a noi ci parla di un'altra epoca ciclistica. L'ultimissima notizia è che uno dei più grandi interpreti da grandi giri, nonché fresco vincitore della Vuelta, insomma Alberto Contador, l'anno prossimo metterà il Giro d'Italia al centro dei suoi programmi.

E lo annuncia sin da settembre, a sottolineare come non si tratti di una scelta obbligata, dell'ultimo momento, come fu nelle due passate occasioni (2008 e 2011, entrambe concluse col successo, sebbene nel secondo caso quella vittoria gli sia poi stata revocata). Ma, benché piacevolmente travolti da questa novità su cui avremo tempo e modo di tornare, eravamo qui per scrivere d'altro, anche se la news riguardante il madrileno è coerente col sentimento positivo che ci anima dopo le ultime vicende del ciclismo italiano.

Eravamo qui per parlare di Nazionale e Trittico Lombardo. Come tutti sanno, da quest'anno abbiamo un nuovo commissario tecnico. Era da sempre impressione comune che Davide Cassani fosse un candidato ideale al ruolo di ct; ma il suo comportamento nei suoi primi mesi sull'ammiraglia azzurra va al di là delle migliori previsioni.

Più che mai presente alle gare nel corso della stagione, ha seguito da vicino gli "azzurrabili" (anche in moto, in questi ultimi giorni), ha lavorato coi giovani (schierando diversi under 23 nella selezione nazionale presentata in diverse gare italiane), ha fatto partire un certo discorso per quel che riguarda le cronometro (specialità da sempre bistrattata in casa nostra), ha svolto i dovuti stage quando possibile, e poi nell'ultimo mese ha decisamente cambiato marcia, spostandosi dal bene fatto fino all'estate all'ottimo che gli riconosciamo oggi.

Ha dimostrato in più occasioni di non difettare di quelle che in gergo (qualsiasi gergo) vengono definite "palle". Esempio: si può anche essere in disaccordo col merito della questione, ma quanto comunicato da Cassani a Luca Scinto in seguito alla recente positività di Matteo Rabottini è qualcosa di nuovo e pesantissimo. In pratica il ct ha detto al ds della Neri Sottoli «non mi freghi più, non convocherò più nessuno della tua squadra». Di fatto, probabilmente per la prima volta nella storia del nostro ciclismo, un "rappresentante delle istituzioni" mette chiaramente sullo stesso piano le responsabilità di chi si dopa e quelle della squadra cui appartiene. Una considerazione che fa a cazzotti col concetto di "mela marcia" da sempre professato in questo sport, e in passato diffuso anche dallo stesso Cassani ai microfoni Rai. Un ravvedimento, da parte dell'ex opinionista della tv di stato, che marca un passaggio importante (comunque la si pensi, ripetiamo).

La voce grossa del resto Davide l'ha fatta anche con Gianluca Brambilla, escluso dall'elenco dei possibili convocati a causa della scazzottata in corsa alla Vuelta col russo Ivan Rovny: e anche qui si può dissentire sul livello di severità, ma non sul concetto di codici di comportamento da far rispettare. Qualcuno disse che era facile essere inflessibili con corridori di seconda fascia, ma poi ieri sono arrivate le convocazioni a fare ulteriore chiarezza sulla coerenza del nostro commissario tecnico.

Non dev'essere stato facile, ad esempio, escludere totalmente dalla formazione per Ponferrada un team World Tour come la Lampre, eppure Cassani è arrivato proprio a questo, incurante di possibili attriti con Beppe Saronni, che di quella squadra è il grande capo. L'unico Lampre in predicato di andare al Mondiale era Filippo Pozzato, e il ct era stato chiaro con lui: «Se vinci la Tre Valli Varesine, ti porto al Mondiale». Non era casuale la richiesta del tecnico romagnolo: non bastava vincere (come ad esempio l'anno scorso con l'Agostoni) una delle altre prove del Trittico Lombardo, giudicate ben più facili della Tre Valli; né bastava piazzarsi nella corsa in questione.

No, Cassani voleva che Pozzato dimostrasse di essere vincente sul terreno più difficile tra quelli a disposizione in queste giornate di fine estate. Voleva che mettesse sul campo quel di più che è necessario per arrivare sul podio di un Mondiale e non per fermarsi ai suoi piedi (come avvenuto a Geelong, ad esempio). Come dire: di un quarto posto a Ponferrada, ottenuto da un corridore come Pozzato, non ce ne facciamo nulla.

Le cose sono andate proprio come Cassani non avrebbe voluto: il bel Filippo si è certamente impegnato ieri a Varese, è riuscito a entrare nel gruppetto buono, ha fatto lavorare il suo compagno Durasek che era con lui, però alla fine, al momento di finalizzare, non è stato in grado di andare più su del terzo posto, non è stato in grado di battere Albasini e Colbrelli, dimostrando una volta di più di non avere quel quid che trasforma un buon corridore in un vincente.

Certo, se Pozzato ieri avesse fatto una corsa anonima, tutto sarebbe stato più facile per Davide: chi avrebbe potuto criticarlo per la mancata convocazione del vicentino, se quello non fosse stato protagonista, se avesse corso nella pancia del gruppo, se si fosse magari ritirato? Invece, dimostrando di poter essere nel vivo della corsa, Pippo ha dato fiato a quanti sostengono la tesi che uno come lui bisognerebbe comunque portarselo, hai visto mai che la corsa si mette in un certo modo e lui strappa il risultato.

Le valutazioni fatte da Cassani hanno invece portato in un'altra direzione. Spazio ai giovani, e pazienza se arriveranno delle critiche. Un'assunzione di responsabilità ammirevole, per un commissario tecnico alla prima esperienza. E una scelta che ci piace molto, perché indirizza da subito la corsa che potrà fare l'Italia a Ponferrada: con solo un uomo veloce (Colbrelli, se sarà titolare; Bennati invece non fa più volate ed è ormai un supergregario a tutti gli effetti), per forza la nostra dovrà essere una squadra arrembante, gli azzurri dovranno fare corsa dura per favorire le possibilità di uomini come Nibali, Aru, Caruso, De Marchi, Visconti...

Infine - e qui andiamo in tutto e per tutto al tuffo nel passato cui accennavamo in apertura - ci è piaciuto moltissimo il modo con cui le convocazioni sono state diramate ieri: esattamente qualche minuto dopo la fine della Tre Valli Varesine, in diretta tv dal palco delle premiazioni, come accadeva ai tempi di Alfredo Martini. E con tutta la sofferenza del caso, visto che gli ultimi dubbi (in ballo c'era anche Enrico Gasparotto, altro bocciato eccellente) sono stati sciolti solo dopo la corsa, e le decisioni non sono state facili, visto che sono passati lunghi minuti prima che il ct uscisse dallo stambugio in cui s'era rinchiuso per mettere la sua lista nero su bianco.

Un risvolto che ha anche una notevole valenza spettacolare: l'attesa, la suspense, i volti dei corridori coinvolti nella stessa attesa degli spettatori, e infine il disvelamento. Tutto molto bello. E reso ancor più bello dal fatto di venire al termine di una tre giorni che ha ritrovato gli antichi splendori: lo spostamento del Trittico dall'anonimato dell'afoso agosto al vivo delle giornate premondiali ricolora queste corse di sfumature che ormai si erano stinte. La partecipazione è stata notevolissima, quantitativamente e qualitativamente, poi ovviamente la presenza di Nibali ha dato ulteriore pregio a una startlist che comunque presentava nomi del livello di Sagan e Rui Costa, tanto per fare un paio di esempi. E anche il pubblico ha gradito e risposto "presente".

L'unica nota di rabbia proviene dal fatto che la ricetta per rivitalizzare queste fondamentali gare del calendario italiano era nota da anni: l'avevano capito tutti che occorrevano degli spostamenti di data, degli aggiustamenti, degli accorpamenti con altre gare. Tutti, tranne chi aveva il potere (o almeno la possibilità) di operare nella direzione che oggi finalmente è stata imboccata. Le impressioni che ci sta lasciando questo settembre sono in definitiva molto buone. E speriamo che questa bella fine d'estate non lasci di nuovo il posto a un metaforico autunno del nostro scontento.

Marco Grassi

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