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Coppa Bernocchi 2014: Elia e Cannondale legnano tutti - Viviani su Pozzato. Buon rientro di Nibali | Cicloweb

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Coppa Bernocchi 2014: Elia e Cannondale legnano tutti - Viviani su Pozzato. Buon rientro di Nibali

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Elia Viviani vince la Coppa Bernocchi su Pozzato, dietro di lui esulta anche Sagan © BettiniphotoIl tempo non è ancora fuggito per Elia Viviani. Il ragazzo vive il destino della grande promessa che per anni viaggia su un pericoloso crinale: di qua il soddisfacimento delle grandi attese sul proprio conto; di là il malinconico avviarsi a rimanere un incompiuto. Forte in pista, forte in volata, umile e disponibile al sacrificio, però a Viviani fin qui è mancato qualcosa: magari ci si è messo di mezzo anche un pizzico di sfortuna, in qualche occasione, ma il ragazzo deve ancora crescere per arrivare a vincere tappe nei grandi giri e corse di un certo rilievo.

Ma il tempo non gli manca, come dicevamo più su. Ha 25 anni e di sicuro tutte le possibilità di dar seguito a quanto lasciato intravedere in queste sue prime 4 stagioni da professionista. Il successo di oggi alla Coppa Bernocchi è un classico esempio di quello che il veronese potrebbe realizzare: Elia non ha vinto con una volata generale, ma resistendo in un gruppetto nobilitato dalla presenza di importanti e blasonati colleghi, e avendo poi la meglio su quelle due decine di colleghi.

A conti fatti, la 96esima Coppa Bernocchi finisce con l'essere la maggiore affermazione su strada di Viviani. Il suo palmarès fin qui parlava di un paio di GP Costa degli Etruschi, un Memorial Pantani, un Memorial Vandenbroucke, una Dutch Food Classic e altre vittorie di minore spessore. La classica lombarda è di un livello superiore rispetto alle corse vinte fin qui, e se potrà rappresentare un viatico per una nuova ripartenza (con maggiore slancio) nella carriera di Elia, saremo solo contenti.

Gara combattuta a dispetto di un percorso che non è certo il più impegnativo del calendario italiano, la Bernocchi ha enormemente beneficiato dello spostamento in calendario da agosto a settembre: mossa strategica per il Trittico, che ha permesso di avere una partecipazione di qualità generale abbastanza superiore rispetto alle scorse edizioni: basti ricordare che il dorsale numero 1 era indossato da Vincenzo Nibali, e che in gara - tra gli altri - c'era pure un certo Peter Sagan (il quale ha però lasciato campo libero al compagno Viviani).

Dopo 50 chilometri di battaglia accesa (molto attivo Giorgio Cecchinel) è finalmente partita una fuga a 3, con Caleb Ewan, Juan Pablo Valencia e Kenny De Ketele; il belga si è poi staccato presto sul Piccolo Stelvio (salita peculiare della corsa, scalata 7 volte nel circuito che ha caratterizzato le fasi centrali di gara), ed è stato raggiunto da Jaroslaw Marycz, uscito a sua volta dal gruppo (dopo aver perso il treno buono della fuga). In ogni caso, la tenacia di Marycz e De Ketele è stata premiata, visto che i due sono riusciti a rientrare sui battistrada al km 90, appena prima che la fuga toccasse il vantaggio massimo di 10'15" (al km 95, esattamente a metà corsa).

Nel frattempo dal gruppo era uscito all'attacco un secondo quartetto, con Luca Wackermann, Johann Van Zyl, Miguel Ángel Benito e ancora Cecchinel. Ci fosse stato anche un asiatico tra i 4 davanti e i 4 di dietro avremmo avuto il notevole risultato di avere rappresentati nella doppia azione tutti e 5 i continenti (Ewan è australiano, Valencia colombiano, Van Zyl sudafricano, gli altri europei), ma anche così il senso di internazionalità c'è stato tutto.

La Cannondale ha lavorato molto e bene per ricucire la situazione, e addirittura l'inseguimento dei verdi di Amadio (con un Alan Marangoni sugli scudi e un Ivan Basso molto impegnato) ha portato a una notevole selezione del gruppo, che già al penultimo dei 7 passaggi sul Piccolo Stelvio (a circa 50 km dalla fine) è risultato di molto selezionato (in tre tronconi principali). Nel drappello di circa 20 uomini rimasti intorno ai Cannondale (presenti oltre a Marangoni e Basso anche Koren, Sagan e Viviani), i rientranti Nibali e Ulissi, e poi Pozzato e una buona rappresentanza della Neri (Taborre, Finetto e Ponzi), e ancora Davide Viganò e Mirko Selvaggi, Fabio Chinello e Tiago Machado.

Assenze di rilievo quelle di Bardiani e Androni (che infatti hanno lavorato invano per riportare i loro capitani nel gruppo buono, ma senza successo), e la corsa da lì in avanti ha preso una piega irreversibile. Il gruppo dei Cannondale ha ripreso prima i 4 corridori intercalati, poi all'ultimo passaggio sul Piccolo Stelvio ha visto ulteriori azioni d'attacco (in particolare di Finetto e del giovane australiano Robert Power, già protagonista in diverse corse giovanili: tanto per dire, ha vinto il GP di Capodarco ed è arrivato secondo al Tour de l'Avenir).

Così pedalando, il drappello si è ancor più ridotto, fino a 20 componenti (o 22, a seconda dei vari elastici); intanto si esauriva l'azione dei fuggitivi della prima ora, con Marycz che ha perso contatto sul Piccolo Stelvio, De Ketele che l'ha imitato poco dopo, e con la definitiva fine della festa anche per Ewan (ai -15) e Valencia (ai -14).

A questo punto i tifosi italiani che hanno seguito appassionatamente il Tour de France hanno vissuto qualche istante di forti emozioni, visto che proprio Nibali, al rientro in gara dopo un mese e mezzo, ha voluto provare uno scatto ai -12. Sagan, al servizio di Viviani, si è incaricato di chiudere, quindi si sono susseguiti nei 10 km conclusivi diversi tentativi di contropiede: prima Finetto, poi ancora Power (tanto per intenderci, il bimbo ha 19 anni), quindi di nuovo Nibali, per due volte tra i -5 e i -2.

Ma ormai non si poteva più sfuggire alla legge della Cannondale, con Sagan nel ruolo di direttore d'orchestra e Viviani in quello di primo trombettiere. Mentre da dietro il gruppo Androni-Bardiani tentava il tutto per tutto per rientrare (non riuscendoci per appena una ventina di secondi), davanti Peter lavorava sodo per lanciare Elia nel migliore dei modi. Pozzato si è acquattato alla ruota del corregionale, capendo che non ce n'erano di migliori, e ha avuto molta ragione ma non così tanta forza da superare il collega, partito ai 150 metri (lanciato da Sagan) e bravo a resistere e a tagliare il traguardo a braccia alzate, davanti al rinascente Pippo e, nell'ordine, a Ponzi, Viganò e Chinello. Lagutin si è inserito al sesto posto davanti a Sagan settimo (ed esultante pure lui, per il compagno), Selvaggi ottavo, Machado nono e Arnaud Gérard decimo.

Il 18esimo posto di Nibali dice poco a livello di ordine d'arrivo, al contrario dell'interpretazione del finale di gara da parte di Vincenzo, che invece tradisce una grande volontà di far bene in quest'ultimo scorcio di stagione, con gli occhi puntati (ovviamente) su Ponferrada. Per il momento lo sguardo si sposta geograficamente di poco, da Legnano (sede della gara odierna) a Lissone, dove domani avrà luogo la Coppa Agostoni, seconda prova del Trittico Lombardo, quasi 200 km di gara lungo i quali molti dei protagonisti di oggi continueranno a darsi battaglia in cerca di conferme o di rivincite.

Marco Grassi

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