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Vuelta a España 2014: Ve lo do io il motorino! - Il grande riscatto di Hesjedal dopo le insinuazioni subite | Cicloweb

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Vuelta a España 2014: Ve lo do io il motorino! - Il grande riscatto di Hesjedal dopo le insinuazioni subite

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Ryder Hesjedal, vincitore a La Camperona © Bettiniphoto

A volte nella vita ci sono soddisfazioni che non hanno un prezzo. Prendete Ryder Hesjedal. Qualche giorno fa, precisamente venerdì scorso, mentre era in fuga (con altri) verso Alcaudete, il canadese è caduto in discesa, lasciando così ogni speranza di giocarsi il successo di tappa (andato a De Marchi; Ryder ha chiuso comunque al secondo posto). Normali fatti di corsa, niente di più.

Senonché successivamente a quell'episodio è esploso sul web uno psicodramma sulla bici di Hesjedal: qualcuno (tramite un video su YouTube) ha insinuato che in quel mezzo ci fosse un motorino, basando tale insinuazione sul fatto che - una volta caduta in terra la bici - la ruota posteriore ha continuato a girare malgrado i pedali fossero fermi. Anche se tale accusa (non tanto velata) tradiva una certa ignoranza in merito ad alcune leggi della fisica, la questione ha tenuto banco. La ritwittite acuta che si scatena in questi casi ha contribuito a diffondere il video che "inchiodava" il corridore della Garmin, e a poco sono valse le reazioni tra il divertito e l'incredulo del team manager Vaughters. Solo un nuovo video in cui Alex Rasmussen, corridore ex compagno di Hesjedal, dimostrava come normalmente una bici che cade può fare il movimento fatto da quella "incriminata", ha riportato la discussione nei ranghi che le competevano (ovvero: quelli di una balzana).

Restava però in Hesjedal il senso di un'ingiustizia subita, di una gogna gratuita, di un ludibrio ingiustificato. Ecco allora che diventa facilissimo immaginare quello che sarà passato per la sua testa oggi, mentre varcava la linea del traguardo di La Camperona, primo e felice per una vittoria guadagnata con grande determinazione. Gli stessi pensieri, peraltro, gli saranno balenati poco prima, mentre in quell'interminabile ultimo chilometro consumava la sua rimonta su Zaugg, per coronarla a 300 metri dalla fine, lasciando al collega solo l'amarezza di un successo sfumato quando sembrava ormai conquistato.

Bella giornata per i fuggitivi, questa 14esima di Vuelta, da Santander a La Camperona. Il disegno altimetrico in effetti autorizzava a coltivare qualche speranziella di portare all'arrivo un attacco del mattino: una lunga salita a metà tappa pareva inserita apposta per rendere complicata l'interpretazione della gara da parte di chi dovesse inseguire. Ma queste considerazioni sarebbero forse valse poco se non fosse subentrato un ulteriore elemento in favore della fuga: ovvero il disinteresse, da parte della Tinkoff della maglia rossa Contador, a inseguire gli attaccanti di giornata.

Il ragionamento di Alberto e dei suoi era peraltro abbastanza ovvio: mettiamo qualcuno di valido nella fuga, e facciamo in modo che quella fuga arrivi al traguardo, evitando ai nostri rivali di classifica di andare a conquistare secondi di abbuono. Detto fatto, quando - dopo i consueti tira&molla dei primi chilometri - la fuga ha preso corpo al km 40, composta dalla bellezza di 23 corridori, la Tinkoff era dentro con Zaugg e Paulinho. Iper-rappresentata la MTN, con tre uomini (Meintjes, Janse Van Rensburg e Venter), ottimamente inserite Lampre (Serpa e Niemiec), Omega (Boonen e Verona), Lotto (De Clercq e Hansen), Europcar (Sicard e Martinez) e Caja Rural (Arroyo e LL Sánchez); presenti a titolo personale Hesjedal (Garmin), Erviti (Movistar), Wagner (Belkin), Rowe (Sky), Fröhlinger (Giant), Levarlet (Cofidis), Kolobnev (Katusha) e l'unico italiano della compagnia, Fabio Felline (Trek).

Il nutrito drappello ha raggiunto presto un buon margine, quantificato in 5'30" al km 70 (dei 200 totali); superato di slancio il Collado de la Hoz, i battistrada hanno mantenuto più o meno quel margine fino all'inizio della seconda salita di giornata, il lungo Puerto de San Glorio. Sulle sue rampe la Caja Rural è passata all'azione, con un attacco dei suoi uomini, Arroyo e Sánchez. L'obiettivo era, per Luis León, conquistare i punti in palio al Gpm (dopo aver già presi quelli del Collado de la Hoz), e scavalcare così Mate in testa alla classifica degli scalatori.

L'azione dei due verdi di Spagna e il conseguente cambio di ritmo dei loro immediati inseguitori ha fatto male a molti dei fuggitivi. In cima Sánchez (che è comunque transitato in testa, conquistando appunto la maglia a pois) e Arroyo sono stati raggiunti da Verona, Sicard, Hesjedal, Martinez, Kolobnev, Erviti, De Clercq, Meintjes, Hansen e Zaugg. Nel frattempo il margine sul gruppo della maglia rossa, che aveva fatto il San Glorio ad andatura sin troppo controllata, si era dilatato fino a 7'17"; la Omega Pharma ha allora rilevato la Tinkoff, e ha tirato con maggiore convinzione, tanto da riportare il distacco a meno di 5' (a 50 km dalla fine); a quel punto, però, gli uomini del team belga si sono fatti da parte, lasciando che il margine ricrescesse ancora.

E a quel punto è stato chiaro che la vittoria di tappa sarebbe toccata a uno dei fuggitivi. Alcuni dei 12 superstiti si sono sacrificati per i compagni (ad esempio Hansen ha lavorato moltissimo in favore di De Clercq, idem Martinez per Sicard), sicché si è giunti ai piedi della salita conclusiva con un vantaggio rassicurante. Proprio Hesjedal è stato il primo a palesare un certo attivismo, a 10 km dalla fine, ma poi il drappello di testa ha proceduto per gran parte dell'ascesa lasciando che a scandire il ritmo fosse l'infaticabile Hansen.

A 2.5 km dalla fine, all'inizio della rampa più dura, la selezione è stata naturale, e davanti son rimasti Sicard, Zaugg, Hesjedal, Erviti, De Clercq, Kolobnev e Meintjes. Ai 2 km Hesjedal ha tentato un affondo, ma ha subìto il bruciante contropiede di Zaugg. Lo svizzero è parso fare il vuoto, ma quei due chilometri di muro non finivano mai, e tantopiù non finivano per il corridore della Tinkoff, che a 300 metri dalla meta, quando ormai era convinto di dover solo alzare le mani sotto lo striscione, si è visto tornare sotto il tenacissimo Ryder.

Sullo slancio, il canadese ha superato il demoralizzatissimo Zaugg, e ha fatto in apnea quei 300 metri finali, tanto da non riuscire quasi a staccare le mani dal manubrio, una volta arrivato a destinazione. Zaugg è transitato 10" dopo, Erviti ha chiuso terzo a 30", quindi a seguire si sono piazzati Kolobnev a 39", Meintjes a 42", De Clercq a 52", Sicard a 1'44", Arroyo a 2'02" e Verona nono a 2'15", ultimo dei fuggitivi a precedere i big della generale.

Bella vittoria, al di là di tutto, per Hesjedal, che era a secco praticamente dal Giro vinto nel 2012 (ma non alzava le braccia ad un traguardo addirittura da una tappa del Tour of California 2010); non è riuscito ad essere competitivo per la classifica, in questa Vuelta, ma ha trovato comunque il modo di lasciare il segno, fedele a quello spirito arrembante che ce l'ha fatto molto apprezzare all'ultima corsa rosa.

Degno di menzione, infine, il ritiro di Peter Sagan dalla gara. Lo slovacco, mai realmente determinante in queste due settimane, adduce come motivo del suo abbandono il fatto di non sentire buone sensazioni, e di preferire fermarsi per affinare la condizione in vista del Mondiale. Una giustificazione che non convince fino in fondo, in merito a un forfait che sa tanto di ritiro programmato. In ogni caso ognuno fa la preparazione che più gli aggrada, giudicheremo dalle sue prossime prestazioni se avrà avuto ragione. Di sicuro, il dato sulla Vuelta del simpatico Peter (un paio di piazzamenti e niente più) è incontrovertibile: una mezza schifezza.

Marco Grassi

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