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Tour de Pologne 2014: Dopo il finimondo c'è Hutarovich - Grandine e scivolate, poi volata. Manuele Mori 3°

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La vittoria di Yauheni Hutarovich © tourdepologne.pl

Non provate ad andare da qualsiasi partecipante al Giro di Polonia e provare a sminuire la corsa con la classica frase: «Carina, ma non è la fine del mondo». Le reazioni potrebbero essere devastanti. È successo di tutto: dalla grandinata agli alberi colpiti dai fulmini e caduti sulla strada poco prima del passaggio del gruppo. E poi rami, foglie e di tutto un po' sulla strada, cadute che erano solo la logica conseguenza del luogo dove si correva, pozzanghere per gli ultimi 50 km.

Il circuito finale, che da chiunque sarebbe stato accorciato, è stata poi la mazzata finale. L'asfalto come una lastra di ghiaccio, i corridori che scivolavano uno dietro l'altro, finendo sotto i mitici TIR parcheggiati a fare da transenne... Scenari da World Tour, insomma. Nei 226 km da Gdańsk a Bydgoszcz vanno subito in fuga Anton Vorobev (Katusha), Matthias Krizek (Cannondale), Jimmy Engoulvent (Europcar), Kamil Gradek (Selezione Polonia) e Maciej Paterski (CCC Polsat Polkowice).

La tappa è sul pianeggiante andante, i cinque guadagnano fino a 13'10". Dietro il gruppo cerca di ricucire, perché basterebbero tre minuti da ben gestire, per uno solo di costoro, ed il Polonia sarebbe intascato già dopo una giornata di gara. A 52 km però la corsa si movimenta, ma nel modo in cui non vorremmo mai si movimentasse. inizia a piovere, e fin qui niente di strano, siamo in estate, in fondo. Però piove davvero tanto, a secchiate. I fuggitivi si guardano in faccia ma proseguono.

Superano un albero colpito poco prima da un fulmine e posatosi nel bel mezzo della carreggiata. È la fine del mondo, questo Giro di Polonia. E non è ancora successo niente, perché la pioggia presto si trasforma in grandine e quei chicchi sulla schiena fanno male. Non senza esitazioni, i fuggitivi superano la bufera, ma il gruppo, tirato dalla Tinkoff-Saxo di Majka (fresco di rinnovo contrattuale), si avvicina a grandi pedalate verso la tempesta.

Quando ci si trova davanti a rami, foglie, chicchi interi ancora per terra, il panico è generale, il passo successivo sono delle cadute. Veikkanen, Brajkovic (che non ripartirà) e molti altri finiscono per terra. Un disastro. Si entra a Bydgoszcz, inizia il circuito. La situazione s'è ricomposta, il gruppo deve recuperare poco più di un minuto ai fuggitivi, Krizek prova l'allungo; mancano 20 km al termine. Saranno infiniti.

Una curva a sinistra tradisce i battistrada, cade il primo e tutti gli altri dietro, scivolando verso il classico TIR parcheggiato per non delimitare il campo di gara (in Polonia è normale). Chi non finisce giù tenta l'attacco e risponde al nome di Maciej Paterski. Dietro si rialzano sia i fuggitivi, ora costretti ad inseguire il CCC Polsat, che il gruppo. Il quale, giunto a quella curva a sinistra, vede gente cadere a destra e a manca. Si potrebbe decidere di finirla lì, al prossimo passaggio sul traguardo, visto il timore che pervade ogni corridore che affronti mezza semicurva. Invece niente, the show must go on.

Paterski, inseguito da Krizek ed Engoulvent, viene ripreso ai -14.2, ultimo passaggio sotto il traguardo. C'è ancora un giro e tanta sofferenza. I tre continuano nell'azione, Paterski nel finale prova nuovamente ad andar via da solo ma ai 1200 metri subisce il ritorno del gruppo. La volata è un caos di paura, acqua e velocità. La spunta il Campione bielorusso Yauheni Hutarovich, che con molto mestiere tiene a bada il russo Roman Maikin.

Terzo posto per Manuele Mori, seguito dal canadese Guillaume Boivin, poi l'austriaco Marco Haller, la coppia belga formata da Nikolas Maes e Boris Vallee, il danese Sebastian Lander ed i nostri Davide Formolo ed Enrico Gasparotto. La classifica generale vede in testa Hutarovich, che domani non dovrebbe avere troppe difficoltà a difendere il primato.

Nei 226 km tra Toruń e Warszawa non ci sarà un colle che sia uno, la volata è scontatissima. A meno che - e non ce lo auguriamo di certo - non ci si rimetta il meteo a far danni, in questa pazza, irriconoscibile estate.

Francesco Sulas

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