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Tour de France 2014: Pinot o Bardet? Forse Péraud... - Valverde soffre ma quasi si salva

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Jean-Christophe Péraud in azione con Vincenzo Nibali verso Pla d'Adet © BettiniphotoIl 23 luglio di cinquantasette anni fa moriva Giuseppe Tomasi di Lampedusa: il nobile scrittore palermitano non fece in tempo a vedere pubblicata la sua unica opera, edita un anno dopo il decesso da Feltrinelli. Ne Il Gattopardo una, forse la principale, fra le celebri frasi che hanno contribuito alla fama del romanzo recita così: se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Lo svolgimento dell'ultimo tratto della frazione odierna ben simboleggia questa massima del pensiero tomasiano.

Stamani da Saint-Gaudens si partiva con Nibali a precedere con ampio margine sui rivali, primo fra tutti Valverde che aveva a sua volta 29" di vantaggio su Pinot, 1'31" su Péraud e 2'03" su Bardet. Al traguardo di Pla d'Adet le differenze, nonostante il trambusto degli ultimi 20 km, rimangono pressoché le stesse con una sola eccezione: Valverde porta a 34" lo scarto su Pinot e 2'08" su Bardet. In mezzo a loro la mina vagante - sempre meno mina ma solida realtà - Péraud, ora con soli 32" da recuperare sul due volte vincitore della Liegi.

Partiamo nell'analisi da chi era e ancora (o per ora...) è al secondo posto. Alejandro Valverde è a due tappe dal raggiungere il primo podio al Tour dopo sei infruttuosi tentativi nei quali botte al ginocchio, cotte sui Pirenei e forature corredate da ventagli lo hanno lasciato ampiamente distante dalle prime tre posizioni.

La condotta di gara del murciano e dell'ammiraglia è stata oggi, come molte altre volte in carriera, cervellotica: bravi gli uomini di Unzué a inserire nella fuga sul Portillon ben quattro elementi (Herrada, Izagirre, Rojas e Visconti) e a lasciare i due più competitivi (Gadret e Intxausti) sempre a fianco del capitano, meno bravi nell'analizzare il prosieguo della corsa quando, col passare dei km, davanti ne rimanevano due (Izagirre e Visconti) mentre dietro assieme a "Balaverde" restava il solo francese Gadret.

In prossimità dello scatto di Pinot ai meno 6,5 km il murciano si è subito staccato, dando l'impressione di essere al gancio e senza compagni di squadra, con il solo Mikel Nieve della Sky a dargli conforto. Le immagini che indugiavano sul trentaquattrenne non lasciavano trasparire alcunché di buono. E invece, proprio nel momento potenzialmente peggiore di tutto il suo Tour, con l'aiuto di Izagirre fatto opportunamente fermare dalla fuga, la sua andatura ha ripreso vigore negli ultimi 3 km e facendolo ritrovare sorprendentemente nel breve rettilineo finale davanti ai giovani francesi.

Nel dopotappa ha riconosciuto di aver sofferto un momento di crisi acuta - testimoniato dal fatto di aver bevuto una bottiglietta presa da uno sconosciuto, con tutti i rischi che ne possono derivare - ma di essere stato capace di andar su costantemente in linea con il proprio passo. Il vantaggio minimo che ha raccolto gli darà sicuramente morale ma a farlo tornare alla realtà gli basta ricordare quanto accadde il 14 luglio 2008, decima tappa del Tour vinto poi a sorpresa da Carlos Sastre. Frazione abbastanza breve, lunga 156 km, con partenza a Pau e arrivo a Hautacam, con in mezzo la scalata del Tourmalet dal versante di Sainte-Marie-de-Campan. Proprio come domani.

Per Thibaut Pinot, terzo ieri e terzo oggi, le cose non sono le stesse: se ieri era parso il più brillante sul Port de Balès, instillando voli pindarici nei connazionali e soprattutto nell'esuberante team manager Marc Madiot, oggi è colui che esce con le ossa rotte nello scontro dell'erta finale. La Fdj.fr, non avendo saputo/voluto mettere un uomo nella corposa azione creatasi sul Portillon, ha preso di petto l'ascesa verso i 1580 metri s.l.m. del Gpm di Val Louron, mettendo i passisti Matthieu Ladagnous e Cédric Pineau a fare un bel ritmo nelle prime rampe. Al loro posto si è piazzato in testa Jérémy Roy, che non ha potuto dare un solido apporto anche per la lunga fuga di ieri.

Saltato lo schema a seguito del forcing Ag2r, Pinot ha dovuto affrontare da solo buona parte della discesa, perdendo sul rivale Bardet ma restando freddo nel non andare nel panico. Il rientro dell'ottimo Arnold Jeannesson - il miglior gregario visto sui Pirenei - e il suo ritmo costante fino ai meno 7 km hanno creato le premesse per l'attacco della maglia bianca. Qui però il risultato è mutato rispetto al giorno precedente, con il solo Valverde staccato: anzi, nei due successivi scatti di Nibali, il solo Péraud ha tenuto botta mentre il franc-comtois ha dovuto pagare dazio.

A peggiorare dal punto di vista morale la situazione (il vecchio Péraud davanti e pericolosissimo pretendente per il podio, il coetaneo Bardet assieme a lui ma sempre a ruota) si è messo Valverde, che nelle ultime fasi lo ha raggiunto e staccato di pochi ma significativi secondi. Se ancora ambisce al podio, visto il leggero margine che l'iberico vanta sulla carta nelle cronometro, il beniamino d'Oltralpe dovrà attaccare domani con tenacia e vigoria. Perché, stando così le cose, Péraud, a meno di crolli, pare già in corsia di sorpasso.

Già, il vecchietto terribile. Scherzosamente si potrebbe affermare che quando Nibali è in lotta per la vittoria di una grande corsa a tappe spesso sia sfidato da ciclisti avanti con gli anni (con rispetto parlando, si intende) ma sorprendenti ad alti livelli: alla Vuelta 2010 toccò al trentacinquenne Ezequiel Mosquera (ok, poi beccato) mentre nell'edizione 2013 della corsa iberica fu il quasi quarantaduenne Chris Horner ad impedire il bis del siciliano. Ora, con Vincenzo agevolmente superiore alla concorrenza, è la volta del trentasettenne Jean-Cristophe Péraud. Il francese ha a un passo l'occasione della vita: salire sul podio della corsa di casa terminando il digiuno che dura dal 1997 (Virenque 2°) e diventando il più anziano dal 1976 ad oggi.

Il tolosano ha tutto per poter balzare sul podio e, verosimilmente, anche sul secondo gradino. Innanzitutto è l'unico che sia stato capace di restare con l'irresistibile Nibali a Risoul e ora a Pla d'Adet. In secondo luogo ha la cronometro dalla sua: un minuto e mezzo a Valverde potrebbero essere nelle sue corde: nell'ultima sfida diretta (cronometro della Vuelta al Pais Vasco 2014) ha rifilato allo spagnolo 27" su un percorso lungo 26 km e assai simile a quello che verrà affrontato domenica. In terzo luogo l'Ag2r si continua a dimostrare la squadra più forte in salita (non a caso guida con quasi mezzora di vantaggio sulla seconda la classifica a squadre).

Anche oggi l'ex biker ha corso in maniera perfetta: attento nelle prime tre salite, sull'ultima ha sempre risposto agli attacchi portati prima da Pinot e poi da Nibali al quale, questa volta, ha concesso qualche cambio (pochi, sia chiaro). Péraud continua a non dare segni di cedimento, mostrandosi il favorito per salire alla destra di Nibali. Per la gioia sua, dell'Ag2r tutta (in venti precedenti partecipazioni mai meglio che sesti con Cyril Dessel nel Tour 2006) e della Francia intera.

In Ag2r La Mondiale fino al giorno di riposo il leader di riferimento era Romain Bardet: maglia bianca e terzo a soli 13" da Valverde, il ventitreenne era definito da tifosi e soprattutto stampa come il francese di riferimento. A due terzi di Pirenei in archivio lo scenario è radicalmente mutato: ora la posizione è la quinta, il podio e contestualmente la maglia bianca distano 94" e in Ag2r comanda Péraud. Prova ne sia l'attacco ben orchestrato dall'ammiraglia nella discesa di Val Louron, con il nativo di Brioude lanciato in avanscoperta che ha permesso di lasciare il compagno di squadra in posizione di contrattacco e mettendo il peso dell'inseguimento sulle spalle dei rivali della Fdj.fr.

Come facilmente intuibile la mossa è stata una variante tattica ben spesa da Lavenu e soci (e ripagata oltremodo dalla giuria, che lo ha premiato con il numero rosso, in faccia al povero Kiryenka e ai suoi 30 e oltre km di esaltante azione solitaria). Una volta raggiunto e superato ai meno 6 km da Nibali e Péraud si è fatto riprendere dal gruppetto Pinot, al quale si è francobollato sin sul traguardo. Le sue speranze di salire sul podio sembrano giustamente abbandonate in favore della ragion di stato (o squadra, per meglio dire): quel che appare evidente è che per questo traguardo Bardet sarà in lotta sin dalla prossima stagione. Magari raccogliendo il testimone da Péraud.

Consentiteci una chiusa con un pizzico di orgoglio: nelle ultime tre edizioni della Grande Boucle gli esponenti del ciclismo anglosassone che tanto va per la maggiore (meritoriamente, sia chiaro) in questi ultimi anni avevano conquistato altrettante vittorie (e un secondo posto, che male mai non fa). Aggiungiamoci il podio del redivivo ciclismo colombiano con Quintana e i due piazzamenti dello staterello sì con tradizione ma sicuramente non leader del ciclismo, ecco che cosiddetto il ciclismo tradizionale si è dovuto accontentare di due miseri terzi posti. Ebbene, al Tour 2014 stiamo assistendo al monopolio del podio e delle prime cinque posizioni di Francia, Italia e Spagna, paesi che negli ultimi anni avevano indubbiamente masticato amaro. Considerando che se al di qua delle Alpi possiamo contare anche su giovani realtà quali Fabio Aru e Davide Formolo mentre nell'esagono si aspetta l'imminente salto di qualità per Kenny Elissonde, possiamo dire che la cara vecchia Europa può guardare con fiducia al futuro.

Alberto Vigonesi

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