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Tour de France 2014: Majka, sulle Alpi meglio di Nibali! - Vince in fuga dopo il secondo posto di ieri. De Marchi ancora indomito

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Per Rafal Majka a Risoul prima vittoria in carriera © Bettiniphoto

Nei suoi pensieri, in queste settimane Rafal Majka avrebbe dovuto stare spaparanzato ogni pomeriggio sul divano, a gustarsi in tv le imprese dei suoi compagni della Tinkoff al Tour de France, e a non pensare ad altro, preparandosi magari per il Giro di Polonia, la corsa di casa sua alla quale gli sarebbe giustamente piaciuto partecipare per onorare il ciclismo polacco. Mai avrebbe immaginato che l'avrebbe onorato sì, il suo movimento, ma in tutt'altra maniera.

Tra i progetti di un luglio tutto relax&allenamenti e la loro realizzazione, è passato un mezzo tornado: alcuni valori non coerenti nel passaporto biologico di Roman Kreuziger hanno consigliato Bjarne Riis a tenere il ceco ai box, aprendo la porta alla necessità di un sostituto all'altezza. Inevitabile pensare a Majka, reduce da un discreto Giro d'Italia e certamente in grado di essere gregario d'alto livello per Contador, se non nella prima metà di Tour (nella quale Rafal avrebbe - come ha effettivamente fatto - dovuto semplicemente ritrovare la forma), almeno su Alpi e Pirenei.

Ma non era ancora finita, perché di mezzo ci si è messa la malasorte del madrileno, caduto lunedì e ritiratosi, lasciando una voragine nelle file della Tinkoff. Per colmarla, non disponendo di corridori da volata o stoccatori da classiche, né tantomeno di atleti in grado di misurarsi alla pari col Nibali stratosferico visto in questi giorni, la squadra guidata da Riis non aveva che da tentare la via della fuga. Non la fuga disperata in cui si ha già in partenza la certezza che si verrà ripresi, ma quella selezionata, composta da corridori di un certo livello e con buone chance di riuscita.

Una classica fuga di alta montagna, per farla breve: solo che in questi casi ci vuole una gamba supersonica per resistere al preventivabile scatenarsi del gruppo dei migliori sulle salite decisive; quella gamba Majka dava per scontato di non riuscire a raggiungerla, visto che la sua reazione alla convocazione di Riis era stata - pare - abbastanza furibonda. "La squadra non ha a cuore la mia salute", aveva postato su Facebook il corridore (prima del solito rimpallo di responsabilità, "non l'ho scritto io ma un mio schiavo che disponeva delle password, l'ho già fatto fustigare, e poi c'è stato il terremoto, e le locuste, eccetera, eccetera").

Comunque Majka avrebbe fatto bene a fidarsi da subito dei suoi manager, visto che si ritrova oggi con una condizione invidiabile, al punto da riuscire ad essere protagonista esattamente alla pari di Nibali: il siciliano centra un primo e un secondo posto nelle due tappe alpine? Majka pure! Anzi, la sua vittoria oggi è quantitativamente (come distacco dato al secondo) ancora più marcata di quella di Vincenzo ieri.

Un bottino che il mite Rafal non avrebbe neanche lontanamente sognato, visto che - tra l'altro - quella di oggi a Risoul è stata la sua prima vittoria in assoluto da professionista, oltre che la seconda affermazione polacca all-time al Tour de France (la prima e fin qui unica, quella di Zenon Jaskula nel '93 a Saint-Lary-Soulan).

Per giungere a cotanto risultato, Majka s'è messo in movimento nei primi chilometri di tappa, tenendo saldamente le prime posizioni quando il gruppo si è frazionato ai primi accenni di salita (Nibali e Valverde, attenti, erano davanti, Pinot e gli altri dietro); nel momento in cui gli uomini di classifica si sono rialzati, la fuga ha preso il largo, composta da 17 dei circa 40 atleti che componevano l'avanguardia della corsa. E tutti nomi di una certa risonanza: Joaquim Rodríguez in cerca di punti Gpm, Mikel Nieve e Geraint Thomas con l'intenzione di avvicinarsi in classifica (se non proprio di regalare un successo alla derelitta Sky di questo Tour), Jesús Herrada, Christophe Riblon, Amaël Moinard, Cyril Gautier, Steven Kruijswijk nell'eventualità di poter essere utili ai rispettivi capitani (nell'ordine, Valverde, Bardet-Péraud, Van Garderen, Rolland e Mollema-Ten Dam) nell'ultima parte della tappa.

Gli altri componenti - e tra questi Majka accompagnato dal compagno Nicolas Roche - erano invece all'attacco per puntare chiaramente alla vittoria di giornata: Albert Timmer, José Serpa, Nicolas Edet e Rein Taaramäe, Simon Yates. Quindi, oltre alle coppie Sky, Tinkoff e Cofidis, un'altra squadra ha inserito due uomini nell'azione, ed è stata la Cannondale: Peter Sagan, piuttosto che starsene con le mani in mano, è andato in caccia dei punti del traguardo volante di La Paute (posto al km 40), e si è portato appresso non un compagno qualunque, ma Alessandro De Marchi.

Sì, proprio il friulano già ottimamente in fuga ieri, tanto bravo da aver meritato il numero rosso di super combattivo di giornata, e ugualmente bravo oggi se è vero che per il secondo giorno consecutivo è stato premiato col simbolo di questo simpatico primato giornaliero. Però per De Marchi, esattamente come ieri, il dorsale rosso è stata l'unica vera soddisfazione, visto che anche oggi i sogni di vittoria per lui sono sfumati sulla salita finale (e dire che si arrivava a Risoul, sede di un suo memorabile successo al Delfinato del 2013).

La fuga, vista la grande nobiltà in essa compresa, non ha avuto enorme spazio: tenuta a 5' o poco più dagli Astana sul Lautaret, è stata riavvicinata quando, nei 20 km di fondovalle prima dell'Izoard, è stata la NetApp di König a inseguire con maggiore insistenza rispetto al team kazako. La seconda salita di giornata ha causato fisiologici distacchi dal gruppo di testa (il primo a saltare è stato Sagan, imitato poco dopo da Timmer). Con l'avvicinarsi alla vetta (la più alta del Tour coi suoi 2360 metri), hanno perso contatto anche Gautier, Riblon, quindi Taaramäe, Edet (che però in discesa è riuscito a rientrare sui primi) e Roche: tutti corridori che hanno patito il ritmo imposto da Geraint Thomas, il quale si è speso molto a beneficio di Nieve.

Al Gpm Rodríguez è transitato per primo e a quel punto (a 45 km dalla fine) il gruppo pagava poco meno di 3'. E la grande bagarre scatenatasi in discesa e animata dalla AG2R ha ridotto a un terzo quel margine: non rimaneva che un minuto ai superstiti della fuga, quando a poco più di 12 km dalla fine si è approcciata la scalata conclusiva. A quel punto, chi avrebbe scommesso un euro sulla riuscita dell'azione d'attacco partita a inizio tappa?

Però tra i 17, poi progressivamente ridottisi a 11, andava considerata una cosa: e cioè che c'era chi aveva speso meno di altri, conservando qualche energia per il finale. Tra questi, quello che s'è mosso per primo dando una bella sveglia al drappello è stato proprio De Marchi, sempre più nelle grazie di sempre più tifosi, appassionati ai suoi attacchi a lunga gittata e alla sua tenacia fuori dal comune: in coda al gruppetto dei primi per tutto l'Izoard, il friulano stava semplicemente gestendosi per non pagare dazio sulla salita conclusiva, anzi per avere qualcosa in più da dare.

Quel qualcosa, come accennato, è stato lo scatto a poco più di 11 km dall'arrivo. A De Marchi ha risposto subito Serpa, mentre dietro son rimasti Nieve, Majka, JRO, Yates ed Edet. Quest'ultimo ha tentato di avvantaggiarsi da solo dal drappello, ma è stato rintuzzato e superato da Majka. Da qui in avanti gli eventi si sono susseguiti rapidi: -9.5, De Marchi stacca un Serpa esaurito; -9, Majka in diesel-style raggiunge l'italiano; -8.5, Majka molla De Marchi e va in cerca di solitaria gloria; -8, anche Rodríguez raggiunge il Rosso di Buja ma non riesce a staccarlo.

Sulle prime Majka ha guadagnato non solo sugli ex compagni di fuga, ma anche sul gruppo (a cui ha rosicchiato una quindicina di secondi); quando, ai 4 km, Nibali ha dato luogo all'attacco decisivo tra i big della generale, il polacco ha iniziato a perdere terreno, ma è stato bravissimo a salvarsi e a portare al traguardo quei 24" di margine che oggi per lui significano felicità. Tutti gli altri attaccanti della prima ora sono stati invece risucchiati da Nibali e soci, ma la regola è dura ed è proprio questa: in 100 provano ad andare in fuga, in 15 ci riescono, forse solo uno, al limite, riesce a farla in barba al plotone. Oggi quell'uno è stato Majka, grandi complimenti a lui, anche per aver smosso il rude (ma in via di raffinazione) Tinkov, addirittura piangente ai microfoni di France2 (ma Oleg è più che altro disperato per il ritiro di Contador...).

Per un paio di giorni la lotta per la classifica, e conseguentemente anche un certo tipo di fughe, cederanno spazio: domani ai velocisti (da Tallard a Nîmes 222 chilometri molto facili e destinati a concludersi allo sprint), dopodomani al riposo generale del secondo giorno di pausa al Tour, prima di un trittico di tappe pirenaiche nelle quali tutto (o almeno molto) potrà ancora succedere.

Marco Grassi

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