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Tour de France 2014: Cancellara sogna, la Giant lo sveglia - Degenkolb-Kittel, accoppiata superlativa

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Marcel Kittel vince ad Harrogate ed è la prima maglia gialla del Tour 2014 © BettiniphotoStava quasi per farcela, Fabian Cancellara. Stava quasi per farla in barba a tutti in quell'ultimo chilometro di Harrogate in cui è successo di tutto. E stava per riuscirci dopo una mossa che per lui era stata probabilmente significativa, anche se non lo ammetterà mai a se stesso: perché dà un gusto diverso andare a inseguire quel che gli riuscì una volta a Compiègne (ovvero vincere da finisseur al Tour de France) partendo in faccia proprio a Tony Martin, l'uomo che gli contende il titolo di passista migliore del pianeta.

A ben pensarci, pure quella volta di Compiègne - era il 2007 - la Grande Boucle era partita dall'Inghilterra (dove Fabian aveva conquistato il cronoprologo di Londra, andando in maglia gialla); le affinità finiscono qui, però, visto che stavolta Cancellara non ha vinto, ma è stato ripreso a meno di 200 metri dal traguardo. Ripreso da appena 4 uomini, quelli che sono finiti ai primi 4 posti dell'ordine d'arrivo: Marcel Kittel, Peter Sagan, Ramunas Navardauskas e Bryan Coquard. Tutti gli altri? Poco dietro, rallentati da una caduta che ha subito tolto di mezzo un certo Mark Cavendish.

Dopo aver visto l'irlandese più famoso (Daniel Martin) cadere e ritirarsi alla partenza irlandese del Giro, sarebbe stato il massimo della coincidenza se alla partenza inglese del Tour avessimo visto andare a casa l'inglese più celebrato... Non sarà così, pare, visto che Cavendish non s'è rotto e domani dovrebbe ripartire, pur se dolorante (con tanto di lussazione alla spalla destra e guai ai legamenti). Ma, pur contenti che possa provare a pedalare ancora in questo Tour, dobbiamo anche riconoscere che Mark se l'è andata a cercare.

In uscita dalla curva a destra ai 300 metri, il britannico si è allargato troppo finendo addosso a Simon Gerrans, che però non poteva a sua volta allargarsi, visto che dall'altro lato c'era Coquard che ha fatto ottima opposizione, resistendo talmente bene da riuscire pure a sprintare, di lì a due secondi, contro Kittel, Sagan e Navardauskas. Così anche l'australiano è finito per terra, mentre un altro suo compagno di squadra riusciva per un pelo a evitare il ruzzolone. Sfortunato è stato anche Julien Simon, a cui Cavendish e Gerrans sono caduti proprio davanti, mettendolo nelle condizioni di andar giù pure lui.

E dire che il gioco dei treni era stato esaltante, a partire dal prepotente ingresso in scena della Omega Pharma dello stesso Cavendish, ai 4 km, a contendere il predominio alla Giant di Kittel e alla Lotto che da chilometri e chilometri era in testa al gruppo per tenere il capitano André Greipel fuori dai guai. Ai 1600 metri è stata la Cofidis a sortire con forza, ma una splendida trenata di Tony Martin ha riportato davanti la OPQS, fino alla rampetta che, prima dell'ultimo chilometro, ha fatto venire in mente a Cancellara il tentativo d'evasione.

Partito Fabian ai 1100 metri, Martin s'è dovuto umilmente spostare per lasciare a uomini più veloci il compito di tentare di ricucire, ed è stata la Giant a impegnarsi a fondo - con un John Degenkolb in versione nume tutelare di Kittel (un'accoppiata incredibile, i due) - per riprendere lo svizzero. Al momento dell'aggancio Sagan era davanti allo stesso Kittel, ma la rimonta del tedesco è stata come al solito inesorabile, e si è conclusa con una grande esultanza bagnata dalla maglia gialla della prima leadership in carriera, che segue le 4 vittorie dello scorso anno.

Una tappa che - al di là della volata, della caduta, dei treni e pure al di là della fuga di Jens Voigt, Benoît Jarrier e Nicolas Edet che ne ha caratterizzato i primi 130 km (di Voigt parliamo a parte...) - ha anche detto qualcosa relativamente alla classifica. Non tanto perché ci si possa stupire di trovare Chris Froome al sesto posto dell'ordine d'arrivo (ma che ci faceva nel bel mezzo della confusione, a quel punto?), quanto perché le strade inglesi che hanno battezzato il Tour hanno dimostrato di poter essere molto insidiose: la grande folla presente sulle salitelle ha causato dei restringimenti della carreggiata al passaggio del plotone, il che s'è tradotto in rallentamenti improvvisi e quindi nell'obbligo per alcuni (a fondo gruppo) di mettere piede a terra.

Queste fermate impreviste hanno avuto come diretta conseguenza il formarsi di buchi qua e là, e a un certo punto abbiamo avuto un gruppo diviso in tre parti, coi migliori davanti, un drappello comprendente Thibaut Pinot e Dani Navarro in mezzo, e un altro con Joaquim Rodríguez e Chris Horner più indietro. Alla lunga son rientrati tutti sulla testa della corsa, principalmente perché il ritmo tenuto negli ultimi 50 km non è stato certo trascendentale, e ciò ha permesso la rimonta di chi era rimasto attardato.

Ora, magari a nessuno interessava far fuori gente ancora da rodare come Pinot, o pseudocapitani chiamatisi fuori dalla contesa come JRO (che dice di star facendo la gamba per poi provare a vincere la Vuelta), o il vecchietto che la Vuelta l'ha già vinta (l'ultima, e parliamo chiaramente di Horner)... Però una prima occasione di "far casino" s'è già presentata, e nessuno le ha dato troppo peso. Speriamo che già domani, nella più impegnativa York-Sheffield (una sequela di côte e strappetti, ben nove Gpm in 201 km di tappa), un po' di spirito offensivista animi quei corridori che non hanno il risultato già in tasca, e che avrebbero quindi tutto l'interesse a far saltare il tappo ogni volta che si può. Se Vincenzo Nibali appartenga a questa schiera, o non piuttosto a quella dei superfavoriti (ovvero: lo consideriamo al livello di Froome e Contador?) non l'abbiamo ancora capito. Ma magari l'ha capito benissimo lui.

Marco Grassi

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