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Giro d'Italia 2014: È proprio il Giro di Colombia - Il dominio continua: Arredondo, re dei Gpm, vince su Duarte a Panarotta

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Il caracollante arrivo vincente di Julián Arredondo al Rifugio Panarotta © Bettiniphoto

Alla vigilia del Giro d'Italia davamo per certo che i corridori colombiani sarebbero stati a vario titolo protagonisti delle tre settimane di gara: troppa qualità veniva quest'anno dal paese sudamericano a cimentarsi con la corsa rosa, per non pensare che avremmo applaudito le imprese dei vari Quintana, Urán, Arredondo, Duarte e via discorrendo. Ma forse non avevamo contezza che quella messa in atto dai fortissimi colombiani sarebbe stata una vera e propria colonizzazione del Giro.

Lo diciamo oggi, a tre giorni dalla fine, e quindi in un momento in cui tutto potrebbe teoricamente ancora succedere. Ma se sarà difficile scalzare Nairo&Rigo dai primi due posti della classifica generale, sarà decisamente impossibile cancellare quanto comunque gli eredi di Lucho Herrera hanno fatto vedere nel corso dell'intero Giro.

Che Quintana potesse fare un'impresa lo sospettavamo, e l'ha fatta, enorme, nel giorno di Gavia e Stelvio, quando si è insediato al comando della classifica. Che Urán potesse essere un serio pretendente alla rosa pure lo sospettavamo, e in effetti il capitano della Omega Pharma ha fatto in pieno la sua parte, con una cronometro strepitosa a Barolo e con quattro giorni in maglia rosa (e comunque è secondo a 1'41" da Nairo e ancora pienamente in corsa per la vittoria).

I sospetti (benevoli e benaugurali, sia chiaro!) su Duarte erano che potesse essere protagonista, qua e là, incostante come pochi ma capace di picchi altissimi quando gli gira: e per l'appunto il capitano del team Colombia ha saputo essere protagonista, con due secondi posti di tappa a Plan di Montecampione e oggi al Rifugio Panarotta. Sospettavamo meno che i suoi compagni potessero anch'essi dare spettacolo, e invece in particolare l'arcignissimo Chalapud (primo a transitare sul Gavia, secondo sullo Stelvio) e il sorprendente Pantano (eccellente a Oropa, in parte determinante anche nella stessa tappa di Val Martello, con l'aiuto dato all'azione di Quintana) si sono comportati ottimamente, confermando che anche le seconde linee della squadra di Corti stanno crescendo.

Non sospettavamo minimamente che il giovanissimo Sebastián Henao, cugino del più famoso Sergio, potesse sfornare, a 20 anni, una prestazione come quella fornita nella già quasi leggendaria tappa di martedì: ottavo di giornata, nel gruppo della maglia rosa, insomma con gli uomini di classifica.

E invece eravamo certi che l'arrembante Arredondo avrebbe fatto parlare di sé, come puntualmente è stato. Già dalla tappa di Viggiano, la prima con un po' di salita, l'abbiamo ritrovato al terzo posto; poi purtroppo è stato coinvolto nella caduta di Montecassino e quel giorno è uscito di classifica. Ciò non gli ha impedito di mentalizzarsi sulla classifica dei Gpm, e già nella prima delle due frazioni appenniniche, quella di Montecopiolo, è partito in fuga collezionando punti Gpm e indossando la maglia azzurra, mai più ceduta.

In fuga anche nella tappa di Savona, e all'attacco all'inizio della salita di Plan di Montecampione, l'abbiamo visto per qualche minuto impegnato anche in un attacco al Gavia, martedì, ma dopo essere transitato in seconda posizione si è arreso al gelo della discesa, fermandosi e aspettando il supporto dell'ammiraglia. In tanto protagonismo (a volte anche tatticamente un po' scellerato), mancava il suggello di una vittoria. Oggi a Panarotta la lacuna è stata colmata.

Partito all'attacco con altri 13 sin dal Passo San Pellegrino (a quasi 130 km dal traguardo), Arredondo non ha mancato di passare in testa sia sul Gpm in questione, sia sul successivo Redebus, e di non perdere (troppo) terreno in discesa, prima di risultare uno dei principali attori della battaglia finale sulla salita che andava all'arrivo. Trovata unità d'intenti col connazionale Duarte quando si trattava di inseguire Thomas De Gendt (partito all'assalto dalle prime rampe del Panarotta), è stato bravo a non farsi irretire nel gioco al ribasso dei "grandi vecchi" Basso e Pellizotti, non aspettando neanche un momento per alzare il livello dello scontro, e tarpando col suo cambio di ritmo le ali ai diesel italiani.

Né ha esitato a suonarsele di santa ragione con lo stesso Duarte, quando, ai 6 km, è stato raggiunto De Gendt. Ci ha provato una volta, con uno scatto proprio ai 6 km; Fabio Andrés ha tamponato, Deignan (bravissimo in questo Giro) s'è rifatto sotto, come anche De Gendt e Pellizotti. Annullato - ancora con Duarte - l'estremo tentativo di questi ultimi due, Arredondo ha infine dato la stoccata decisiva ai 4 km, prendendo qualche secondo di margine sul connazionale e conservandolo fino al traguardo.

Gli ultimi metri, durissimi, li ha fatti zigzagando, agitandosi per quel traguardo che solo un anno fa sembrava irraggiungibile (qualcuno faceva notare che proprio in questi giorni, nel 2013, Julián lottava per vincere il Giro del Giappone e quello di Kumano). La Trek che ha scommesso su di lui è stata ampiamente ripagata da questa vittoria di tappa e dalla maglia azzurra messa in cassaforte (il vantaggio sul secondo della classifica Gpm, Dario Cataldo, è praticamente - anche se non matematicamente - incolmabile), e Arredondo in quel finale pensava sicuramente con gratitudine alla squadra che gli ha dato fiducia, e in particolare al preparatore Josu Larrazabal che lo teneva a freno via radio.

Un personaggio niente male, Arredondo: 26 anni da compiere a luglio, viene da una famiglia di allevatori di maiali (lui ha optato per una professione meno terragna, diciamo), ha fatto il dilettante in Italia prima di trovare un approdo in Giappone, nella Nippo (squadra che aveva comunque un'ossatura italiana). Nel 2013 ha fatto i fuochi d'artificio nel circuito asiatico, vincendo il Tour de Langkawi e quello di Kumano (secondo al Giro del Giappone), e destando una certa curiosità. Partito forte quest'anno (già vittorioso in due tappe del Tour de San Luis in gennaio), è stato buona presenza alla Tirreno (quinto) prima di prendere contatto con le classiche a lui più affini (11esimo alla Freccia, 25esimo alla Liegi).

E ora questo passaggio dal Giro, che gli sta regalando una bella popolarità. Non sarà al livello di Quintana, ma ha ancora margini, e soprattutto la capacità di essere imprevedibile ma vincente allo stesso tempo. Chi può dire che la sua irresistibile ascesa si fermerà a questo livello, chi può dire che a maggio 2015 non lo ritroveremo anche in alta classifica, al Giro? Appuntamento a tra 12 mesi per le risposte.

Marco Grassi

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