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Giro d'Italia 2014: Quintana, una vera Martellata - 70 km d'attacco, ribalta il Giro con Hesjedal e Rolland. Tappa memorabile

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Nairo Quintana non esulta nemmeno al traguardo di Val Martello, per guadagnare il più possibile sugli avversari © Bettiniphoto

Nel giorno più duro, vince l'uomo più forte. L'incontrovertibilità del ciclismo, in barba ai pensatori d'ogni risma, si conferma immutabile, oggi come un secolo fa. È nelle condizioni più difficili che l'uomo, l'atleta, perde tutte le sovrastrutture e resta solo, nudo con se stesso, di fronte alle avversità. E le deve piegare, se vuole vincere, o anche solo arrivare al traguardo. Deve trovare il modo, ognuno il proprio, e se non lo trova pazienza. La selezione naturale non sempre si verifica, ma è giusto che a volte ci sia, venga a separare il grano dal loglio, a ricordarci che lo sport è anche questo, non solo ma anche, è raggiungere i limiti del proprio fisico, provando a superarli se è il caso.

Una tappa, quella di Gavia e Stelvio e arrivo a Val Martello, che è stata la più contestata, la paura del maltempo aveva creato una forte corrente di pensiero, in gruppo, favorevole al cambio di percorso. Invece RCS Sport ha tenuto duro, la tappa s'è fatta, con i due moloch in rapida successione per la prima volta nella storia del Giro. E, come volevasi dimostrare, il gruppo ha beccato la neve, in cima all'uno e all'altro passo. La discesa dello Stelvio è diventata poi la pietra dello scandalo: alcuni direttori sportivi hanno interpretato male una comunicazione di radiocorsa. Pensavano - chissà in base a quale logica ciclistica - che la picchiata verso Prato allo Stelvio sarebbe stata neutralizzata, e in base a ciò si sono regolati. Altre squadre, invece, hanno continuato a gareggiare normalmente (visto che nessuno aveva comunicato di fare diversamente), e hanno avuto ragione. Stop alle polemiche.

Stop alle polemiche perché rischierebbero di oscurare una grande giornata di ciclismo, una grande impresa, e un grande campione che risponde al nome di Nairo Quintana. Uno che è partito da Ponte di Legno con l'otite (almeno, questa è la notizia fatta circolare dalla Movistar... forse per depistare qualcuno?), ha messo la sua squadra a tirare sul Gavia producendo una prima selezione, l'ha fatta continuare anche per lunghi tratti dello Stelvio, e poi allo scollinamento dalla Cima Coppi del Giro si è lasciato andare a un attacco azzardato, beffardo per qualcuno, efficace anche grazie al fatto di aver trovato dei validissimi compagni di scorribanda.

A 70 km dal traguardo e sotto la neve, in cima allo Stelvio in tanti si sono fermati per cambiarsi e mettersi addosso qualcosa di asciutto, assistiti dalle ammiraglie. Tanti ma non tutti. Quintana ha tirato dritto, scortato dal compagno Gorka Izagirre. I più coraggiosi di questo Giro, Ryder Hesjedal e Pierre Rolland, non ci hanno pensato un attimo, a continuare a tenere la ruota di Nairo. Il francese, come bonus produzione per l'ennesima fuga, s'è portato appresso pure lui un compagno, Romain Sicard. In cotanta compagnia, un posticino se l'è ritagliato anche Matteo Rabottini, desideroso di far qualcosa per riavvicinarsi in classifica.

Quando Nairo - non l'ultimo dei peones, quindi - s'è avvantaggiato, qualche avversario l'avrà pur visto. E radiocorsa avrà informato i direttori sportivi che un pezzo tanto grosso aveva preso margine su quella discesa. Quindi, posto che sia senz'altro condivisibile la scelta di fermarsi per cambiarsi e affrontare la picchiata in condizioni più confortevoli, non si capisce perché una volta rimessisi in moto, i rivali di Quintana non abbiano accennato ad inseguirlo con veemenza. Non vale la risposta "pensavano che la corsa fosse neutralizzata": vi sembra neutralizzata una corsa in cui il principale favorito della vigilia sta attaccando la maglia rosa su una discesa alpina? Un po' di logica, su.

Con la corsa chiaramente non neutralizzata, il sestetto guidato da Quintana ha preso margine, fino a un paio di minuti sul gruppo della maglia rosa (che intanto si infoltiva di qualche gregario, rientrato in discesa). Nel fondovalle (e parliamo di 20 km di fondovalle, con un minimo di organizzazione si poteva recuperare parecchio) le distanze tra Quintana, Rolland e soci, e Urán, Aru e gli altri, sono rimaste sostanzialmente invariate: un recupero di 20" da parte degli inseguitori non ha impedito a Nairo e compagni di prendere la salita finale con un margine più che soddisfacente (1'40").

Nel frattempo, con un Rolland perfetto nell'organizzare i turni a tirare e nel convincere anche Rabottini e Hesjedal a contribuire all'azione, il sestetto si è portato su tre uomini che si erano mossi sin dallla discesa del Gavia e che erano ancora intercalati: Alexis Vuillermoz e Hubert Dupont (compagni di Pozzovivo) e Jarlinson Pantano. Al comando, tutto solo, c'era sin dalle ultime rampe dello Stelvio Dario Cataldo, che provava a difendere un minutino di margine dal sopraggiungere del trenino quintaniano.

I preziosi Izagirre e Sicard hanno contribuito finché hanno potuto, staccandosi ai primi accenni della salita di Val Martello. Poco dopo, a 19 km dalla vetta, il ds dell'AG2R, che chissà perché non aveva fermato Vuillermoz e Dupont per farli tirare nel fondovalle a beneficio di Pozzovivo, ha visto entrambi i suoi ragazzi staccarsi senza discussioni sul primo affondo di Quintana, risultato fatale anche per Rabottini.

Rolland ha risposto bene al colombiano, Hesjedal ha dato l'impressione di naufragare ma poi è riuscito a riaccodarsi anche lui: un'azione che gli avremmo visto fare diverse altre volte, da lì al traguardo. Il terzetto ha così riassorbito Cataldo ai 18 km, quindi ai -17 il secondo scatto di Quintana ha fatto fuori pure l'abruzzese, causando una nuova extrasistole a Hesjedal.

Con un buon accordo fra di loro sulle pendenze meno violente della salita, i tre hanno passato i successivi 10 km ad aumentare il margine sull'inane drappello della maglia rosa. Con 2'30" messi già da parte, Quintana ha prodotto il terzo allungo, a poco meno di 8 km dalla vetta. Stavolta anche Rolland, come Hesjedal, ha patito la botta, perdendo qualche metro e dovendo impegnarsi molto per rientrare sullo scatenato sudamericano. Intanto il margine su Urán cresceva, 3' ai 6.5 km, un eldorado si spalancava non solo davanti agli occhi di Nairo, ma pure dei suoi coraggiosi compagni d'avventura, per i quali una netta risalita in classifica assumeva i contorni della realtà tangibile.

Il quarto scatto del capitano della Movistar non si è fatto attendere troppo, venendo esibito ai 5.3 km. E stavolta per Rolland è stato troppo: il francese ha definitivamente perso contatto da Quintana, al contrario di un sempre più ammirevole Hesjedal, che ancora una volta ha fatto l'elastico per poi rientrare. La nuova strappata, comunque, è servita ai due superstiti per incrementare ulteriormente il vantaggio (3'15" ai -5!). E quando anche dietro sono iniziati (sempre troppo tardi) scatti e controscatti tra gli altri uomini di classifica, la coppia al comando è riuscita comunque a conservare immutato il margine.

Ai 1100 metri dalla fine, di fronte a un muro di tornanti che si inerpicavano sempre più duri verso lo striscione d'arrivo, Nairo ha offerto a se stesso, al pubblico e al ciclismo (massì, esageriamo), il quinto scatto della sua salita conclusiva: quello definitivo. Il margine preso stavolta sull'inossidabile canadese è stato conservato fino alla fine, malgrado Ryder per un attimo abbia dato l'impressione di poter quasi rientrare di nuovo; ma in questo caso Nairo ha semplicemente rilanciato, andando a prendersi una vittoria memorabile, che da subito entra di diritto nell'elenco delle sue maggiori imprese (quell'elenco che stileremo tra non meno di 10 anni, ovviamente).

70 chilometri di attacco, sapienza (o fortuna?) nel trovarsi i giusti compagni d'azione, concorrenza spazzata via, salita finale da camoscio, maglia rosa conquistata. Il tutto in una giornata con condizioni atmosferiche a tratti (brevi, per fortuna) quasi tremende, e in una tappa che di suo nasceva già storica (i due passi giganti sotto la neve!). Diranno che ha approfittato di un'ambiguità dell'organizzazione. Potrà rispondere che il margine guadagnato in discesa l'ha poi raddoppiato in salita. E che non è colpa sua se in qualche ammiraglia oggi qualcuno è stato un po'... naïf, via. O, meglio ancora, potrà riservarsi di rispondere nei prossimi giorni, dando magari qualche altro saggio, per far capire - a quei pochi che oggi non l'avessero capito - chi è il più forte del Giro d'Italia.

Se non i più forti, i più generosi restano i due che si sono spartiti con Quintana il podio di giornata: Hesjedal, giunto a soli 8" dal colombiano; e Rolland, terzo a 1'13". Se non hanno avuto la soddisfazione di un successo, si accontentano entrambi di un buon balzo in avanti in classifica: Pierre vola dall'ottavo al quarto posto (a 3'26" da Nairo), Hesjedal dall'undicesimo al nono (a 4'16", e ricordiamoci sempre dei 3'30" persi incredibilmente da Ryder nella cronosquadre d'apertura).

Tutti i rivali pagano minuti su minuti, su un traguardo su cui s'è letteralmente arrivati uno alla volta: 3'32" Kelderman, 3'37" Pozzovivo, 3'40" Aru, 4'08" Majka, 4'11" la maglia rosa Urán, 4'48" Evans e Kiserlovski. Nella classifica ribaltata ora Quintana ha 1'41" su Urán e 3'21" su Evans. Majka è sceso al quinto posto (a 3'28"), e anche Aru ha perso un paio di posizioni (ora è sesto a 3'34", giusto davanti a Pozzovivo settimo a 3'49"). Resiste Kelderman (ottavo a 4'06"), e sta comodo in top ten anche Kiserlovski (decimo a 8'02"), con l'undicesimo (Vuillermoz) abbastanza lontano, a 14'20".

Giro finito? Da un lato si direbbe forse sì, vista la forza di Quintana, ma dall'altro bisognerebbe che i direttori sportivi che oggi si lamentano per l'equivoco sulla neutralizzazione della discesa dello Stelvio, si ricordassero di avere a disposizione almeno due tappe (arrivo di Rifugio Panarotta dopodomani e Zoncolan sabato) per provare a mettere in difficoltà la nuova maglia rosa. Tutto il resto sono chiacchiere; le quali - come si sa - stanno a zero.

Marco Grassi

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