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Giro d'Italia 2014: Winning Weening, è ancora Orica! - Per Malacarne fuga e resa con onore

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Pieter Weening non dà scampo a Davide Malacarne al traguardo di Sestola © Bettiniphoto

"Ma questa Orica dove vuole arrivare?", avremmo domandato magari un anno fa di questi tempi, prima di aver ammirato allo scorso Tour de France la capacità del team australiano di essere protagonista nei GT. Proprio alla Grande Boucle, tra una cronosquadre vinta e la maglia gialla divisa tra Impey e Gerrans (pure vincitore di tappa a sua volta), ci siamo abituati a veder gironzolare i simpatici kangarouters nei quartieri alti delle grandi gare a tappe. Senza dimenticare l'immortale numero del bus incastrato sotto il traguardo di Bastia (impresa che verrà ricordata per 50 anni ancora).

La Orica quest'anno si è inventata una goliardica disfida con la Sky, andata avanti in questi ultimi mesi attraverso prove tipo morra cinese o freccette (qui un esempio), e continua a tutti i livelli ad incarnare un'idea molto giovane e fresca nell'interpretazione del ciclismo (anche a livello di comunicazione); ma certamente, se non arrivassero risultati a supporto, di questa new wave si parlerebbe abbastanza poco. Invece anche nel 2014 la squadra australiana detta legge ogni volta che può, ed ecco lì Gerrans vincere nientemeno che la Liegi (accoppiandola alla Sanremo già conquistata due anni fa), ed ecco ancora un impatto sul Giro a dir poco incisivo: vittoria della cronosquadre con Tuft in maglia rosa, poi tra una volata e l'altra è stato Matthews a issarsi sul piedistallo del protagonismo (sei giorni in rosa e una vittoria di tappa per lui).

Ma se ora che Bling si è fatto da parte sulle prime salite vere della corsa rosa qualcuno pensava che la Orica fosse sazia e quindi disposta a mettersi di lato, ecco arrivare una bella fuga, un grintosissimo Pieter Weening, e la terza vittoria per il team in nove tappe, a ricordare a tutti che la filosofia della squadra guidata da Shayne Bannan (dietro alla scrivania) e Matt White (in ammiraglia) è quella di non accontentarsi.

Purtroppo per i tifosi italiani e feltrini in particolare, a far le spese dell'ennesima affermazione targata Orica è stato Davide Malacarne, corridore di spicco della Europcar intenzionato oggi a lasciare un segno al Giro. Il veneto si è mosso dopo quasi un'ora di tappa col citato Weening e con altri 12 corridori: Marco Bandiera e Jackson Rodríguez, Oscar Gatto e Leonardo Duque, David Tanner e Tosh Van der Sande, Matteo Bono e Julien Bérard, Yonathan Monsalve e Salvatore Puccio, Enrico Barbin ed Eduard Vorganov. Di questi, Vorganov e Bérard erano già stati all'attacco ieri, come anche Bandiera, per il quale siamo già a 3 fughe in 8 tappe in linea.

Le cose, per i coraggiosi di giornata, sono andate meglio di quanto ci si aspetterebbe mediamente da una fuga a lunga gittata: il drappello ha continuato a guadagnare terreno fino a 50 km dalla conclusione, e il vantaggio accumulato (8') lasciava facilmente presagire che qualcuno dei 14 avrebbe potuto portare a casa il vello d'oro. Uno dei maggiori indiziati era proprio Weening, già a segno al Giro nel 2011 a Orvieto (due giorni dopo la tragica morte di Wouter Weylandt; l'olandese conquistò pure la maglia rosa, che poi portò per 4 giorni, prima di essere spodestato da Contador all'Etna); per non parlare della sua vittoria di tappa - ormai remota - a Gérardmer al Tour del 2005.

Insomma, un corridore di grande caratura, in un contesto come quello della fuga da lontano. Certo, tutte le supposizioni che si potevano fare sul 33enne di Harkema sarebbero andate a farsi benedire se il gruppo avesse avuto l'intenzione di far la corsa almeno sulle salite del finale. Dopo aver tanto cincischiato, è sembrato per un lungo attimo - diciamo tra il Gpm di Sant'Antonio (ai -50) e quello di Rocchetta Sandri (ai -25) - che, sulla spinta dei Garmin e su un mezzo attacco in discesa dei BMC, il plotone avesse la possibilità e la voglia di ripiombare sugli attaccanti (scesi a un vantaggio minimo di 3'20").

Ma dopo il penultimo colle di giornata, di nuovo Evans e soci hanno tirato i remi in barca. In fondo la BMC non aveva grossi guadagni dal portare gli avversari della maglia rosa a portata di abbuoni, e quindi ha ricominciato a lasciar fare; ed esauritasi la spinta Garmin, non ci sono state altre squadre che abbiano voluto prendersi la responsabilità di chiudere sulla fuga. Sicché, dai 3'20" di Rocchetta Sandri, il gruppetto dei 14 ha riguadagnato terreno, e quando, sulle prime rampe della salita di Sestola, Weening è partito (ai -18), il cronometro è andato a orientarsi nuovamente verso i 4' di distanza tra battistrada e gruppo.

L'olandese è partito in contropiede su un precedente scatto di Tanner, e ha subito preso una decina di secondi sugli ex compagni di fuga. Tra questi, solo Malacarne ha capito che bisognava bruciare i tempi per chiudere su Pieter, il quale rappresentava un'interessante compagnia in un'azione del genere. Il "Mala" ha dato il massimo per chiudere velocemente su Weening, ed è riuscito a rientrare su di lui a 15.5 km dalla vetta. Da quel momento in poi nessuno degli altri fuggitivi è riuscito più a rifarsi sotto: non ci sono riusciti Bérard e Van der Sande, né Duque né Bono o Rodríguez. E non c'è riuscito il pur bravo Barbin, che a 6 km dal traguardo si è isolato all'inseguimento della coppia al comando.

Quando Weening e Malacarne sono arrivati al punto più duro della salita, avevano ancora oltre 3' da gestire sul gruppo. Logico quindi che non si siano scomposti quando è giunta loro la notizia dell'attacco di Pozzovivo ai 5 km: il lucano avrebbe dovuto avere i retrorazzi per chiudere da solo quel gap, ormai. I due si sono spartiti il lavoro, dandosi cambi leali e badando entrambi a tenersi qualcosa per l'ormai annunciata volata a due.

Tanto rassicurante era il vantaggio che avevano sul rimontante Pozzovivo (il quale intanto rimontava e superava tutti gli altri fuggitivi), che Pieter e Davide hanno dato vita, negli ultimi 600 metri, a un divertentissimo surplace, neanche fossero impegnati in una prova di velocità su pista. L'italiano sapeva che sarebbe stato molto difficile piegare l'avversario, più veloce di suo e forse pure più avvezzo a certi finali di gara in cui non si può sbagliare nulla. Per questo ha cercato in tutti i modi di impostare la volata come voleva, partendo da dietro.

Ma Weening non s'è lasciato infinocchiare, rimanendo sempre alle spalle di Malacarne e obbligandolo quindi a fare volata di testa. Il buon Davide, ai 300 metri, ha capito che non ci sarebbe stato modo di far passare l'olandese per mettersi nella sua scia, e allora ha deciso di partire per quella progressione che sperava gli desse frutti importanti. Weening è stato chirurgico e spietato: non si è fatto sorprendere, ha lasciato impostare lo sprint all'altro e ha aspettato il momento buono - ai 100 metri - per uscire dalla sua ruota e uccellarlo senza indugi.

A Malacarne resterà il ricordo del bel tifo (e a tratti numeroso) che l'ha idealmente sospinto verso il traguardo di Sestola, oltre che la consapevolezza di aver fatto tutto quel che era nelle sue facoltà per conquistare un successo tanto sospirato. Invece rimane a quota 1 nella classifica delle vittorie in carriera (una tappa al Giro di Catalogna, ormai più di 4 anni fa); una carriera che, si fosse lui chiamato David Malakaarn e fosse stato fiammingo, avrebbe avuto tutt'altre traiettorie e l'avrebbe condotto ad essere una star (ben pagata) del cross.

Essendo invece italiano, Malacarne ha dovuto abbandonare l'attività offroad (e lì lo rimpiangono ancora, chiedere al ct Fausto Scotti per informazioni), e trovarsi un impiego da stradista per tirare quattro paghe per un lesso. In Francia ha trovato un ambiente ideale alla Europcar, squadra in cui gode anche della considerazione dei compagni più quotati. Ha ancora quasi 27 anni, Davide: tutto sommato, un'età da cui possono ancora partire direttrici interessanti proiettate verso un futuro tutto da costruire.

Marco Grassi

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