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Giro d'Italia 2014: Cecchinel prova a prendere la mira - Neri-Alè ancora protagonista con il veneto. Tjallingii instancabile

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Anche oggi la Neri-Alé in fuga con Giorgio Cecchinel © Bettiniphoto

Avendo ancora ben nitide davanti le immagini della splendida volata che ha ribadito perentoriamente la supremazia allo sprint di Marcel Kittel, il nastro della terza frazione di questo Giro d'Italia 2014 si riavvolge pian piano lungo i 187 chilometri che da Armagh, in Irlanda del Nord, conducevano il plotone a Dublino, capitale e cuore pulsante della Repubblica d'Irlanda o, se preferite, Eire. Si torna indietro al mattino perché non è pensabile immaginare una frazione totalmente priva di ardimentosi fuggitivi in grado di coltivare il sogno di riuscire a lasciare le ruote veloci con le pive nel sacco, sfidando anche le intemperie ballerine di queste giornate anglosassoni.

Appena ventiquattr'ore prima ci siamo trovati nella condizione di esprimere i meritati elogi alla Neri Sottoli - Yellow Fluo di Luca Scinto, che nella prima frazione in linea non è venuta meno alla sua indole battagliera, mettendo in mostra la verve di Andrea Fedi. Una prestazione convincente che aveva lo scopo anche di mettere in luce il nuovo italiano che avanza, al punto che il sottoscritto, nei commenti post-tappa con i colleghi della redazione, si era arditamente lanciato in un «vedrete che entro tre o quattro tappe al massimo ammireremo anche Cecchinel». Considerazione venuta spontanea non per mero autocompiacimento ma poichè la storia del neoprofessionista veneto è stata spesso caratterizzata dalla fatica, i chilometri spesi al vento inseguendo il sogno di arrivare un giorno proprio a disputarlo un Giro d'Italia, senza mai lesinare il prezioso aiuto per i propri compagni di squadra.

Detto fatto, ci siamo ritrovati proprio con Giorgio Cecchinel a rappresentare il nostro Paese nella tribù fugaiola del giorno, in un drappello ben assortito composto da altri onesti faticatori quali il belga Gert Dockx della Lotto, uomo da nord che ha già sperimentato più volte la fuga da lontano nella corsa rosa. O come Maarten Tjallingii della Belkin, primo leader degli scalatori dopo la tappa di ieri e che merita sicuramente un discorso a parte. Come Rubiano Chávez, corridore scaltro che proprio al Giro d'Italia deve la sua più grande soddisfazione della carriera, quando a Porto Sant'Elpidio seppe imporsi proprio al termine di una fuga a lunga gittata in una tappa ricordata anche per un no-contest tra gli attesi big e cacciatori di tappe. Quel Rubiano sempre battagliero e che ora, bardato nella sua sgargiante maglia di campione nazionale, votata dal pubblico attraverso un sondaggio via internet, ha sicuramente qualche motivo in più per non passare inosservato ed accattivarsi la simpatia del pubblico.

A far loro compagnia anche a Yonder Godoy, una delle ultime scommesse sudamericane di Gianni Savio, che il proprio Giro ha rischiato di vederlo sfumare ancor prima della partenza, a causa di problemi burocratici che hanno bloccato sia lui che il connazionale Jackson Rodriguez per un'intera giornata all'aeroporto bergamasco di Orio al Serio, in attesa di poter avere il nullaosta per l'Irlanda del Nord. Tutto risolto fortunatamente per il ventunenne venezuelano, campione nazionale sia in linea che a cronometro la scorsa stagione, che ha potuto così gettarsi nella mischia sobbarcandosi subito una buona dose di chilometri.

Torniamo però a Cecchinel, 25 anni da compiere il prossimo 24 giugno: ad essere puntigliosi il trevigiano l'azione buona l'aveva in un primo momento cannata e sicuramente possiamo immaginare che, ad avere un direttore sportivo vulcanico come Luca Scinto, il piglio a voler tentare di porre rimedio venga naturale e così, dopo che gli altri quattro avevano dato già vita ad un tentativo che aveva l'assoluto beneplacito del gruppo, Cecchinel ci ha messo meno di dieci chilometri per colmare il gap e non perdere quindi l'invitante occasione.

Così, tra nuvole birichine che si son divertite ad innaffiare atleti e spettatori e raggi di sole che cercavano di far risaltare il verdeggiante territorio irlandese, hanno cominciato a scivolare via i chilometri, dove nella mente di Cecchinel avrebbero potuto mischiarsi ricordi a centinaia. Lui, fisico da scalatore approdato alla ciclismo da passione paterna, nelle categorie giovanili aveva trovato eccome il modo di farsi notare, soprattutto quando nel 2007 seppe aggiudicarsi la più importante gara a tappe italiana, il Giro della Lunigiana, vincendo la tappa più dura e riuscendo ad avere la meglio su un Daniele Ratto in condizione strepitosa ed un Diego Ulissi fresco del suo secondo trionfo iridato. Inevitabile sfuggire all'occhio di qualche squadra di ottimo livello e così dal 2008 cominciò per lui l'esperienza nella Zalf Désirée Fior, squadra in cui la concorrenza interna sa essere sempre elevatissima e dove quindi bisogna essere ancora più bravi a sfruttare le proprie occasioni.

Giorgio il suo lo fa spesso, aiuta compagni parimenti attesi ad un futuro radioso (Modolo e Battaglin per dirne due) e non lesina azioni a lunga gittata, sfruttando anche la salita, uno dei suoi terreni preferiti, visto anche lui sul San Boldo è di casa. Tanto lavoro oscuro e poca gloria personale, una sola vittoria prima del 2013 ed anche un'esperienza alla Mastromarco per cercare di trovare nuovi stimoli. Quegli stimoli che hanno seriamente rischiato di venire meno proprio al termine del 2012, quando l'esperienza con la Zalf era giunta al termine e la voglia di cambiare mestiere, diventando magari lui uno di quelli che le gambe degli atleti le massaggia, stava prendendo sempre più piede. Fu proprio in quel momento che la figura di Luca Scinto intervenne a cambiare il finale della storia, invitandolo, con la consueta grinta toscana, a non mollare che un'occasione per lui, lì dove conta ci sarebbe stata sicuramente.

Nacque così la nuova svolta di Cecchinel, che ha trascorso l'ultimo anno da dilettante in un team ideale per gestire i propri spazi e le pressioni come il Delio Gallina, in cui seppe rigenerarsi: spirito battagliero mai venuto meno, fughe da lontano, belle prestazioni anche in gare per nulla banali (lo dimostra il terzo posto nella generale nel Giro delle Valli Cuneesi) e due vittorie che per il morale fanno sempre più che bene. Finalmente è ora di competere nel professionismo e dopo primi mesi in cui la sua vena da fuggitivo doc si è ben palesata sia alla Freccia del Brabante che al Giro del Trentino, l'opportunità di poter prendere parte al Giro d'Italia è stata solo la logica conseguenza per rendere giusto merito a tanti anni di sudore speso a litri, in attesa che tantissimi altri vengano spesi alla causa della squadra giallofluo.

Proprio alla fine di tutto questo capiamo perfettamente perché Cecchinel, ultimo a riportarsi sul drappello dei fuggitivi, sia stato anche l'ultimo ad arrendersi, piazzando quello che ai più sarà parso il tipico scatto del novellino inesperto ma che aveva dentro tanto furore agonistico e tanta felicità per un sogno realizzato. Anche se la tappa è stata tutta un mettere e togliere la mantellina. Anche se quel diavolo di Tjallingii ha deciso di far sudare proprio a tutto il gruppo le proverbiali sette camicie.

Inevitabile, a questo punto, aprire una parentesi sul quasi 37enne olandese nato a Leeuwarden, passistone che ad uno come Cecchinel avrebbe pure molto da insegnare in termini di gregariato e che pure in carriera le sue poche ma bellissime soddisfazioni ha saputo levarsele: ben tre gare a tappe vinte in un curioso mix di esotico e tradizionale (Tour du Faso nel 2003, Tour of Qinghai Lake e Giro del Belgio nel 2006) ma soprattutto la capacità di essere preziosissima spalla per i propri capitani nelle classiche del Nord. Ancora oggi probabilmente Maarten si emozionerà nel rimembrare l'occasione della vita, vale a dire il podio in una Parigi-Roubaix (nel 2011), testimonianza che anche il più umile dei faticatori qualche volta ha il suo meritato palcoscenico e che puoi fare il tuo mestiere con estrema dignità anche facendo scelte alquanto inusuali per uno che va in bicicletta, come quella che l'ha portato a sposare il vegetarianesimo.

Tjallingii si è scelto quest'avvio di Giro d'Italia per dare un segno più che concreto alla propria partecipazione, eleggendo i primi zampellotti della corsa rosa come ideale terreno di caccia in cui far vedere a baldanzosi giovanotti come si può essere ultratrentenni più che vigorosi che si trascinano in un dignitosissimo finale di carriera. L'ha sperimentato Fedi nella tappa di ieri, l'ha sperimentato quest'oggi Cecchinel assieme al resto della compagnia, con il primato nel traguardo volante di Dundalk a fare da degna cornice ad una maglia blu che, almeno fino a Montecassino, nessuno dovrebbe portargli via.

Cecchinel e Tjallingii, i volti affaticati ma soddisfatti di un pomeriggio irlandese, in cui curiosamente si sono viste all'opera in fuga le stesse squadre della prima frazione, con l'aggiunta dell'Androni di Gianni Savio che, possiamo starne certi, vedremo ancora spesso protagonista nelle prossime giornate. L'auspicio però è che sempre più squadre possano rendersi protagoniste, se non per provare a sparigliare le carte in gruppo almeno per mettere in mostra qualche valido esponente. Che il Giro, si sa, di storie belle, anche a lieto fine, da raccontare ne ha sempre molte.

Vivian Ghianni

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