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Amstel Gold Race 2014: Più che Gilbert è Gilbtre - Philippe vola sul "suo" Cauberg. A podio Vanendert e Gerrans

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Terza Amstel Gold Race per Philippe Gilbert © Bettiniphoto

Ci sono luoghi e momenti particolari, unici. Uno di questi luoghi, non particolarmente attraente dal punto di vista estetico ma un'arcadia del ciclismo, è il Cauberg. Va bene, ma con tutte le salitelle olandesi che ci sono, perché scegliere proprio il Cauberg? Girare la domanda a Philippe Gilbert per comprendere. Un uomo cresciuto a Remouchamps, paesino ai piedi della Redoute, ma che sul Cauberg, in Olanda, ha dato il meglio di sé. Dal 2010 ad oggi qui ha vinto quattro volte, ma non solo all'Amstel Gold Race. No, tra la classica della birra del 2010, a cui ha abbinato quella dell'anno 2011, ed il Mondiale 2012 - stesso percorso nel finale, stesso arrivo di oggi - il vallone contava stamane tre centri (e moltissimi piazzamenti) in questi luoghi.

Proprio il Mondiale, quel Mondiale, era stato croce e delizia per il fuoriclasse belga: vinto quello e poco altro in un 2012 non brillantissimo, il primo alla BMC, nel 2013 era stato vittima di una maledizione che più che iridata era di Montezuma: solo una vittoria di tappa alla Vuelta. Ben poco per chi come lui, aveva abituato a portarsi a casa Brabante, Amstel, Freccia e Liegi nella stessa stagione (l'anno di grazia 2011). Il 2013 di Gilbert era parso subito un'altra pagina, con una squadra più compatta. Vincente, in poche parole.

Ci aveva provato qui e là, timidi (ma nemmeno tanto) allunghi alla ricerca del successo. Sarebbe arrivato, ma solo mercoledì scorso, alla Freccia del Brabante. Giunge all'Amstel da favorito, con la compagnia di Valverde e Kwiatkowski, tra tutti. Bene, li guarda in faccia, l'uno lo batte con il colpo di pedale (e parliamo del murciano), l'altro, il polacco, se lo mangia mettendo a frutto l'esperienza. Scatta sul Cauberg, e dove sennò? Scatta dove è solito scattare lui, nell'ultima curva a sinistra: se da lì esci in testa e conosci un minimo lo strappo simbolo di questa corsa, in cima ci arrivi, e il traguardo si fa più vicino.

Gilbert fa quello che tutti quanti si sarebbero aspettati da lui: un controllo degli avversari, un lancio (perfetto) da parte di Samuel Sánchez quando l'ultimo Cauberg si fa avanti, una rasoiata a cui né Kwiatkowski, né Valverde, né Gerrans, nessuno sa rispondere. Ammutoliti, testa e gambe, mentre Philippe s'invola verso il traguardo e mette in scena la replica, poco meno di due anni dopo, della cavalcata iridata.

L'immagine che resta non è né lo scatto tremendo, né il tre mimato con le dita - tante sono le Amstel nel palmarès del vallone - né l'esultanza estasiata, né il figlioletto, ora grandicello, che esulta sotto al palco con papà Philippe. No, l'immagine che colpisce è quell'indicare la scritta sulla maglia, BMC. Come a dire: vedete che so vincere anche in rossonero? Vedete che signora squadra che ho? In effetti. Quando è via la fuga del mattino, chi tira? La BMC più di tutte, con Michael Schär a cui va eretto un monumento. Quando si deve fare una bella selezione chi lancia l'uomo? Ancora la BMC, che sull'ultimo Cauberg fa partire Samuel Sánchez, illudendo Kwiatkowski, di fatto spianando la strada a Gilbert. Che si può volere di più?

Dieci in fuga dopo 13 km: ci sono anche Boem e Belletti 
Sono 192 i partenti dalla Piazza del Mercato di Maastricht, con Davide Rebellin in cerca la seconda vittoria in questa giovane classica, quasi sua coetanea. Il 42enne (va per i 43) della CCC Polsat è uno degli uomini faro della 49a Amstel Gold Race, visti anche i buonissimi risultati ottenuti recentemente, non ultimo il 7° posto alla Freccia del Brabante. Il più giovane è invece Matej Mohoric, sloveno subito catturato dalla Cannondale: nel 2012 ha dominato tra gli Juniores e vinto l'iride proprio qui a Valkenburg, nel 2013, passato tra gli Under 23, ha colto buonissimi risultati, tornando a vestire la maglia iridata a Firenze, ma da Under 23 primo anno. È un '94, sicuramente predestinato, ma da svezzare e non bruciare. Forse visti i bei ricordi, lo mandano in fuga appena superata la prima delle 34 côtes di giornata, lo Slingerberg, dopo 13 km. Con Mohoric troviamo un altro che da Valkenburg 2012 è tornato con l'iride, Alexey Lutsenko (Astana): fu il migliore degli Under 23.

Si uniscono Pim Ligthart (Lotto Belisol), Nicola Boem (Bardiani-CSF Inox), James Vanlandschoot (Wanty-Groupe Gobert), Manuel Belletti (Androni Giocattoli-Venezuela), Preben Van Hecke (Topsport Vlaanderen-Baloise), Pirmin Lang (IAM Cycling). Christophe Riblon (AG2R La Mondiale) e Jaroslaw Marycz (CCC Polsat) in un primo momento non entrano nel drappello, ma si ricongiungono in un secondo momento. I dieci prendono il largo ed al primo passaggio sul Cauberg - abbiamo già percorso 54.1 km, scalato sei côtes delle 34 in programma - hanno un vantaggio di oltre 14' sul gruppo. Dietro si vede il già citato svizzero della BMC Michael Schär a tirare il plotone, segno che i rossoneri vorranno concedere spazio e tempo, sì, ma non troppo a questa fuga: Philippe Gilbert e, in seconda battuta, Samuel Sánchez con Greg Van Avermaet, sono da proteggere.

Poco spettacolo, subito fuori Joaquim Rodríguez e Andy Schleck
Se Fiandre e Roubaix son corse che vanno disputate dal primo all'ultimo chilometro, non è certo da meno l'Amstel. Le sue stradine che ospitano poco meno di 200 corridori, i continui cambi di ritmo e qualche distrazione sono spesso alle radici di cadute. Andatelo a spiegare a Joaquim Rodríguez, che sulla prima delle tre classiche delle Ardenne puntava molto (anche perché mai l'ha vinta), e però si ritrova in terra dopo nemmeno un terzo di gara. È costretto all'abbandono. La Katusha rimane orfana del suo capitano, la Trek non se la passa meglio: Andy Schleck, come Purito, cade nelle prime fasi di gara, picchia un ginocchio, si rialza, prova a stringere i denti. Ma in queste zone stringendo i denti e basta non si va da nessuna parte, così il più giovane degli Schleck saluta tutti e se ne va. Di sicuro non sarebbe arrivato ai piani alti della classifica, la caduta taglia fuori lui e tutti i dubbi.

Tanto attendismo, BMC Orica e Movistar controllano
C'è da dire che la corsa stenta a decollare, dal punto di vista dello spettacolo. Non ce ne stupiamo, in fondo l'Amstel si è spesso decisa solo nel finale. In precedenza c'è da registrare il persistente ed ottimo accordo dei dieci battistrada, che dopo 52 km raggiungono il vantaggio massimo di 14'. Voliamo ai piedi del Vrakelberg, lo strappo numero 20. I fuggitivi hanno perso qualcosa, il gruppo è a 8'15", con 101 km da percorrere. Tengono banco i ritiri ed i ventagli (tentati e basta).

Questi ultimi, provati dall'Orica, tagliano in due pezzetti il gruppo quando mancano 90 km all'arrivo. Nulla di irreparabile, sia chiaro, tant'è che il plotone si ricomporrà senza patemi. Per quanto riguarda i ritiri, dopo Joaquim Rodríguez, Thomas Dekker, Andy Schleck e Nicki Sørensen, lasciano David Tanner, Haimar Zubeldia ed il nostro Daniele Ratto, una delle punte della Cannondale (con l'esperto Marcato, il giovane Villella che si testa su questi percorsi, quel gran faticatore di De Marchi). Caduta anche per Geraint Thomas, una settimana fa 7° a Roubaix, oggi costretto a dire addio anzitempo alla corsa. Simile sorte del gallese della Sky toccherà poco dopo all'irlandese della Garmin-Sharp, Daniel Martin, non caduto a dolorante ad un ginocchio: invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia, e così il vincitore della Liegi 2013 lascia quando mancano 70 km all'arrivo di Valkenburg.

In precedenza il gruppo era transitato sul Cauberg per la seconda volta (delle quattro totali), passando sotto lo striscione dell'arrivo con un ritardo di 6'38" rispetto ai battistrada. L'iniziativa dell'inseguimento veniva lasciata alla Movistar (infaticabile Jesús Herrada), davanti sul Cauberg, ma con Orica, Astana, BMC ed Omega Pharma-Quick Step ad aggiungersi. Michal Kwiatkowski, tra i favoritissimi per la vittoria, si fa vedere spesso e volentieri nelle prime posizioni del gruppo. Lui, di rischi, ne vuole prendere il meno possibile.

A 60 km dal traguardo i dieci di testa, pur sempre compatti, perdono terreno: il gruppo è a 4'44". A 50 km dall'arrivo tutta l'Omega Pharma-Quick Step davanti, poi Astana e BMC a blocco, prima del Gulpenerberg (côte numero 26), con i fuggitivi che vantano un credito di 3'02" gruppo a 3'02" (-47). Proprio sul Gulpenerberg, 600 metri al 10% di pendenza media, ma con pute del 15%, prova a lasciare i compagni d'avventura Nicola Boem. Il Bardiani allunga, Manuel Belletti pare l'unico capace di tenere la sua ruota, poi cede. Boem viene ripreso giusto dopo la côte (anche perché andare da solo su e giù per queste colline verdi non avrebbe avuto senso), mentre il gruppo procede in processione (un'altra via crucis). Dalla salitella successiva la musica cambierà.

Dopo il Kruisberg attacca Voeckler. Davanti restano in tre
Il lento ascoltato fino al Gulpenerberg diventa un timido rock poco prima del Kruisberg, quando Belkin e Giant-Shimano organizzano due treni, come se si arrivasse in volata ai piedi della côte numero 27. Proprio poco dopo la cima parte Thomas Voeckler, rapporto bello e impossibile, espressione delle sue. Lo seguono Zdenek Stybar, Pieter Weening, Greg Van Avermaet, Jakob Fuglsang e Tim Wellens. Gruppetto pericoloso, la BMC si mette a tirare. Davanti i battistrada sono sull'Eyserbosweg, la salita dell'antenne. Rimangono in tre: Boem, Van Hecke e Riblon. Non c'è tregua, ormai la gara è entrata nel vivo. Davanti il terzetto ha poco più di due minuti sul plotone, che a sua volta insegue il sestetto a poche decine di secondi. Il Keutenberg rimescola ancora una volta le carte in tavola.

Chi ci lascia le penne è Stybar, mentre Weening, Van Avermaet, Fuglsang, Wellens e Voeckler tentano di resistere al ritorno del gruppo. Alexandr Kolobnev si produce in uno scatto importante e si ritrova nel gruppetto dei contrattaccanti, presto raggiunto da un Björn Leukemans in stato di grazia e da Paul Martens. Lutsenko, ripreso, dà una mano al compagno di squadra, Jakob Fuglsang, poi scoppia. Voeckler vede che il gruppetto si guarda un po' troppo, scatta di nuovo e porta via gli uomini giusti per dar continuità all'azione.

Ai -28 troviamo così davanti Boem, Van Hecke e Riblon, con Martens, Leukemans, Weening, Van Avermaet, Fuglsang, Wellens, Voeckler, Kolobnev tra il terzetto ed il plotone. Ci prova anche Nibali, ma nessuno concede mezzo metro al siciliano, che torna alle corse oggi dopo il ritiro al Teide (l'ultima sua gara ufficiale è stata la Milano-Sanremo). Mentre Boem, che sul Keutenberg ha ceduto, si accoda ai contrattaccanti, in testa Riblon e Van Hecke imboccano l'ultimo Cauberg (e l'ultimo giro del circuito) con un vantaggio ancora importante: 1'44" sul gruppo, poco meno sui contrattaccanti. Sembra, per un attimo, che possano arrivare.

Orica attiva nell'ultimo giro, ma la BMC di Gilbert studia il trappolone
Con Riblon e Van Hecke in testa, anche i contrattaccanti imboccano il Cauberg. Il gruppo è tirato da Omega Pharma-QuickStep, BMC, Movistar ed Orica. Esce Tom Jelte Slagter e prova a riportarsi sui contrattaccanti, ma verrà risucchiato dal plotone. Al suono della campanella Van Hecke e Riblon hanno 16" di vantaggio sul plotone, che a sua volta deve recuperare 1'26" in 18 km ai due battistrada. Arriveranno o verranno raggiunti? La seconda. Sul Geulhemmerberg il gruppo vede i contrattaccanti e quasi li raggiunge, mentre la coppia di testa deve gestire 53": troppo pochi per arrivare. Proprio quando gruppo e contrattaccanti sembrano essersi ricongiunti, Pieter Weening rilancia, e l'azione rinasce.

Non dura molto la vigorosa reazione dell'olandese targato Orica, meglio invece ai -13 lo scatto di Jakob Fuglsang, molto attivo insieme a Greg Van Avermaet. Ai -11 si riportano su Riblon e Van Hecke, ma il gruppo è a 8". Siamo al Bemelerberg, penultima côte prima dell'ultimo Cauberg. Fuglsang è il più attivo, Van Avermaet ancora reattivo, Riblon tiene, Van Hecke invece cede. Con 230 km di fuga nelle gambe vanno a lui (ed a Riblon, che ancora ha forze da vendere) i complimenti di tutti. In cima al Bemelerberg esce Giampaolo Caruso con Tom Dumoulin e un Jan Bakelants, ma il plotone è lì, la fuga non dura ancora molto. Ai -7 la situazione è nuovamente di gruppo compatto, con gli uomini dell'Orica tutti davanti per Gerrans. Abbozzano un ventaglio, poi riscatta Vincenzo Nibali, in evidente fase di riscaldamento vero la Liegi di domenica. Discesa, attraversamento di Valkenburg, Cauberg finale. Ci si gioca tutto.

Sull'ultimo Cauberg c'è chi sbaglia e chi si chiama Philippe Gilbert
Non appena si svolta a sinistra e la strada inizia ad inerpicarsi, per la quarta ed ultima volta, verso la vetta del Cauberg, parte secco uno che fino a qualche settimana fa non aveva un contratto: Samuel Sánchez, ultimo uomo di Philippe Gilbert (giusto per far capire di che pasta è fatta questa BMC) allunga, Michal Kwiatkowski, che pare averne, di birra, gli va dietro. Ingenuità che pagherà a caro prezzo. Gerrans, Valverde e Gilbert sono alle spalle del polacco, che non appena vede esaurirsi l'azione di Samuel Sánchez si allarga, e con lui Gerrans e Valverde. Come avere in mano il libretto delle istruzioni per contrastare Gilbert eppure non usarlo. Il vallone della BMC, proprio in quell'ultima curva del Cauberg che tanto ama, butta giù un dente, scatta, e non vede nessuno alla sua ruota.

Tutti sapevano che avrebbe attaccato lì, ma chi è stato in grado di seguirlo? Gerrans ci prova, ma la pedalata dell'australiano, sullo sfondo, è tutt'un'altra cosa rispetto a quella di Gilbert, più agile e rotonda. Lì Philippe capisce di aver vinto, anche se al traguardo mancano 1800 metri, su per giù. Dietro, come accadde al Mondiale 2012, nessuno vuole tirare, e intanto Gilbert guadagna terreno. Kwiatkowski, Valverde, Gerrans, tutti si guardano, e Gilbert prosegue nella sua cavalcata. All'ultimo chilometro, con il poco (ma buon) vantaggio accumulato, Gilbert vede la sagoma di Michal Kwiatkowski che prova ad avvicinarsi tutto solo. Va bene essere bravi contro il tempo (anche contro il tempo!), ma Philippe ha già vinto.

Arriva sul traguardo senza un vantaggio smisurato, ma il tempo di esultare indicando la scritta sulla casacca, B-M-C, lo ha tutto. E tre, sono tre, le Amstel Gold Race in cascina. Alle spalle di Gilbert, riesumato (da chissà dove), spunta Jelle Vanendert, secondo a 5", mentre Simon Gerrans si prende il terzo gradino del podio, staccato di 6". Alejandro Valverde e Michal Kwiatkowski. seguno, sempre a 6", con Simon Geschke, Bauke Mollema, Enrico Gasparotto e Dani Moreno a 10". Decima piazza, a 12", per il nipponico Yukiya Arashiro, da qualche settimana a questa parte davvero fortissimo, quasi irresistibile. Seguono Leukemans, Matthews, Rebellin, Wegmann, Roux, Caruso, Rui Costa, Kreuziger, Kolobnev e Dumoulin.

Fatto salvo per Gasparotto, per Caruso che ha mostrato una buona gamba, per Nibali che ha fatto le prove di Liegi, per Boem e Belletti, in fuga ad onorare l'invito a Bardiani-CSF ed Androni Giocattoli-Venezuela, i nostri deludono. Fa specie vedere soprattutto Damiano Cunego, in palla ed uscito bene dal Giro dei Paesi Baschi, arrivare con Vincenzo Nibali, reduce da settimane di altura. Davanti c'è stato oggi un uomo più forte di tutti, ma gli altri non sono esenti da colpe: Kwiatkowski ingenuo ad inseguire sull'ultimo Cauberg Samuel Sánchez, Valverde moscio nel finale, e non arriva nemmeno il podio, Gerrans che a podio invece ci va, ma forse importa poco, al di là dei punti, perché poteva davvero giungere qualcosa di meglio.

Ma quando ci si trova di fronte a Philippe Gilbert, questo Philippe Gilbert, il ragazzino cresciuto ai piedi della Redoute, che la Liegi l'ha pure vinta, ma che ha ottenuto le maggiori soddisfazioni della carriera grazie al Cauberg, c'è davvero bem poco da fare. Nel 2011 vince Brabante ed Amstel, chiuse con Freccia e Liegi: oggi dice di essere più debole rispetto ad allora, di non pensare al filotto. Sarà, ma da un Philippe così, giunto a metà dell'opera, possiamo aspettarci davvero di tutto.

Francesco Sulas

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