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Mondiali su pista Cali 2014: Coledan e Viviani, bravi ma non basta - Disastro azzurro nell'Inseguimento femminile

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Ivan Kovalev festeggia l'oro nello Scratch, Elia Viviani non è contento di com'è andata a finire © Ufficio stampa Mondiali di CaliSi può gareggiare più o meno al meglio delle proprie possibilità e tornare a casa con un pugno di mosquitos? Da oggi Elia Viviani e Marco Coledan ne sono quantomai convinti. Entrambi impegnati in gara ai Mondiali su pista di Cali, in Colombia, uno nello Scratch e l'altro nell'Inseguimento individuale, si sono ben disimpegnati, hanno sicuramente dato tutto, eppure al primo sfugge davanti agli occhi il treno decisivo, a 20 giri dalla fine della sua prova; al secondo si prospetta la possibilità di entrare nel quartetto che andrà a giocarsi le medaglie, e invece alla fine il beffardo quinto posto ottenuto in qualifica lascia tanto d'amaro in bocca.

Due gare che avrebbero già potuto cambiare vigorosamente il segno della spedizione azzurra in Sudamerica, quando ancora mancano diverse prove in cui potremmo raccogliere qualcosa (quantomeno le due Corse a punti, con lo stesso Elia e con la Bronzini); e invece per questione di - lasciatecelo dire - inezie, il carniere resta vuoto.

L'Inseguimento individuale è una disciplina che, bisogna essere onesti, è in netto declino. Da quando non è più prova olimpica, i big del cronometro su pista tendono a disertarla, per concentrarsi su altre gare (compreso l'Inseguimento a squadre). Si è così aperto uno spiraglio per ragazzi volenterosi e dotati per le prove contro il tempo, pronti a prendere la scena in una delle più gloriose (per quanto bistrattate) sfide del ciclismo su pista. Marco Coledan è proprio uno di questi ragazzi. Classe '88, all'anagrafe ciclistica risulta come stradista (nelle file della Bardiani), ma nel tempo non ha mai smesso di frequentare gli anelli, come faceva con successo sin da ragazzo (campione europeo juniores 2006 proprio nell'Inseguimento).

A inizio novembre Coledan ha vinto in Coppa del Mondo a Manchester (un italiano non ci riusciva da 16 anni), e ora si è presentato a questi Mondiali con la speranza di entrare nei primi 5. Impresa difficile (visto che comunque non mancava qualche nome di spicco al via) ma non impossibile; certo, aver centrato in qualificazione proprio ed esattamente quel quinto tempo che vale di sicuro a livello assoluto, ma non basta per accedere alle finali, sa un po' di beffa. Il 4'22"641 della vittoria di Manchester è stato quasi perfettamente replicato: 4'22"741 oggi, ma in quattro sono scesi sotto questa soglia, andando a disputarsi la finale per l'oro (l'australiano Alexander Edmondson e lo svizzero Stefan Kueng), e quella per il bronzo (il neozelandese Marc Ryan e l'irlandese Ryan Mullen, il cui tempo - l'ultimo valido per il passaggio del turno - è stato 4'22"419, solo 32.2 centesimi in meno di Coledan al termine di una prova di 4 km).

A Coledan rimane la soddisfazione di potersi considerare ormai stabilmente un nome rilevante nella disciplina; non è del resto un caso che si sia lasciato alle spalle uomini importanti come Serov, Mora, Archbold, Irvine (che però più tardi sarebbe stato impegnato nel prediletto Scratch, quindi magari qualcosa qui avrà risparmiato), e il deludente Doull.

Le due finali non hanno quasi avuto storia: Ryan ha dominato quella per il bronzo (affibbiando all'avversario un distacco di oltre 1"7), mentre in quella per l'oro Kueng è rimasto in pratica ai blocchi di partenza, perdendo subito un secondo e mezzo da Edmondson, margine che è rimasto più o meno stabile fino ai 2000 metri e si è poi ampliato fino ai quasi 2 secondi e mezzo dei 3000 metri. Dopodiché, lo svizzero ha dato tutto nell'ultimo chilometro, mentre l'avversario iniziava a gestirsi, e ha così recuperato due interi secondi, cosa che non gli ha comunque permesso di dare la scalata all'oro. Alla fine Edmondson ha chiuso in 4'22"582 contro il 4'22"995 dell'elvetico. Visti i tempi (e fatta la tara al fatto che in genere le prestazioni peggiorano in finale), il 4'22"741 di Coledan, traslato nelle finali, sarebbe valso un argento.

Viviani e lo Scratch, invece. Il ragazzo ci ha messo davvero molto impegno, risultando uno dei migliori per due terzi di gara. Ordinatamente nelle prime posizioni del gruppo in avvio, proprio lui ha promosso, insieme al belga De Pauw, un contrattacco che mirava (e riusciva), tra i -48 e i -43 giri, a smontare la prima azione importante della prova, quella messa a segno (dai -52) dall'ucraino Lutsyshyn. Ai -41, di nuovo Viviani si è proposto in prima persona, seguendo un allungo del ceco Blaha e stimolando la reazione di diversi uomini di peso, da Irvine allo stesso Lutsyshyn. L'azione, più che altro un test, si è esaurita (con il rientro successivo di altri corridori e poi del gruppo) ai -32, e ai -30 è partito l'attacco decisivo della serata.

A condurlo, l'hongkonghese King Lok Cheung, al cui inseguimento si è messo Ivan Kovalev. Detto fatto, nel giro di tre tornate l'asiatico ha guadagnato il giro, imitato poco dopo anche dal russo. Il gruppo, visto che gli si stavano involando un paio di medaglie (una volta guadagnato il giro, nell'ordine d'arrivo si sarà ovviamente in vantaggio rispetto a tutti gli altri, indipendentemente dal piazzamento nello sprint conclusivo), ha promosso una bella azione di contropiede. Diciamo bella perché, insieme a Irvine, Parra e Kennett, c'era ancora una volta lui: Viviani.

Partiti in caccia ai -26, i quattro davano l'impressione di poter effettivamente prendere il giro, senonché ai -21 quel diavolo d'un irlandese (ci riferiamo a Martyn Irvine, campione uscente della specialità) ha aumentato il ritmo, togliendosi letteralmente di ruota i colleghi d'avventura. Il buon Viviani, col colombiano Parra, ha provato in tutti i modi a chiudere quel buco, ma è rimasto lì a bagnomaria, mentre Irvine andava a prendere il giro in maniera spettacolare: dapprima raggiungendo un paio di ritardatari, quindi riportandosi in gruppo insieme a loro: operazione completata ai -8, dopo che il drappello dell'azzurro era stato ripreso (ai -10), e giusto in tempo per respirare in vista della volata conclusiva, con la sicurezza di una medaglia in tasca, visto che ormai rimaneva troppo poco perché qualcun altro riuscisse a guadagnare il giro.

Ci ha provato ancora Lutsyshyn, partito proprio mentre Irvine rientrava in gruppo, ma non è riuscito a far altro che anticipare di poco il plotone, conquistando il quarto posto. Tra gli inseguitori, la volata l'ha vinta il sudafricano Hoffman davanti al tedesco Beyer e a Kennett; ma come detto, quel che contava era il piazzamento dei tre che avevano preso il giro, e tra di essi il primo è stato Kovalev, mentre Irvine si accontenta dell'argento davanti a Cheung. E Viviani? Il modesto 15esimo posto conclusivo (poi diventato 14esimo in seguito alla squalifica di Parra) dice veramente poco della prova del veronese, coraggiosa e dispendiosa; probabilmente il cedimento ai -21 giri è figlio non solo dell'indiscutibile forza di Irvine, ma anche di una condizione che - essendo calibrata anche sulla stagione su strada - non può essere la migliore possibile in questa fine di febbraio.

Se Coledan e Viviani hanno ben figurato nelle rispettive gare, passare a parlare del quartetto azzurro nell'Inseguimento a squadre femminile equivale ad autoinfliggerci una pugnalata. Avevamo assistito con crescente interesse ai miglioramenti delle inseguitrici negli ultimi mesi, attraverso incoraggianti prove di Coppa del Mondo (il culmine in senso prestazionale è stato il 4'33"756 fatto segnare sulla veloce pista di Aguascalientes in dicembre, mentre il piazzamento migliore è stato il settimo posto di Manchester). Il quartetto di Coppa era imperniato su Simona Frapporti e Beatrice Bartelloni, con Maria Giulia Confalonieri inseritasi ottimamente nelle ultime due prove (a scapito di Silvia Valsecchi), e con Elena Cecchini pronta a fungere da quarto elemento del gruppo.

Chissà perché, in un meccanismo che, se non proprio perfetto, era già abbastanza oliato, il ct Salvoldi ha deciso di innestare Marta Tagliaferro al posto della Bartelloni (che invece gareggerà nell'individuale, come la Confalonieri). Intendiamoci: massimo rispetto per Marta, ma probabilmente non era, per caratteristiche, la più adatta per essere gettata nel calderone dell'Inseguimento a squadre in una manifestazione così importante come quella iridata, che - capirete - non è la più adatta per fare esperimenti.

Di fatto - e purtroppo - proprio la Tagliaferro ha perso le ruote delle compagne ancor prima dei 3 km; ma visto che i tempi vengono presi sul terzo atleta a tagliare la linea d'arrivo, ancora la disfatta non era compiuta; lo sarebbe stata di lì a poco, quando, ai 3250 metri, anche la Cecchini s'è staccata da Frapporti e Confalonieri. Ecco spiegato il disastro del 4'54"105, un tempo di oltre 20" superiore al record di Manchester, e in assoluto inconcepibile per un Mondiale. Nessuna sorpresa, quindi, che sia valso alle azzurre l'undicesimo e ultimo posto, a oltre 4" dalle formazioni immediatamente precedenti (Belgio decimo e Colombia nona).

Nella finale per l'oro ci è andata l'ovvia Gran Bretagna (che detiene il super record di specialità, 4'16"552), ma a sfidare non l'Australia (come ci si poteva attendere), bensì il Canada, il cui quartetto è stato ottimo secondo in batteria. Le Aussie si sono poi sfogate facendo letteralmente a pezzi la malcapitata Polonia, raggiunta e quindi battuta dopo appena 3 km della finalina; le altre due nazionali hanno invece dato vita a una finalissima assai battagliata, per merito soprattutto delle nordamericane, le quali dopo un iniziale assestamento, sono risultate incontenibili fino ai 2500 metri, mettendo insieme oltre un secondo di vantaggio sulle britanniche.

La favola al sapor d'acero è sfumata quando Allison Beveridge ha perso contatto dalle tre compagne, obbligate nell'ultimo chilometro a fronteggiare in tre il furente ritorno delle campionesse in carica. Laura Trott, Joanna Rowsell e le giovanissime Elinor Barker e Katie Archibald si sono così prese l'oro, con il tempo finale di 4'23"407 contro il 4'24"696 delle canadesi (le citiamo: oltre alla Beveridge, hanno gareggiato Laura Brown, Jasmin Glaesser e Stephanie Roorda).

In tema di gare cronometrate, ma molto più rapide di un Inseguimento, è rimarchevole la seconda medaglia d'oro conquistata in due giorni da Miriam Welte. Dopo aver vinto ieri - in magica accoppiata con Kristina Vogel - la Velocità a squadre, la tedesca si è imposta oggi nei 500 metri. A fare un primo tempo ragguardevole è stata la favorita della vigilia Anna Meares, detentrice del primato mondiale con 32"836, che qui ha fermato i cronometri sul 33"548. La cubana Lisandra Guerra ha provato a insidiare l'australiana, fermandosi però a 33"845; la Welte, partita per penultima, non ha invece fatto prigionieri: al comando già a metà gara, si è giovata di un 33"451 che le ha permesso di scavalcare la Meares e di difendersi dal successivo assalto della russa Anastasya Voinova, fermatasi al bronzo con 33"789.

Appassionanti e palpitanti come sempre, poi, le gare del Keirin: dopo i primi turni senza grosse sorprese, le due semifinali hanno visto da un lato la qualificazione di François Pervis, Maximilian Levy e Jason Kenny (ai danni di Crampton, Perkins e Volikakis); dall'altro, un prologo contestato e un epilogo drammatico. La raccontiamo, la seconda semifinale: si è partiti dalla squalifica del neozelandese Van Velthooven, reo di aver superato con la sua ruota anteriore la posteriore del derny che faceva l'andatura nei primi giri della gara.

Ripartiti in cinque, all'inizio del penultimo giro il tedesco Eilers ha attaccato dall'ultima posizione allargandosi sulla parabolica e sfruttando la spinta nella successiva discesa. Alla sua ruota, il colombiano Fabian Puerta, che ha non poco infiammato gli umori del pubblico di casa. Coi due citati che hanno preso la testa del trenino, sul rettilineo finale l'australiano Glaetzer ha tentato di rimontare, affiancando il malese Awang, e facendo per superarlo e andare a sprintare per la vittoria nell'ultima tornata. Ma l'asiatico, quasi in trance agonistica, ha alzato il gomito destro, senza toccare l'avversario, ma sbilanciandolo: la bici di Glaetzer si è intraversata e lui è volato giù, mentre l'ultimo giro non ha modificato le posizioni ivi costituitesi: al traguardo i passaggi sono stati Eilers-Puerta-Awang-Buchli, ma poi il malese è stato squalificato, e ha trovato quindi l'accesso alla finale l'olandese (già bronzo un anno fa).

La gara conclusiva è iniziata con Pervis a guidare il sestetto (dietro al derny), e si è accesa quando Levy, dall'ultima posizione, è risalito fino alla prima nel momento in cui il derny (a 2 giri e mezzo dalla conclusione) si è spostato. A un giro e mezzo dalla fine, però, Pervis è riemerso prepotentemente, trascinando alla sua ruota un Puerta che iniziava ad annusare profumo di medaglia. Ma Levy non ci stava: all'uscita dalla penultima parabolica il tedesco, vistosi affiancato dal rimontante Kenny, si è allargato. Troppo, e in maniera troppo rude, ovvero dando una mezza spallata al britannico, e ottenendo il risultato di finire pesantemente a terra (con tanto di botta di testa, per fortuna senza conseguenze).

Non solo: Kenny, venendo toccato e dovendosi allargare, ha di fatto perso il ritmo, finendo fuori dai giochi (che intanto vedevano Pervis guidare sempre davanti a Puerta, mentre Buchli, rimasto su linee interne, approfittava del marasma che succedeva in alto); l'altro tedesco Eilers, che era a ruota di Kenny, si è allargato ancor di più, ma ha avuto più spinta per il finale, non riuscendo ad ogni modo a superare Buchli, e rimanendo giù dal podio, mentre Puerta provava in tutti i modi a strappare l'oro dal collo di Pervis, ma doveva - per stavolta - arrendersi alla maggior classe ed esperienza del francese. La squadra colombiana e i suoi tifosi sugli spalti hanno comunque festeggiato con grande allegria un argento forse inatteso ma comunque meritato.

Il medagliere, dopo due giorni e nove gare, vede al comando l'Australia (due ori, un argento e un bronzo) davanti alla Germania (due ori e un argento); Russia e Nuova Zelanda terze vantano un oro e due bronzi e precedono Francia e Gran Bretagna (un oro e un bronzo) e Belgio (un oro); con un argento ci sono Canada, Colombia, Svizzera, Irlanda, Polonia, Danimarca e Cina; con un bronzo troviamo Olanda e Hong Kong. 16 nazioni rappresentate, manca (ancora) l'Italia. Diciamo "ancora" perché già domani, chissà... avendo Viviani in gara nella Corsa a punti, magari qualcosa di buono potrà arrivare.

In casa azzurra scenderanno in pista anche Bartelloni e Confalonieri nell'Inseguimento femminile (ma qui le prime posizioni non sono certo a portata di mano), e inoltre avremo Francesco Castegnaro impegnato nelle prime tre prove dell'Omnium (che distribuirà le medaglie sabato, ma qui il podio per noi è concetto proibitivo); completano il programma della terza giornata i primi turni della Velocità femminile (in cui, ahinoi, non abbiamo rappresentanti) e la finale del Chilometro maschile, in cui François Pervis punta dritto al secondo oro, e in cui l'Italia sarà, ancora una volta, assente.

Marco Grassi

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