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Mondiali su pista Cali 2014: Nuova Zelanda, nuova frontiera - Velocità, Germania spodestata. Giorgia Bronzini nona nello Scratch

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La Nuova Zelanda festeggia, la Germania cede lo scettro della Velocità a squadre © www.nzherald.co.nzIniziare il Mondiale su Pista con una medaglia avrebbe fatto tutto un altro effetto, lo dobbiamo riconoscere; e il fatto che nella prima finale schierassimo una certa Giorgia Bronzini ci aveva spinto quasi a credere in questa possibilità. Purtroppo per noialtri la finale in questione non era quella a lei più congeniale, cioè la Corsa a punti (in programma sabato), bensì quella - ben più imponderabile nel suo svolgimento - dello Scratch.

La gara, da disputarsi sui 10 km (40 giri) è iniziata con lunghe fasi di studio, finché prima la ceca Machacová, poi l'irlandese Ryan hanno provato ad aumentare l'andatura. Quest'ultima è stata tampinata proprio dalla Bronzini, che ha dimostrato così una certa promettente attenzione. A 28 giri dalla conclusione è iniziata l'azione solitaria più lunga della gara, condotta dalla tedesca Pohl, la quale è partita fortissimo ma non è riuscita a guadagnare il giro, ed è stata quindi riassorbita ai -19; col gruppo impegnatissimo a inseguire la tedesca, le fasi centrali della prova sono state abbastanza lineari: nessun contrattacco, nessuna fuga in avanti. Dopo che la Pohl è stata raggiunta, le atlete sono entrate in modalità stand-by, un po' per recuperare gli sforzi dell'inseguimento, un po' per capire come muoversi.

Tale momento di stallo è stato interrotto da un bellissimo boato, quello del folto pubblico di Cali (non l'abbiamo ancora scritto, ma i Mondiali si svolgono in Colombia), che così ha accolto l'improvviso scatto della beniamina di casa Jannie Milena Salcedo, a 14 giri dalla conclusione. La volpe russa Romanyuta, fiutando la possibilità di un'azione decisiva (da condurre in porto sulle ali dell'entusiasmo del velodromo), non ci ha pensato su due volte, e ha deciso di andare a prendere la colombiana, chiudendo su di essa ai -12. E l'azione, col contributo della russa (reduce dal bronzo 2013 nella specialità), ha assunto tutto un altro calibro, tanto che il gruppo, per attivarsi al più presto e andare a chiudere, si è anche frazionato.

In questo frangente è stata proprio la Bronzini in prima persona a lavorare (con successo, dopo essere rimasta intruppata nelle retrovie) per chiudere il gap col primo drappello inseguitore. Quando dietro si sono ricomposte, la Romanyuta ha capito che per quell'azione a due non ci sarebbe stato scampo (anche perché il margine non era aumentato in maniera considerevole), e allora s'è rialzata, lasciando la Salcedo al proprio destino, ovvero quello di resistere un altro mezzo giro lì davanti prima di scoppiare, ai -9.

La Pohl ci ha allora riprovato, ma era chiaro a tutte che non sarebbe andata da nessuna parte, dopo il gran dispendio della sua prima azione. È stata allora Caroline Ryan a promuovere un nuovo attacco ai -7, confermando la bontà della scelta della Bronzini (che la marcava dall'inizio), ma non il tempismo della piacentina (visto che nell'occasione non ha colto l'attimo); chi invece s'è fidata delle gambe dell'irlandese è stata la belga Kelly Druyts, che si è accodata ai -6, dando un impulso determinante all'azione. E quando, ai -5, dietro hanno iniziato a guardarsi un po' troppo, è stato chiaro che il gruppo lottava per il bronzo; o per l'argento, visto che la Ryan, ai -4, si è inopinatamente staccata dalla collega, rimasta sola ad involarsi verso il successo.

Mentre la Druyts vinceva a braccia alzate, la Ryan veniva raggiunta all'ultima curva dal gruppo lanciato nello sprint per il secondo posto. A vincere il quale è stata la polacca Katarzyna Pawlowska, bicampionessa uscente, davanti alla Romanyuta (rieccola!), all'americana Valente, alla francese Berthon, alla spagnola Olaberria, alla cubana González Valdivieso e alla britannica King. Al nono posto, la Bronzini. Un piazzamento che non deve farci impressione: lo scorso anno, tanto per dire, Giorgia fu undicesima nello Scratch ma conquistò il bronzo nella Corsa a punti.

Tanta dovizia di particolari sulla prova che più ci riguardava da vicino rischia di togliere spazio ad altre vicende ugualmente interessanti. Su tutte, la caduta della Germania dal trono della Velocità a squadre maschile. Il terzetto tedesco, abituato agli allori (non solo campione uscente, ma tre volte Mondiale negli ultimi 4 anni), è stato clamorosamente battuto in finale dalla Nuova Zelanda. Ethan Mitchell, Sam Webster e Edward Dawkins avevano già fatto segnare il miglior tempo nelle qualificazioni (43"065 contro il 43"301 dei tedeschi), ma si sa che la finale è un'altra storia.

In effetti, nella sfida diretta, la Germania è partita davanti: 21 millesimi guadagnati al primo giro (con Rene Enders contro Mitchell), altri 16 millesimi messi insieme da Robert Förstemann su Webster; il margine di 37 millesimi, però, era davvero troppo risicato per lasciare i tedeschi al riparo da sorprese nell'ultimo giro. E qui Dawkins ha fatto il suo capolavoro, rimontando su Maximilian Levy e superandolo di giustezza (i cronometri si sono fermati su 45 millesimi in favore della Nuova Zelanda: 42"840 contro 42"885), permettendosi pure il lusso di dare un'occhiata al rettilineo opposto prima ancora di tagliare il traguardo: voleva vedere se il suo avversario diretto era in svantaggio.

Al terzo posto la Francia di un gran Michaël D'Almeida, bravo a ribaltare nell'ultimo dei tre giri una situazione che vedeva fin lì la Russia al comando della finalina. Fuori dalle medaglie due nazionali simbolo della specialità negli ultimi anni, la Gran Bretagna (quinta) e l'Australia (sesta): prese in un momento di ricambio generazionale, è evidente che entrambe non hanno ancora rielaborato i meccanismi che le hanno rese grandi nel recente passato.

Chi continua a non tradire i tifosi tedeschi è invece la splendida coppia della Velocità a squadre femminile, formata da Miriam Welte e Kristina Vogel, al terzo titolo mondiale consecutivo (vittorie inframezzate, tanto per gradire, anche da quella olimpico). Le due, simbiotiche come nel ciclismo forse solo i fratelli Schleck (a differenza dei quali, però, sono ultravincenti...), hanno semplicemente dominato, sia in batteria (prime col tempo di 32"575) che in finale contro la Cina, a cui hanno affibbiato 8 decimi di distacco in due giri, segnando pure un tempo niente male (32"440, il record - che appartiene sempre a Welte-Vogel - è di 32"153) su una pista non esattamente velocissima. Rispetto al monologo tedesco per l'oro, molto più combattuta era stata la finale per il bronzo, con la Gran Bretagna (Rebecca James sugli scudi) che ha avuto la meglio sulla Russia (a cui vanno due quarti posti tra uomini e donne: non c'è male).

Inutile dire che l'Italia non era in gara né nel maschile né nel femminile (così come non sarà in gara nelle prove individuali della Velocità). Una squadra azzurra però è scesa in pista, e si tratta del quartetto dell'Inseguimento a squadre. La batteria di qualificazione non è stata foriera di gloria per i nostri Elia Viviani, Liam Bertazzo, Marco Coledan e Paolo Simion: undicesimi su 13 con un tempo di 4'06"165, praticamente 6" peggio della Danimarca prima nel turno eliminatorio (4'00"176 il tempo di Casper Von Folsach, Lasse Hansen, Rasmus Quaade e Alex Rasmussen). Non ci aspettavamo troppo di più, dal quartetto, che ha davanti a sé una strada ancora lunga prima di avvicinare le nazionali faro della specialità: andrà meglio nell'individuale, con Coledan? Forse, chissà, aspettiamo, speriamo.

Dalle finali è rimasta esclusa, anche qui, la Gran Bretagna, autrice di un mediocre 4'04"419 e molto lontana dalle prime quattro posizioni (ottava), ovvero quelle che garantivano l'accesso alle finali e che sono state occupate, oltre che dalla Danimarca, da Australia, Nuova Zelanda e Russia; quest'ultima, nella finalina contro gli all-blacks, le ha buscate sonoramente, rimanendo quasi sempre dietro rispetto ai neozelandesi lungo i 4 km che l'hanno portata alla terza medaglia di legno in 4 gare, impresa non così scontata... Ma il meglio doveva ancora venire: la finalissima tra Danimarca e Australia vedeva il quartetto scandinavo, forte del bronzo ottenuto 12 mesi fa a Minsk, andare all'assalto del titolo detenuto proprio dagli oceanici. Per metà gara, abbiamo avuto l'impressione che il risultato delle qualificazioni fosse pronto ad essere replicato: danesi avanti, con un vantaggio costantemente tra i due e i tre decimi.

Ai due km, però, Rasmussen e soci hanno iniziato a subire il ritorno australiano, che si è concretizzato nel sorpasso operato ai 2.5 km. Da lì alla fine, non c'è stato più nulla da fare per gli "sfidanti": Glenn O'Shea ha guidato in maniera perfetta il quartetto completato da Alexander Edmondson, Mitchell Mulhern e Miles Scotson (staccatosi invero proprio dopo aver tirato per finalizzare il sorpasso ai danesi) verso il 3'57"907 che vale l'oro, contro il 3'59"623 della Danimarca.

Il medagliere alla fine della prima giornata vede la Germania al comando (1 oro e 1 argento) davanti a Nuova Zelanda (1 oro e 1 bronzo), Belgio e Australia (1 oro), Polonia, Danimarca e Cina (1 argento), Russia, Francia e Gran Bretagna (1 bronzo).

Domani il programma prevede il torneo dell'Inseguimento individuale maschile (in cui ci giochiamo Marco Coledan, vincitore di una prova di Coppa del Mondo quest'anno), quello del Keirin (in cui non schieriamo nessuno), e la finale dello Scratch, in cui Elia Viviani potrebbe addirittura giocarsi una medaglia. Tra le donne, la gara dei 500 metri sarà priva di azzurre, ma in compenso avremo il quartetto in pista nell'Inseguimento a Squadre: Elena Cecchini, Maria Giulia Confalonieri, Simona Frapporti e Marta Tagliaferro hanno esibito incoraggianti progressi negli ultimi mesi (a dire il vero, spesso è schierata Beatrice Bartelloni, che qui si dedicherà alla prova individuale). Vedere che il trend continua ad essere positivo sarebbe già una mezza vittoria per noi.

Marco Grassi

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