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Mondiali Ciclocross WE 2014: Un Eden d'argento, Eva la prima donna - Settimo titolo per la Vos, Lechner seconda

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Eva Lechner con l'argento mondiale appena conquistato. A fianco, la 7 volte iridata Marianne Vos © Bettiniphoto

Due cavalcate, così diverse e così intense. Intrise di aspettative, significati, voglia di fare, e bene, il proprio lavoro. Come sono diverse, monumentali, semplicemente felici, alla fine, Eva Lechner e Marianne Vos.

L'olandese s'è appena riconfermata Campionessa del Mondo, conquistando il settimo oro mondiale, il sesto consecutivo. Ma Eva da Appiano, Bolzano, signori, ha dato prova di essere una vera e propria leonessa. Che fosse lei l'unica quasi certezza italiana di tornare da Hoogerheide con una medaglia al collo, era ben noto anche alla vigilia. Che riuscisse a tenere il passo di Marianne Vos in tutto il primo giro, francamente, non ce lo saremmo aspettato.

Invece Eva era lì davanti, a ruota del Fenomeno, pedalava in scioltezza, prendeva il largo con la Vos. Che sarà sì una cannibale (e - parola di scout - non ripeteremo l'abusato sostantivo oltre, per oggi), ma con il suo forcing mantenuto splendidamente da Eva ha permesso di fatto all'azzurra di scavare quel gap con il resto del Mondo, ed alla lunga di conquistare un argento che è storia. Mai nel ciclocross un'italiana aveva assaggiato il sapore di una medaglia, né era salita su un gradino qualsiasi di quel magico podio iridato.

C'è voluta una biker prestata al ciclocross per compiere l'impresa. Da quando a Namur Eva Lechner aveva iniziato a correre le gare di cross - era il 22 dicembre 2013, avrebbe colto un bel 4° posto - le sorti dell'Italia si erano risollevate. Eva in Coppa aveva colto due bronzi - anche qui siamo di fronte ad un primato - ma, quel che più conta, aveva quasi sempre lottato con le migliori. Un bel secondo posto a Diegem, nel Superprestige del 29 dicembre scorso, completa il quadro, chiude il cerchio dei motivi per cui le speranze riposte nell'altoatesina erano elevate.

E mica ha tradito, anzi, forse per il primo giro ha fatto ben oltre quanto ci si aspettasse da lei. Dopo, è chiaro, restare con Marianne Vos per tutti e quattro giri, quasi quaranta minuti, era pressoché impossibile, ma fa niente. Anche perché questo storico argento, retoricamente, vale come un oro (e però argento resta), visti i modi con cui è arrivato e l'avversaria che ha battuto Eva Lechner.

Se davanti all'altoatesina c'era già da levarsi tanto di cappello, si dovrebbe andare ancora oltre con Marianne Vos. Questa ragazza in un campo di cross c'è nata, corre per divertirsi. E per vincere. Ora, siamo di fronte ad una che da sei stagioni a questa parte veste la maglia iridata, già conquistata nel 2006 (stesso anno in cui, all'esordio tra le Élite, s'impose con un'altra maglia iridata, quella su strada, a Salisburgo).

Sette ori nel cross, tre su strada (e le cinque volte che è andata male ha colto l'argento), due preziosissimi metalli alle Olimpiadi (a Pechino su Pista, Corsa a Punti, a Londra su strada), due su pista, tra 2008 e 2011 (alla faccia di chi dice che l'anello è deleterio per le stradiste). E qui ci fermiamo, perché stiamo già annoiando. Basti solo sapere, per capire la grandezza di questa ragazzina, che per quanto riguarda il cross, da oggi il suo nome sarà accostato a quello di De Vlaeminck. Non Roger, ma del fratello maggiore Eric, l'unico che vinse sette ori al Mondiale.

Se si correva in casa della Vos - Hoogerheide si trova nel Brabante del Nord - con il pubblico dalla sua ed un circuito che poteva favorirla, nessuno le diceva che Katie Compton non avrebbe provato ad infastidirla (a sua volta infastidita dall'asma), cercando di strappare la prima maglia iridata di una lunga carriera.

Non che gli anni scorsi le vittorie della Vos fossero scontate (anche sì, se proprio dobbiamo dirla tutta), però si arrivava ai Mondiali con il Fenomeno reduce da fiumi di vittorie e rare batosta. Quest'anno, fino al 5 gennaio, alla gara di Roma, vedere Katie Compton con l'oro al collo era ben più che una possibilità.

Sono bastate due settimane di sosta, la condizione della Vos crescente (anche in vista dei prossimi impegni su strada), la Compton discretamente spremutasi per stravincere la Coppa del Mondo, ed arriviamo al 19 gennaio con la ragazza di Meeuwen vincente al Soudal Cyclo-cross di Leuven. Una settimana fa si portava a casa l'ultima prova di Coppa del Mondo, a Nommay.

Ok, la Vos pativa un attacco d'asma, ma il colpo di pedale di Marianne Vos era quello dei tempi migliori. Oggi chi è partita a spron battuto non è stata Marianne Vos, e sarebbe una consuetudine, ma Eva Lechner, che per prima ha imboccato il circuito pesantuccio ma non eccessivamente impegnativo di Hoogerheide.

Katie Compton - sarà l'emozione, sarà la tensione, l'asma o proprio la sfiga - restava nelle retrovie, cascava e nel rialzarsi in modo fulmineo si incastrava con un'altra atleta. Perdeva tempo, una decina di secondi. Davanti Vos e Lechner davano già le prime sgasate. Non che la statunitense fosse fuori dai giochi appena partita, ma poco ci mancava.

La prima tornata era un fiume di emozioni: per Marianne Vos, incitata a gran voce dal pubblico di casa, e per Eva Lechner, che di rado aveva tenuto la ruota del Fenomeno con tanta serenità. Il passaggio vedeva Vos e Lechner guidare, con la britannica Helen Wyman ad inseguire, agguerritissima a 19". Ellen Van Loy era staccata di 22", Pauline Ferrand-Prévot ci credeva, a 28", aiutata dal duo belga formato da Sanne Cant e Loes Sels. Katie Compton inseguiva già ed era 10a a 29" dalla Vos. Troppo? Probabilmente sì, e allora la statunitense sparava tutte le cartucce della rimonta.

Nel secondo giro Marianne Vos, approfittando di una discesa nemmeno troppo insidiosa (ma pur sempre il suo pane), lasciava sul posto Eva Lechner. Fine della storia. Marianne se ne andava, come le abbiamo visto fare milioni di volte. Dietro ci si giocavano le altre due medaglie. Sì, perché Eva Lechner continuava a pedalare bene, seppur staccata dalla Vos, ma dalle retrovie la coppia formata da Sanne Cant (che motore questa ragazza che non scopriamo oggi, ma che fatica ad inanellare vittorie pesanti!) e Katie Compton faceva un bello scherzetto ad Helen Wyman.

A due giri dal termine Vos comandava, Lechner inseguiva a 23", Cant a 48", Wyman e Compton a 51". La britannica però perdeva terreno, Cant tirava a lungo e Compton sfruttava il lavoro della belga, passando al terzo posto provvisorio. Chiunque avrebbe temuto per Eva Lechner, con la stessa azzurra che di tanto in tanto si voltava. Helen Wyman era invece ormai considerata fuori dai giochi di medaglia. E invece... La lampadina di Katie Compton nella seconda metà del penultimo giro si spegneva, l'asma tornava. La statunitense agilizzava la pedalata mentre Helen Wyman si riportava su Sanne Cant. Addio sogni di gloria, e di medaglia, per Compton.

Al suono della campanella indicante l'inizio dell'ultimo giro Vos guidava su Lechner con un margine di 52". A 1'09" Cant e Wyman, a 1'27", completamente alla deriva, Katie Compton. Se il quarto posto era già deludente per la statunitense, l'ultima tornata avrebbe permesso ad altre cinque atlete di surclassarla: Nikki Harris, Loes Sels, Lucie Chainel-Lefevre e la giovane Thalita De Jong (teniamo d'occhi la classe '93, da due anni alla Rabo Liv di Marianne Vos...) la passavano.

Davanti Marianne Vos completava l'ennesima marcia trionfale della carriera, arrivando a quota sette Mondiali vinti nel fango: nessuna e nessuno, tranne Eric De Vlaeminck, come lei. In un rettilineo finale affollato di bandiere olandesi, basche, e di mille altre nazioni (vabbè, anche meno), Marianne Vos tagliava il traguardo.

Un successo pesante come il fango di Hoogerheide, leggero come la nuova, o vecchia, oppure ancora una volta iridata, che sul podio ha mostrato che l'emozione, lassù sul gradino più alto, si sente. Eva Lechner concludeva una prova come nemmeno nei migliori thriller: scivolata prima del rettilineo finale, con Cant e Wyman a pochi secondi, ma il secondo poso era assicurato. Tagliava il traguardo 1'07" dopo Marianne Vos, esultando come se avesse vinto. Ed in effetti ne aveva ben donde.

La lotta per il bronzo era una volata a due tra Sanne Cant ed Helen Wyman, che pareva scoppiata: la spuntava la britannica, con un ritardo di 1'17". Quinto posto per la britannica Nikki Harris, a 2'33", con la francese Lucie Chainel-Lefevre a 2'44", la belga Loes Sels a 2'47", l'ottima Thalita De Jong a 2'52", katie Compton, in caduta libera, nona a 2'58". Appena davanti alla decima, Caroline Mani. Un'altra francese che puntava in alto ed aveva iniziato, bene Pauline Ferrand-Prévot, chiuderà solo 17a, mentre una meno giovane della bionda treccia, Hanka Kupfernagel, classe '74 eppur brillante dopo il giro, è stata costretta al ritiro da problemi di stomaco.

Le altre italiane, prima della festa di stasera per Eva Lechner, si erano impegnate (una in particolare, Elena Valentini, aveva incanalato buona parte dell'impegno per non lasciar le penne sotto una transenna olandese, una volta caduta): Arzuffi la migliore dopo Lechner, 19a a 3'53". La trevigiana Francesca Cauz erà 28a a 5'04" mentre Elena Valentini era 33a a 6'43".

Una gara corsa da leonesse. Leonesse da fango, due in particolari più graffianti delle altre. Marianne Vos, professione vincere, divertire e divertirsi, tornata la mattatrice di sempre dopo qualche settimana di rodaggio, ed Eva Lechner. Che zitta zitta, gareggiando in MTB e correndo nemmeno troppo nel cross, porta a casa una medaglia d'argento davvero ben più preziosa. Una sola parola da dividere in due: chapeau!

Francesco Sulas

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