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Giro d'Italia Ciclocross 2013: La stagione parte dal mare dell'Elba - Intervista al ct Fausto Scotti: «Quant'è difficile resistere!» | Cicloweb

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Giro d'Italia Ciclocross 2013: La stagione parte dal mare dell'Elba - Intervista al ct Fausto Scotti: «Quant'è difficile resistere!»

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Il ct azzurro Fausto Scotti ai piedi del podio della prova di Coppa del Mondo di Roma 2013, con Marco Aurelio Fontana che conquistò il bronzo dietro a Kevin Pauwels e Niels Albert © BettiniphotoLo "becchiamo" via telefono mentre è alle prese coi piccoli grandi problemi di chi organizza gare di ciclismo, e tra uno «spostalo di là» e un «tiralo più su, sennò la telecamera...», Fausto Scotti, ct del ciclocross e organizzatore in proprio, lascia per qualche minuto i suoi collaboratori sul campo e ci presenta il Giro d'Italia di Cross che partirà domenica con la prima tappa a Portoferraio, Isola d'Elba; tappa alla quale seguiranno altri 6 appuntamenti (Petrignano d'Assisi il 9 novembre, Brugherio il 17 novembre, Silvelle di Trebaseleghe il 1° dicembre, Rossano Veneto il 7 dicembre, Fanzolo di Vedelago il 15 dicembre, Paterno il 29 dicembre).

«Saranno 7 tappe, coordineremo il tutto come ASD Romano Scotti, appoggiandoci a società del posto; rispetto al passato c'è la new entry di Vedelago, mentre la tappa di Rossano Veneto è stata fortemente voluta dalla famiglia Bigolin (che possiede la Selle Italia, sponsor storico del ciclocross). L'impresa non è delle più semplici, visti i salti mortali per reperire i fondi: anche i 20mila euro di montepremi non sono stati facili da mettere insieme, ma facendo attenzione a risparmiare dove possibile riusciremo a realizzare una bella manifestazione. Ad esempio per la prima tappa abbiamo fatto convenzioni per i trasporti via mare verso l'Isola d'Elba, e per gli alloggi in loco. Inoltre la location della gara, le Terme di San Giovanni, è bellissima, e pure il clima ci aiuta: ci sono ancora quasi 30°, qui la gente va ancora in spiaggia».

Che futuro ha il Giro d'Italia di Cross?
«Quest'anno ho personalmente depositato il progetto, per garantirgli un futuro anche nel caso Di Rocco non fosse stato rieletto. Organizzando una manifestazione del genere uno mette in conto di rimetterci, ma le difficoltà non ci spaventano e l'obiettivo è di arrivare ad avere un Giro internazionale dal prossimo anno. Già il fatto di aver assunto il coordinamento (e sempre più sarà così) ha permesso di risparmiare, ad esempio utilizzando le stesse strutture (striscioni, pannello retropalco) per tutte le tappe, mentre in passato queste erano incombenze degli organizzatori locali. Gestire tutto direttamente ci potrà dare la possibilità di vendere a importanti sponsor un intero pacchetto di prove».

A livello di visibilità come siamo messi? Vedremo qualcosa in tv?
«La Rai ci garantisce dai 40' all'ora di trasmissione per tutte le tappe, e due delle sette prove (quelle di Rossano e di Silvelle) dovrebbero andare addirittura in diretta. Avremo nelle nostre gare anche le telecamere di altri network, da Sky a SportItalia alle tv locali che solitamente si occupano di ciclismo».

Che prospettive abbiamo, in questa stagione invernale alle porte, con gli atleti azzurri?
«Marco Aurelio Fontana e Francesca Cauz hanno corso tanto, in questi mesi, quindi sono giustamente in letargo per il momento; li vedremo più avanti. Per la prima tappa di Coppa del Mondo, a Valkenburg domenica 20, faremo il possibile, basandoci anche sulle indicazioni che verranno dalla prova del Giro a Portoferraio dopodomani. Non mi aspetto una grande partenza, a livello internazionale, per ora siamo un po' al buio. In prospettiva, i nomi su cui puntare sono bene o male sempre gli stessi, purtroppo scontiamo la concorrenza della strada, che è fortissima; e anche di altre discipline (come la Mountain Bike) che sono olimpiche e che per questo distolgono parecchie attenzioni dal cross: per fare un esempio, un Marco Aurelio Fontana potrebbe tranquillamente avvicinare gli ingaggi di un Nys o di un Albert (1,7 milioni all'anno per il primo, 1,4 per il secondo), ma lui giustamente ha anche altre priorità, punta a fare le Olimpiadi e quindi a rimanere al top in MTB, per questo, giocoforza, si può dedicare al cross quando ciò non confligge con gli altri suoi programmi».

Da Franzoi e Silvestri possiamo attenderci qualcosa di buono?
«Enrico ormai ha una certa età, a livello internazionale ha raggiunto l'apice anni fa, ora non ha grandi margini e vivacchia. Del resto è stato anche abbastanza spremuto su strada. A volte non condivido alcune sue scelte, ad esempio questo fine settimana andrà a prendersi un gettone di presenza in Olanda piuttosto che partecipare alla prima tappa del Giro, per la quale avrebbe avuto certo maggiore visibilità. Quanto a Silvestri, mi dispiace ma non lo "vedo", a me piacciono gli atleti che hanno disciplina e costanza, non quelli capricciosi. Per dire, domenica scorsa ha gareggiato in Svizzera ma si è ritirato. Uno come lui, che in passato ha avuto anche offerte da una squadra importante come la Fidea, deve riscattarsi assolutamente, perché ha potenzialità non indifferenti, ma al momento non è il corridore che ho conosciuto da Under 23».

Con Bertolini va più d'accordo?
«Gioele è un bravo ragazzo, serio, attento, ascolta i consigli. Lui sì che ha un futuro, può arrivare al livello di un Fontana. Certo, il primo anno da Under è sempre un terno al lotto, dovremo stargli vicino e dargli fiducia, ma sono convinto che dimostrerà già qualcosa».

Purtroppo per lui, sconta il fatto di essere coetaneo (entrambi classe '95) di un fenomeno come Mathieu Van der Poel, 27 vittorie in 27 gare l'anno scorso, iridato sia nel cross che su strada in questo 2013.
«Eh, ci penso spesso: se Bertolini avesse avuto un anno in meno, quest'anno avrebbe dominato tra gli Juniores. Ma resta il fatto che è uno dei migliori della sua generazione, e anche Adrie Van der Poel, padre di Mathieu, mi ha confessato che al Mondiale temevano solo Gioele: penso che un simile riconoscimento la dica lunga sul valore del ragazzo».

Tra le donne rivedremo ad alti livelli Eva Lechner; e dietro all'altoatesina?
«Con Eva puntiamo decisamente a vincere una medaglia al Mondiale, che poi è quella che ci manca: nel femminile non siamo mai andati a podio, fermandoci al quarto posto di Annabella Stropparo nel 2003 e al quinto della stessa Eva tre anni fa. Quest'anno i Mondiali saranno a Hoogerheide, su un percorso che alla Lechner piace, se tutto va bene (non dimentichiamo che serve anche fortuna, e in passato ci è spesso mancata) saremo lì a lottare per questa sospirata medaglia. Al di là di Eva, che dire: siamo la nazione con più donne praticanti, il vivaio è buono, ma il problema è sempre quello: le ragazze arrivano al massimo alla categoria Juniores, dopodiché vanno a fare strada. Se tra gli uomini, negli ultimi anni, abbiamo perso i vari Trentin, Aru, Malacarne, tra le donne quest'anno non avremo più Valentina Scandolara, che dopo l'ottimo Mondiale di Firenze ha ricevuto una bella offerta di una grande squadra straniera e quindi sarà costretta ad abbandonare il cross per concentrarsi appunto sulla strada. Francesca Cauz, invece, resterà ancora nel team Top Girls, quindi credo che su di lei potremo continuare a fare affidamento almeno per un'altra stagione. Anche Alice Maria Arzuffi è un bell'elemento, sarà in squadra come pure Elena Valentini, che ad esempio domenica ha colto un buon piazzamento in Svizzera - anche se mancavano le più forti».

Tra gli obiettivi stagionali per l'Italia, anche la prova casalinga di Coppa del Mondo, il 5 gennaio a Roma.
«Una prova che mi vede doppiamente impegnato, visto che la organizzo io. Nelle scorse settimane erano circolate notizie strane, si diceva che non avessimo i fondi per fare la CDM, ma garantisco che tutto è a posto, abbiamo sponsor belgi e olandesi che coprono gran parte dei 130mila euro di spese (72mila solo di montepremi), è stata mia cura tenere i rapporti con questi personaggi, li ho ospitati d'estate e scarrozzati in giro per Roma, avranno piacere di investire un po' su di noi. E un sostanzioso contributo lo mette la mia famiglia, in memoria di mio padre a cui è intitolata la gara. Purtroppo dobbiamo fare di necessità virtù, noi non possiamo operare come in Belgio, non possiamo mettere un biglietto d'ingresso a 25 euro, in Italia la gente devi quasi pagarla tu, per farla venire ad assistere a una gara di ciclocross. Ma l'UCI deve capire che deve appoggiarci, altrimenti continuino a correre solo in Belgio e Olanda, a casa loro (il responsabile del settore, Van den Abeele, è per l'appunto belga), ma non credo che ciò sia un bene per questa disciplina. In definitiva, siamo noi a fare un favore all'UCI, provando a radicare anche per mezzo della Coppa del Mondo il cross pure in altri paesi, e non il contrario».

È un dato di fatto che il perimetro di questa disciplina si stia riducendo: la Spagna non ospita la Coppa già da due anni, e quest'anno ci sarà una tappa in meno in Repubblica Ceca.
«A dire la verità, quella tappa di Plzen era già abbastanza fatiscente: corremmo in condizioni difficili, le strutture non erano all'altezza di ospitare una prova di questa importanza. Invece noi siamo stati elogiati per la nostra organizzazione, e premiati anche per essere stata la prova più pulita: niente bottiglie o bicchieri sul percorso, tra l'altro non potevo certo correre il rischio che venissero lasciate bottiglie rotte lì dove poi vanno a correre cavalli che valgono un sacco di soldi: se uno di questi purosangue si fosse ferito, sapete i danni che dovevo pagare?».

Il percorso all'Ippodromo delle Capannelle sarà quello già visto l'anno scorso?
«Nessuno l'ha criticato, d'altronde io devo pensare ai miei ragazzi, è logico che disegni un tracciato per loro. Non vado certo a mettere 600 metri di sabbia per fare un favore ai belgi. L'anno scorso gli azzurri hanno dimostrato di essere competitivi su questo tipo di percorso più pedalabile di altri, sarà ovvio confermarlo. E anche il contorno non è male, la gente può seguire le gare seduta al ristorante, attraverso i 280 monitor presenti nelle sale».

In definitiva e in chiusura, come vede la situazione del cross in Italia? Ci sono prospettive di crescita, o ci si deve appoggiare sempre e solo sul mecenatismo di pochi appassionati?
«Ma la crescita ci potrà essere pure, solo come numeri, però. Perché a livello di soldi e sponsor, non ci siamo proprio. Quando vado a cercare sostegno tra le varie aziende, mi sento sempre dire che se organizzassi gran fondo o gare amatoriali, mi aiuterebbero senz'altro. Per l'agonismo, invece, fondi non ce ne sono. Dovrei fare quindi una gara amatoriale per finanziare le prove vere. Il problema è che se nessuno oggi investe sull'agonismo, e quindi sui bambini, tra 10 anni non solo non avremo gare agonistiche giovanili, ma nemmeno prove amatoriali, visto che i bimbi di oggi possono diventare gli amatori di domani. È una situazione con poche vie d'uscita; se invece dalle quote d'iscrizione di ogni partecipante a una gran fondo si destinassero 1-2 euro per l'agonismo, allora si che potrebbero venir fuori delle belle cose».

Marco Grassi

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