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Vuelta a España 2013: Nibali, è stato bello lo stesso - Attacca, ma Horner reagisce e gli dà il colpo di grazia; tappa a Elissonde

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Kenny Elissonde, francese di 22 anni, vince sull'Angliru © Bettiniphoto

Per avere l'ufficialità della conquista della Vuelta a España 2013 Chris Horner dovrà ovviamente aspettare domani, ma l'americano la corsa l'ha vinta oggi in cima all'Angliru, e tutto il resto è "burocrazia". A quasi 42 anni va a centrare un'impresa senza precedenti e diventa di gran lunga il più anziano vincitore di un grande giro nella storia del ciclismo, laddove il precedente record (il belga Firmin Lambot vinse il Tour a 36 anni) risale addirittura al 1922. 91 anni dopo, il bizzarro (per abitudini di vita, per sviluppo della carriera) Chris sposta molto in là l'asticella, e se non altro dà grandi speranze per il futuro ai trentenni del gruppo: anche a 40 anni si può essere non solo competitivi (questo già lo sapevamo), ma addirittura vincenti ai massimi livelli.

Certo non correndo per tutta la stagione, non battagliando con avversari di 10-15 anni più giovani su tutti i traguardi del calendario internazionale, ma selezionando i propri obiettivi, preparandoli con cura certosina, e confidando anche in qualche aiuto degli dei (ad esempio nel fatto che si vadano ad affrontare avversari che hanno tutti già corso un GT in stagione, spendendo quindi già parecchio), si può centrare un bersaglio grosso, come ha fatto Horner (a meno di non pensare che l'americano sia un alieno - cosa che non pare essere).

Il quasi 42enne nato ad Okinawa già in queste ultime stagioni si era presentato in grande spolvero alla vigilia di diversi grandi giri, ma vuoi una caduta, vuoi un imprevisto, non era mai riuscito a rendere secondo le proprie aspettative. Le quali erano pure abbastanza rilevanti, se è vero che lo stesso Horner ha dichiarato tempo fa di essere il migliore scalatore del gruppo dopo Contador... Stavolta tutto ha concorso a che arrivasse il risultatone, quello che dà un senso a una carriera in cui fin qui c'erano state poche vittorie, e non certo di un simile calibro.

Detto ciò, bisogna pur ammettere che oggi l'appassionato medio italiano fa i conti con una grande delusione (se non vogliamo dire "grande sconfitta"), certificata dal mancato ribaltone sull'Angliru dopo che ieri Horner era passato al comando all'Alto del Naranco, spodestando Nibali in maglia rossa. Ma in realtà cosa possiamo rimproverare, oggi, a Vincenzo? Probabilmente niente. Anzi, a livello morale dovremmo fargli un ennesimo ideale monumento, perché ha voluto a tutti i costi non lasciar nulla d'intentato, provando fino alla fine a riprendersi quel che ieri gli era stato soffiato, ovvero la leadership della corsa (che a questo punto sarebbe stata definitiva).

Malgrado si sentisse forse inferiore a Horner in salita (e quasi tutte le scalate della Vuelta hanno confermato tale concetto), Nibali ha attaccato lo stesso, sull'Angliru, non una ma due volte. L'ha fatto con rabbia ma anche con convinzione, con addosso un senso di ultimatum (ora o mai più!) e cercando di non farsi fiaccare lo spirito al vedere che l'avversario non cedeva, e se cedeva per un attimo poi ritornava sotto, e se ritornava sotto c'era il rischio che poi partisse in contropiede.

Proprio così è andata in effetti, dopo il secondo affondo di Vincenzo a 3 km dalla vetta, Horner ha chiuso il buco dal siciliano e poi, ai 2 km, ha a sua volta allungato, mettendo la parola fine sia alla corsa che alle speranze dell'italiano. E pazienza, è andata così, il Nibali che una settimana fa sembrava poter disporre a piacimento della Vuelta, oggi esce battuto; ma non sconfitto. La sua stagione è comunque da ovazione, che mettesse insieme nello stesso anno un primo posto al Giro d'Italia e un secondo alla corsa spagnola non era certo ipotesi su cui scommettere ad occhi chiusi. Vittoria+podio in due GT stagionali è qualcosa che al momento, nel mondo, potrebbe riuscire forse solo a lui, visto che ad esempio Chris Froome (che ha dominato il Tour) non pare intenzionato - almeno nel breve - a tentare doppiette di sorta.

Oltre al grande risultato nei grandi giri, Nibali ha anche vinto altre corse (la Tirreno, il Trentino), e anche se ha chiuso la Vuelta senza aver mai potuto alzare le braccia (ma anche in quella che vinse nel 2010 non aveva conquistato tappe), non deve dimenticare che la sua stagione prevede altri appuntamenti topici, partendo dal Mondiale (in cui sarà capitano azzurro), e finendo con il Lombardia (con cui ha un conto aperto dal 2011). E nonostante l'inevitabile delusione del momento (rispetto alla quale però bisognerà voltare rapidamente pagina), non può mancare la consapevolezza di aver confermato, una volta di più, di essere l'incontrastato leader di un movimento, quello italiano, che oggi come oggi poggia quasi esclusivamente sulle sue spalle, nell'attesa che qualche giovane maturi e renda più ricco lo scenario in casa Italia.

Nibali è un corridore che non delude praticamente mai, se lo si attende a lottare per un qualsiasi traguardo, difficilmente il siciliano tradisce: un modo per esserci, per stare nel vivo della contesa, per provare a vincere e magari riuscirci, lo trova sempre. È questo il dato che ci conforta maggiormente in vista della prova iridata di Firenze. Quest'anno poi, il passaggio all'Astana è coinciso con un'ulteriore maturazione dello Squalo dello Stretto, il quale sente di poter finalmente andare in Francia (nel 2014) per non accontentarsi di un podio al Tour ma per provare a vestirsi di giallo a Parigi. Ma questa sarà un'altra storia, e ne parleremo diffusamente nei prossimi mesi.

La fuga da lontano lascia presagire progetti importanti per Nibali
Che l'Astana fosse pronta a una giornata da tutto per tutto, lo si è intuito allorquando, nei primi chilometri della tappa partita da Avilés, gli uomini di Martinelli non hanno dato spazio alla fuga finché non sono riusciti ad essere ottimamente rappresentati in essa. Così, dopo che al km 18 Dario Cataldo e Intxausti hanno dato il la ad un'azione promettente, tale azione ha avuto il via libera dopo che (al km 25) nei 30 uomini rientrati sui due attaccanti si sono inseriti anche Paolo Tiralongo, Jakob Fuglsang e Andriy Grivko: in pratica e ad eccezione di Kangert, lo stato maggiore dei luogotenenti di Nibali è andato all'attacco.

Nei 30 c'erano anche Costa Mendes e Barta (NetApp), Arroyo, Cardoso e Piedra (Caja Rural), Kiryienka (Sky, come Cataldo), Nocentini e Betancur (AG2R), Oroz e Azanza (Euskaltel), Pauwels (Omega Pharma), Mollema e Gárate (Belkin), Flecha e Valls (Vacansoleil), Edet e Coppel (Cofidis), Paterski (Cannondale), Santaromita e Nerz (BMC), De Greef (Lotto), Elissonde (FDJ), Fröhlinger (Argos), Kozonchuk e Vicioso (Katusha), Erviti (Movistar, come Intxausti), e Ulissi (Lampre). Tanti nomi interessanti, di gente già stata in fuga nelle ultime tappe, o di uomini che, a ridosso dei migliori della generale, tentavano l'ultimo colpo per rientrare in top ten: ovvio che un'azione del genere sarebbe potuta essere baciata dal successo.

In effetti, i 32 hanno presto raggiunto i 4'30" di vantaggio sul gruppo, Edet (leader della classifica degli scalatori) ha potuto raccogliere punticini sull'Alto de la Cabruñana (km 45) e sul Tenebredo (79), dopo essersi avvantaggiato sulle rampe di questa salita con Arroyo, Piedra, Grivko e Kiryienka. Al Gpm, a 63 km dalla fine, il vantaggio massimo sul gruppo maglia rossa (7'), tirato dalla Movistar; dopo la discesa, sul quartetto di testa (Piedra si era staccato sul finire del Tenebredo) son rientrati Gárate, Coppel, Valls, Paterski e un volitivo Nocentini, e ai -46 c'è stato il ricongiungimento anche con un'altra quindicina dei fuggitivi della prima ora, mentre in gruppo era passata a tirare la Euskaltel.

Ma le cose importanti dovevano iniziare a succedere sull'Alto del Cordal, difficile salita che precedeva immediatamente l'Angliru. A 25 dal traguardo (e a 4 dal Gpm), Tiralongo è scattato, confermando che qualcosa forse bolliva in pentola in casa Astana. Dopo un paio di chilometri, sul battistrada si è portato Elissonde, e i due hanno scollinato insieme con 5' sul gruppo maglia rossa.

Elissonde, che bella novità!
Fin qui non ne abbiamo proprio parlato, ma è il caso di spendere due parole per Kenny Elissonde, se non altro perché il vincitore della tappa è stato lui. 22 anni compiuti a luglio, un passato da grande scalatore tra i dilettanti, l'anno scorso ha esordito in maglia FDJ con una stagione tutto sommato soft (nessun GT ma presenze in corse a tappe di seconda fascia, dal Mediterraneo al Catalunya, dal Romandia al Polonia), coronata comunque da un successo di tappa alla Paris-Corrèze; la Vuelta in corso è il suo primo grande giro, e non si può dire che abbia deluso, visto che oggi ha fatto sua la tappa più importante, senza peraltro essere lontanissimo in classifica (chiuderà in top 30). Qualcosina aveva già fatto intravedere tra Polonia e Tour de l'Ain, nelle scorse settimane, ma il verificare che, alla sua giovane età, riesce a terminare in crescendo (e che crescendo!) un GT, apre grandi prospettive per la sua carriera. Tra Elissonde e Barguil, già grande protagonista della Vuelta, la Francia si assicura una coppia che rappresenta già il futuro rispetto all'ancor giovane generazione dei Pinot e dei Rolland.

Tornando all'oggi, Elissonde e Tiralongo hanno conservato i 5' di margine fino ai piedi dell'Angliru (a 13 km dalla conclusione), e sulle rampe della salita conclusiva hanno aumentato il vantaggio rispetto ai superstiti della fuga. A poco meno di 6 km dalla vetta, quando il gruppo dei big era a meno di 3' di distanza, il francesino è rimasto tutto solo, e se Tiralongo si è subito riposizionato sul "modo gregario", aspettando di essere raggiunto da Nibali, Kenny ha dato tutto se stesso nell'impegno di resistere il più possibile al ritorno degli uomini di classifica.

Tanto ha resistito, il corridore della FDJ, che a 4.5 dalla fine aveva ancora 2' (malgrado il primo attacco di Nibali), e che, dopo aver perso un paio di decine di secondi, le ha successivamente riguadagnate, nel momento in cui il ritmo dei big è calato. Elissonde si è presentato ai -3 con di nuovo 2', ovvero un margine sufficiente per gestirsi al cospetto delle sfuriate finali di Nibali prima e Horner poi. Al traguardo, nemmeno mezzo minuto (26") è stato il vantaggio di Kenny su Horner, per un risultato - la vittoria - di cui faticava a capacitarsi persino il ragazzo, visibilmente incredulo nel tagliare il traguardo.

L'Angliru di Nibali, tra speranze, attacchi e delusione
I big, la loro lotta, dunque. Avendo evitato, Nibali, di farsi vedere sul Cordal e sulla successiva discesa (avrebbe azzardato qualcosa in caso di pioggia, che non c'è stata), tutto è stato rinviato all'Alto de Angliru. Non agli ultimi 3 km (dove Horner sarebbe stato difficilmente scalfibile, in base a quanto sperimentato nei giorni scorsi), ma prima, ben prima. Laddove il "ben prima", su pendenze costantemente in doppia cifra e con punte oltre il 20%, può voler dire anche solo "pochi chilometri prima".

Nella prima parte di Angliru è stata la Movistar a dettare il ritmo, con Erviti ed Herrada: Valverde, terzo della generale a poco più di un minuto dal primo, aveva legittime aspirazioni di volgere le cose in proprio favore, pur essendo conscio della difficoltà di attuare un tale progetto. Ai 10 km la Katusha di Rodríguez ha ribadito che anche per Purito (quarto della generale a poco meno di 2' da Horner) qualche speranziella c'era ancora, sicché Dani Moreno ha fatto una bella trenata che ha dissezionato il gruppo, al cui interno son rimasti solo in 12: con Daniel e il suo capitano JRO c'erano Horner, Nibali col compagno Kangert, Valverde con Herrada, Roche con Majka, Pozzovivo, Pinot e Samu Sánchez. In pratica, ci fossero stati anche Scarponi e Konig, avremmo avuto i primi 13 della classifica (più Majka), ma l'italiano e il ceco sono stati i primi a cedere: giorno difficile per loro.

Per 3 km abbondanti, comunque, si è andati avanti con questa configurazione per il gruppo principale. Dopodiché la dispersione è stata tutta targata Astana: Kangert si è staccato, Nibali, a 6.3 km dalla vetta, ha attaccato. L'azione di Vincenzo ha polverizzato il gruppo: Roche, scortato da Majka, è del tutto naufragato; Sánchez, Moreno e pure Pozzovivo hanno alzato bandiera bianca nel giro di pochi secondi, e poi pure Pinot ha perso contatto. In pratica, Nibali si è ritrovato, come al solito potremmo dire, con Horner, Valverde e Rodríguez, ma poi ha staccato pure loro, riuscendo a costruire un vantaggio di una decina di secondi.

Sembrava il momento del grande riscatto per il siciliano, ma purtroppo per lui quel margine non è più salito, e malgrado gli sforzi del capitano Astana, a Horner è bastato riordinare le idee per capire cosa doveva fare. Intanto, a 5.7 km dalla vetta, anche Valverde ha perso le ruote di Chris e Purito; ai 5.2 km, dopo un discreto forcing, la maglia rossa - sempre con JRO a ruota - si è riportata su Nibali. Vincenzo non s'è dato per vinto e subito ha provato a rilanciare l'andatura, causando qualche problemino a Rodríguez (che però è rientrato dopo un breve elastico), mentre Valverde accusava 14" di distacco.

Ai 5 km il terzetto dei big si è riportato su Tiralongo, che immediatamente è andato a sincerarsi delle condizioni di Nibali e a dare una parola di conforto al suo capitano. Ai 4.5 km anche Fuglsang è stato raggiunto, sicché ci si è ritrovati con ben 3 uomini Astana sui 5; il ritmo, tenuto appunto dai compagni di Nibali, è un po' calato, sicché Valverde è potuto rientrare (ed Elissonde nel frangente ha riguadagnato qualcosa, come abbiamo scritto sopra).

Ai 3 km, dopo che Tiralongo si era già staccato da qualche centinaia di metri, e dopo una trenata (se così si può definire, su simili pendenze) di Fuglsang, Nibali è partito ancora una volta. Non contava più quanti avversari intercalati tra sè e il battistrada venivano ripresi (c'erano ancora diversi reduci dalla fuga), contava solo provare a mettere metri tra sè e Horner, metri che poi si sarebbero dovuti tramutare in secondi, secondi che poi si sarebbero dovuti tramutare nella vittoria della Vuelta (solo 3 erano quelli che separavano Vincenzo da Chris, come tutti sanno).

In quel momento i tifosi di Nibali hanno sognato a occhi aperti, anzi occhi totalmente spalancati, per cercare di discernere quel che accadeva nella nebbia sempre più fitta della vetta dell'Angliru. Dopo essere stato più volte fiaccato dagli attacchi di Vincenzo, Horner avrebbe ben potuto cedere qualcosa, pagare pegno ai suoi quasi 42 anni, perdere definitivamente terreno... Niente di tutto questo. Ancora una volta, Chris, lasciato sfogare l'avversario per un paio di centinaia di metri, forse 3, si è riportato sotto. E stavolta il colpo al morale di Vincenzo è stato evidente, anche perché le gambe non erano più quelle di qualche chilometro prima: vedere che, malgrado gli sforzi, non si cavava un ragno dal buco, deve aver affossato Nibali a livello spirituale. Nel testa a testa, nella lotta diretta, non c'era modo di piegare la resistenza del rivale. C'era solo modo, ormai, di concedersi a un'onorevole resa.

La stoccata di Horner e i titoli di coda sulla Vuelta 2013
In fondo, a voler ancora sperare, il distacco di 3" poteva essere colmato da un abbuono, se Nibali fosse arrivato magari terzo davanti a Horner (avrebbe potuto vincere la Vuelta per 1", se avesse preso i 4" di bonus previsti per quel piazzamento!). Fossero arrivati secondo e terzo (6" ad uno, 4 all'altro), sarebbe stato Horner a vincere per un secondo... Ma tutti questi progetti fatti col bilancino non avrebbero avuto luogo, perché Chris ha risolto la questione in maniera gordiana, ai 2 km, accelerando e salutando per l'ultima volta Vincenzo.

Un metro, due, cinque, e poi ciao sogni e addio patria, Nibali ha perso terreno per non riguadagnarlo più, è arrivato proprio al limite e più di così non si poteva ormai fare, e pazienza, e pace al mondo e gloria al rivale, l'importante a quel punto era salvare la seconda piazza, comunque onorevolissima. Valverde, nel frattempo, aveva trovato il giusto passo per salire senza perdere più niente anzi al limite recuperando qualcosa; tutto il contrario di Rodríguez, a cui in quei 2 km finali s'è spenta la luce.

E mentre Horner recuperava tutti gli ultimi superstiti della fuga tranne Elissonde, e tagliava il traguardo (in solitaria pure lui) a 26" dal vincitore di giornata, Valverde staccava Purito e si portava su Nibali, e insieme raggiungevano Cardoso e Nerz, tagliando il traguardo (Alejandro terzo davanti a Vincenzo) a 54" da Elissonde e a 28" da Horner. Settimo a 1'15" è transitato Costa Mendes (nel suo piccolo, il portoghese ha fatto un gran finale di Vuelta), quindi Rodríguez ha chiuso all'ottavo posto a 1'45" (quasi un minuto lasciato a Nibali e Valverde in quei 2000 metri conclusivi), e poi Pauwels a 1'52" ha preceduto Pinot a 1'59" (bravo comunque a non naufragare, il francese), stesso ritardo di Arroyo. Pozzovivo è arrivato al 12esimo posto (a 2'20"), appena meglio di Moreno e Sánchez (2'26" il loro ritardo), e molto di più rispetto a Roche (che ha pagato 3'42") e Konig (3'53"), ma non a sufficienza da riguadagnare il quinto posto della generale.

La classifica si chiuderà domani con Horner in maglia rossa, Nibali secondo a 37", Valverde all'ennesimo podio (una vittoria, due secondi posti e un altro terzo posto prima di questo) a 1'36", e poi Rodríguez a 3'22", Roche a 7'11", Pozzovivo a 8' netti, Pinot a 8'41", Sánchez a 9'51", Konig (scivolato in nona posizione) a 10'11", Moreno meritatamente in top ten a 13'11". Subito fuori dall'Olimpo, Kangert, Herrada, Arroyo, Nerz, e solo 15esimo Scarponi, che oggi ha perso oltre 10', scivolando giù dalla 12esima piazza che occupava ieri. Neanche Capecchi è riuscito a salvare la top 20 (chiuderà 23esimo a 48'46"), ma tutto sommato non è che far 19esimo piuttosto che 23esimo cambi qualcosa.

Domani il piattone da Leganés a Madrid (109 km compresi 8 giri di circuito nella capitale) chiuderà una Vuelta decisamente dispendiosa per chi l'ha corsa per tre settimane col coltello tra i denti; il secondo sprint di gruppo (a meno di sorprendenti risvolti) sarà l'ultima scena a cui assisteremo prima delle premiazioni. Su quel podio, però, accanto a un Horner tutto preso nel festeggiare il successo più importante della carriera, ci saranno un paio di corridori che avranno già la testa rivolta al Mondiale di Firenze. Perché nel ciclismo la rivincita è sempre dietro l'angolo, è sempre possibile al prossimo chilometro, alla prossima corsa, al prossimo obiettivo.

Marco Grassi

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