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Vuelta a España 2013: Nibali traballa, il trono vacilla - Nel giorno di Kiryienka, Horner attacca ancora: ora è a soli 3"

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Vasili Kiryienka festeggia la vittoria a Peña Cabarga. Alle sue spalle Horner sta scatenando il finimondo © Bettiniphoto

La temevamo, la temevamo come la peste, questa salita di Peña Cabarga, la temevamo in quanto nibalisti (per contiguità geografica e - ammettiamolo - anche spirituale col caro Vincenzo), la temevamo perché quell'Horner lì sornione non lasciava dormire sonni tranquilli, la temevamo perché già una volta qui lo Squalo dello Stretto rischiò di lasciarci le penne (ovvero una Vuelta, nel 2010), la temevamo perché i distacchi in classifica erano così risicati che era difficile immaginarli ancor più risicati. E invece, laddove non arriva l'immaginazione, arriva il ciclismo, a tramutare i 28" di margine che Nibali aveva sull'americano in soli miserrimi 3".

Un finale da extrasistole nella 18esima tappa della Vuelta a España ci ha consegnato questa classifica ai limiti dell'impossibile, alla vigilia di una frazione insidiosa quasi quanto quella odierna (domani al Naranco), e nell'attesa che l'Alto de Angliru sabato dirima ogni questione e dia o tolga a ciascuno secondo i propri meriti o demeriti. Purtroppo le paure della vigilia si sono rivelate molto, troppo reali, in quell'ultimo chilometro, quando Horner ha aperto il gas e Nibali è rimasto alla canna del medesimo, boccheggiando a tratti, patendo sicuramente, perdendo terreno prezioso in un momento in cui ogni singolo secondo assume un valore marginale altissimo; e venendo superato in dirittura d'arrivo anche da Purito e Valverde, il che vuol dire poco in termini di classifica (insomma, non ti preoccupi di quelli che hai a oltre un minuto, se ne hai uno che ti segue come un'ombra a 3"), ma può avere una sua valenza a livello di morale.

Tanto è stata sospirata, cercata, voluta, faticosa la parabola ascendente di Vincenzo, dal rientro in gara (in un anonimo Giro di Polonia), passando per una promettente Vuelta a Burgos, giungendo all'appuntamento della Vuelta a España con due prime settimane praticamente perfette rispetto a quanto si poteva sperare (maglia rossa conquistata, ceduta pro tempore, ripresa con vantaggio via via incrementato), tanto repentina è stata quella discendente, consumatasi in appena due frazioni, lunedì all'Aramón Formigal e oggi a Peña Cabarga. La speranza che la parabola si trasformi in una sinusoide pronta a riprendere il ciclo positivo è ancora presente, ci mancherebbe: la condizione, programmata per crescere fino a Firenze, non può certo crollare da un giorno all'altro. Ma il problema è che a questo punto nella faccenda intervengono altri fattori, altri elementi che vanno ben oltre il mero dato fisico.

Quanto può essere stressante gestire una situazione in cui ci si giova di un vantaggio di soli 3", vedendo peraltro che l'avversario principale è su una nuvoletta e tutto gli gira per il verso giusto? Quanti pensieri dà il prendere atto del fatto che un risultato che sembrava a portata di mano fino a pochi giorni fa è tornato brutalmente in discussione, e che l'inerzia della contesa pare tutta dalla parte del rimontante? Di quanto sangue freddo (o camomilla) avrà bisogno Vincenzo per dormire stanotte?

3" non sono niente, come ben s'immagina, sono una pedalata persa o un abbuono sfuggito, sono uno scatto per cui nemmeno serve andare in acido lattico, sono un buco causato da un complice del rivale, oppure la distanza che separa il sogno dall'incubo: il sogno di Horner di vincere quasi incredibilmente un grande giro alle soglie dei 42 anni, l'incubo di Nibali di perderlo dopo averlo tenuto in pugno. Sarà un finale all'arma bianca, e converrà essere spettatori il più neutrali possibile, di fatto, perché parteggiare per l'uno o per l'altro dei contendenti potrà esporre a grandi delusioni. Ma in fondo il senso, il sale dello sport, è tutto qui.

La fuga a 15, l'attacco e la vittoria di Kiryienka
La cronaca della tappa parte dalla non partenza di Cancellara (ritiratosi dopo la frazione di ieri, secondo quanto previsto dalla sua tabella di marcia verso il Mondiale), e prosegue con la fuga di 15 uomini che al km 18 si sono avvantaggiati sul gruppo: Egoi Martínez, Simon Clarke, Chris Sørensen, Gastauer, Txurruka, Kiryienka, Fairly, Hansen, Cherel, Janse Van Rensburg, Kohler, Vicioso, Bole e gli italiani Bono e Dall'Antonia si sono messi in viaggio di buona lena, arrivando a incamerare 10' di vantaggio massimo (al km 90, a 96 dalla fine) e ponendo le basi perché la fuga - vista la presenza in essa di alcuni nomi buoni - riuscisse, almeno per qualcuno.

Sull'Alto del Caracol, quando a 45 km dal traguardo Kiryienka è partito senza indugi, il vantaggio dei battistrada si era già più che dimezzato, ma il bielorusso ha imposto alla propria azione un ritmo che gli ha permesso non solo di staccare gli altri 14 (Hansen e Clarke hanno tentato sulle prime di accodarsi, senza riuscirvi), ma anche di riguadagnare sul gruppo, e non poco, visto che da 4'45", nel giro di 25 km, il margine per il corridore della Sky è risalito a 6'37", ed è stato poi difeso e mantenuto più o meno invariato fino all'imbocco della rampa di Peña Cabarga, anche se dietro la Movistar iniziava a menare le danze per Valverde.

Alle spalle di Vasili si era formato dapprima un terzetto (Martínez-Sørensen-Vicioso), poi sui tre son rientrati ai -15 anche Txurruka, Kohler e Janse Van Rensburg, e poi ai -10 pure Hansen e Clarke, ma ciononostante la lepre continuava a mettere secondi tra sé e gli altri, fino all'1'48" di distacco con cui si è approdati alla salita finale.

Appena la strada ha iniziato a salire, Sørensen è partito per provare a riportarsi da solo su Kiryienka, e l'azione del danese non è stata malvagia, visto che sulle pendenze sempre più arcigne di Peña Cabarga ha recuperato parecchio, ma non abbastanza, perché intanto il battistrada si stava gestendo al meglio su un terreno non proprio facile per lui, ed ha finito col salvare 28", più che sufficienti per esultare come non aveva ancora fatto in questo 2013, in maglia Sky. Una stagione non brillantissima per il bielorusso, che fin qui aveva ottenuto i migliori risultati in due cronosquadre (terzo al Tour, quarto alla Vuelta), nascondendosi nelle pieghe di una squadra nella quale non ha mai raggiunto nemmeno le brillanti vette gregaristiche che aveva toccato fino all'anno scorso in Movistar.

Di sicuro questa terza vittoria di tappa in un GT (le precedenti, entrambe al Giro) regala non solo un sorriso al 2013 di Vasili, ma anche nuove prospettive: in fondo non è detto che al Mondiale non possa recitare un ruolo importante. Alle spalle del bielorusso, come detto Sørensen ha tagliato il traguardo al secondo posto a 28" dal primo, quindi Hansen ha chiuso terzo a 1'18", Kohler quarto a 1'34", Martínez quinto a 1'42"; l'unico altro fuggitivo finito in top ten è Txurruka, settimo a 2'02" e anticipato da Horner al sesto posto.

Chris fa sentire tutti gli avversari 10 anni più vecchi
Ecco, Horner, lui e gli altri chicos del gruppo. Dato per assodato che ormai non ci si sarebbe più riportati sulla fuga (o perlomeno su Kiryienka), non rimaneva, per i big, che giocare direttamente per la classifica. Buon per l'Astana e per Nibali che i secondi d'abbuono non fossero nell'eventuale disponibilità degli avversari, restava però il non facile compito di difendere il fortino su per Peña Cabarga.

Dopo un lungo trenare della Movistar in avvicinamento all'ascesa del traguardo, nel primo chilometro di salita è stata la RadioShack a imporre il proprio ritmo, con Zaugg all'opera per preparare il terreno a Horner. Già sull'azione dello svizzero, il gruppo si è drasticamente ridotto, ma fin qui Nibali ha marcato a uomo l'americano secondo della generale, rimanendo in maniera corretta alla sua ruota anche quando a tirare è passato Herrada (pro Valverde).

Gli spagnoli hanno proseguito l'opera di Zaugg, mettendo in croce prima Arroyo, poi anche Kiserlovski, Ulissi (bravo a resistere fino ai -4), Antón, e facendo pure soffrire molto Pinot e Pozzovivo; ai 3.5 km è stata la Saxo a raccogliere il testimone, mettendo Majka a tirare, e ai 3 km la Katusha ha scatenato il suo affondo, con Dani Moreno che ha trenato per lanciare Rodríguez. Horner ha reagito bene all'attacco di Purito, e Nibali (quasi facendo a spallate con Valverde su un tornante) ha continuato il lavoro di marcatura, risultando ancora efficace, ben più del murciano che nell'occasione ha perso terreno.

I primi due della generale si sono portati su JRO, e per circa un chilometro il terzetto ha proceduto così, col catalano che ora soffriva il ritmo di Chris e tendeva a staccarsi, per poi riportarsi sotto con uno scattino; più indietro Valverde, affiancato da Roche, riordinava le idee in vista di un ritorno a galla nel finale.

Ai 1200 metri, il momento topico: Horner ha accelerato in maniera netta, e per Nibali si è aperto un baratro. Solo il grande mestiere di Vincenzo ha impedito che la barca affondasse, e solo la sua capacità di reagire pur nelle avversità ha permesso che il distacco dallo scatenato 42enne non assumesse proporzioni preoccupanti; di fatto, Rodríguez ha reagito meglio dell'italiano alla rasoiata di Horner, e lo stesso Valverde, superato il momento di appannamento, si è rifatto sotto.

Per Nibali quell'ultimo chilometro è stato interminabile. Horner, messi quei 20" tra sé e l'avversario, non accennava a diminuire il ritmo, e il capitano dell'Astana ha dovuto raschiare il fondo del barile per tenere quel margine entro i 28" che gli sarebbero costati la perdita della maglia rossa.

Mentre Chris tagliava il traguardo a 1'53" da Kiryienka, in sesta posizione come detto, Nibali si vedeva superare anche da Valverde, ma tutto sommato limitava i danni rispetto al murciano e a JRO che era poco avanti; Purito è arrivato allo striscione con 20" netti da Horner, davanti ad Alejandro che assommava lo stesso ritardo. Nibali, appena dietro (e con Roche a ruota), faceva segnare 25" dallo statunitense: la maglia rossa era salva, ma a quale prezzo? Una domanda a cui solo domani (o più probabilmente sabato) potremo trovare una risposta.

A seguire - e sempre in relazione a Horner - Pinot e Scarponi hanno pagato 31", Moreno 38", Sánchez, Konig e Kangert 43", e poi - giù a cercare gli altri uomini più o meno in classifica - Antón (arrivato insieme a Ulissi) ci ha rimesso 56", Pozzovivo 1' pieno, Herrada 1'13", Nerz e Kiserlovski 1'49", Arroyo 2'51", Capecchi addirittura 3'04". La nuova classifica dice che Nibali ha 3" su Horner, 1'09" su Valverde, 2'24" su Rodríguez, 3'43" su Roche, 5'44" su Pozzovivo, 6'14" su Pinot, 6'35" su Konig, 7'51" su Sánchez, 11'10" su Kanger, 11'15" su Moreno, 12'14" su Scarponi (risalito in 12esima posizione); Capecchi resiste nei 20, è 19esimo a 23'26".

A questo punto dobbiamo candidamente ammettere di aver sottovalutato troppo Chris Horner. Ci aspettavamo che la sua verve scemasse nella terza settimana, invece è ancora qui che zompetta allegro mentre gli altri vedono le streghe, e di sicuro (anche qualora non vincesse alla fine) le sue prestazioni spostano in là i limiti fisiologici in base ai quali eravamo abituati a interpretare il ciclismo. L'impresa dell'americano (che diventerebbe davvero enorme in caso di affermazione finale) è senza precedenti, e a voler essere laici dobbiamo pure ringraziarlo per averci regalato un finale di Vuelta strepitoso, laddove questa terza settimana sarebbe potuta essere molto più liscia, più piatta, se Chris non avesse rimesso tutto in discussione.

Gli stessi organizzatori della corsa spagnola stanno gongolando, ancor più convinti della giustezza di aver proposto un percorso così insidioso, con tanti arrivi all'insù e ancora altre tappe a disposizione per giocarsi il tutto per tutto fino alla fine o quasi. Domani la 19esima frazione, da San Vicente de la Barquera a Oviedo, si concluderà in cima al Naranco, non prima che altre salitelle tipiche della Vuelta Asturias (San Emiliano, Manzaneda) contribuiscano a movimentare gli ultimi 40 km della tappa (che in totale ne misura 181). L'Alto del Naranco misura 5 km, la pendenza media non arriva al 7% ma gli ultimi 3 km sono davvero tosti (intorno al 9%), e lì ne potremo ancora vedere delle belle.

Nibali, ormai, può smettere di pensare a eventuali controprestazioni di Horner, visto che l'aria che tira va in tutt'altra direzione. Farà bene a contare solo e soltanto sulle proprie gambe, e soprattutto sulla propria testa, pensando che non è ancora battuto (in fondo è tuttora lui il leader), e che in ogni caso sabato avrebbe una prova d'appello sull'Angliru in caso qualcosa domani andasse per il verso sbagliato. Al limite potrà aggrapparsi al ricordo di 3 anni fa, quando a Peña Cabarga salvò la maglia rossa per soli 4" da Rodríguez, e poi una settimana dopo concluse vittoriosamente quella Vuelta. Di sicuro un finale di GT così incerto (non possiamo peraltro dire che Rodríguez e soprattutto Valverde siano fuori dai giochi anche per la vittoria) non lo ricordiamo; nell'attesa di vedere come andrà a finire, agli appassionati possiamo consigliare una sola cosa: preparate i popcorn!

Marco Grassi

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