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Tour de France 2013: Rui Costa II, sequel di qualità - Fuga buona, anestesia nel gruppo dei big. De Marchi ottavo

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Seconda vittoria di tappa in solitaria per Rui Costa al Tour de France 2013 © BettiniphotoDi Alberto Rui Costa (o più precisamente Rui Alberto Faria da Costa) abbiamo già detto tutto il bene possibile martedì, commentando la sua bella vittoria a Gap in termini che vanno bene anche per questa sua seconda affermazione di tappa al Tour de France, ottenuta nel tappone più tappone che ci fosse, da Bourg-d'Oisans a Le Grand-Bornand oggi; del ciclogreggismo, ovvero della tendenza del gruppo ad anestetizzare senza pietà alcune delle tappe più attese, anche abbiamo già detto in passato tutto il possibile (il male, in questo caso), quindi quasi quasi evitiamo di ripeterci, limitandoci ad esprimere una mera cronaca (interpretata) degli eventi e senza giudicare con l'acribia che pure sarebbe più che legittima dopo le 6 ore di noia a cui siamo stati sottoposti.

Ci aspettavamo, dopo la crisi della maglia gialla Froome ieri, che sin dal Col du Glandon, in apertura di frazione, ci fossero grandi movimenti di squadra dei suoi avversari, volti a tentare di isolarlo per poi attaccarlo direttamente. Non perché Chris ci stia antipatico, ci mancherebbe; ma semplicemente per l'ostinato bisogno di spettacolo che, da appassionati di ciclismo, coltiviamo senza requie nell'arco dell'intera stagione. Càpitano invece i giorni in cui chi dovrebbe far la corsa si sente magari svuotato, stanco, o semplicemente timoroso di non essere all'altezza, di spendere prima del tempo energie preziose, di finire la gara in riserva, possibilmente rimettendoci la propria posizione in classifica.

Oggi non abbiamo visto il miglior Froome, abbiamo letto nelle pieghe delle sue espressioni, del suo incedere, della sua gestione di gara, una sorta di debolezza che, manifestatasi ieri all'Alpe d'Huez, poteva rischiare di precludergli l'obiettivo di una carriera, la vittoria del Tour. C'erano insomma probabilmente i presupposti per metterlo in difficoltà, malgrado i 5' e passa che in classifica aveva (e conserva) sul secondo. Ma chilometro dopo chilometro abbiamo scoperto che anche gli avversari del britannico non vivevano momenti di splendore, finché ha prevalso - in loro - l'idea conservativa di preservarsi per le salite finali senza spendere alcunché su quelle iniziali della tappa; intanto in noi che seguivamo prevaleva una sempre più fiacca rassegnazione.

Alberto Contador, colui che fino a ieri diceva che non gli interessava un podio, ma che avrebbe fatto di tutto per puntare alla vittoria, anche a costo di saltare in aria, deve aver fatto due conti con se stesso e convenuto che in fondo un secondo posto in classifica non è poi da buttare (anche perché - lo diciamo senza insinuare alcunché, ma solo interpretando il possibile pensiero del madrileno - a volte capita che il secondo diventi primo, anni dopo). Quindi, meglio evitare fughe in avanti (in tutti i sensi) col rischio di venire poi raggiunti e superati, e via di conserva fino al traguardo.

Per quelli che lo seguono in classifica, i ragionamenti possono essere stati diversi: per un Quintana o un Rodríguez il posto sul podio della Grande Boucle è invece - dichiaratamente - molto luccicante, e se il giovane colombiano, che al momento occupa la terza posizione, vale la norma del correre in difesa, l'esperto catalano ha magari rinviato il suo assalto alla tappa di domani (più adatta alle sue caratteristiche), conscio pure di una condizione in crescita rispetto agli avversari. La combinazione di tali ragionamenti conduce comunque allo stesso risultato: tassativamente, non prendere iniziative e rimanere sulla linea di galleggiamento per tutta la tappa.

Abbiamo così subìto l'anestetizzazione di cui sopra, con Glandon e Madeleine, tra le vette più alte del Tour, che (posti nella prima parte della tappa) sono stati bypassati allegramente a ritmo blando dal gruppo, mentre prendeva ottime proporzioni una fuga-monstre, composta da oltre 40 corridori partiti subito in avvio, sulle prime rampe del Glandon; e con le ultime tre salite che pure sono state affrontate a passo regolare, visto che non erano così difficili da far presupporre attacchi all'arma bianca da parte degli scalatori. Solo all'ultimo chilometro della Croix-Fry, ultima ascesa di giornata, abbiamo visto una sorta di pseudo-lotta tra i migliori, ma tanto alla fine sono arrivati praticamente tutti insieme, quindi il nulla di fatto ammanta di sé l'intera lotta per la classifica.

La maxifuga, i grilli per la testa di Hesjedal, i vagiti di Cunego
Per qualche inspiegabile ragione, il servizio di radiocorsa è partito oggi con un'ora di ritardo rispetto all'inizio della frazione. Non è stato così semplicissimo ricostruire l'interminabile elenco dei 45 fuggitivi che, a poco meno di 200 km dalla conclusione, sono evasi dal gruppo alla ricerca della soddisfazione personale. I primi a partire, Bak e Jon Izagirre, sono stati raggiunti presto raggiunti da una torma di colleghi: Cunego, Favilli e Serpa (Lampre), Moser, De Marchi e Koren (Cannondale), Gavazzi (Astana), Hesjedal e Millar (Garmin), Riblon, Bardet e Kadri (AG2R), Rolland e Cousin (Europcar), Paulinho ed Hernández (Saxo), Rojas, Plaza e Rui Costa (Movistar), Bakelants, Klöden e Didier (RadioShack), Coppel e Navarro (Cofidis), El Fares e Feillu (Sojasun), Gesink e Nordhaug (Belkin), Morabito, Burghardt e Moinard (BMC), Kuschynski (Katusha), Tom Dumoulin e Geschke (Argos), De Clercq (Lotto), Nieve, Pérez e Sicard (Euskaltel), Hoogerland e Flecha (Vacansoleil), Tony Martin (Omega Pharma), Meyer (Orica) e Geniez (FDJ).

Più che una fuga, una migrazione. Ma la Sky, gentilmente, lasciava spazio a tutti quelli che si mettevano in cammino, né le altre formazioni opponevano alcunché al formarsi di questo mostro ciclistico. Tutte le squadre, del resto, erano rappresentate davanti (ad eccezione di quella della maglia gialla, che tirava il gruppo a passo d'uomo con Geraint Thomas, rimasto al comando del plotone su Glandon e Madeleine). Da notare, nell'insieme, la presenza di ben 5 italiani (da Moser, terzo ieri, a De Marchi e Cunego, vogliosi di lasciare un segno, ai veloci - e quindi meno adatti allo sforzo - Gavazzi e Favilli), oltre che di un paio di compagni di Contador, di 3 coéquipier di Quintana e Valverde, del vincitore di ieri Riblon, di uomini quasi-di-classifica come Navarro e Nieve.

Uno dei più blasonati corridori presenti nell'attacco, il vincitore del Giro 2012 Hesjedal, ha subito mostrato una certa insofferenza al sorgere di una simile nutrita comitiva, ed è scattato, con Izagirre, a 192 km dalla fine, ovvero a 19 km dalla vetta del Glandon. Al Gpm la coppia al comando aveva ben 3'10" sul gruppetto degli altri fuggitivi, dai quali sono scattati (per i punti della maglia a pois), Riblon, Moser e Rolland, destinati a rimanere a metà strada tra Hesjedal-Izagirre e gli altri. Su questo terzetto di contrattaccanti è rientrato in discesa un Damiano Cunego pimpante come non mai in questo Tour; e più giù, ai -150 dal traguardo, anche Flecha è riuscito a riportarsi sotto.

Intanto dal gruppo poco da segnalare: uno scatto di Kwiatkowski (con Cavendish e Pineau) in discesa, allo scopo di avvantaggiarsi sul plotone prima della Madeleine (impresa riuscita: il polacco ha avuto 3'30" di bonus da spendere sulla salita successiva, dove è stato poi raggiunto ai -131); una brutta caduta del canadese Bauer (finito col volto su un recinto in filo spinato, si è ritirato dopo aver perso molto sangue; poco prima si era ritirato Veelers); nient'altro.

L'appassionante lotta per la maglia a pois
Il principale motivo di interesse della giornata ha finito presto col diventare la lotta per la maglia a pois. La classifica dei Gpm vedeva alla partenza al comando Froome con 104 punti davanti a Quintana (97), Riblon (77), Nieve (63), Van Garderen (62), Rodríguez (59), Moser (58), Rolland (51). Dopo il Glandon Riblon era salito a 93, Nieve a 73, Moser a 72 e Rolland a 63 (entrambi scavalcando Van Garderen e JRO). Ma erano ancora tanti i punti in palio lungo le altre 4 ascese della tappa.

Spinto dal desiderio di raccogliere appunto altri punti per la relativa classifica, Rolland è scattato ai piedi della Madeleine (a 140 dalla conclusione, a 19 dalla vetta), mentre gli altri fuggitivi riprendevano Cunego, Moser, Flecha e Riblon. Hesjedal, tarantolato fin nel midollo, a 16 km dal Gpm è scattato, piantando in asso Izagirre, ma subendo alla lunga il rientro di Rolland (che ha chiuso su di lui a 4 km dalla vetta). Lungo la salita, poi, il gruppetto dei 40 fuggitivi (alcuni si erano già staccati sul Glandon, altri hanno mollato in questi chilometri), si è a sua volta frazionato in due grossi tronconi: nel primo (rimasto a circa 3' dalla nuova coppia di battistrada) notavamo la presenza di Nieve, Navarro, Serpa, Klöden, Rui Costa, Geniez, Gesink, Bakelants e un'altra dozzina di corridori, tra cui - unico italiano - De Marchi. Cunego, rimasto più indietro, sarebbe rientrato sulla successiva discesa.

Al Gpm nuovi punti per Rolland (passato per primo) e Nieve, e classifica da aggiornare: Froome 104, Quintana 97, Riblon fermatosi a 93, Nieve salito a 89, Rolland (scavalcando Moser) ora quinto a 88. La discesa della Madeleine ha visto un sostanziale cambio della guardia nel gruppo maglia gialla (che era ora a 12' di ritardo), con la Saxo di Contador passata a condurre l'inseguimento (soprattutto con Roche), tanto convinta in tale azione che anche Paulinho è stato fermato dalla fuga. L'obiettivo era probabilmente limare qualcosa in ottica classifica a squadre, non certo mettere in difficoltà chicchessia. Del resto Froome era ancora circondato da tutti i suoi uomini, sopravvissuti al ritmo cicloamatoriale tenuto sulla lunga salita. Altri ritiri da segnalare nel frangente: Sieberg, caduto e uscito dalla corsa con una clavicola fratturata, poi Le Mével e Boeckmans.

Intanto Rolland, dopo una foratura (ai -73, ma Hesjedal l'ha aspettato), ha proseguito nella sua corsa ai punti a pois, e appena iniziata la terza salita di giornata, il Col de Tamié, è scattato (a 69 km dal traguardo) staccando il canadese e resistendo tutto solo al comando fino alla vetta (dove ha conquistato altri 5 punti). I 20 superstiti della fuga hanno comunque recuperato abbastanza sul francese, tanto che sono scollinati a 1'40" e hanno ulteriormente avvicinato il fuggitivo tra discesa e fondovalle, fino a venire cronometrati a 1'10" a 45 km dalla fine, ai piedi del Col de l'Épine, quarta salita della tappa.

Quando la strada si è rimessa all'insù, l'impagabile Rolland ha ripreso a guadagnare, ed è scollinato (ai -39) con 2' sul solito drappello di 20 uomini (da cui Cunego si era nuovamente staccato già sul Tamié). Visto che Nieve ci ha tenuto a transitare in seconda posizione, aggiorniamo la classifica dei Gpm: Froome 104, Rolland 103, Quintana e Nieve 97, Riblon 93. L'unico a guadagnare ancora qualcosa, tra questi uomini, è stato poi Nieve (un solo punticino sulla Croix-Fry per lui), che è salito così a 98. Domani la lotta per il successo finale dovrebbe decidersi tra quei 6 uomini in 12 punti (o tra i 5 in 8 punti), se così non fosse sarà fantastico assistere alla lotta col coltello tra i denti sui due cavalcavia di 4a categoria previsti nella passerella conclusiva, domenica...

La fine del sogno di Rolland, l'impresa di Rui Costa, l'abulia del gruppo
Lo sforzo per rimanere al comando fino all'Épine è costato comunque caro a Rolland, che si è ritrovato progressivamente svuotato sulla successiva salita, la Croix-Fry, ultima in programma. Appena iniziata tale scalata, il drappello inseguitore è stato selezionato da un primo scatto di Navarro (preparato da un buon lavoro di Coppel nel tratto precedente), e poi da quello - ben più deciso ed efficace di Rui Costa.

Il portoghese della Movistar è partito a 20 km dal traguardo (quindi a 7 dalla vetta), ha raggiunto con tre pedalate Rolland e l'ha lasciato sul posto, innamorandosi metro dopo metro del progetto di dare subito una sorellina alla vittoria di tappa di martedì a Gap. Alle sue spalle, naufragato il buon Rolland, sono rimasti in quattro: Nieve, Bakelants, Klöden e De Clercq. Quindi Navarro è subentrato a uno sfinito Nieve, ma la sostanza delle cose non è cambiata: Rui Costa guadagnava, i suoi immediati inseguitori erano impotenti. Purtroppo De Marchi non è riuscito a inserirsi nel drappello in questione, e nel momento in cui i distacchi tra i vari gruppuscoli si sono cristallizzati, è sfumata per lui l'occasione di un bel piazzamento di tappa.

Quanto a Rui Costa, non lasciava nulla di intentato: scollinato al Gpm con 1' di vantaggio sui quattro inseguitori, ha mantenuto ottimamente il suo margine fino al traguardo, subendo appena un accenno di rimonta dal solo Klöden (avvantaggiatosi sugli altri in discesa), e arrivando tutto solo al traguardo per la seconda volta in questa Grande Boucle (mutatis mutandis, un po' quello che fece il suo compagno Visconti al Giro).

Klöden è transitato a 48" dal vincitore, Bakelants a 1'44", Geniez (rientrato in discesa) a 1'52", Navarro a 1'55", quindi De Clercq a 1'58", Gesink a 2'03", De Marchi (ottavo) a 2'05", Nieve a 2'16" e Plaza a 2'44". Vanno citati anche gli altri 7 fuggitivi capaci di chiudere la tappa prima del gruppo maglia gialla, e cioè Hernández, Bardet, Dumoulin, Geschke, Moinard, Rolland e Serpa.

Il gruppone, che avevamo lasciato alle spalle del trenino Saxo-Tinkoff, aveva continuato a passeggiare fino a metà Croix-Fry; è stato Valverde (non certo il più brillante degli attaccanti di questo Tour...), finalmente a 5.5 km dalla vetta, a smuovere un po' le acque. Definizione peraltro particolarmente azzeccata, visto che sulla corsa aveva iniziato a cadere un vero e proprio nubifragio. Sul murciano si è portato subito Gadret, mentre si staccava Rogers (che era ottavo in classifica). A 4 km dalla vetta, ha perso contatto pure Ten Dam (il decimo della generale), quindi davanti a Valverde (undicesimo alla partenza) iniziava a materializzarsi l'obiettivo di rientrare in top ten.

Quando, a 3 km dalla vetta, anche Kwiatkowski si è staccato, per Alejandro il gioco poteva dirsi fatto; e pazienza se Kreuziger, continuando il lavoro di trenaggio Saxo, ha quasi riportato sotto gli altri uomini di alta classifica (aggancio avvenuto a 2 km dalla vetta). A quel punto, preso definitivamente atto che il lavoro della Saxo era volto a tenere un ritmo regolare che non facesse male a Contador (più che farne a Froome), e dato per assodato che i rivali della maglia gialla rendevano in quel modo l'onore delle armi all'anglokenyano, non rimaneva che il tempo per il classico scattino della gittata di un chilometro operato da Rodríguez.

Purito è partito proprio a 1 km dal Gpm (a 14 dalla linea d'arrivo), Contador e Quintana hanno risposto per primi, poi si sono accodati anche Froome e Fuglsang e Kreuziger, e ancora Mollema e Talansky, e tutti insieme allegramente hanno agganciato Valverde e Gadret in vista dello scollinamento. Al Gpm Quintana ha fatto un suo scatto per passare davanti (ma non c'erano più punti in palio per lui), quindi nei primi metri di discesa ancora Valverde e Gadret si sono avvantaggiati.

Ma la picchiata su Le Grand-Bornand era fatta per smussare le distanze, non certo per far la differenza, così giunti in fondo, proprio sulla linea d'arrivo, Fuglsang (li citiamo nell'ordine), Rodríguez, Quintana, Contador, Kreuziger, Froome, Talansky e Mollema si sono accodati a Valverde e Gadret, tutti con lo stesso tempo, a 8'40" da Rui Costa. Poco dietro a questo drappello sono arrivati alla spicciolata altri uomini da top 20 della generale, e dobbiamo poi segnalare i ritardi di Kwiatkowski e Ten Dam (10'10") e di Rogers (13'18").

La nuova classifica generale è abbastanza simile alla vecchia: Froome ha 5'11" su Contador, 5'32" su Quintana, 5'44" su Kreuziger, 5'58" su Rodríguez, 8'58" su Mollema, 9'33" su Fuglsang; Navarro risale in ottava posizione a 12'33", Valverde è ora nono a 14'56", Kwiatkowski resta per il momento in top ten, decimo a 16'08". Seguono Ten Dam a 16'09", Talansky a 16'24", Nieve a 17'49", Rogers a 19'04", Monfort a 20' tondi tondi. Addirittura Gesink, che era partito in questo Tour buscando ritardi a ogni pie' sospinto, è rientrato nei 20 (è 19esimo a 37'11"). La classifica degli italiani, dopo un breve interregno di Cunego, vede nuovamente primo Davide Malacarne 52esimo a 1h36'44" (Damiano è 56esimo a 1h42'00"): naturalmente la riportiamo solo perché ci piace farci del male.

Cosa accadrà dunque domani, nella ventesima e penultima tappa, da Annecy ad Annecy (ma l'arrivo è in salita, a Semnoz)? Il disegno della frazione è contraddittorio, si parte subito con delle salitelle (una di seconda categoria proprio in avvio, quindi 3 Gpm di 3a nei primi 50 km), quindi a metà tappa c'è la scalata al Mont Revard (17 km di ascesa), poi però dopo la discesa ci sono 20 km di fondovalle prima della dura scalata finale (11 km all'8.5% di pendenza media). La brevità della frazione (appena 125 km) non farà un favore agli uomini di fondo, ma dovrebbe quantomeno permetterci di vedere i big lottare per la vittoria di giornata, visto che la fuga da lontano potrà essere tenuta sotto controllo.

Froome, a meno di clamorose novità, ha il Tour in tasca. Anzi, potrebbe addirittura fare lui una sparata delle sue (se, come non è stato oggi, si sarà ripreso dai problemini fisici); altrimenti ci concentreremo sulla lotta per la maglia a pois, come detto, e su quella per il podio: Kreuziger ha solo 12" di ritardo dal terzo gradino (da Quintana, insomma), Rodríguez (un altro dei favoriti di domani) ne ha 26, quindi tutto è ancora in gioco, e lo stesso Contador, secondo con 21" su Nairo, non può certo dirsi al riparo da possibili ribaltoni. Altra lotta che potrà muovere qualcosa, sarà quella per entrare nei 10 (Ten Dam e Talansky non sono lontani da Kwiatkowski; fra i tre, quello meno calante pare l'americano).

Sarà insomma - con gran probabilità - una tappa da notai: ovvero andremo a certificare tutti gli aggiustamenti finali, e vedremo le varie caselline della classifica (delle classifiche) riempirsi degli ultimi dati. A meno che qualcuno domattina non si alzi con l'umore di chi vuol mettere a ferro e fuoco il Tour, e proponga assalti all'arma bianca sin dal km 0: onestamente, però, ci sembra un po' tardi per simili progetti espansionistici.

Marco Grassi

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