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Tour de France 2013: Froome in bilico? Per ora no - Vince la crono di Chorges su Contador. Ma da domani sulle Alpi sarà battaglia

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Chris Froome nel corso della cronometro Embrun-Chorges, da lui vinta su Contador © Bettiniphoto

Se uno degli intenti minori di Chris Froome era lasciare il segno in ogni segmento importante del Tour de France, bisogna dire che ci sta riuscendo benissimo. Dopo aver vinto con merito ad Ax 3 Domaines sui Pirenei, e nella tappa del Mont Ventoux, oggi il britannico di origini africane ha ricordato al mondo che anche nelle cronometro il suo nome può tranquillamente primeggiare, a evidenziare una superiorità sempre più schiacciante nei confronti degli avversari.

Il "tranquillamente", peraltro, non è nemmeno un avverbio scelto così a caso, in quanto, fedele alla parola data ai direttori sportivi della Sky, ha evitato ogni minimo rischio sui tratti più insidiosi della Embrun-Chorges, 17esima tappa disputata oggi contro il tempo: non ha osato più del lecito nei punti rischiosi delle due discese, non ha forzato oltre ogni limite sull'asfalto bagnato, non si può nemmeno dire che abbia dato saggi eccelsi in salita (visto che Contador e Rodríguez, almeno loro due, gli hanno tenuto testa alla grande sulle due côtes del percorso), ma è stato perfetto nel rimanere in scia degli avversari nei primi due terzi di gara, per poi aprire il gas, con la bici da crono (appositamente inforcata poco prima del secondo Gpm di giornata, sulla Côte de Réallon), nei 13 km conclusivi, quelli in cui ha fatto quel po' di differenza che gli permette stasera di fregiarsi del terzo successo alla Grande Boucle 2013.

Un successo che però non si abbatte sulla classifica con la stessa veemenza che avevano avuto le due precedenti affermazioni, stavolta ballano pochi secondi con alcuni degli avversari più prossimi, quindi possiamo dire che il Tour mantiene aperta una porticina sul possibile spettacolo (con annessi ribaltamenti di fronte) nella tre giorni alpina; certo, se Froome non avesse dovuto gareggiare "tranquillamente", se le condizioni meteo non avessero imposto cautela (perché rischiare quando hai già oltre 4' sul secondo?), se Chris avesse potuto esprimere tutto il proprio potenziale, magari staremmo parlando di una quarta mazzata (oltre alle due precedenti vittorie, va ricordata anche la crono di Mont-Saint-Michel la scorsa settimana) assestata sulla corsa. Così non è stato, buon per il livello di aspettative per il gran finale, che diversamente sarebbe risultato molto più impoverito in caso di classifica ampiamente decisa.

Sul fronte opposto, sul piano di bilanci e bilancini, va considerata la prestazione dei Saxo: sbarazzatisi di un calante Mollema, sia Contador che Kreuziger hanno scalato una posizione in classifica e ora si trovano al secondo e al terzo posto. Eppure anche loro, scampata la paura di beccare altri minuti da Froome, hanno di che recriminare, visto che sono stati gli unici, tra i big, a partire e arrivare con la stessa bici: laddove tutti gli altri hanno disputato due terzi di tappa con la bici classica e l'ultima parte con quella da crono, i due Saxo hanno preferito evitare il pit stop (non perdendo quindi i secondi necessari al cambio del mezzo), ma si sono ritrovati a percorrere l'ultimo tratto di gara con una bici meno performante rispetto agli avversari: i risultati si sono visti in sede di analisi dei tempi dall'ultimo intertempo (ai -12) al traguardo, con Froome che ha scavalcato Contador completando una rimonta che era stata già messa in cantiere dopo un avvio favorevole ad Alberto; allo stesso modo, pure Kreuziger ha esibito una piccola flessione nel finale rispetto agli avversari. Queste però sono quelle classiche situazioni in cui l'assenza di una controprova ci lascerà per sempre col dubbio: col cambio di bici, Contador avrebbe mantenuto un margine su Froome, o avrebbe pagato di più faticando a trovare il ritmo sul nuovo mezzo? (Sappiamo che ultimamente il madrileno fatica a tenere una posizione giusta sulla bici da crono: forse inforcarla a gara in corso poteva essere addirittura controproducente).

Nella piccola ronde di classifica che si è consumata alla vigilia delle Alpi, bisogna inoltre dare il giusto peso alla débâcle dei Belkin: partiti come secondo e sesto della generale, Bauke Mollema e Laurens Ten Dam si ritrovano ora quarto e settimo; e se il secondo aveva già dato segni di cedimento ieri sul Col de Manse (dove aveva già perso una posizione), il primo si trovava ad occupare un piazzamento forse pure troppo lusinghiero per le sue attuali potenzialità, ma non è per nulla detto che un posto giù dal podio accontenti le sue comunque legittime ambizioni: per cui, se fino a ieri era giustificabile una tattica conservativa da parte della formazione olandese (salviamo il salvabile, quindi forse il podio), da domani potremmo trovare una squadra in più nel novero di quelle che attaccheranno sulle Alpi. Il tutto, a beneficio dello spettacolo.

Westra e Izagirre bene, Tony Martin malissimo, De Marchi e Moser discreti
Spettacolare la prova di oggi lo era per sua natura, per il suo percorso niente affatto scontato, per le salitelle che lo punteggiavano, per le discese ostiche, per il clima mutevole (sole al mattino, poi nuvole, poi diluvio per un'oretta, poi schiarite ma non prive di altri spruzzi di pioggia fino alla fine). Tutta la prima fase della gara è vissuta sulle prestazioni di un certo rilievo di Lieuwe Westra e Thomas De Gendt prima, e di Jon Izagirre poi: l'olandese ha fatto segnare il primo tempo importante al traguardo, 54'02", per un primo posto temporaneo che è stato frutto di una grande ultima parte del percorso: al terzo intertempo infatti sia Alessandro De Marchi che De Gendt avevano superato Westra, il quale però ha fatto molto meglio nel finale, tenendo il compagno di team a 12" di distanza e l'italiano a 13.

Da segnalare, in questa fase, la discreta prova di Moreno Moser, che fino al terzo intertempo non era lontano da Westra e dagli altri migliori, ma che è andato in calando negli ultimi 10 km (54'53" il suo tempo alla fine). Di tutt'altra natura invece la prova di Tony Martin, atteso a una possibile nuova prestazione-monstre dopo quella di Mont-Saint-Michel (e malgrado un percorso non favorevole al Campione del Mondo di specialità), e invece il tedesco ha un po' deluso, rimanendo sempre abbastanza lontano dai più forti di giornata e chiudendo col tempo di 54'39", a 37" dal momentaneo leader Westra.

Il primato dell'olandese era però destinato ad essere messo in discussione dalla prestazione di Jon Izagirre, che un po' a sorpresa ha interpretato al meglio l'intera prova, attaccando nella prima metà, arrivando con 31" su Westra al terzo intertempo e difendendosi nei 12 km finali, fino a chiudere con 4" sull'esperto cronoman della Vacansoleil.

Van Garderen e la pioggia, l'ottima prova di Valverde e Rodríguez, la caduta di Péraud
Il tempo di Izagirre è stato superato da Van Garderen, partito a fari spenti (era dietro ai primi due intermedi), e venuto fuori alla distanza con un 53'24" finale che migliorava di 34" il tempo fatto segnare dal basco. Dopo la prestazione dell'americano della BMC, i nuvoloni che da qualche tempo minacciavano il percorso si sono aperti in pesanti scrosci che hanno influenzato pesantemente la prova di diversi corridori: e se da Porte ci si poteva aspettare una gara in tono minore (meglio risparmiare qualcosa per aiutare Froome domani), non lo stesso si può dire di Chavanel, che cercava la grande prestazione e si è ritrovato invece in tutti i sensi annacquato (alla fine sarebbe stato solo 29esimo).

Il tempo si è però rimesso quando stavano scendendo in campo i migliori della classifica. Le strade, soprattutto le due discese, si sono in gran parte asciugate in maniera abbastanza rapida, permettendo così ai più attesi della giornata di gareggiare in condizioni se non ottimali, di certo non proprio avverse. Il primo ad approfittare del nuovo miglioramento della situazione è stato Alejandro Valverde, partito con grande decisione per una delle più positive crono in carriera, e arrivato in fondo con un tempo di 52'03" nettamente inferiore a quello di Tejay (1'21" il vantaggio del murciano a Chorges).

Intanto assistevamo alla discreta performance di Andy Schleck (alla fine 15esimo a 2'27" dal vincitore), e alla giornata di svacco di Cadel Evans, andato a spasso per tutta la prova e finito al 167esimo posto (su 177) a 8'04" dal primo: chiaro segnale, anche qui, di volontà di salvare la gamba in vista della tappa di domani (in altri termini: aspettiamoci l'australiano in fuga).

Qualche minuto dopo Valverde, è entrato nella competizione Joaquim Rodríguez, e l'ha fatto col botto: facendo segnare i migliori tempi sin dal primo rilevamento intermedio (in cima alla Côte de Puy-Sanières), e chiudendo con 51'43" (20" meglio di Alejandro) una crono che conferma il crescente stato di forma di Purito. Forse nemmeno lui sperava in una prestazione di tale livello assoluto, fatto sta che l'essersi lasciato alle spalle 4 dei 6 corridori che lo precedevano (e alcuni anche abbastanza nettamente) lo aiuta a coltivare maggiori speranze per un podio che dopo i Pirenei sembrava ipotesi fantascientifica.

Hanno fatto peggio di JRO sia Fuglsang (53'07"), che Dan Martin (54'55") che Kwiatkowski (53'06"), tutti già alle sue spalle nella generale; sia Ten Dam (54'02", in netto calo in questa terza settimana), che Mollema (53'42"), che Quintana (52'44", ma al colombiano oggi è stato sufficiente guadagnare altri 22" su Kwiatkowski, suo rivale nella classifica di miglior giovane), i quali invece precedevano il catalano della Katusha.

Nel frattempo si consumava la giornata sventurata di Jean-Christophe Péraud: caduto nella ricognizione del percorso in mattinata, il francese ha voluto gareggiare ugualmente nonostante una microfrattura alla clavicola destra. Con ampia fasciatura e grande spirito di sacrificio, il miglior transalpino della classifica (era nono) ha fatto il meglio che poteva per 30 dei 32 km della tappa: all'ultimo intertempo il capitano dell'AG2R pagava poco meno di 2' a Rodríguez, ma quel che contava era rimasto in gara senza aver perso la bussola. Purtroppo per lui, a 2 km dal traguardo, su una curva a destra, è scivolato (infausta coincidenza di fondo stradale bagnato e scivolosa scritta sull'asfalto), andando a picchiare lo stesso punto già infortunato davanti agli occhi dei suoi familiari che erano ad attenderlo proprio su quella curva.

Il tenace ma sfortunato Péraud è stato obbligato stavolta al ritiro (in mattinata non era partito per febbre Gorka Izagirre). Tra l'altro sullo stesso punto ha rischiato di cadere pure Mollema, poco dopo; ma l'olandese si è salvato allargando moltissimo la curva e andando a sbattere contro le transenne: non sarà stato piacevole, ma perlomeno la caduta non c'è stata, e il capitano della Belkin ha potuto concludere la sua prova tutto sommato senza grossi dolori.

La grande sfida tra Contador e Froome
Perché la tappa si decidesse, non rimaneva che attendere l'esito della grande sfida tra Contador e Froome, col primo partito a spron battuto come spesso ha fatto in passato, e il secondo uscito alla distanza dopo un avvio ultracauto. Al primo intertempo Contador ha fatto segnare il miglior tempo con 14'40" (17" meglio di JRO, e solo 2" più forte di Froome); il secondo intertempo, alla fine della prima discesa (la più pericolosa) ha sancito un aumento del vantaggio del madrileno nei confronti dell'anglokenyota: 21'43" contro 22'03", 20" tondi di margine per Alberto.

Negli stessi istanti assistevamo a una bella prova di Kreuziger (che per un attimo è anche stato al comando al secondo intertempo, prima che il suo capitano Contador facesse meglio di 8" rispetto al suo 21'51"). Il ceco, più che mai in corsa per il podio, ha tenuto al livello dei migliori per due terzi di gara, pagando qualcosa di troppo solo nell'ultimo tratto (e quanto in ciò possa aver pesato la scelta operata dai box, ovvero quella di non cambiare bici, l'abbiamo già segnalato sopra).

Al terzo intertempo (in cima alla seconda salita) Contador ha perso qualcosa nei confronti di Rodríguez (che sulla scalata in questione è stato il migliore), ma ha pure visto avvicinarsi pericolosamente Froome: il quale, cambiata bici (e quindi perso il tempo necessario) ancor prima del rilevamento cronometrico, è transitato a 11" dal capitano della Saxo, ma con tutte le intenzioni di suonare la tromba della riscossa nel tratto conclusivo.

Il britannico in maglia gialla ha avuto ragione. Gli ultimi 12 km li ha coperti in 12'58", contro i 13'18" di Contador. La speranza di quest'ultimo di portare a casa una vittoria molto importante anche sul piano del morale, è durata 5': dal momento in cui ha tagliato il traguardo facendo appena 1" meglio di Rodríguez (51'42" contro 51'43", ma per i cronometristi il distacco è valutabile in soli 72 centesimi), passando per il momento in cui ha visto Froome impegnato su un tratto di discesa nuovamente bagnato (era ripreso a piovere), all'attimo in cui ha visto comparire l'avversario sul rettilineo finale.

Dando un occhio al cronometro, era chiaro che Froome si apprestava ad abbassare il suo tempo, e così è stato: 51'33" per Chris, che ha così vinto la tappa con 9" su Contador, 10" su Rodríguez, 23" su Kreuziger, 30" su Valverde, 1'11" su Quintana, 1'33" su Kwiatkowski, 1'34" su Fuglsang, 1'41" su Talansky, 1'51" su Van Garderen, 2'09" su Mollema (11esimo), 2'29" su Ten Dam (16esimo), 2'42" su De Marchi (20esimo e primo degli italiani), 3'06" su Tony Martin (solo 27esimo), 3'20" su Moser (31esimo), 3'22" su Daniel Martin (32esimo).

La nuova classifica vede Froome al comando con 4'34" su Contador, 4'51" su Kreuziger, 6'23" su Mollema, 6'58" su Quintana, 7'21" su Rodríguez, 8'23" su Ten Dam, 8'56" su Fuglsang, 11'10" su Kwiatkowski, 12'50" su Daniel Martin decimo. Fuori dalla top ten Rogers (a 13'19"), Valverde (a 15'12"), Talansky (a 15'13"), Navarro (a 16'43"), Monfort (a 17'04"), Schleck (a 23'34"), Nieve (a 23'36"), Evans (a 24'44"), Moreno (a 27'35") e Bardet, 20esimo e primo dei francesi a 28'43". Il primo degli italiani è Davide Malacarne (51esimo a 1h11'03"), e bisogna dire che siamo prossimi a centrare la peggior prestazione di sempre in classifica al Tour.

Cosa ci aspetta domani (e nei giorni seguenti), con l'attuale situazione? Contador ha già più volte ribadito il concetto di non lottare per un semplice podio, ma di ambire a mettere in discussione la leadership di Froome. Ciò, unito al percorso di domani, potrebbe trasformarsi in uno scoppiettante testa a testa. La 18esima tappa, da Gap all'Alpe d'Huez, parte con un centinaio di chilometri interlocutori, per poi proporre, dopo la discesa dal Col d'Ornon, una prima scalata all'Alpe, seguita da un ulteriore tratto di ascesa fino alla vetta del Col de Sarenne, e una discesa pericolosissima per alcuni chilometri: le immagini degli strapiombi accanto alla strettissima strada, viste pensando a possibili rovesci temporaleschi che potrebbero rendere l'asfalto (già di suo sconnesso) particolarmente infido, faranno dormire sonni agitatissimi a Froome (che ha già iniziato una sua campagna per la prudenza, tramite twitter indirizzati a Contador!).

Se - come pare confermato dagli organizzatori - la tappa non verrà decurtata (prevedendo quindi l'arrivo in cima all'Alpe e poi stop), al termine di tale discesa (e di un tratto in falsopiano) si affronterà una seconda scalata all'Alpe d'Huez. Come si capisce a prima vista, il terreno per tendere un trappolone alla maglia gialla c'è tutto, e la squadra di Contador pare intenzionata a non lasciare nulla di intentato. Del resto è già successo che Riis abbia piazzato due suoi uomini sui gradini meno nobili del podio (nel 2011 i fratelli Schleck furono battuti solo da Evans), quindi ci sta che stavolta il team manager danese (da tutti riconosciuto come un gran volpone d'ammiraglia) tenti il tutto per tutto, magari sganciando Kreuziger - o lo stesso Contador - dalla distanza per stanare Froome e la sua Sky.

Della debolezza della squadra della maglia gialla abbiamo già avuto sufficienti esempi nei giorni scorsi; sapranno i team avversari approfittare dei fattori a loro favore per far saltare il banco (o quantomeno provarci)? Saprà la Movistar evitare di accontentarsi del piazzamento di Quintana, preparando già domani il terreno per un attacco del colombiano? E cosa opporrà la Belkin all'andamento discendente dei suoi due rappresentanti in top ten? Inoltre, che ruolo giocheranno gli outsider di lusso (un Rodríguez in grande crescita, ma anche un Fuglsang molto tenace e - perché no - un Daniel Martin sostenuto dalla fantasiosa Garmin)?

Da giorni diciamo che il Tour è sempre più saldamente nelle mani di Froome. Paradossalmente, oggi che il britannico centra la sua terza vittoria di tappa, riscopriamo le sue vulnerabilità: se non resterà proprio solo a inizio tappa, e se gli basteranno i 4'34" su Contador per affrontare con la massima calma la discesa del Sarenne, potremmo vederlo nuovamente sugli scudi sull'ascesa finale. Ma se i suoi contendenti troveranno la chiave per farlo saltare prima di testa che di gambe, potremmo trovarci di fronte a un finale tutt'altro che già scritto.

Marco Grassi

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