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Tour de France 2013: Il buono, il brutto e il cattivo - Kittel-Greipel-Cavendish: finale da film a Saint-Malo

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Marcel Kittel precede André Greipel e Mark Cavendish a Saint-Malo © BettiniphotoNon abbiamo assolutamente nulla contro Mark Cavendish, e non siamo scesi in piazza tra la folla inferocita a chiederne l'impiccagione con annessa esposizione della salma fino al tramonto. Ma leggere l'ordine d'arrivo della decima tappa del Tour de France, da Saint-Gildas-des-Bois a Saint-Malo, e trovarcelo al terzo posto, avendo visto quel che è successo nel finale della frazione, ci lascia alquanto basiti. Un po' come sarebbe trovare Vittorio Sgarbi a presiedere un simposio sulla buona educazione, o Justin Bieber a insegnare all'accademia della canzone d'autore, o Pat McQuaid a guidare l'UCI (ops...). Insomma c'è qualcosa che stona, e parecchio, in questo finale all'arma bianca, classico postumo di una frazione soporifera.

Stona anche il fatto che siamo arrivati sin qui senza ancora aver reso i giusti onori a Marcel Kittel, primo a vincere due tappe nel Tour numero 100, lui che aveva iniziato presto (già alla prima frazione, a Bastia), e che oggi ha dato un altro bel saggio delle sue capacità allo sprint, tutt'altro che vicine all'essere compiute (in altri termini: il tedesco della Argos ha ancora bei margini davanti a sé). Il battuto della giornata è André Greipel, che a sua volta assaporava la doppietta (dopo l'affermazione di Montpellier) e che invece ha subìto una bruciante rimonta; Sagan, invece, si è giocato il bonus-capolavoro per evitare la caduta di cui parleremo più giù, per cui si è poi accontentato di essere appena umano nello sprint, chiudendo al quarto posto, alle spalle dei due tedeschi e del reprobo di Man.

La tappa era partita con l'ennesima fuga buona al primo colpo: nemmeno 2 km, ed ecco già in viaggio Luis Ángel Maté, Juan José Oroz, Jérôme Cousin, Julien Simon e Lieuwe Westra. Quest'ultimo è stato il primo a rinunciare alla lotta, rialzandosi a 20 km dal traguardo, ma a quel punto il destino degli attaccanti era già bello che segnato, e infatti senza grossi patemi il gruppo ha ricucito sugli altri 4 quando mancavano 6 km alla conclusione. Il drappello dei coraggiosi aveva messo insieme non più di 5'18" di vantaggio massimo (al km 43, ovvero a 154 km dalla fine), quindi le formazioni dei velocisti avevano cooperato per non far allargare troppo i battistrada, tenendoli a tiro fino alle accelerazioni finali.

Va anche detto che il quintetto al comando si è scontrato, nell'ultima parte della sua azione, con un vento contrario che non era forse sufficiente per scatenare una guerra di ventagli tra i big (infatti tale faccia a faccia non c'è stato, e possiamo dire che non è stato nemmeno accennato), ma bastava ed avanzava per rompere le scatole ai pochi attaccanti di giornata.

Oltre al verbale delle operazioni dei fuggitivi, ci tocca riportare anche qualche dato sulle consuete cadute quotidiane: a 20 dalla fine, su una rotonda, sono andati giù Flecha e Molard; tre chilometri più avanti è toccato a Tuft e Talansky spanciarsi sull'asfalto. L'ultimo capitombolo è avvenuto ai 200 metri, come vedremo tra poche righe.

Ai 4 km, col gruppo tornato più o meno compatto (c'erano dei ritardatari, staccatisi tra una strappata e un colpo di vento: ad esempio uomini come Pinot, Porte, Moreno, Talansky, Hesjedal, Gesink, Danielson hanno perso alla fine 1'40"), la Omega Pharma di Cavendish si è messa a tirare, con la Argos a fungere da spalla; ai 3 km è stata la Lotto di Greipel ad assumersi l'onere di tenere in fila indiana il gruppo, con tutto il treno in bella mostra: Hansen-Sieberg-Roelandts-Henderson-Greipel, questa la linea di fuoco della formazione belga, con Sagan saggiamente a ruota del gorillone.

Ai 1500 metri gli Argos di Kittel hanno affiancato i Lotto, i quali procedevano col loro bravo ritmo scandito alla perfezione; la Omega, invece, risultava abbastanza dispersa, in quel classico modo che a Mark fa venire i santissimi (cfr. Tirreno-Adriatico). Il folletto di Man deve aver subìto un ulteriore giro di vite alla lucidità nervosa quando ha visto che il suo apripista Steegmans si è messo in testa all'ultimo chilometro, mentre lui era in quinta-sesta ruota: "Ma cosa vai a tirare per chi?", avrà pensato Cavendish con gli ultimi sprazzi neuronali prima del black-out mentale.

A quel punto l'idea di Mark-self-made-Man era solo quella di far da sé, a tutti i costi. Il John Rambo de noantri non ha bisogno di un passato nel Vietnam per autocostruirsi l'alibi necessario, gli basta che uno Steegmans qualsiasi sbagli i tempi. La situazione era questa, all'avvicinarsi dell'ultima curva del tracciato: Henderson in testa con a ruota il suo capitano Greipel; Veelers, compagno di Kittel, a ruota di André, quindi alle sue spalle Mark, Marcel e più indietro Sagan.

Con l'arrivo genialmente piazzato 150 metri dopo l'ultima curva a sinistra (standing ovation per l'ASO...), diveniva fondamentale prendere bene quella svolta. Sapendolo, Kittel ha anticipato un tantino, scattando alle spalle di Cavendish poco prima dell'ingresso in curva, muovendosi verso sinistra. Mark, sentito scartare il meccanismo del cambio del tedesco, ha avuto il riflesso pavloviano che gli serviva per partire in automatico sul lato destro. In mezzo, Veelers faceva il furbastro, ben sapendo che se avesse mantenuto quella posizione proprio sulla linea di mezzeria, con la curva a sinistra, avrebbe svolto la funzione del perfetto frangiflutti nei confronti del Cav, favorendo in maniera clamorosa il suo compagno Kittel.

Ma Veelers, nella sua trovata da due soldi (sì, insomma: spòstati senza star lì a fare tanto il nostromo di lungo corso), non aveva valutato un problema: e cioè che nessuno aveva mai spiegato a Cavendish il principio dell'impenetrabilità dei corpi. Per cui, ancora in automatico, a Mark è partita la spallata, perché il ragazzo non aveva idea che così facendo avrebbe potuto dar luogo a una tonnara. Pensava di poter passare da un lato all'altro della carreggiata, indipendentemente dal fatto che lì nel mezzo ci fosse Veelers, e senza considerare che con quella manovra ci sarebbe stato un urto per cui qualcuno si sarebbe fatto per forza male.

Per fortuna del Tour, l'unico a rimetterci (ma giusto qualche ammaccatura) è stato lo stesso Veelers, finito pesantemente al tappeto. Sagan non sa ancora lui come ha fatto a evitare di essere centrato dalla bici dell'olandese, e con uno scarto è passato indenne proseguendo la sua volata (mentre dietro in diversi hanno dovuto frenare): era questo il bonus-miracolo a cui facevamo riferimento sopra. Chiaro che se ti giochi il jolly per restare in piedi, non puoi sperare di pescarne un altro - pochi secondi dopo - per vincere lo sprint.

In tutto questo bailamme, avevamo lasciato la coppia Lotto al comando all'ingresso in curva. L'automatismo del team belga ha funzionato ottimamente, con Henderson che ha lanciato Greipel proprio all'inizio della svolta. André si ritrovava con un netto vantaggio da amministrare, ma - probabilmente per troppa sicurezza - l'ha amministrato come peggio non poteva. Anche perché da dietro gli arrivava un treno mica male, va detto. Quel treno veniva dalle stesse acciaierie tedesche, ma era molto più giovane e sbuffante.

Si trattava di Kittel, che una volta partito anticipando Cavendish, ha fatto un dribbling magnifico tra lo stesso Mark (che dopo aver abbattuto Veelers stava stringendo verso il centro) e Henderson in rallentamento, ed ha infilato l'ormai celebre curva all'interno, guadagnando sia in metri che in spinta rispetto a Greipel, e bruciando al collega e rivale almeno 10 metri in una rimonta strepitosa sul breve rettilineo conclusivo. Quando il giovane Marcel ha affiancato in dirittura l'esperto André, per quest'ultimo non c'era più alcunché da rilanciare: l'unica cosa che restava da fare era guardare Kittel che gli soffiava con merito la vittoria da sotto al naso.

Cavendish, terzo, ha avuto un trattamento di ultrariguardo dalla giuria, che avrebbe dovuto declassarlo (abbiamo visto la mannaia dei giudici cadere per molto meno); quarto s'è piazzato Sagan, col contentino dei punticini che lo tengono ampiamente al comando della classifica della maglia verde. Quindi a seguire William Bonnet (al primo piazzamento in questo Tour), Kristoff (che bagna con un insulso sesto posto il nuovo - e, pare, abbastanza ricco - contratto con la Katusha), Sam Dumoulin, Reza, Danny Van Poppel e Rojas.

La classifica non cambia se non per qualche secondario dettaglio, Froome resta al comando con 1'25" su Valverde, 1'44" su Mollema, 1'50" su Ten Dam, 1'51" su Kreuziger e Contador, 2'02" su Quintana, 2'28" su Dan Martin, 2'31" su Rodríguez, 2'45" su Rui Costa. Guardiamola bene, questa classifica, perché domani - dopo la crono di 33 km a Mont-Saint-Michel - la ritroveremo tutta diversa, con la maglia gialla che presumibilmente avrà dilatato i vantaggi su tutti i suoi inseguitori. L'Italia, in tutto questo romanzo, non recita che un ruolo di comparsa: 17esimo oggi il migliore dei nostri (Roberto Ferrari), 27esimo il best in classifica (Malacarne a 14'27" da Froome). Un ragazzo che domani avrebbe potuto far bene, Adriano Malori, si è ritirato da giorni. Continuiamo così, la navigazione è a vista, sia che la marea sia alta, sia che ci sia la secca.

Marco Grassi

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