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Tour de France 2013: Il braccino di chi non sa osare - Vince Dan Martin, Froome esce benissimo dai Pirenei. Valverde ora 2°

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Daniel Martin ha battuto Jakob Fuglsang a Bagnères-de-Bigorre conquistando così la sua prima vittoria al Tour © Bettiniphoto

A chi non è capitato, almeno una volta nella vita, di riuscire ad avere un appuntamento con una top model e poi di essersi ricordato sul più bello di avere un buco nel calzino e di non poter quindi "salire a casa sua" dopo cena? Cose che prima o poi succedono, e oggi ad esempio sono successe al Tour de France, con la Movistar nei panni dello spasimante col calzino bucato. Una tappa, la nona da Saint-Girons a Bagnères-de-Bigorre, che, a vederne il trailer (ovvero i primi 60 km) pareva essere il capolavoro cinematografico dell'anno, e che invece si è risolta in una verbosa, monotona, loffia opera tanto deludente e inconcludente per quanto era stata pretenziosa e promettente.

Ha vinto Daniel Martin (gran merito alla Garmin) ma questo - ci consentirà il bravo irlandese - è il meno. Chris Froome è uscito addirittura rafforzato, in classifica, da questa frazione che per lui poteva essere una Caporetto, e che non lo è stata sol perché a un certo punto della vicenda, dopo che il ragazzo in giallo era stato isolato per bene e lasciato senza protezioni (leggasi: altre maglie Sky intorno a lui) in balia di orde di avversari (i Movistar presenti in gran numero, i Saxo idem), nessuno ha avuto il coraggio di andare fino in fondo e di osare quel che fino a ieri pareva inosabile, e che invece, dopo le salite di Portet-d'Aspet e Menté, diventava oggi paurosamente fattibile.

Non usiamo a caso l'avverbio "paurosamente", che fa il paio col "braccino" del titolo: proprio come nel tennis, infatti, qualcuno ha avuto paura di vincere, e s'è fatto venire il braccino, e non ha affondato il colpo quando le condizioni per farlo si erano - in maniera insperata ma chiara - verificate. La tendenza a rinviare la resa dei conti, a correre conservativi, intanto mettiamo al sicuro il podio poi si vedrà, in un'espressione insomma il "gareggiare per perdere". Ne abbiamo avuto un esempio lampante oggi, da parte di chi si è accontentato di far fuori il secondo della classifica, non provando nemmeno a far saltare il primo. Un passetto alla volta?

Peccato - per i suoi avversari - che quel primo, Chris Froome, non è detto che si ritrovi nella posizione critica e pericolante di oggi. Da qui al trittico alpino, il britannico avrà tre tappe a lui molto favorevoli (la crono di Mont-Saint-Michel, l'arrivo del Ventoux, la crono di Chorges), prima che i suoi avversari possano ritrovare un terreno che - come oggi - possa permettere qualche imboscata. Ora, figurarsi se il Froome visto ieri non saprà, in queste tre tappe (annegate in un mare di frazioni piatte), scavare solchi tanto profondi da far passare a chiunque la voglia di attaccarlo. Un conto è agire quando hai 2-3 uomini nel raggio di 2-3 minuti (il caso di Movistar e Saxo oggi), tutt'altro è avere quegli uomini a 8-10 minuti, come sarà certamente nel giorno dell'Alpe d'Huez.

A quel punto il buon Froome potrà pure lasciar andare via tutte le fughe che vuole, limitandosi a controllare giusto quel paio di corridori più vicini a lui nella generale. Tantopiù che sono avvenute altre due cose importanti, nella seconda frazione pirenaica, oggi: è saltato Richie Porte, che era secondo e che da qui in poi potrà mettere da parte le ambizioni di classifica e lavorare solo e soltanto per la causa del suo capitano (evitate quindi pericolose coesistenze sul podio in casa Sky: per la squadra è un danno, ma per Froome è un fatto positivo); inoltre, l'aver visto di che pasta (molle) sono fatti i suoi avversari, avrà significato per l'anglokenyano un surplus di convinzione nei propri mezzi. Non occorre citare sempre Nietzsche (ciò che non ti uccide ti rafforza), a volte basta Forrest Gump (stupido è chi lo stupido fa), e se quelli con cui ti confronti si dimostrano, per un motivo o per l'altro, non alla tua altezza, è giusto che soccombano.

I fuochi d'artificio sin dal Portet-d'Aspet
Ad accendere subito la miccia di una tappa che poteva essere memorabile è stata la Garmin, che già al km 10 ha mosso Bauer e Millar; i due uomini di Vaughters hanno dato la stura a una sequela interminabile di scatti e controscatti, che sul Portet-d'Aspet hanno visto impegnati tra gli altri Rolland, Gautier, Van Garderen, Hoogerland; e poi, al km 26 (a un paio dalla vetta), anche Daniel Martin e Tom Danielson, altra coppia Garmin, ma con maggiori prospettive di quella mossasi in precedenza. A quel punto è stato Froome in prima persona a muoversi per chiudere.

La Sky aveva già perso Kennaugh, caduto in un dirupo al km 22 (per fortuna se l'è cavata solo con escoriazioni), ha Thomas in condizioni fisiche precarie (sta correndo col bacino rotto) e anche Kiryienka oggi era parecchio giù di corda (tanto che poi ha chiuso la tappa fuori tempo massimo!). L'allungo di Froome per chiudere sui Garmin, con conseguente aumento di ritmo in gruppo, ha fatto poi staccare David López, e poi ancora Boasson Hagen, Stannard e Siutsou. In pratica, accanto alla maglia gialla, era rimasto il solo Porte.

Non solo in casa Sky si era causato un grande sparpaglìo, perché il gruppo che ha scollinato alle spalle dei primi (sui quali intanto si era riportato Jeannesson, passato in testa al Gpm) aveva perso parecchi pezzi (anche un Pinot in netta crisi), e altri ne avrebbe persi di lì a poco sul successivo Menté, allorché prima Evans e poi - al km 39, mentre tirava la Saxo di Contador - pure Porte perdevano le ruote dei migliori.

Uno sviluppo della gara del tutto inatteso, con la Garmin (che inseriva nei vari assalti di questo frangente pure Hesjedal) e la Movistar (che partecipava alle razzie con Rui Costa, Plaza e Castroviejo) a fare la parte del leone nel tentativo di far saltare il banco. E non avevamo ancora visto niente: dopo altri attacchi e contrattacchi sulla salita (tra i più attivi Hesjedal, Antón, ancora Rolland, e poi Trofimov e Danielson), in discesa Alejandro Valverde, capitano della Movistar, ha fatto una prima accelerazione.

Quindi, nel tratto in piano tra la discesa del Menté e l'attacco del Peyresourde, il murciano ha insistito, tentando da solo (ai -110, ai -108), infine uscendo con Plaza (ai -107). Sempre Froome si è incaricato in prima persona di chiudere, ma la preponderanza degli uomini Movistar era impressionante: a parte quelli che stavano nel gruppo dei migliori, ce n'erano altri - scattati in precedenza - più avanti (Rui Costa, Castroviejo), e tutto lasciava presagire anche un utilizzo spregiudicato della carta Quintana. Invece la situazione si è andata progressivamente acquietando.

Sul Peyresourde scoppia l'armistizio
A 100 km dal traguardo (e a 10 dall'inizio del Peyresourde), la situazione, quantomai fluida, vedeva al comando della corsa alcuni uomini che erano scattati tra la salita del Portet-d'Aspet e quella del Menté: per la precisione, Rolland, Hesjedal, De Clercq, De Gendt e Bardet. A una cinquantina di secondi dai primi, Froome era nel drappello di Valverde, Plaza e Castroviejo; a 1'10" il gruppetto col resto dei migliori (su cui era rientrato Evans) veniva tirato dalla Saxo Bank di Contador, che ai 96 km è riuscita a colmare il gap dal quartetto della maglia gialla e dei Movistar. Porte era a quel punto già un paio di minuti più indietro del suo capitano.

La salita ha visto lì davanti il rientro di Bakelants sui primi (mentre De Gendt faceva un po' di elastico), e in gruppo un treno Movistar formato da 6 uomini a tirare per evitare che Porte si riavvicinasse: il momento del tasmaniano era peraltro già critico di suo, visto che - ad esempio - Richie non è riuscito nemmeno a tenere le ruote di Cunego (che l'ha staccato per poi rientrare sul gruppo dei migliori - in cui l'Italia era presente col solo Malacarne - nella successiva discesa). Tra l'altro a Porte rimaneva vicino il solo Kennaugh, con Boasson Hagen e gli altri che proprio sul Peyresourde, dopo aver provato a trenare per un po', hanno alzato bandiera bianca.

Al Gpm (a -78) De Gendt ha beffato Rolland, quindi nella picchiata anche Simon Clarke (uscito dal gruppo a un paio di chilometri dalla vetta) si è portato sui battistrada (mentre De Gendt si faceva definitivamente staccare), e il margine che al Gpm era di 35" si è allargato nel momento in cui la Movistar si è fatta da parte per qualche chilometro, superando il minuto.

Alla fine della discesa Clarke, in piena trance agonistica, ha staccato gli altri battistrada e si è involato, predisponendosi ad affrontare tutto solo la scalata al Val Louron, salita ai piedi della quale l'australiano si è presentato con 40" su Rolland, Hesjedal, De Clercq, Bakelants e Bardet, con 1'40" sul gruppo della maglia gialla e con 3'30" su quello di Porte.

L'ascesa verso Val Louron ha fatto ancora parecchie vittime, ma di quel che ci si attendeva, ovvero di un nuovo affondo da parte di Valverde e compagni, nulla è accaduto. Né ci ha provato Contador, coi suoi, a fare qualcosa che accelerasse i battiti di Froome. Nel giro di un paio di chilometri di scalata, prima Hesjedal (poi andato in netta crisi), poi Bakelants si sono staccati; il drappello della maglia gialla perdeva alcuni elementi (Talansky, Amador, Cunego, Kwiatkowski), ma in quel momento le maggiori attenzioni erano per gli sforzi di Porte, che pareva aver superato il momento difficile ed era rimasto solo all'inseguimento del gruppetto maglia gialla, riuscendo addirittura a portarsi a poco più di un minuto di ritardo. Un tentativo che sarebbe costato carissimo all'australiano.

Quintana sull'Hourquette, o dell'arte di voltarsi troppo
Al Gpm (a -58) Clarke è transitato con 25" su Rolland, Bardet e De Clercq e 1'03" sul gruppo, con Porte già rimbalzato e passato a 3'20" (in un gruppetto con Gadret e Velits tra gli altri). In discesa Clarke, finalmente capita l'insensatezza della propria azione kamikaze, si è rialzato lasciandosi riprendere dagli immediati inseguitori, ma il quartetto ai piedi dell'ultima salita di giornata, la Hourquette d'Ancizan, non aveva che ormai 20" di margine, e si apprestava mentalmente ad essere raggiunto dai migliori.

Il magone nell'appassionato intanto cresceva, perché se si poteva capire una scalata di assestamento su Peyresourde (per tenere lontano Porte), era incomprensibile che l'intero Val Louron fosse stato sprecato senza uno scatto da parte dei rivali di Froome: piuttosto che provare a mettere in croce la maglia gialla, i Movistar hanno preferito salire con un ritmo sì sostenuto ma regolare, facendo in definitiva un grande favore al leader della classifica, che di sicuro, ci fossero stati con lui i compagni della Sky, avrebbe chiesto loro un identico lavoro. Ci ha pensato il team spagnolo, tanto meglio per Chris.

Sull'Hourquette, comunque, era eticamente impossibile comportarsi allo stesso modo, per la squadra di Valverde. Ripresi i battistrada all'inizio della salita (l'ultimo a mollare è stato Bardet ai -38 dal traguardo, quindi a 8 km dalla vetta), la Movistar (tirata in quel momento da Plaza) ha addirittura rallentato, dando respiro a chi era al gancio. Ma questo calo di ritmo presupponeva la fase degli attacchi di Quintana.

Il colombiano in maglia bianca è partito una prima volta ai 35 km, ma Froome ha risposto prontamente. In contropiede si sono allora mossi prima Daniel Martin, poi in rapida sequenza Fuglsang e poi ancora Nieve. A 4.4 km dalla vetta, Quintana ha proposto un secondo scatto, e di nuovo Froome l'ha preso in pochi secondi.

Ancora a 4 dal Gpm, Nairo ha provato un altro allungo, e ancora la maglia gialla gli si è messa immediatamente alle calcagna. Intanto Fuglsang si riportava su Martin, mentre Nieve veniva riassorbito dal gruppo dei migliori. A 3 km dalla vetta, il quarto e ultimo scatto di Quintana ha sollecitato la quarta e ultima risposta di Froome. Il colombiano potrà dire di averci provato, sì, ma come? Più che scatti veri e propri, quelli orchestrati da Nairo erano dei pizzicotti, delle punturine di spillo, e ogni volta, subito dopo lo scatto, Nairo si voltava a più riprese per controllare la situazione alle sue spalle. Non proprio quel che si direbbe un tentativo serio e insistito di fare il vuoto.

Gli strappi d'andatura imposti dalla maglia bianca, comunque, avevano ridotto il gruppo a sole 12 unità; ma una volta che i tentativi di Quintana si sono esauriti, e che né Valverde, né Contador, né altri (Schleck era lì a ruota di Froome, ad esempio) hanno provato a rilanciare gli attacchi, il ritmo del drappello è ancora una volta calato e da dietro si sono susseguiti diversi rientri. A tirare tutta la compagnia, allora, ci si è messo Kreuziger (prezioso compagno di Contador), e l'ultimo atto cui abbiamo assistito sulla Hourquette è stato un velleitario scatto di Poels a un chilometro dal Gpm.

Porte alla deriva, Martin alla vittoria
Al Gpm Martin e Fuglsang sono passati (in quest'ordine) con 33" su Poels e 45" sul gruppo della maglia gialla. Un Richie Porte alla deriva è transitato solo dopo 12' (insieme a un Hesjedal letteralmente scoppiato). Per fortuna di chi era ormai esausto, non erano più previste difficoltà altimetriche fino all'arrivo: un tratto in discesa, quindi una ventina di chilometri in falsopiano fino a Bagnères-de-Bigorre.

I due uomini al comando sono arrivati ad avere anche 50" di vantaggio, nel frangente, e ancora una volta il gruppo dei migliori ha brillato per inconcludenza: ai -21 è stato raggiunto Poels, quindi un breve allungo di Kwiatkowski è stato pure rintuzzato, ma ai 10 km, quando il distacco dai battistrada era sceso a 23" (anche grazie a una mano data dalla Belkin di Mollema alla Movistar), gli uomini di Valverde hanno tirato un'altra volta i remi in barca. Si rinunciava così anche all'obiettivo minimo della vittoria di tappa per il murciano (dopo aver rinunciato a mettere in difficoltà Froome): evidentemente per Unzué e i suoi sottoposti l'aver guadagnato una posizione in classifica (con la crisi di Porte, Alejandro risaliva dalla terza alla seconda) era già più che sufficiente.

Di tutte queste discutibili valutazioni hanno beneficiato - con merito - i due ragazzi in testa alla corsa. I quali, dopo la grande paura di essere ripresi, hanno ricominciato a macinare secondi, riportando il loro margine più vicino ai 40 che ai 30", e potendo così predisporsi in tutta tranquillità alla volata a due che avrebbe assegnato il successo parziale. La fase di studio precedente lo sprint ha visto Fuglsang rimanere in testa, con Martin nei panni del furbone di giornata, bravissimo a mettersi alla ruota del danese dell'Astana e a piazzare il suo scatto decisivo ai 200 metri.

Fuglsang non ha opposto la minima resistenza e Martin è andato così a prendersi la sospirata affermazione (la prima per lui al Tour, nell'anno in cui ha già messo in carniere la Liegi: stagione indimenticabile per l'ancora promettentissimo 27enne nipote di Stephen Roche). In 19 sono arrivati a 20 secondi dai primi, a partire da Kwiatkowski terzo e proseguendo con Moreno, Rodríguez, Evans, Poels, Mollema, Navarro, Monfort, Valverde, Schleck, Contador, Froome, Kreuziger, Nieve, Ten Dam, Péraud, Quintana, Rui Costa e Dupont. A 25" si sono classificati Gesink e Morabito, quindi abbiamo dovuto attendere quasi 4' per veder giungere un gruppetto comprendente tra gli altri Antón e Rogers, e oltre 7' (7'07" per la precisione) per avere i primi italiani al traguardo: Malacarne (31esimo) e Cunego (32esimo) hanno chiuso con Talansky e Clarke tra gli altri.

Rolland ci ha rimesso 50" di più (7'57"), Niemiec ha pagato 11'38" come Gadret, Hesjedal e Porte sono arrivati con la bellezza di 17'59" di ritardo dal vincitore. Quasi 23' li han pagati Van Garderen e Zubeldia, oltre 25' Pinot. Kiryienka, come detto, è stato l'ultimo a tagliare la linea d'arrivo, fuori tempo massimo.

La classifica che emerge dai Pirenei vede quindi Froome ancora più forte al comando. A 1'25" da lui c'è Valverde, a 1'44" troviamo Mollema e a 1'50" Ten Dam (la Belkin se non altro ha tenuto meglio di tante altre squadre); Kreuziger e Contador seguono a 1'51", Quintana è settimo a 2'02", Martin è risalito in ottava posizione a 2'28", Rodríguez è a 2'31", Rui Costa a 2'45", Nieve a 2'55" si conferma il più regolare degli Euskaltel, Fuglsang galleggia non distante dalla top ten a 3'07", davanti a Kwiatkowski a 3'25", Péraud a 3'29", Schleck a 4' tondi ed Evans a 4'36". I distacchi degli altri non è nemmeno il caso di riportarli, a parte quello del migliore azzurro, Malacarne, 27esimo a 14'27" (Cunego invece è 38esimo a 22'30"). Porte è crollato dalla seconda alla 33esima piazza, a 18'30" dal suo compagno e capitano Froome.

Che Tour de France sarà, quindi, quello che ritroveremo martedì, dopo il primo giorno di riposo in programma domani? Prepariamoci a vivere una settimana sottotono, visto che a parte la crono di Mont-Saint-Michel mercoledì, ci attendono 4 frazioni facili prima del secondo arrivo in quota della Boucle 2013, quello del Mont Ventoux domenica prossima. Come detto più su, Froome ha più che mai in mano il pallino del gioco, e sostanzialmente manca il terreno su cui possa fare qualche grossolano errore tattico (per dire: se stamattina non avesse inseguito in prima persona i comprimari che scattavano sul Portet-d'Aspet, magari non avrebbe sfaldato la sua stessa squadra).

Sarà una settimana di ruote veloci, insomma: ritroveremo Cavendish e Sagan e le loro sfide, e coltiveremo la speranziella di vedere una fuga che arriva in porto con qualcuno dei nostri ad animarla. Altre speranze per lasciare un segno in questo Tour non ce ne sono. Per tutti gli altri sogni di gloria, ripassare l'anno prossimo.

Marco Grassi

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