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Tour de France 2013: La spunta il clan dei Marksigliesi - Cavendish batte Boasson Hagen e Sagan, Gerrans sempre in giallo

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Per Mark Cavendish a Marsiglia 24esima vittoria al Tour de France © BettiniphotoQualche speranza che una fuga da lontano riuscisse a raggiungere Marsiglia con il margine giusto per anticipare il gruppo oggi c'era, e per la lunghezza della quinta tappa del Tour de France (228 km), e per la sua conformazione non propriamente piatta, e per il fatto che, effettivamente, l'attacco a lunga gittata ha preso subito il largo, sin dal secondo chilometro, ed era composto da qualche nome interessante, su tutti quel Thomas De Gendt che, abituato a far la differenza su salitelle tipo Stelvio (cfr. Giro d'Italia 2012), non si spaventava di certo della prospettiva di dover fare 225 allo scoperto, sulle tante salitelle che da Cagnes-sur-Mer conducevano nella seconda città di Francia.

E invece ci ritroviamo a commentare la seconda volata di gruppo della Grande Boucle, la prima disputata a ranghi più o meno compatti (ovvero con quasi tutti gli specialisti lì davanti a sgomitare), e la prima a premiare, quest'anno, Mark Cavendish, giunto alla 24esima affermazione al Tour, 42esima in totale nei grandi giri: quel totale che vede ora Cannonball affiancare Bernard Hinault al quinto posto dai plurivincitori, a una sola lunghezza da Alfredo Binda quarto (per la cronaca, i primi tre sono: Merckx a 64, Cipollini a 57 e Petacchi a 48). Continueremo certamente a seguire la scalata del britannico in questa e altre graduatorie di merito, visto che davanti a lui ci sono tante altre volate nei GT (già domani...), ora concentriamoci nella descrizione di come Mark è riuscito a imporsi oggi.

Tappa lunga, dicevamo, e fuga in viaggio sin da subito, con l'iniziatore De Gendt a cui si sono subito accodati Kévin Reza e Yukiya Arashiro della Europcar, Anthony Delaplace della Sojasun, Romain Sicard della Euskaltel e Alexey Lutsenko (appena 20enne) dell'Astana. Il sestetto ha avuto campo totalmente libero per una cinquantina di chilometri, riuscendo a mettere in cascina la bellezza di 12'45" (vantaggio massimo toccato al km 51); nel frattempo, De Gendt si prendeva lo scrupolo di iniziare a far suoi i vari traguardi Gpm di giornata: il primo e più difficile del percorso (la Côte de Châteauneuf-Grasse) già dopo 22 km, gli altri più avanti: il Col de l'Ange al km 93, la Côte de la Roquebrussanne al 154; tra l'uno e l'altro, non è che la strada scorresse liscia come un biliardo, ma c'era sempre uno strappetto dietro l'angolo, una discesina dopo quella curva, un falsopiano controvento, una rampa sotto al sole.

60 anni fa un percorso del genere avrebbe permesso sfracelli e anche distacchi interessanti tra gli uomini di classifica; oggi ci siamo dovuti accontentare di appassionarci al tentativo dei 6, curiosi nel capire se almeno qualcuno di loro potesse riuscire a farla in barba al plotone. Il quale plotone, tirato quasi sempre dalla Orica della maglia gialla Gerrans, sulle prime non ha dato l'impressione di poter chiudere a occhi chiusi sugli attaccanti; ma la tappa era lunga, e oltre al naturale arrivo - in prima linea - anche dei team dei velocisti più resistenti a dare una mano ai cangurotti, c'era da considerare come, ad ogni salitella lasciata alle spalle senza danni, aumentavano anche le chance di quegli sprinter che invece soffrono di più quando la strada si inerpica: parliamo ad esempio proprio di Cavendish, visto che l'intervento dei suoi Omega Pharma (una volta che lui ha scavallato le difficoltà altimetriche più insidiose della giornata) è stato determinante nella finalizzazione dell'inseguimento.

L'inseguimento, già: analizziamolo nel dettaglio. A 75 km dalla conclusione (in cima alla citata Côte de la Roquebrussanne) il margine rimasto ai fuggitivi era di 7'30"; di lì a poco abbiamo registrato la foratura di Sicard (presto rientrato) e soprattutto, ai -53, uno scatto di De Gendt che ha rotto il drappello di testa: Arashiro e Lutsenko hanno risposto subito, Reza qualche metro più tardi, e invece Sicard e Delaplace hanno alzato bandiera bianca. In quartetto, i battistrada hanno cercato di rilanciare la propria azione, ma il gruppo, in cui sempre più forze fresche si affiancavano agli Orica (parliamo di rappresentanti della Lotto di Greipel e della Argos di Kittel, oltre a qualche Omega), recuperava sempre più terreno.

A 34 km dalla fine, nel corso della scalata all'ultimo Gpm di giornata (la facile Côte des Bastides), il margine è sceso sotto i 3'30", sicché Gerrans si è riappropriato della maglia gialla (che per quasi tutto il giorno era stata virtualmente sulle spalle di Arashiro, visto che il vantaggio del giapponese nella fuga era superiore al suo ritardo in classifica). Ai -30, al Gpm (vinto ancora da De Gendt) rimanevano al quartetto 3' e spiccioli; ai -20 eravamo scesi a 2', e a quel punto era ormai chiaro che nessuno dei fuggitivi sarebbe arrivato trionfante al traguardo.

A 16 km dalla conclusione, su un tratto in leggera salita, una caduta nella prima parte del gruppo (coinvolti tra gli altri Rolland, Fuglsang, Amador, Kreuziger, Kittel, Vande Velde e Cunego) ha causato qualche problema organizzativo agli inseguitori, ma il guaietto è stato rapidamente superato, quasi tutti i caduti sono stati in grado di rientrare (soprattutto grazie ad un funzionale treno Astana imbastito per riportare dentro Fuglsang), e il distacco dai fuggitivi è sceso sotto al minuto.

Ai 12 km, in discesa, l'ultimo sussulto degli attaccanti: Lutsenko ha allungato con Reza, ma l'unico risultato è stato di ritardare di pochi chilometri l'inevitabile resa: il gruppo tirato dagli Omega Pharma (e da Chavanel nella fattispecie) ha prima agguantato Arashiro e De Gendt, ai 9 km, quindi si è allungato su Reza ai 5 km e Lutsenko ai 4. Cosa rimaneva, a quel punto, se non mettere insieme i treni in vista dello sprint?

La Omega Pharma ha continuato a dominare la scena, tenendo la testa del plotone fino ai 2 km, quando un rimescolamento delle carte, lì davanti, ha portato al comando Lotto e Sojasun; ma è stata questione di un attimo, visto che all'ultimo chilometro i compagni di Cavendish avevano saldamente ripreso le redini della situazione. L'ultima curva a sinistra, ai 500 metri, è stata presa in testa da Trentin, che ha poi lasciato spazio ai 300 metri a Steegmans, apripista di Cannonball. Una Lotto quantomai disorganizzata (c'era Henderson lì davanti, ma non c'era Greipel, qualche posizione più indietro) ha tentato di inserirsi nel treno Omega Pharma, ma senza fortuna.

Ai 300 metri una caduta a metà gruppo coinvolgeva molti corridori (tra cui Van den Broeck, ancora Rolland, Bouhanni), nel momento in cui Cavendish iniziava a prendere le misure per lanciarsi nello sprint. L'inglese vedeva chiara davanti a sé la possibilità di vincere, anche perché i principali rivali o erano fuori causa (Kittel non era rientrato dalla precedente caduta), o più indietro rispetto a lui (Sagan, Greipel). Quando Mark è partito, ai 150 metri, aveva alle spalle Boasson Hagen, che è bravo ma non è certo il più veloce della compagnia. E infatti il norvegese è riuscito a rimanere a ruota dell'ex compagno, ma mai ne è uscito.

Invece Greipel, ai 100 metri, ha provato a scartare per lasciare la scia di Van Poppel e mettersi in quella di Cavendish, ma con scarsa fortuna; e anzi, trovandosi in terza posizione in mezzo alla strada (mentre Mark volava sul lato sinistro trascinando EBH al secondo posto di giornata), il tedesco ha pure subìto la bella rimonta di Sagan, sbucatogli da dietro e allargatosi a destra per andare a prendersi il terzo posto di giornata. Quinto, alle spalle di Greipel, Roberto Ferrari lancia finalmente un atteso segnale. A seguire, poi, Kristoff, Lobato, Navardauskas, Lemoine e Rojas.

C'era un po' di attesa anche per capire i movimenti di classifica in casa Orica: trovandosi in tre con lo stesso tempo (Gerrans, Impey e Albasini), c'era la possibilità che l'ordine nella generale cambiasse in base al piazzamento odierno, visto che è la somma (dei piazzamenti) che fa il totale (della posizione). Se Impey avesse preceduto Gerrans di 9 posizioni, sarebbe diventato lui la maglia gialla; invece il sudafricano ha chiuso al 13esimo posto, contro il 15esimo di Simon, quindi tutto resta invariato. Domani però basteranno 7 posizioni di vantaggio, a Daryl, per diventare il primo africano sulla vetta del Tour. In tanti fanno il tifo per questa eventualità.

La classifica, come detto, non cambia: i tre Orica guidano con 1" su Kwiatkowski e Chavanel, 3 su Boasson Hagen, Froome e Porte, 9 su Roche, Kreuziger, Contador e Rogers, 17 sui Lotto e i Garmin (Van den Broeck, Hesjedal e compagnia), e così via. Le distanze tra i big sono ancora minime, come ben sappiamo; e lo rimarranno presumibilmente fino a sabato. Domani, da Aix-en-Provence a Montpellier, una delle tappe più facili del Tour 2013, 176 km al termine dei quali assisteremo a un altro sprint di gruppo. Speriamo di non vedere altre cadute, anche perché non passa giorno senza un aggiornamento dei vari bollettini medici: ad esempio oggi Haimar Zubeldia ha riportato una frattura a un metacarpo della mano sinistra, e non si sa se ripartirà domani; invece da casa Garmin ci fanno sapere che Hesjedal dal primo giorno corre con una microfrattura ad una costola, problema che non ne pregiudica la presenza in gara, ma che di sicuro qualche fastidio lo procura. Se qualcuno si chiedeva il motivo della corsa di fondo gruppo (e a tratti un po' affannata) del canadese oggi, può trovare forse in ciò una risposta.

Marco Grassi

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