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Giro di Svizzera 2013: Che ci può fare se è così forte? - Sagan superbo. Mathias Frank nuovo leader, sfortuna Scarponi | Cicloweb

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Giro di Svizzera 2013: Che ci può fare se è così forte? - Sagan superbo. Mathias Frank nuovo leader, sfortuna Scarponi

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Il Sagan che non ti aspetti: vince a Meiringen battendo tutti i big di classifica © BettiniphotoSe la guardiamo dal punto di vista di alcuni dei suoi principali rivali nelle classiche, la cosa provoca senz'altro scoramento. "Ma come", diranno i Boonen e i Gilbert, "noi ci arrabattiamo per andare in fuga, per provare a far la gamba in vista di altri appuntamenti, per metterci un po' in mostra, e lui per tutta risposta questa tappa la vince direttamente facendo corsa di testa?". Se la guardiamo dal punto di vista degli uomini di classifica, invece, siamo proprio dalle parti dello sgomento: "Già abbiamo poche possibilità di ottenere successi parziali, se poi questo qui viene a romperci le uova nel paniere pure in quei giorni...", avran pensato i Kreuziger e i Rui Costa.

I suoi coetanei, poi, quelli che da tempo hanno capito che nei prossimi anni dovranno spartirsi il 30% delle copertine di settore, visto che l'altro 70 se lo papperà tutto lui, sono già sulla via della depressione acuta. I tifosi invece guardano e restano ammirati. I compagni di squadra che lo accompagneranno all'imminente Tour de France, sono ben felici di lavorare per un simile fulmine di guerra. Le compagne dei compagni di squadra stanno già sfogliando depliant per scegliere il prossimo modello di utilitaria che si faranno regalare da fidanzati e mariti con gli introiti dei premi che incasseranno alla Grande Boucle grazie alle vittorie dello slovacco.

Pensate quindi al gran mondo che ruota intorno a Peter Sagan, mentre lui, apparentemente ignaro di tutto, fa quel che fa come se fosse la più normale delle cose. "Egli danza", disse Welles di Fellini, e la stessa ammirazione la si legge negli occhi degli avversari di Peter, e qui ci fermiamo perché qualche iperbole dobbiamo pur tenercela da parte per la prossima occasione.

La terza tappa del Tour de Suisse, posto come contesto immodificabile il solito diluvio spakkaballen (ci si perdoni il teutonico neologismo, ma quando ce vo'...), era sulla carta una delle più insidiose, e il maltempo ha ben contribuito a confermare quanto si attendeva. La salita tra Innertkirchen e Hasliberg, quei 12 km a tratti molto duri e con vetta ai -20, chiamava all'azione gli uomini di classifica; il lungo e interlocutorio tragitto precedente chiamava invece alla fuga i comprimari di giornata. Dopo che ci han provato in avvio Herrada, Caruso e Denifl (ripresi però poco dopo il km 60, dalle parti del primo miniGpm della tappa), proprio su questa salitella di Chemin de Lorette, sulla spinta dello sprint di Gilbert, è partita una nutrita fuga a 18.

Con il Campione del Mondo abbiamo visto muoversi Roulston, Boonen, Terpstra, Vansummeren, Bouet, Montaguti, Kelderman, Breschel, Morkov, Albasini, Azanza, Roy, Tom Dumoulin, Elmiger, Delaplace, Pauriol e Vorganov: ottimi interpreti da classiche, uomini usciti in forma dal Giro, corridori di casa smaniosi di far bene davanti ai propri tifosi, vari ed eventuali. Una composizione davvero promettente, per questa fuga, che infatti ha messo subito sul chi va là chi era dietro e fuori dalla fuga: Astana e Movistar su tutte, impegnate a non far prendere proporzioni ingestibili all'attacco, e brave a tenere il distacco entro i 3'10" di vantaggio massimo toccato al km 120 (a circa 80 dalla conclusione).

Due eventi hanno scosso la tappa 30 km più avanti, al km 150: una selezione tra i battistrada (con la fuga che si dimezzava, rimanendo ad animarla solo Gilbert, Boonen, Terpstra, Roulston, Vansummeren, Kelderman, Breschel, Elmiger e Albasini), e una brutta caduta di Ryder Hesjedal, uno degli stuntmen più in vista del gruppo, visto il numero di ruzzoloni a cui ci sta abituando da un po' di tempo. Il canadese, sugli scudi ieri a Crans Montana, se l'è vista proprio brutta, tanto da dover essere trasportato in ospedale per accertamenti. Sicura la commozione cerebrale che ha subìto, incerta a questo punto la presenza al Tour, date le ammaccature. Speriamo bene per lui.

La salita senza nome ha, come si prevedeva, tagliato le gambe ai fuggitivi rimasti. Prima Boonen, Terpstra e Gilbert, poi Vansummeren e Roulston, quindi Breschel ed Elmiger hanno perso contatto... Né il ritmo di Kelderman poteva servire a tener lontani gli scatenati Saxo di Kreuziger, o i Lampre (Ulissi in particolare) di Scarponi, o i BMC di Van Garderen e Frank; né tantomento poteva risultare efficace quello di Albasini, rimasto unico e ultimo superstite, ma raggiunto a 24 km dal traguardo (e a 4 dalla vetta), subito dopo che il gruppo dei big aveva perso Cameron Meyer, maglia gialla messa in seria difficoltà dall'andatura sostenuta dei BMC.

A questo punto è iniziato un altro gioco, ovvero quello di vedere chi rimaneva agganciato ai migliori e chi si faceva selezionare: al momento del ricongiungimento con Albasini erano già in tanti ad essersi staccati dal plotone, e facciamo prima a riportare quelli che erano rimasti alle spalle di Van Garderen il quale, accettando di buon grado il ruolo di gregario del compagno Frank, ha fatto tanta gamba in chiave Tour, confortando i suoi tifosi dopo la mezza delusione di ieri (Tejay si era staccato ai 2 km dopo un breve attacco).

L'americano ha trenato per tutta la seconda metà della salita, e dietro di lui hanno resistito ovviamente Frank, quindi (sempre, fisso in terza ruota!) Sagan, e poi a seguire un brillante Scarponi, Rui Costa, Kreuziger, Pinot, Spilak, Dan Martin, Kangert, Dyachenko, Péraud, Mollema e un ancora splendido Giovanni Visconti. Solo a un chilometro dalla vetta è passato al comando Kreuziger, con l'intento di di mettere quanti più secondi possibile tra il drappello da lui guidato e tutti gli staccati, a partire da Meyer (che è transitato al Gpm con 44" di ritardo).

Con la pioggia e l'asfalto viscido, la discesa diventava ovviamente terreno di scontro di livello pari - se non superiore - alla salita. In questo frangente Sagan ci ha fatto ulteriormente lustrare gli occhi: tutt'altro che dissipato mentalmente dall'impegno - per lui non certo scontato - di resistere così bene per tutta la scalata, lo slovacco non ha mai mollato quella terza posizione, ideale per controllare bene le traiettorie (alle spalle di Kreuziger e Frank) e approfittare eventualmente di qualsivoglia intoppo potesse capitare alle sue spalle.

E puntualmente, quell'intoppo c'è stato, vittima purtroppo proprio Scarponi, che era a ruota di Peter e che è caduto ai 19 km. Fin lì tra i migliori di giornata, e messo pure benino in classifica, il marchigiano ha salutato col capitombolo i sogni di gloria, visto che è rimasto a lungo fermo, e poi ha fatto il resto della discesa con comprensibile cautela, arrivando alla fine a quasi 7' di ritardo dai primi. Al momento dello scivolone di Michele, quel quartetto di testa (anzi quintetto: c'era pure Rui Costa, agganciato all'italiano della Lampre) stava già prendendo qualche metro di margine rispetto a quelli che seguivano, a partire da un Pinot che evidentemente non è un iradiddìo sulle discese bagnate. Sicché il buco prodotto dalla caduta di Scarponi ha lasciato campo libero ai tre che lo precedevano, bravi ad aumentare, da lì in poi, il margine sugli inseguitori.

Il solo Rui Costa, con mirabile sforzo, ha chiuso quel gap, tenendo nel mirino il terzetto di battistrada e rientrando rapidamente su di loro. Così formatosi il quartetto, ci saremmo come minimo aspettati che a quel punto Sagan volesse esagerare e, contando sulle sue ottime doti di discesista, provasse ad andarsene tutto solo. Invece lo slovacco si è gestito, e dobbiam pure dire che ha fatto bene, perché magari poi il suo attacco non andava a buon fine, e qualche energia conveniva sempre risparmiarla nel caso avesse dovuto correre dietro a questo o quello nel finale.

Ma questa non era una classica, bensì un pezzo di gara a tappe, e come tale rispondeva a logiche diverse rispetto a quelle a cui Peter è più abituato (vedi la Milano-Sanremo, dove tutti gli corsero contro nel finale e all'arrivo fu uccellato da Ciolek): l'impulso a spingere senza fare calcoli, allo scopo di guadagnare il più possibile in classifica, ha mosso all'unisono Kreuziger, Frank e Rui Costa, che hanno così evitato di cercarsi rogne con scatti e controscatti, ma si sono così esposti al colpo vincente di Sagan. Addirittura in un paio di occasioni, a fine discesa, Peter senza quasi pedalare si è ritrovato al comando con qualche metro di vantaggio (in entrambi i casi è stato Frank a chiudere il buco), e gli altri si sono ben guardati dal proporre un contrattacco.

Nella seconda occasione, a dire il vero, Frank quel buco l'ha chiuso quasi ma non del tutto, ed è stato allora Rui Costa a impegnarsi per scattare e riportarsi sullo slovacco. Visto che a quel punto mancava un solo chilometro al traguardo, i due hanno proseguito fino allo sprint, in cui Peter ha vinto quasi a occhi chiusi, mentre Kreuziger e Frank (nell'ordine) si rimettevano in scia al portoghese secondo. A 39" è giunto il vincitore di ieri, Mollema, che ha speso molto per avvantaggiarsi in discesa (un'azione solitaria lunga 13 km), ma che alla fine ha guadagnato la pochezza di 7" sugli altri. Visconti, in questo drappello inseguitore, ha preso il sesto posto davanti a Martin, Pinot, Kangert, Péraud, Van Garderen e Spilak.

Meyer alla fine ci ha rimesso, dai primi, 1'47" (un minuto lasciato lungo la discesa: a conferma della selettività della medesima, tantopiù col fondo bagnato), ed è arrivato nello stesso gruppetto in cui c'erano tra gli altri Roche, Antón, Brajkovic e Ulissi. L'altro italiano di (ex) classifica, Pozzovivo, è arrivato appena dietro, a 1'58".

La classifica è ora tutta nuova, Mathias Frank (26enne che sconterà a vita il fatto di avere un cognome che sembra un nome: "Frank chi???"), orgoglio svizzero, è in giallo con 23" su Kreuziger, 35 su Rui Costa, 53 su Visconti (bravissimo), 57 su Pinot, 1'08" su Mollema, 1'23" su Martin, 1'26" su Kangert, 1'28" su Péraud, 1'39" su Van Garderen che chiude la top ten. Meyer è subito dietro, scivolato a 1'42". Nei 20 troviamo anche i citati Ulissi (15esimo a 2'25") e Pozzovivo (16esimo a 2'29"), mentre Moreno Moser, autore ieri di una prestazione rimarchevole a Crans Montana, ha chiuso la tappa a 6'41" (poco avanti a Scarponi), ed è uscito di classifica.

Nel presentare la tappetta di domani (161 km da Innertkirchen a Buochs, un paio di salitelle strada facendo, ma finale destinato alle ruote veloci), ci congediamo con un'ultima riflessione su Sagan: ora, non è che il fatto che abbia vinto questa difficile tappa (non andando in fuga, ma giocandosela alla pari con gli uomini di classifica), lanci immediatamente lo slovacco della Cannondale verso nuovi impensabili orizzonti. Ieri il ragazzo è andato a spasso verso Crans Montana, incassando oltre 10' di ritardo e sicuramente salvando la gamba per provare a far bene oggi. Per il momento non è plausibile vederlo lottare per la classifica delle gare a tappe più importanti, gli manca ancora qualcosa (o molto) in termini di recupero, oltre che nei tapponi veramente impegnativi (oggi in fondo c'era una sola salita vera).

Però, a 23 anni, questi son segnali che vanno colti: il fenomeno di Zilina ci ha fatto vedere oggi di avere, nelle proprie corde, anche l'impresa in montagna (e tra l'altro pare che il maltempo lo esalti). Non poniamo limiti ai suoi futuri progressi, e nell'attesa di vederlo trionfare ancora nei prossimi giorni, e poi in qualche tappa del Tour, e poi nelle classiche monumento (al momento non ne ha ancora vinta una, ricordiamolo), finiamo questa giornata di ciclismo con la consapevolezza di un Sagan ancor più vincente a tutto tondo. Sono conferme che scaldano il cuore.

Marco Grassi

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