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Giro d'Italia 2013: Nibali, il trionfo più bello - Straordinario finale con Vincenzo e la neve alle Tre Cime. Urán e Evans a podio | Cicloweb

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Giro d'Italia 2013: Nibali, il trionfo più bello - Straordinario finale con Vincenzo e la neve alle Tre Cime. Urán e Evans a podio

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Vincenzo Nibali primo nella tormenta di neve alle Tre Cime di Lavaredo © Bettiniphoto

Si può dire, senza sembrare troppo romantici, che Vincenzo Nibali oggi alle Tre Cime di Lavaredo ha riannodato la connessione sentimentale tra gli appassionati di ciclismo e il Giro? Si era interrotta bruscamente ieri, questa connessione, con l'annullamento della 19esima tappa, quella che tra Gavia, Stelvio e Val Martello doveva, nelle intenzioni degli organizzatori e nelle speranze dei tifosi, fungere da scenario per imprese memorabili. È come quando si procede nella lettura di un romanzo avvincente, e poi si scopre che il terz'ultimo capitolo è stato cancellato. Ci si aspettava magari snodi narrativi importanti, definizione di situazioni aperte, al limite qualche colpo di scena, in quel terz'ultimo capitolo, e invece niente. Nulla assoluto.

A quel punto, come ci si approccia al capitolo successivo? Con disorientamento, come minimo. E scottati dalla frustrazione della connessione sentimentale di cui sopra. Ci sentivamo un po' così, stamattina, alla vigilia della ventesima tappa, anch'essa pesantemente influenzata dalla neve che ha spazzato via la 19esima ieri. Ci sentivamo spaesati, e anche nel corso della tappa era come se qualcosa mancasse e non fosse più sostituibile, nel racconto mentale che quel romanzo stava già percorrendo da giorni.

L'appassionato di ciclismo è un po' bambino, passa la gran parte del tempo a fantasticare su quel che sarà, senza soffermarsi più di tanto sul presente, ma puntando lo sguardo sempre al futuro (mentre il passato remoto si sedimenta dolcemente nei ricordi più intensi). Questa doppietta Val Martello-Tre Cime di Lavaredo l'appassionato se la stava pregustando da mesi, da quando il Giro 2013 è stato presentato, da quando, nel corso delle settimane, il cast dei partecipanti prendeva forma, "chi attaccherà sullo Stelvio?", "chi andrà in crisi sul Giau?", e via così.

Poi questa nefasta neve maggiolina ha mandato tutto o quasi all'aria, ha azzerato completamente la giornata di ieri, e ha ridotto la tappa di oggi, che doveva essere quella decisiva e definitiva, ad un lungo fondovalle prima della doppia rasoiata finale a Tre Croci e Tre Cime. Troppo poco rispetto a quel che prevedeva il copione originario (Costalunga, San Pellegrino e soprattutto Giau prima delle confermate salite del finale).

Fino a 3 km dal traguardo, le fosche premesse risultavano confermate da un andamento della tappa non proprio entusiasmante. Sì, bravi i quattro coraggiosi a tentare la fuga dal km 28 (parliamo di Adam Hansen, Giairo Ermeti, Pavel Brutt e Yaroslav Popovych), a mettere insieme 8'20" di vantaggio massimo, e brava poi l'Euskaltel di Samu Sánchez a lavorare per ricucire (l'ultimo superstite, Brutt, è stato poi ripreso dopo il Passo Tre Croci, a 9 km dalla fine).

E senz'altro bravi i contrattaccanti (Weening già sul Tre Croci, Brambilla e Capecchi - con Pirazzi e Atapuma in seconda battuta - appena dopo lo scollinamento, Kiserlovski già sulla salita delle Tre Cime), bravi a vivacizzare il prefinale; bravo pure Betancur, che malgrado una foratura sul Tre Croci e il conseguente attacco della Saxo di Majka (rivale nella lotta per la maglia bianca nonché detentore della medesima), è riuscito a rientrare anche abbastanza rapidamente sul drappello della maglia rosa (da cui si era staccato molto presto, già ai 18 km, un Santambrogio in netto calo di condizione).

Ma ecco, in tutta questa bravura mancava il lampo che illuminasse la scena e ci facesse dimenticare il capitolo mancante. Poi, a 3.3 km dalla linea d'arrivo, quel lampo ha di colpo squarciato la coltre di neve che intanto stava sommergendo il finale di tappa. Accompagnato sulle prime da Kangert, dopo che già l'Astana aveva lavorato a lungo, Nibali è scattato verso una vittoria di tappa diversa da quella dell'altro giorno, diversa nel senso e nel risultato. Il senso di questa è che "il più forte sono io, e mi merito in pieno questo Giro che sto andando a vincere"; il risultato è che con quei soli 3mila metri di azione, il siciliano ha definitivamente conquistato platee di tifosi. È entrato in una nuova dimensione, è diventato uno degli sportivi più conosciuti e ammirati, perché cosa vuoi non ammirare quando un atleta lascia un segno così profondo in condizioni ambientali così avverse?

L'azione di Vincenzo ha smosso montagne d'emozioni, è inutile cercare di trattenersi quando si vivono momenti sportivamente esaltanti, bisogna essere onesti e riconoscere la realtà. Avrebbe potuto controllare senza problemi fino alla fine, Nibali, avrebbe potuto gestire la maglia rosa già rafforzata definitivamente giovedì alla Polsa, avrebbe potuto tirare il freno a mano. Ma parliamo di un corridore che anche quando non è il migliore in campo tenta sempre di sovvertire lo stato delle cose. La lunga sequela di attacchi nelle grandi classiche ci aveva già fatto capire di che pasta fosse fatto Vincenzo. La maniera in cui in marzo ha portato a casa una Tirreno-Adriatico che sembrava compromessa ci fece dichiarare senza più infingimenti il nostro amore per quel modo di correre così sapientemente garibaldino.

E quella Tirreno Vincenzo l'ha vinta davanti a Chris Froome, ovvero l'uomo che si accinge ad essere il favorito numero uno del Tour de France; il suo gemello diverso Bradley Wiggins ha invece avuto a che fare col messinese nelle scorse settimane, e ne è uscito a pezzi. Sono i due nomi che hanno preceduto quello di Nibali alla Grande Boucle 2012, quelli che - insieme a Contador - formano il gotha con cui il capitano dell'Astana è chiamato a confrontarsi - in maniera diretta o a distanza - per la leadership nel settore "grandi gare a tappe". E di questo Squalo in perdurante fase di emersione (giovedì e ancora oggi è stato probabilmente più forte di quanto non sia mai stato prima, in una carriera entrata nella piena maturità) non conosciamo ancora i limiti.

In quei tre chilometri di attacco, Nibali ha raggiunto e superato i pochi che erano rimasti davanti dopo le schermaglie precedenti, prima Kiserlovski, poi Weening, quindi - ai 2.4 km - Capecchi; e ha concluso l'impegno nella neve delle Tre Cime di Lavaredo senza più concedere un metro ai suoi avversari. Alle sue spalle, un bravissimo Urán e un (giustamente) incarognato Betancur, seguivano a distanza, raggiunti nell'ultimo chilometro e mezzo dal miglior Duarte di questa stagione (un tripudio di Colombia, insomma). Ancora più indietro, Majka provava per quanto poteva a resistere all'attacco di Betancur alla maglia bianca, ma era destinato a soccombere.

Dal canto suo, Evans, lontano dalla miglior versione di sé, arrancava a tratti, poi recuperava qualche metro, poi tornava ad annaspare, messo a dura prova dal pensiero che Urán gli stesse soffiando il secondo posto nella generale, ma preoccupato anche dall'andirivieni di uno Scarponi che, allo stesso modo dell'australiano, procedeva a strappi, 100 metri con maggiore lucidità ed efficacia, 100 metri a rinculare. L'elastico del marchigiano ha portato quest'ultimo, dopo un tenace inseguimento, a superare addirittura Cadel, ma quando ormai era troppo tardi per sperare di guadagnare il minuto e un quarto necessario a insidiarne il posto sul podio.

Nelle pieghe di questi ultimi intensi scampoli di lotta per la generale, sotto una tormenta di neve che ha letteralmente gelato tutti i protagonisti del Giro, da segnalare le buone prestazioni di Fabio Aru (addirittura quinto al traguardo), di un generoso Franco Pellizotti, di un Pozzovivo che non si voleva arrendere alla propria avversione per il freddo, di un Damiano Caruso che nel corso del Giro ha lasciato intravvedere ottime possibilità, qualora preparasse a puntino un GT come non ha fatto con questo (è stato convocato dalla Cannondale all'ultimo momento per sostituire Ivan Basso).

Così al traguardo, dunque: Nibali ha dato 17" a Duarte, che nello pseudosprint sull'ultima rampa ha distanziato di un paio di secondi Urán (terzo) e di 4" Betancur quarto. Aru, come detto quinto, ha chiuso a 44" dal suo capitano, a 48" è passato Pellizotti, a 54" Pozzovivo, a 58" Caruso. Uno per cantone, come si suol dire in questi casi, e come avviene al termine di una salita durissima (ancorché breve) come le Tre Cime. Nono il quarto colombiano in top ten, Atapuma, a 1' tondo da Nibali, decimo Majka a 1'04", davanti a Trofimov, Niemiec, Scarponi, Evans, Intxausti, tutti accomodatisi fuori dall'élite dei primi dieci di giornata. Parlando di giovani italiani, buona anche la prestazione di Diego Rosa, che ha chiuso il Giro in crescendo, a quanto pare (17esimo a 1'41" oggi).

La classifica generale che dovrebbe essere quella definitiva ci racconta di un Nibali dominante con 4'43" su Urán secondo (miglior piazzamento di sempre di un colombiano al Giro), 5'52" su Evans terzo (e forse aiutato, nell'impresa di salvare il podio, dalla cancellazione di qualche salita), 6'48" su Scarponi quarto (ma è vero che il marchigiano l'anno prossimo potrebbe diventare il miglior gregario dello stesso Vincenzo? Se ne parla), 7'28" sull'arrembante Betancur quinto. Una bellissima top 5, tra navigati campioni al canto del cigno e scoppiettanti scalatori colombiani in vertiginosa ascesa. La Polonia, poi, con Niemiec (una roccia) e Majka (il più sorprendente del Giro) sesto e settimo (7'43" e 8'09" i rispettivi distacchi dalla maglia rosa), quindi Intxausti che ottiene il massimo che poteva, con l'ottavo posto finale (a 10'26") ad affiancare un successo di tappa e un giorno in maglia rosa; e poi Santambrogio, bravissimo per due settimane ma in drammatico calo nella terza, comunque nono a 10'32"; e Pozzovivo, che la top ten l'agguanta con merito (a 10'59") precedendo Pellizotti, Samuel Sánchez, Trofimov, Kangert (il miglior gregario della corsa rosa, con Niemiec), Kiserlovski, Henao...

Domani a Brescia (partenza da Riese Pio X) carosello di velocisti, visto che, assegnata (a meno di clamorosi problemi nell'ultima tappa) la rosa a Nibali, e l'azzurra (dei Gpm) a Pirazzi, e la bianca a Betancur, resta da dirimere la lotta per la supremazia nella classifica a punti: Vincenzo, vincendo oggi, s'è pure preso la maglia rossa, e ora guarda dall'alto in basso Cavendish, 128 punti contro 117. Il britannico però domani può conquistare i punti che gli mancano per colmare il gap e andare a vincere la speciale classifica, meritando peraltro, visto che arriva in fondo al Giro avendo già vinto 4 tappe su 4 occasioni limpide per gli sprinter. Dopodiché, dopo l'ultima frazione e i successivi festeggiamenti, dopo l'invasione rosa a Brescia e i titoli di coda su questo Giro d'Italia 2013, potremo archiviare un'edizione a tratti memorabile e sicuramente più ricca di significati di quanto il taglia&cuci obbligato dalla neve possa portare a pensare. Avremo tempo per approfondire.

Marco Grassi

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