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Giro d'Italia 2013: Il nuovo Visconti non si ferma più - Gran colpo da finisseur a Vicenza. Delude Pozzato

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Per Giovanni Visconti a Vicenza seconda vittoria di tappa al Giro 2013 © BettiniphotoSe quella del Galibier era stata la vittoria dell'uomo ritrovato, ottenuta di cuore ancor più che di gambe, quella di Giovanni Visconti a Vicenza è la vittoria del ciclista, ovvero dell'atleta che ci mette forza, coraggio, sapienza tattica e porta a casa un successo che, per come è stato conquistato, è tecnicamente pregevolissimo, anche più di quello - pur più emozionante - ottenuto dal siciliano nella neve domenica in Francia.

Qualche anno fa erano i due galletti che rivaleggiavano tra gli under, da una parte il messinese Nibali, dall'altra il palermitano Visconti; entrambi emigrati in Toscana per fare i ciclisti, vennero accompagnati, all'ingresso nel professionismo, da grandi attese e speranze, e più di qualcuno metteva la mano sul fuoco giurando sulla loro qualità. Poi Visconti è emerso prima, aiutato forse da un carattere più esuberante che l'ha subito posto al centro delle attenzioni anche mediatiche quando ha conquistato il primo titolo nazionale nel 2007 e soprattutto quando l'anno dopo ha vestito la maglia rosa per oltre una settimana al Giro.

Nibali invece ha avuto una crescita molto più graduale, un passetto alla volta, ma nel giro di un lustro, laddove l'antico rivale (ma comunque in fondo amico) perdeva colpi e mostrava certi limiti nelle gare più importanti (pur continuando a vincere spesso nelle corse del calendario italiano, e pur conquistando altri due tricolori), lo Squalo dello Stretto diventava pian piano uno dei protagonisti delle grandi corse a tappe; e oggi li ritroviamo in quello che era il ruolo predestinato sin da quando erano ragazzini: uno a far classifica, prossimo a vincere la corsa rosa (se tutto andrà bene da qui a domenica); l'altro a far razzie di tappe (non è facile, se non si è velocisti o scalatori o al limite cronoman, vincere due frazioni in un solo GT).

Una sorta di consacrazione per la Sicilia, rinforzata dalla frazione odierna e proprio in una delle regioni a più alto tasso ciclistico, il Veneto. Una regione che oggi, attraversata dalla 17esima tappa del Giro, ha risposto con grandi folle ad attendere a bordo strada in una giornata di sole: una gioia per gli occhi di chi guarda alle prossime frazioni con il timore fondato che il maltempo spazzi via le grandi salite (ma ne parliamo a parte).

Sin dal km 0, a Caravaggio, è partita una fuga con Luke Durbridge (l'iniziatore), Maxim Belkov (già vincitore di una tappa, a Firenze), Miguel Ángel Rubiano (lui la fuga giusta l'ha centrata l'anno scorso a Porto Sant'Elpidio) e Gert Dockx (l'uomo deputato a provarci oggi dalla Lotto, già a segno con Hansen a Pescara). Il quartetto ha avuto da gestire non più di 5', concessi dal gruppo a circa 80 km dal traguardo, ma i team dei velocisti (su tutti l'Omega Pharma per Cavendish e la Argos per Mezgec) hanno lavorato per tenere il distacco entro margini accettabili, nella speranza che si potesse sprintare a Vicenza.

Per arrivare a quest'esito, gli uomini veloci avrebbero dovuto resistere sulla salita di Crosara, a una ventina di chilometri dal traguardo, e non era detto che tutti ce la facessero. In effetti tale ascesa è stata presa a tutta dal gruppo tirato dalla Fantini, squadra che aveva in mente di sganciare un attacco: così è stato, allorché Proni è scattato facendo strada a Di Luca. In quel momento - a 22 km dalla fine - i battistrada (che avevano da poco perso Belkov per strada) avevano poco più di un minuto di vantaggio; in salita il ritmo di Rubiano è risultato troppo alto per Dockx e Durbridge, che hanno lasciato solo il colombiano dell'Androni, raggiunto ai -19 da Di Luca (che nel frattempo aveva proseguito da solo dopo che Proni aveva esaurito il proprio compito).

Con l'abruzzese e il sudamericano al comando con circa 20" di vantaggio, dal gruppo giungeva la notizia della resa di molti velocisti. Quasi tutti, a dire il vero, Cavendish in testa: messi in crisi dal gran ritmo che la Lampre stava imponendo per Pozzato, gli sprinter hanno alzato bandiera bianca, ad eccezione di Modolo, Ventoso, Hondo e Mezgec (ma non mancavano altre ruote veloci, ad esempio Felline e Navardauskas); a quel punto Pozzato, molto atteso nella tappa di casa, sperava forse che il lavoro dei suoi compagni mandasse in crisi pure gli sprinter rimasti, ma non eravamo sul Mortirolo (o comunque i Lampre non potevano fare un ritmo talmente forsennato da far staccare pure lo stesso Pippo), per cui non era matematico che un Ventoso (per citare l'uomo forse più resistente della categoria veloce) perdesse le ruote dei migliori.

Ci aspettavamo forse uno squillo da Pozzato (ma era onestamente difficile in salita), e invece è stato Visconti, senza pensarci troppo su, a partire secco ai 20 km. Il corridore della Movistar ci ha messo un chilometro abbondante per raggiungere Rubiano e Di Luca, e appena rientrato sui battistrada è passato in testa a imporre la sua andatura. A Di Luca, fin lì all'apparenza abbastanza brillante, si è di colpo spenta la luce, e l'abruzzese ha perso terreno irrimediabilmente su un forcing di Visconti. In vista del Gpm, poi, Giovanni è scattato netto, sbarazzandosi anche di Rubiano e affibbiandogli nel giro di 500 metri scarsi la bellezza di 15" di distacco. Al Gpm di Crosara, il gruppo maglia rosa (ridotto a meno di 40 unità) è transitato con 31" di ritardo dal siciliano. In pratica è stato lì, in quel frangente, in cima alla salita, che Visconti ha fatto il suo capolavoro fisico, costruendo quel vantaggio che poi andava difeso coi denti tra discesa e piano finale.

Nulla ha spaventato il palermitano. Non la discesa tecnica ma comunque assai veloce, su cui ha mantenuto intatto il margine sugli inseguitori (che intanto inglobavano Rubiano); né quegli 8 km di pianura che avrebbero potuto stroncare anche il migliore dei passisti, se dietro ci fosse stato un gruppo organizzato. Ma - ed è qui che risiede invece il capolavoro tattico - Visconti sapeva che un plotone ridotto ai minimi termini come quello che era uscito dalla salita di Crosara tutto poteva essere meno che organizzato. Pochi gregari a supportare quei velocisti rimasti, e troppi uomini che invece potevano avere in animo una soluzione personale: ciò avrebbe dato vita a un'andatura a strappi da parte degli inseguitori, tra scatti e controscatti, e questo Giovanni lo sapeva, e il saperlo gli ha dato la tranquillità necessaria per gestirsi negli ultimi chilometri, fatti sì a tutta, ma senza fuorigiri che prosciugassero la lepre di ogni sua energia prima che si giungesse al rettilineo finale.

Gli scatti, nel gruppo, ci sono stati eccome: Kelderman, Sánchez, Agnoli, Felline, Azanza, Pellizotti, Gesink, Boem, addirittura Scarponi, in tanti si sono avvicendati nel tentativo via via più velleitario di portare via un gruppetto, o di instaurare un testa a testa con Visconti, il cui margine stava scendendo sì verso i 20", ma molto lentamente. Ai 3 km era ormai chiaro che nessuno avrebbe raggiunto l'uomo solo al comando. Il quale è andato a vivere in pieno il proprio trionfo, stavolta senza l'emozione che poteva offuscarne i pensieri sul Galibier, ma con la piena consapevolezza di essersi riconquistato un posto tra i corridori in grado di far la differenza. La speranza per lui è che questo stato di grazia non si esaurisca col Giro (o - perché no - con un nuovo titolo tricolore), ma prosegua, permettendo al corridore di giocarsi le proprie chance anche in gare di livello internazionale, nelle classiche insomma: quelle per cui in teoria Visconti doveva essere tagliato, ma che fino ad ora l'hanno sempre respinto.

A 19" dal vincitore, Navardauskas ha esibito l'ennesimo bel colpo di questo suo Giro (in cui, lo ricordiamo, ha vinto la tappa del Vajont), anticipando la volata dei battuti e piazzandosi al secondo posto. Purtroppo per lui - malgrado nelle gare World Tour siano attivi i collegamenti via radio tra corridori e ammiraglie - ignorava che davanti ci fosse un fuggitivo, così ha esultato con gran trasporto per quella che credeva essere la seconda vittoria in una settimana. Alle spalle del lituano, Mezgec ha preso il gradino più basso del podio davanti a Pozzato, Hondo, Puccio, Modolo, Felline, Ventoso ed Evans (che con Cavendish lontano, ha messo in cascina qualche punticino per l'inseguimento alla maglia rossa).

Il quarto posto di Pozzato merita una riflessione: come detto, non era probabilmente pensabile di vedere uno scatto di Pippo in salita; ma una volta appurato che in gruppo erano rimasti uomini più veloci di lui, magari non in discesa ma almeno sul piano finale, sarebbe stato il caso di provare qualcosa, un allungo, uno scatto per portare via un contrattacco, qualcosa. Qualcosa che gli potesse far dire, alla fine, "ci ho provato con tutto me stesso, ma non ce l'ho fatta". Altri sono partiti - senza fortuna - in quei chilometri finali; Navardauskas ha fatto un anticipo di volata, raccogliendo il piazzamento; perché lui no?

Pozzato si è limitato a guardar lavorare la squadra sulla salita, ma di suo non ci ha messo niente, se non il poco importante sprint conclusivo che gli ha regalato comunque il miglior piazzamento in questo Giro. Ora di chance per Pippo non se ne vedono più, a meno di non pensare a una fuga clamorosa sulle Alpi, o a un imponderabile colpo di mano a Brescia. Eventualità talmente rarefatte da spingerci a dire già oggi che Pozzato è sonoramente bocciato in questa prima metà di 2013, nella quale al di là del successo al Laigueglia ha infilato un rovescio dietro l'altro. In compenso si sta affermando come personaggio ciclotelevisivo, e non è detto che non stia già pensando più al post-carriera che al suo presente da atleta.

Il consueto occhio alla classifica non vede grosse novità di cui tener conto: Nibali è sempre in rosa con 1'26" su Evans, 2'46" su Urán, 3'53" su Scarponi, 4'13" su Niemiec, 4'57" su Santambrogio. Betancur è sempre settimo a 5'15" malgrado una foratura che gli ha fatto perdere del tempo oggi: per sua fortuna, l'incidente è capitato nei 3 km finali, sicché il colombiano ha potuto giovarsi della neutralizzazione del ritardo; alle spalle di Carlos troviamo Majka a 5'20" da Nibali, quindi Intxausti a 5'47" e - sorpresa - non Pozzovivo a 7'34" bensì Gesink a 7'24": l'olandese aveva perso dei secondi ieri, a causa di una foratura nel finale, e sulle prime gli era stato conteggiato il ritardo. Ma dopo la protesta della Blanco, i giudici hanno rettificato la classifica, restituendo a Robert il decimo posto.

Da domani vivremo i tre giorni decisivi del Giro 2013: si parte coi 20 km di cronoscalata da Mori a Polsa, non una salita assassina, tutt'altro: si andrà di rapporto, ma al momento non è ipotizzabile trarre pronostici, se non relativi al fatto che di sicuro Nibali si difenderà bene. Non è dato sapere se Evans ne ha abbastanza da impensierire la maglia rosa, o quantomeno da guadagnare qualche decina di secondi. Così come non è dato sapere come gli scalatori più puri si comporteranno su rampe non impossibili. Ci fosse stato in gara Wiggins, avremmo saputo su chi puntare 10 euro, ma senza il britannico siamo davanti a una lotteria. Nel nostro piccolo, possiamo sperare che Evans non perda ulteriormente terreno da Nibali, più che altro per avere la speranza di battaglia tra Val Martello e Tre Cime di Lavaredo.

Marco Grassi

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