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Giro d'Italia 2013: Tra ritiri e freddo ci aggrappiamo a Nibali - Intanto Cavendish vince ancora. Nizzolo secondo

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«Quattro schiaffi e via», avrà pensato Mark Cavendish a Cherasco © BettiniphotoNo, il problema del Giro non è certo trovare un contendente all'altezza di Mark Cavendish negli sprint massivi, ovvero quei finali che, quest'anno, sono stati monopolizzati dal velocista dell'Isola di Man. Non è un problema perché gli organizzatori sono ben contenti se vince il numero uno della categoria, come ha fatto in modo spettacolare oggi a Cherasco, dopo essersi comportato in maniera identica già a Napoli, Margherita di Savoia e Treviso.

I problemi per i gerenti della baracca sono un paio d'altri, uno a testa per Michele Acquarone e Mauro Vegni, la mente e il braccio, i deus ex bici di questa splendida creatura che sta diventando il Giro degli anni '10. Il primo, Acquarone, supergiovane per scelta di vita e intima convinzione, è colui che si occupa di offrire alla platea un cast all'altezza, e quest'anno ci era riuscito egregiamente, ingaggiando il nuovo numero uno delle grandi corse a tappe (per aver vinto il Tour 2012), a fare da nemesi all'eroe di casa, in una sceneggiatura molto intrigante, anche perché arricchita dalla presenza di comprimari di grande spessore. Purtroppo per Michael (se potesse, si farebbe ribattezzare in english...) la realizzazione del film rosa ha iniziato a perdere pezzi importanti quando siamo a poco più dell'inizio del secondo tempo.

Alcuni degli attori principali hanno abbandonato la lavorazione, e ora come fare per trovare interpreti all'altezza di quelli che se ne sono andati via? Uscendo da questa ormai ingestibile metafora, come sostituire nel cuore degli appassionati quel Bradley Wiggins che mestamente ha lasciato la carovana rosa, arrendendosi stamattina a problemi respiratori che rischiavano di mettere in discussione anche il prosieguo della sua stagione? Era su di lui che era puntata tutta la macchina propagandistica del Giro, e ora riconvertire il tutto non sarà facile.

Tantopiù che pure il "terzo uomo" della vigilia, Ryder Hesjedal, ha ugualmente abbandonato la corsa, stamani. Ma nel caso del canadese si parlava di un corridore ormai lontanissimo in classifica, la cui presenza era quindi divenuta ininfluente. Invece Wiggins, pur se non ai livelli ai quali era atteso, non era naufragato, e poteva ritagliarsi un suo spazio e regalarci ancora qualche titolo cubitale, qualora fosse riuscito a ritrovare una condizione accettabile. Ora sappiamo che ciò non era possibile, salutiamo lo sconfitto Bradley (brutta batosta per lui a livello sportivo, in ogni caso), e proviamo a capire se gli attesi colombiani potranno rappresentare una reale alternativa a Nibali (Urán e Betancur paiono effettivamente in palla), o se dovremo rivolgerci, per un po' di sana e robusta competizione, ai vecchiacci Evans e Scarponi.

E così abbiam detto di Acquarone. Vegni, invece, il pragmatico disegnatore del Giro, è alle prese in queste ore con modelli meteo e previsioni del tempo, ed è al centro di una linea (telefonica) rossa che congiunge le vette del Galibier, del Gavia, dello Stelvio (tutte a rischio neve) con quelle più basse - ma ugualmente prossime ad essere flagellate dal maltempo - di Sestrière e Jafferau (in programma domani). Come salvare capra (ovvero il passaggio e la regolarità della corsa) e cavoli (cioè la salute e la sicurezza dei corridori), senza snaturare il disegno originario del Giro?

Grattacapi che sicuramente il bravissimo Mauro aveva messo in conto, al momento dell'ideazione di un simile percorso, ma va detto che l'ondata di maltempo che sta tenendo in scacco l'Italia settentrionale (fino a oltre il confine con la Francia, in questo caso) si è presentata in proporzioni un po' inattese, nel loro essere eccessive. Attendiamoci scelte divisive (evvai, anche noi abbiamo usato questo orrendo aggettivo tanto di moda ultimamente!!!) nell'imminenza dei tapponi che, sulla carta - e si spera nella realtà - saranno chiamati a decidere il Giro a partire da domani.

Nel frattempo, e sempre per tenere almeno un piede ancorato alla realtà, possiamo occuparci di tornare a descrivere la tappa di oggi. Il cui svolgimento, previsto sotto un interminato acquazzone (come ieri), è stato invece baciato dal sole, per il sollievo di un'intera stirpe di pedalatori e addetti ai lavori. Al km 21 è partita la fuga del giorno, composta da Tobias Ludvigsson, Lars Bak, Giairo Ermeti, Danilo Hondo, Rafael Andriato, Pablo Lastras e Nicola Boem. I sette hanno avuto fino a 13' di vantaggio massimo (al km 71 di gara), quindi la Omega Pharma di Cavendish ha capito che era il caso di monetizzare al massimo una delle poche occasione per gli sprinter, e, coadiuvata dalla Orica di Goss, si è messa a tirare, limando certosinamente il gap dai battistrada.

Non era certo il tempo, quello che mancava ai compagni di Cannonball, visto che la tappa era lunghissima (254 km), e in effetti quando si è giunti, negli ultimi 50 km, alla zona in cui la piatta altimetria "vissuta" fin lì veniva increspata da tre o quattro salitelle, ai 7 fuggitivi non rimaneva che la miseria di un minutino e un quarto.

La salita di Tre Cuni, Gpm di terza, ha visto lo scatto del giovane Boem, subito rintuzzato da Bak e Lastras. Il terzetto ha proceduto insieme (l'italiano è transitato in testa al Gpm), mentre dietro la Fantini provava a mettere sul tavolo della tappa qualcosa che evitasse lo sprint finale: un primo scatto di Garzelli (con Diego Rosa), subito supportato dall'arrivo di Proni (con Paolini, Pirazzi e Giampaolo Caruso), ha fatto capire che le intenzioni di Scinto erano bellicose. Ma la salita, oltre a far disperdere alcuni velocisti (Modolo, Gavazzi, Goss) non ha prodotto quella selezione che si sperava, né l'ha fatto la successiva discesa (non essendo bagnata...), sicché, dopo un breve tentativo di Felline, e un plurifrazionamento del gruppo (rapidamente annullato), si è tornati tutti insieme all'inseguimento di Boem-Bak-Lastras.

Niente, paura, gli Scintoisti del gruppo ci han riprovato sullo strappo di Barolo: per primi, ancora prima della rampa, son partiti Proni e Rabottini, ma senza fortuna; intanto Boem perdeva le ruote di Bak e Lastras, e poco dopo (ai -15) lo spagnolo staccava pure il corridore della Lotto, restando da solo al comando. Dal plotone Manuel Bongiorno è scattato con Veuchelen, e subito la nuova coppia è stata imitata da un'azione ben orchestrata ancora da Rabottini, ma stavolta con Gatto, la vera punta di giornata in casa giallofluo. Coi due Fantini si son mossi pure Herrada, Azanza e ancora Caruso, e - raccogliendo per strada Bak e poi Bongiorno e Veuchelen - questo drappello si è riportato su Lastras a 13 km dal traguardo.

Ad ogni buon conto, il gruppo (con Cavendish che, dalle prime posizioni, guidava in maniera mirabile i suoi) non era lontano, e solo un prolungato forcing di Gatto ha concesso al plotoncino di attaccanti e contrattaccanti di resistere al comando per qualche chilometro in più. Rabottini, Lastras, Bak e Veuchelen si sono staccati ai 7.5 km, e gli altri 5 (Gatto, Bongiorno, Caruso, Herrada e Azanza) hanno resistito per tutta la salitella di Narzole (l'ultima della giornata), prima di essere rimessi nel mirino dal gruppo (da cui intanto si era mosso ancora Felline, con Damiano Caruso, Ruijgh e Rubiano).

Sentitosi ormai raggiunto, Giampaolo Caruso ha tentato il contropiede della disperazione, partendo da solo ai 6.5 km (e in testa al gruppo facevano capolino Nibali e poi, con un buono scattino, Kiserlovski). Il problema per il siciliano era che gli ultimi 4 km erano tutti su un interminabile rettilineo che avrebbe stroncato la voglia di attaccare anche a un Voigt nel fiore degli anni, e perdipiù dietro i team dei velocisti superstiti ora collaboravano (vista la Cannondale di Viviani dar man forte agli Omega), sicché inevitabilmente tutti sono stati risucchiati, sia i vecchi compagni d'azione di Giampaolo, sia Di Luca (autore di un velleitario tentativo ai 3.5 km), sia - ai 1500 metri - il corridore della Katusha, per ultimo.

Lo sprint, cosa dire infine dello sprint. Cavendish, dopo aver brillato per tutto il finale sui vari strappetti, ha mostrato di non avere alcun problema di gamba, è partito ai 300 metri (bicicletta più, bicicletta meno), e si è bevuto tutti quelli che gli stavano davanti (ad esempio un Viviani poco efficace), accanto (Nizzolo, pur bravissimo nel tentare di resistere e nel cogliere il secondo posto conclusivo) o dietro (Mezgec, grande scoperta di queste tappe, partito alla ruota dell'inglese e terzo al traguardo).

Giù dal podio di giornata, Lancaster, Viviani, Belletti, Bennati (toh!), Pozzato (toh!!!!!), Roux e Rubiano; in classifica Nibali è sempre il rosa che tanto piace alle mamme, e si presenta al grande week-end delle Alpi Occidentali con 41" su Evans, 2'04" su Urán, 2'12" su Gesink, 2'13" su Scarponi, 2'55" su Santambrogio, 3'35" su Niemiec, 4'05" su Intxausti, 4'17" su Pozzovivo, 4'21" su Majka. Come si vede, la lotta per il gradino più basso del podio è davvero apertissima, e proprio da lì ci aspettiamo, domani, di veder partire le prime schegge di una lotta che ci auguriamo franca e dura, e che coinvolga anche i principali contendenti per la vittoria del Giro, nella 14esima tappa, quella che da Cervere porterà alla salita dello Jafferau, dopo 168 km.

Come scritto più su, non sappiamo ancora se e come si transiterà in vetta al Sestrière, che comunque rimane abbastanza ininfluente ai fini della battaglia, viste le sue dolci pendenze: gli 8 km conclusivi, molto molto duri, basteranno e avanzeranno per vedere il coltello tra i denti di chi vorrà darci dentro, neve o non neve, pioggia o non pioggia.

Marco Grassi

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