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Giro d'Italia 2013: La rivoluzione della pioggia - Crisi Wiggins, cadute, tappa ad Hansen, rosa a Intxausti, Nibali secondo | Cicloweb

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Giro d'Italia 2013: La rivoluzione della pioggia - Crisi Wiggins, cadute, tappa ad Hansen, rosa a Intxausti, Nibali secondo

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Adam Hansen, primo in solitaria a Pescara © Bettiniphoto

Tra le rivalità vere, presunte, accennate, consolidate che le strade del Giro ci restituiscono in questa scoppiettante edizione 2013, ne dobbiamo da oggi aggiungere un'altra: quella tra Bradley Wiggins e Giove Pluvio. I due non si possono proprio vedere, e dopo le avvisaglie di Serra San Bruno e di Matera, oggi la crisi è esplosa in tutta la sua drammaticità.

Wiggo, sulle ali di un entusiasmo costruito sulla strepitosa annata 2012, era venuto al Giro col cipiglio di chi questa corsa la voleva non solo vincere, ma anche dominare, ripetendo i fasti dell'ultimo Tour de France. Purtroppo per lui la realtà si sta rivelando ben diversa da come era stata sognata, e la pioggia di Pescara ha evidenziato in maniera plateale la distanza tra buoni propositi e realizzazione dei medesimi.

Nel giorno in cui Adam Hansen ha festeggiato la gioia più grande della carriera, con una vittoria di tappa in capo a un'ottima fuga, Wiggins e la Sky tutta si sono sciolti come sapone sotto l'acqua, e la metafora non è casuale perché rimanda a quel fondo stradale reso scivolosissimo dall'arrivo della perturbazione che ha sconvolto il finale della settima tappa, partita da San Salvo e arrivata a Pescara dopo un'innumerevole serie di salite e discese infide.

Ma andiamo con ordine, ché ce ne sarà bisogno, visto l'affastellarsi di situazioni che hanno caratterizzato questa giornata che resterà forse una delle più importanti della corsa rosa 2013.

La fuga da lontano, l'attivismo della Fantini
La fuga del mattino ha tardato a partire, rispetto a quanto avvenuto nelle tappe precedenti. Anche perché un primo tentativo interessante con Taborre, Hondo e Damuseau è stato bloccato dalla caduta simultanea di questi ultimi: un presagio di quanto avremmo visto in seguito (ma anche in quegli stessi frangenti, visto che a inizio tappa è caduto pure Mattia Cattaneo, costretto al ritiro per un forte ematoma alla coscia; Howard e Lodewyck, già acciaccati, non avevano invece preso il via, mentre nel finale sarebbe toccato al francese Bérard abbandonare la corsa con una clavicola fratturata). Così come un presagio potrebbe essere identificato nel problema meccanico che ha costretto Wiggins a una sosta ai box (all'ammiraglia, diciamo) nei primi chilometri.

Al km 29 ha preso il largo la fuga: Sella, Tamouridis, Hansen, Tjallingii, Rollin e Ligthart si sono mossi su un tratto in piano. Il sestetto è arrivato ad amministrare un vantaggio di 7'20" (toccato al km 92, quindi a 85 dal traguardo) sul gruppo tirato incessantemente dalla Vini Fantini, la quale correndo in casa si sentiva in dovere di far la corsa. In effetti il distacco dai battistrada è stato ricondotto a soli 2' quando la tappa è entrata pienamente nel vivo, ovvero nella fase dei quattro Gpm di giornata, disseminati su alcuni degli strappetti più duri degli ultimi 50 km.

Ligthart, tra gli attaccanti, era già caduto (ai -87) e rientrato nel giro di una decina di chilometri, mentre in gruppo avevamo annotato solo uno scivolone di Sarmiento; i primi due Gpm di giornata (Villamagna e Chieti Pietragrossa) se li è aggiudicati Sella, ma dopo l'approdo nella cittadina già sede di tappa alla Tirreno la situazione per gli attaccanti non era delle migliori, visto che non rimanevano che un paio di minuti di margine sul gruppo (nel quale si segnalava un problema a uno scarpino per Evans - presto risolto - e una buffa caduta di Urán in salita a 40 dal traguardo).

Sull'ascesa di Chieti Pietragrossa, inoltre, la fase di stasi nel plotone è stata interrotta da uno scatto di Taborre, che non è però riuscito a fare il vuoto, rimanendo a lungo sospeso tra i fuggitivi e gli inseguitori.

Hansen se ne va da solo, Di Luca accende la corsa
Sulla seconda delle due salite teatine, quella di via del Tricalle (posta ai 35 km dal traguardo) Sella e Hansen sono rimasti soli in testa, con gli altri fuggitivi irrimediabilmente staccati. Taborre è passato con 2'22" in cima, il gruppo più indietro di una quindicina di secondi. Ma come, la rimonta degli inseguitori ha subìto una simile battuta d'arresto, coi battistrada in grado di guadagnare mezzo minuto tra la vetta di via Pietragrossa e quella del Tricalle?

Possibilissimo, se consideriamo che la pioggia, iniziando a cadere sulla corsa, ha reso le strade molto molto scivolose, inducendo soprattutto i big del plotone a un rallentamento dovuto alla maggiore cautela. Quella che non ha avuto il povero Sella, finito lungo e quindi per terra in una curva in fondo alla discesa verso Chieti Scalo (a 32 dal traguardo): il vicentino si è subito rimesso in sella (malgrado uno spettatore, accorso per aiutarlo, fosse scivolato a sua volta rischiando di abbattere Emanuele in tackle), e nel giro di 5 km ha raggiunto nuovamente Hansen, spendendo però quelle energie di troppo che sulla successiva salita (Santa Maria de Criptis) sono mancate all'uomo dell'Androni nel momento in cui l'australiano, sul punto più duro della rampa (a 20 km dalla fine) se n'è andato da solo.

In quel momento il vantaggio sul gruppo (intimorito da altre cadute, ad esempio quella di Jeannesson ai 24 km) era salito a 3', ma qualche movimento in testa al plotone - con la Garmin di Hesjedal, ad esempio - si era iniziato a vedere. Ed è stato Danilo Di Luca, sempre sulla salita di Santa Maria de Criptis, ad accendere la miccia per un finale di tappa travolgente.

Il pescarese si è mosso ai 20 km (dopo un breve allungo di Bonnafond), stimolando una pronta reazione di Scarponi, Nibali e Kiserlovski, e poi anche di Gesink e Santambrogio. Questi uomini si sono rapidamente portati su Taborre (che era sempre intercalato), e a quel punto l'azione è sembrata veramente una stoccata coi controfiocchi, vista la presenza di ben tre Fantini nel drappello (per chi non conosce gli schieramenti in campo: i 3 erano appunto Taborre, Di Luca e l'uomo di classifica del team, Santambrogio).

Pure troppo coi controfiocchi, infatti a un attacco del genere non si poteva lasciare campo, e la Garmin ha pensato bene di chiudere, riportando sotto diversi protagonisti della classifica. Avete letto bene, la Garmin e non - come ci si sarebbe potuti attendere - la Sky. Eggià, perché i nerazzurri venuti al Giro per essere lo spauracchio di tutti hanno iniziato a questo punto a vedere le streghe. A vederle sottoforma di un Bradley Wiggins lontano dalla lucidità necessaria per affrontare un simile frangente (saliscendi duri e soprattutto bagnati), e sempre pronto a perdere un metro, due, cinque ad ogni strappata, avvenisse essa in salita o in discesa.

Fuochi d'artificio, scivoloni in serie, Wiggins in crisi nera
Sia come sia, a 17 km dal traguardo (su un nuovo strappetto) il trenino degli Sky è riuscito a riportarsi nella prima parte del gruppo, e lo stesso Wiggo ha tentato di guadagnare le posizioni di testa. Ma a quel punto tutti, lì, avevano capito che il capitano della formazione britannica aveva un grosso problema di tenuta sul bagnato (acuito da una scelta di materiali - il carbonio per le ruote - sbagliata rispetto alle condizioni atmosferiche?). Un problema che poteva peraltro essere acuito da eventuali scatti in discesa, e a questo punto Nibali ha iniziato a pensare intensamente a come fare per rendere la crono di domani qualcosa di diverso da un'arma letale nelle mani di Wiggins.

E allora il capitano dell'Astana ha lanciato all'attacco il compagno Kangert: l'estone si è mosso ai 15 km (mentre Hansen, sempre solo al comando, gestiva 2' sul gruppo dei più forti), uno scatto chiaramente finalizzato a rendere l'ottimo Tanel un punto d'appoggio per un eventuale mossa di Vincenzo. Di sicuro a muoversi, immediatamente, è stato ancora Di Luca, imitato ai 12 km da Weening con Pirazzi, Stortoni e Kiserlovski (i quali hanno rapidamente raggiunto Danilo). Sotto quello che prendeva la forma di un piccolo diluvio, la tappa è diventata un thriller spettacolare.

Agli 11 km, in un tratto in discesa precedente l'ultimo strappo di giornata (quello di San Silvestro), Nibali ha rotto gli indugi. Seguito da Trofimov, il messinese si è nettamente avvantaggiato sul drappello in cui Wiggins iniziava a perdere contatto dalla realtà prima ancora che dagli avversari; un vantaggio da subito quantificabile in 15-20" per lo Squalo dello Stretto, ma come già varie volte accaduto in passato in occasione di attacchi su discese bagnate, alla tot curva Vincenzo è scivolato, imitato da Trofimov che gli era a ruota.

Il siciliano è ripartito subito, ma avendo perso il margine che aveva preso sui primi avversari di classifica, che infatti si sono rifatti sotto (i più lesti sono stati Scarponi, Sánchez ed Evans). Ancora una volta, nel novero non c'era Wiggins, staccatosi di nuovo (come Paolini, pronto a cedere la maglia rosa dopo 4 giorni); non c'era nemmeno il giovane Diego Rosa, frenato da due scivoloni consecutivi dopo essere stato fin lì coi migliori.

Neanche sulla salita di San Silvestro, a 8 km dalla fine, Bradley è riuscito a ritrovare il filo del discorso, rimanendo intruppato in un secondo gruppetto mentre avanti a lui Santambrogio, e poi Betancur, e poi Evans scattavano o allungavano a turno, frammentando la compagnia dei big ancor prima dell'ultima, insidiosissima discesa.

Qui, sulla picchiata, benché la velocità dei vari protagonisti non fosse elevata, abbiamo assistito ad altri ruzzoloni: intanto quello di Sella ai 6 km, col vicentino raggiunto nell'occasione dal gruppetto di Pirazzi, Stortoni, Kiserlovski e Di Luca. Poco dietro, era Nibali (così come il suo giovane alfiere Aru) ad andare un'altra volta giù, perdendo così contatto dal drappello di Scarponi, Hesjedal, SSG ed Evans. Nulla in confronto al disastro vissuto da Wiggins, che è scivolato (sulla stessa curva in cui è caduto Sella) e ha lasciato lì sul saponoso fondo stradale tutto il coraggio che in altri momenti l'ha guidato.

Il Bradley rimessosi in sella dopo la scivolata era un altro corridore: completamente atterrito da quell'infido terreno, incapace di rilanciare la propria andatura così come di pennellare una appena decente traiettoria. Crisi nera, nerissima per l'uomo che - in teoria - domani avrebbe dovuto uccidere il Giro nella crono di Saltara. Dopo un paio di chilometri da incubo per Wiggo, ecco che Henao e Urán, fermati entrambi dall'ammiraglia (scelta discutibile: non era più giusto lasciare almeno uno dei due colombiani nel gruppetto dei migliori?), hanno atteso il loro capitano per scortarlo in quel finale interminabile per Brad e per permettergli di limitare i danni. Di sicuro la decisione dei direttori sportivi della Sky ha rafforzato la leadership di Wiggins, visto che il messaggio lanciato nell'occasione è stato: "Nessuna strategia di riserva, tutti per Wiggo e via andare".

La vittoria di Hansen, il pasticcetto dei Fantini, il ritardo di Wiggins, la rosa di Intxausti
Adam Hansen, ignaro dei cataclismi in corso d'opera alle sue spalle, stava intanto vivendo il momento più alto di una carriera che fin qui l'aveva visto brillare nei panni di infaticabile gregario. L'anno scorso non solo ha preso il via a tutti e tre i grandi giri, ma li ha pure portati a termine. Quest'anno ha la stessa intenzione, ma intanto nobilita come mai avrebbe pensato la sua partecipazione alla corsa rosa, con una vittoria che è l'affermazione principale di una carriera iniziata - ad alti livelli - nel 2007 in maglia T-Mobile. Ora, alla vigilia del suo compleanno (compirà 32 anni proprio domani), si è regalato quest'emozione infinita, e al contempo ha dato un senso alla partecipazione della Lotto al Giro. Già nel 2011 e nel 2012 la formazione belga aveva centrato delle belle fughe con De Clercq e con Bak, diciamo che la capacità finalizzativa degli uomini di Sergeant è molto alta anche a dispetto del fatto di presentarsi in Italia con un roster privo di grosse stelle.

Hansen ha chiuso con 1'07" di vantaggio su un drappello di 27 uomini contenente quasi tutti i migliori della generale. Battaglin, già vincitore a Serra San Bruno, ha messo la sua ruota davanti a tutti (ponendo così qualche dubbio sulla tattica sparagnina della Bardiani, che non ha mai tirato per avvicinare i fuggitivi), quindi un'inattesa disputa si è consumata in casa Fantini, con Di Luca che - voglioso di far bene nella sua Pescara - ha anticipato Santambrogio, togliendogli così gli 8" di abbuono riservati al terzo di tappa. Il capitano della squadra ha tradito un certo nervosismo dopo il traguardo, e ne ha ben donde (anche se non pensiamo che quegli 8" risulteranno alla fine determinanti per il Giro di Mauro).

Al quinto posto ha concluso Damiano Caruso, quindi Evans, Pirazzi, Jeannesson, Weening ed Hesjedal hanno completato la top ten, con - tra gli altri corridori di questo gruppo - anche Giampaolo Caruso, Betancur, Intxausti, Majka (nuova maglia bianca), Gesink, Sánchez, Niemiec, Scarponi, Nibali, Kiserlovski e Pellizotti. Pozzovivo ci ha rimesso 42", rispetto a questo drappello; Wiggins e Paolini, così come Aru e Duarte, 1'24". Ancora qualche secondo più indietro, Henao e Urán hanno pagato gli sforzi (soprattutto mentali?) del finale, e forse una caduta di stimoli venuta a verificarsi nel momento in cui è stato loro chiaro che si sarebbero dovuti sacrificare per Wiggins.

Tutto ciò ci porta ad avere una classifica generale in cui Beñat Intxausti, un po' a sorpresa, va a vestirsi di rosa, in una situazione meravigliosamente fluida e incerta. Le varie posizioni ballano su spazi ridotti a pochi secondi, e infatti alle spalle del basco della Movistar abbiamo Nibali a 5", Hesjedal a 8, Giampaolo Caruso a 10, Santambrogio a 13, Evans a 16, Gesink a 19, l'ottimo Santaromita (che corre in appoggio di Cadel) a 28, Weening a 29, Kiserlovski a 34. Samuel Sánchez, appena fuori dalle prime 10 posizioni, è a 52", giusto davanti a Kruijswijk (53) e alla coppia Lampre formata da Scarponi e Niemiec (57" per entrambi). Paolini scivola in 15esima posizione a 58" (stesso ritardo di Danielson), e ancora più indietro Majka paga 1'08", Pellizotti 1'11", Betancur 1'15", Urán 1'27", Wiggins 1'32", Di Luca 1'41", Henao 1'44", Pozzovivo 1'57".

Domani la cronometro di Saltara, dunque. Era vista come una grande chance per Wiggo per far pendere la bilancia dalla propria parte, ora ci ritroviamo con un Bradley apparso oggi troppo svuotato e che lascia ampi dubbi sulla sua prestazionalità in una prova che dovrebbe essere ancora bagnata (prevista pioggia pure domani), oltre che percorsa su strade tortuose e con diversi saliscendi. Insomma, una sorta di riedizione - in piccolo - della tappa di oggi. Di sicuro cambia lo scenario per il britannico, che non è più di fronte alla possibilità di avvantaggiarsi nettamente su tutti i rivali, ma che deve pensare a recuperare un gap che alla vigilia non si pensava possibile a questo punto di Giro.

Ammesso (e non più concesso) che Wiggins vinca la crono, sarà probabilmente qualcun altro a ritrovarsi in rosa domani sera: a partire - perché no - dallo stesso Intxausti, che contro il tempo si difende bene; proseguendo con Nibali (se dovesse estrarre dal cilindro una grande prestazione), ma anche con Hesjedal, Evans o - perché no - Gesink. Tutto da scrivere, questo Giro d'Italia 2013. Tutto da godere. E noi siamo qui, pronti ad entusiasmarci ancora, facendo i conti solo con le ore e i giorni che ci separano dalle prossime battaglie.

Marco Grassi

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