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Giro d'Italia 2013: C'è poco da fare con questo Mark - Cavendish ancora il più forte in volata, Viviani di nuovo secondo

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Mark Cavendish vince a Margherita di Savoia, Elia Viviani di nuovo battuto © BettiniphotoChe Mark Cavendish sia l'uomo più veloce del gruppo, pochi lo mettono in discussione; che abbia una condizione molto brillante, è pure sotto gli occhi di tutti già dalla vittoria di Napoli, sabato; che ora abbia pure fatto pace con la squadra, dopo gli screzi dei mesi scorsi, è un surplus di chance per future vittorie che rende il britannico ancor più inattaccabile, come confermato dalla bella affermazione di Mark oggi a Margherita di Savoia. Un successo seguito da grandi e calorosi festeggiamenti coi compagni della Omega Pharma (Trentin e Steegmans su tutti), e poi anche da un momento di particolare intensità, allorquando, sul palco delle premiazioni, Cavendish si è presentato con un numero 108 e ha evitato frizzi e lazzi, preferendo commemorare così lo sfortunato Wouter Weylandt, a due anni esatti dalla sua morte (avvenuta proprio al Giro il 9 maggio del 2011).

Ci si attendeva un epilogo in volata e così è stato, al termine della sesta tappa. Il sole della Puglia non ha potuto purtroppo baciare Cheng Ji, il primo cinese presente al Giro, il quale non è ripartito da Mola di Bari dopo essere stato male nella notte. Cosa che ha gettato nella disperazione i 9 giornalisti provenienti proprio per lui dalla Cina, ma che non ha turbato più di tanto i corridori rimasti in gara. Loro hanno normalmente preso il via in un tripudio di folla, e dopo 15 km hanno visto prendere forma la fuga del giorno, composta da due australiani, ovvero Jack Bobridge e quel Cameron Wurf che già a Napoli, il primo giorno, si era messo in evidenza con un attacco da lontano.

Il gruppo, sonnacchioso (finalmente una giornata tranquilla: chilometraggio non eccessivo, percorso facile, bel tempo), ha lasciato fare fino a far guadagnare alla coppia al comando 6'25", che è rimasto il limite massimo toccato dall'attacco, dopodiché il lavoro delle formazioni dei velocisti ha avvicinato i battistrada, fino ad annullare la loro azione a 36 km dal traguardo. Fin lì avevamo visto pure un paio di cadute senza conseguenze (Tuft, Bulgaç e Marentes ai -50; Cobo, Capecchi, Mínguez, Garzelli, Ignatenko e Gastauer ai -38, con Rubiano che ha fatto uno strepitoso numero in derapage per non andar giù con gli altri); nulla al confronto con quanto è successo ai -32, allorché un ruzzolone generale nelle prime posizioni del plotone ha spezzato il medesimo in un paio di tronconi almeno, con 50 uomini superstiti rimasti al comando, una ventina caduti (di nuovo senza grosse conseguenze, per fortuna: tra gli altri acciaccati, Visconti, Rabottini, Howard) e un centinaio bloccati dietro (i numeri li abbiamo dati a spanne, ovviamente).

Tra quelli rimasti intruppati, Bradley Wiggins, il quale aveva appena cambiato bici per una noia meccanica, e si trovava con diversi compagni nelle retrovie proprio quando c'è stata la caduta. Il principale favorito del Giro ha perso circa un minuto, prima di poter riprendere la gara, ma c'è da dire che i cortesissimi suoi rivali presenti nel gruppo di testa (Nibali ed Hesjedal ciascuno con un paio di compagni accanto; Gesink addirittura con la Blanco in blocco) si sono ben guardati dal pensare di approfittare della situazione, rallentando il ritmo e permettendo così che il trenino Sky (privo dei soli Henao e Knees, rimasti col primo gruppo e ovviamente passivi) completasse il ricongiungimento nel giro di 10 km.

Purtroppo lo stesso fairplay non lo si è poi avuto nei confronti di altri corridori attardati, che hanno dovuto faticare di più per rientrare (o proprio non ci sono riusciti): come dire, certe gentilezze sono valide solo nei confronti di alcuni, non di tutti. Di sicuro, si capisce poco il motivo per cui Nibali e gli altri non abbiano voluto mettere maggiormente alla frusta il principale avversario, se è vero che una caduta è un momento della corsa e che, senza di mezzo particolari motivi di pericolo (quale poteva essere una discesa pericolosa, o strade rischiose, o condizioni atmosferiche al limite), non si vede perché si debba neutralizzare la corsa stessa per 10 km.

Senza altri eventi di rilievo (se non una foratura di Felline ai 10 km, e una bella trenata di Wiggins in testa al gruppo dai -3 ai -2), si è giunti alla volata. Il treno Cannondale ha lavorato per Viviani, ma Elia all'ultimo momento ha deciso di non seguire l'apripista Sabatini, buttandosi sulla ruota di Cavendish (ottima scelta). Intanto nella lotta per le posizioni, Gavazzi tagliava la strada a Hunter (che dopo il traguardo è andato a cercare il bresciano con intenti non troppo bonari. I due si sono chiariti comunque rapidamente), e Goss - involontariamente - chiudeva un paio di volte uno scalpitante Bouhanni.

Quando ai 150 metri, dopo essere stato pilotato perfettamente da Steegmans (per una volta, come detto in apertura, rose e fiori nella volata Omega Pharma), Cavendish è emerso in maniera regale al centro della strada, era già chiaro che né Viviani (uscito dalla ruota dell'inglese ai 50 metri, e non senza fatica), né gli altri avrebbero messo in discussione la seconda vittoria di Mark in questo Giro (e la 12esima totale, e la 38esima complessiva in un GT). Il 24enne veronese ha colto un altro secondo posto (ma già il confermarsi a certi livelli è sintomo di crescita), Goss ha agguantato il podio di giornata resistendo al veemente ritorno di Bouhanni (quarto), Gavazzi-Belletti-Appollonio-Nizzolo sono la quaterna tutta italiana che è andata a occupare le posizioni dalla quinta all'ottava, con Breschel e Ferrari a completare la top ten.

La generale, inutile dirlo, non cambia di una virgola, con Paolini giunto forse all'ultima difesa valida della maglia rosa. Per ora il milanese della Katusha ha sempre 17" su Urán secondo, 26 su Intxausti terzo, 31 su Nibali quarto, 34 su Hesjedal e Wiggins quinto e sesto, 36 sul compagno Giampaolo Caruso, settimo. Diciamo ultima difesa valida (forse!) perché domani la frazione che da Marina di San Salvo porterà il gruppo a Pescara è tutta un saliscendi. Non sulle Dolomiti, certo, ma su un'infinità di strappetti disseminati soprattutto nella seconda metà dei 177 km complessivi: e in una tappa del genere - Tirreno-Adriatico docet - potrebbe succedere qualcosa di interessante, a patto che ci sia voglia di attaccare da parte di qualche big. Non foss'altro per anticipare il primo set point a disposizione di Wiggins, sabato nella crono di Saltara.

Marco Grassi

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