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Giro d'Italia 2013: Di Luca ha ancora qualcosa da dire - Emozionante attacco di Danilo nel finale | Cicloweb

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Giro d'Italia 2013: Di Luca ha ancora qualcosa da dire - Emozionante attacco di Danilo nel finale

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Un grintoso Danilo Di Luca all'attacco con Robinson Chalapud verso Serra San Bruno © Bettiniphoto

Testa e cuore. Erano eloquenti i gesti di Luca Paolini all'arrivo di Marina di Ascea per quella vittoria e quella maglia rosa conquistate a 36 anni, al primo Giro d'Italia, con l'emozione di un ragazzino. Quando però le gambe ti dicono di scattare, che non è più il tempo di aspettare, che vada come vada e non se ne parli più, la ragione cede il posto al cuore, alla grinta, a quella voglia di tornare ad essere protagonisti, lasciando un'impronta degna della propria fama.

Si può amarlo oppure odiarlo ma a noi Danilo Di Luca piace così com'è e in un Giro che vede in rosa uno splendido e generoso vecchietto italico ha voluto far subito capire a tutti che a questo Giro non è venuto per fare la semplice comparsa e per confermare che sì, le nuove leve azzurre scalpitano ma i grandi vecchi sono lungi dall'esser pronti per il pensionamento.

A 10.1 chilometri dal traguardo, 3 dallo scollinamento del Valico di Croce Ferrata, una schioppettata giallofluo è improvvisamente partita, dopo che in precedenza Matteo Rabottini aveva provato ad accodarsi al tentativo di avanscoperta di Marcato, Pirazzi e Georges, con il transalpino che continuava a zompettare allegramente davanti a tutti mentre in gruppo era la Sky a far sì che le acque si mantenessero tranquille.

È lì che è stata la volta di Danilo e del suo allungo e dalla sua espressione si è capito subito che le intenzioni non fossero quelle di chi vuol fare un semplice scatto velleitario, dimostrativo per provar la gamba. Lui, il più atteso dei tre pescaresi presenti nel team di Luca Scinto, capaci tutti di mettere il naso fuori dal gruppo in questi primi quattro giorni. Di Rabottini, ancora alla ricerca della forma ottimale, abbiamo già detto; Fabio Taborre ci aveva provato ieri ma le sue ambizioni di vincitore di tappa e vestizione di maglia rosa avevano cozzato contro la volontà della Sky di salvaguardare Puccio (innescando la proverbiale vis polemica di Scinto) e contro i fuochi d'artificio finali, avviati da Hesjedal e la Garmin.

Che al Pitone l'esito della tappa di ieri non fosse andato giù lo si era capito benissimo e le parole del dopo gara facevano presagire ad una nuova giornata da protagonisti dei ragazzi in giallofluo. Così, mentre la fuga iniziale (in cui la presenza di Emanuele Sella rappresentava un ulteriore ostacolo per gli avventurieri visto il suo ritardo in classifica) andava via via scemando, la Vini Fantini ha cominciato a far capolino in testa al gruppo, con Proni davanti a tutti e Di Luca subito dietro. A quel punto ci si chiedeva se avremmo assistito ad una stoccata di Stefano Garzelli, un altro di coloro che cerca nella corsa rosa la degna conclusione di carriera, oppure, più verosimilmente, alla semplice salvaguardia di Mauro Santambrogio, diventato ormai una realtà ed uno dei più veloci in caso di arrivo allo sprint.

Di Luca se ne stava lì ma non coinvolto nelle discussioni, forse perchè dopo la bagarre di ieri, in cui non era riuscito a tenere le ruote dei migliori (pagando quasi 2' al traguardo), la quasi totalità degli addetti ai lavori non credeva in una possibile fiammata dopo appena sei giorni di gara di questo 2013. E allora non abbiamo potuto che rallegrarci nel vedere il Killer di Spoltore piazzare uno dei suoi proverbiali scatti negli ultimi chilometri di salita, per andare a fagocitare Georges (che ha tentato, invano, di tenere il passo per circa un chilometro) e proseguire sotto la pioggia battente che ha fatto sembrare il finale odierno tutto meno che quello di una frazione disegnata nel profondo sud di questo Paese.

Ci è riuscito a tenere la ruota di Di Luca invece Robinson Chalapud, 29enne colombiano, che ha cercato di portare un po' di visibilità agli Escarabajos in attesa che dalla prossima settimana arrivi il terreno a loro più congeniale. Lo ammettiamo, in quei frangenti ci è tornato alle mente quel 19 maggio 1999, quando qualche centinaio di chilometri più a nord, non lontani dal confine tra Calabria e Basilicata, il biondo abruzzese con la sua consueta condotta tutta grinta e sfrontatezza piazzò il primo scatto della sua carriera al Giro d'Italia e sempre in compagnia di un colombiano, quel Josè Jaime Gonzales Pico, conosciuto da tutti come "Chepe" che di salite era già un grande intenditore. Vinse Chepe quel giorno ma tutti rimasero impressionati da quel 23enne approdato al professionismo con grandi speranze e che conquistò una piazza d'onore quanto mai luminosa.

Oggi Di Luca sembrava avere la stessa grinta e la stessa voglia di quel ragazzino, nonostante da quel giorno di acqua sotto i ponti ne sia passata tantissima, tra momenti esaltanti (il Giro vinto nel 2007, le classiche delle Ardenne finite tutte nel suo palmarès) e momenti bui (la squalifica per doping, il rientro tra mille dubbi, un inverno e un avvio di primavera quantomai incerte). Chi lo conosce bene però sa benissimo che fin dal primo giorno in cui Danilo ha riattaccato il numero sulla schiena avrebbe fatto di tutto per dimostrarsi utile alla causa del team e provare a lasciare una zampata e le confortanti prove nelle gare toscane (il sesto posto di Larciano, in appoggio a Santambrogio, ed il decimo al Giro di Toscana) ce lo hanno riconsegnato già particolarmente tirato.

Quest'oggi il finale nervoso, in cui poter sperare di sorprendere qualcuno dei big, rappresentava il luogo perfetto per la messa in pratica dello Scinto-pensiero: attaccare, attaccare e attaccare e sperare che gli altri non vengano a prenderti. Abbiamo rivisto quel ghigno, quella bocca spalancata e quella determinazione incurante del fatto che Chalapud di dare cambi non fosse troppo propenso, visto che il suo unico allungo lo si è visto proprio in prossimità del GPM per conquistare i punti della speciale graduatoria.

Di chilometri ne mancavano sette e quella decina di secondi di margine su un gruppo sempre più lanciato non rappresentavano ancora una garanzia sufficiente. Si è buttato come un ossesso, Danilo, staccando anche decisamente il compagno d'avventura che poi, una volta rifattosi sotto, ha provato a fare il suo, nonostante Di Luca fosse ormai concentrato sulle sue possibilità. Chilometri sempre meno, la strada che tira all'insù all'interno di Serra San Bruno che si avvicinava ed ecco il plotone farsi sotto minaccioso, ma sguardo da tigre davanti a sé, ad inseguire l'ennesima rivincita verso chi non credeva ormai più di rivederlo in gara alla corsa rosa.

Non è mai troppo tardi per crederci ed ogni stilla di sudore va consumata anche sul filo del rasoio, anche quando pensi che di lì a poco accadrà l'inevitabile ed ecco che quell'ultimo chilometro rabbioso, a bocca aperta, con la voglia di urlare al mondo tutta la propria rabbia e di ritornare ad alzare le braccia restano una delle immagini simbolo di questa giornata. A volte servono dieci metri in più per vincere, oggi ne sarebbero bastati trecento in meno ma non cancellano il pathos di un finale meraviglioso.

Era un arrivo à la Di Luca quello odierno e su di esso brilla nuovamente la stella di Enrico Battaglin davanti a Felline, due tra i maggiori esponenti delle classi 1989 e 1990, quelle dell'auspicata e predestinata nuova età dell'oro. Di Luca preso e staccato, deluso ma non abbattuto perché quest'oggi è tornato per l'ennesima volta. Venerdì la sua Pescara lo attende in una tappa chissà quanto sperata fin da bambino, con quegli strappi secchi e taglienti che conosce come le sue tasche e che hanno fatto la sua fortuna per tanti anni. Non si rivivrà un abbraccio rosa come quello di L'Aquila nel 2005 ma quest'oggi abbiamo capito che non è mai troppo tardi per sognare. Si vive alla giornata, con l'eterna lotta tra razionalità e cuore. A noi va benissimo così.

Vivian Ghianni

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